XI - LE
PIANTE DANZANTI
Nulla essendo accaduto durante
la notte che potesse giustificare i timori di Bennie, l'indomani i due cow-boy,
decisero di fare una galoppata nella grande prateria per ritirare la cassa
dello scotennato e tentare di ricuperare qualcuno degli oggetti lasciati nel
carro. Raccomandarono ad Armando di vegliare attentamente sullo scotennato
durante la loro assenza e salirono sui mustani, slanciandosi attraverso il
bosco che volevano perlustrare, temendo che vi si nascondesse l'indiano che
aveva tagliate le briglie.
L'esplorazione non diede
alcun risultato. Convinti che nessuna spia ronzasse nei dintorni del loro
nascondiglio, s'affrettarono a raggiungere la grande prateria ormai deserta,
dopo la ritirata dei guerrieri di Nube Rossa e di Coda Screziata.
Fu cosa facile ritrovare
la traccia lasciata durante la corsa notturna, poiché le alte erbe, dopo essere
state calpestate dai cavalli lanciati a galoppo sfrenato, avevano ripreso la
posizione primitiva. La presenza poi di numerosi lupi là radunatisi per
spolpare indistintamente gli uomini e i cavalli caduti durante il furioso
inseguimento, indicava chiaramente che erano sulla buona via. D'altronde il
grande carro non doveva tardare ad apparire. Infatti mezz'ora dopo, verso il
sud, scorsero la coperta bianca che il sole faceva spiccare fra la tinta verde
cupa delle graminacee giganti e del buffalo-grass.
- Temevo che gli indiani,
disponendo di tanti animali, lo avessero portato via - disse Back.
- Si sono più occupati
delle bistecche che degli oggetti contenuti nel carro - rispose Bennie.
- Allora troveremo ancora
la cassa.
- E qualche cosa d'altro.
Back, almeno lo spero.
Affrettarono la corsa, e
poco dopo, giunsero dinanzi al carro, che si trovava ancora nello stesso posto
ove era stato abbandonato. Gli indiani, come era prevedibile, l'avevano
frugato, forse con la speranza di trovare delle armi, delle munizioni e del whisky.
Le casse erano state gettate a terra e aperte, i barili contenenti le provviste
sfondati e vuotati, la tela era stata in parte strappata. Bennie e Back
trovarono però la cassa dello scotennato intatta. Gli indiani avevano certo
tentato di forzarla, però le grosse tavole di quercia, guarnite di larghi
chiodi, avevano resistito ai tomahawk dei guerrieri rossi.
- Ecco una vera fortuna. -
disse Bennie. - Mi sarebbe molto spiaciuto che l'avessero portata via.
- E come faremo a portarla
fino al rifugio?... È pesante.
- La trascineremo, poi
divideremo gli oggetti in due o quattro cassette, per poterle caricare sui due
cavalli di riserva. Fortunatamente possediamo ancora sei vigorosi animali.
- E le nostre
munizioni?... Che le abbiano trovate?...
- Non lo credo.
Il cow-boy entrò
nel carro, sollevò una tavola che si trovava nella parte posteriore e che
nascondeva un ripostiglio situato fra le due ruote, e mandò un grido di gioia.
- Non sono stati furbi -
disse.
- Ci sono ancora le
munizioni?
- Sì, Back. Abbiamo qui
cinquecento cartucce per fucile, e duecento per le rivoltelle, oltre a quelle
che portiamo. Raccogliamo tutto ciò che può esserci utile, poi affrettiamoci a
ritornare al pino.
Frugando in mezzo alle
casse e ai barili sfondati, trovarono parecchi oggetti che erano sfuggiti alla
rapacità degli indiani: due pentole di ferro, un po' di gallette che erano
state disperse tra le erbe, alcune scatole di conserve alimentari, un po' di
lardo, del thè, e alcuni indumenti molto preziosi per loro, delle giacche,
delle scarpe e alcune coperte. Raccolsero tutto con gran cura, levarono anche
la tela del carro che poteva servire da tenda, essendo formata di un tessuto
resistente e impenetrabile all'acqua, misero ogni cosa in alcune casse che
sospesero alle selle dei cavalli, poi legarono con una solida fune la cassa
dello scotennato per trascinarla fino al rifugio. Carichi dei loro preziosi
oggetti, lasciarono non senza un po' di rammarico il grande carro che, per
tanto tempo li aveva ricoverati, e si misero in marcia, per raggiungere le rive
del lago. Il ritorno si compì senza cattivi incontri, ma richiese non meno di
due ore a causa della pesante cassa che i cavalli erano costretti a trascinare,
e gli uomini a sollevare di frequente, specialmente nella traversata della
foresta. Durante la loro assenza, Armando, che aveva costantemente vegliato
sulla riva dell'isolotto, non aveva visto nulla di sospetto, placando in tal
modo i timori di Bennie, il quale temeva ancora che qualche indiano ronzasse
nei dintorni per scoprire il rifugio. Durante la giornata, però, i cow-boys
fecero una nuova escursione, spingendosi fino al prato dei castori, e sempre
con esito negativo. Pareva che gli indiani si fossero definitivamente ritirati
nei loro villaggi, situati sulle rive occidentali del lago, e avessero
rinunciato alle loro idee di vendetta, persuasi forse che il Gran Cacciatore
avesse abbandonata la prateria, ripassando l'Athabasca. L'indomani e nei giorni
seguenti, i due cow-boy, e Armando si occuparono dei preparativi della
partenza, essendo ansiosi di arrivare nei favolosi placers dell'Alaska.
Lo scotennato guariva a vista d'occhio, favorito dalla bella stagione e da un
riposo assoluto. L'enorme piaga del capo cominciava a cicatrizzarsi, e la
pelle, brutalmente strappata dal coltello degli indiani, si rinnovava, non più
liscia come prima, e purtroppo non più ricoperta dai capelli, i quali non
dovevano ormai più spuntare sul cranio mutilato. In pochi giorni poteva essere
in grado di affrontare i disagi di quella lunga corsa, attraverso i deserti
territori dei possedimenti inglesi del Nord-Ovest. La grande cassa era stata
sfondata, non potendo venire trasportata a dorso di cavallo, a causa delle sue
dimensioni e del suo peso. I due cow-boy ne avevano tolto i picconi, le
zappe, i badili, lo sluice e la provvista di mercurio, e avevano diviso
il tutto in quattro cassette; avevano quindi, con la coperta del carro,
tagliata una comoda tenda per ripararsi durante la notte; inoltre avevano fatto
seccare una certa quantità di carne, avendo avuto la fortuna di abbattere un
altro raccoon, alcuni castori e un grosso cigno del peso di trentacinque
libbre. Il 18 aprile, ossia quattordici giorni dopo la perdita del bestiame, i
due cow-boys, Armando e lo scotennato, ormai quasi completamente
guarito, di buon mattino lasciavano il pino gigante, decisi a raggiungere i
lontani placers del Klondyke. La giornata prometteva di essere
bellissima, senza essere troppo calda, e i cavalli ben pasciuti e ben riposati
facevano sperare una lunga e tranquilla marcia. Bennie e Armando, diventati
ormai compagni indivisibili, e che si erano assunti l'incarico di provvedere la
piccola carovana di carne fresca, aprivano la marcia: dietro venivano i due
cavalli carichi delle casse, dei viveri, delle munizioni, e ultimi Back e lo
scotennato. Lasciato il rifugio, si misero a costeggiare le rive orientali del
lago, per piegare più tardi verso nord-ovest per accostarsi alla grande catena
delle Montagne Rocciose, che doveva guidarli fino alla frontiera dell'Alaska.
Erano tutti di umore allegro, i due cow-boys soprattutto, i quali
contavano già di raccogliere a piene mani nelle terre del Klondyke. Degli
indiani non si occupavano ormai più, essendo convinti che Nube Rossa e i suoi
guerrieri non pensassero più a loro, e che Coda Screziata fosse già stato
divorato dai lupi. Disgraziatamente un avvenimento inatteso fece loro
comprendere che tutto non era ancora terminato con i rossi guerrieri di Nube
Rossa. Avevano appena percorse due miglia e si preparavano a girare l'ultimo
angolo del lago per piegare poi verso occidente, quando Bennie che cavalcava
sempre con Armando, vide sventolare, al margine del bosco, una specie di
bandiera, che pareva fatta con un pezzo di pelle.
- Che segnale sarà quello?
- si chiese stupito. - Che qualche cacciatore abbia ucciso un animale e abbia
messo la pelle a seccare all'estremità di quel ramo?...
- Vengono dei cacciatori
qui? - chiese Armando.
- Sì, durante la buona
stagione, ma ora è troppo presto.
- Ehi!... Bennie!... -
gridò in quell'istante Back. - Sai a che cosa rassomiglia quella strana
bandiera?...
- A che cosa?...
- Al totem degli indiani.
- Corna di bisonte!... Hai
ragione, Back!
Spronò il mustano e si spinse
verso quell'inesplicabile bandiera, che pendeva all'estremità di un ramo di
quercia nera, ma collocata in modo da non sfuggire allo sguardo di uno che
avesse costeggiato le rive settentrionali del Piccolo lago degli Schiavi.
Bennie e Armando videro che si trattava di una pelle di castoro non ancora
completamente seccata, e che sul rovescio portava dipinta una coda a vari
colori.
- Per centomila orsi!... -
esclamò il cow-boy, che era diventato pallido. - Sarebbe ancora vivo
quel dannato briccone?...
- Chi?...
- Coda Screziata.
- Da che cosa lo
arguite?...
- Perchè questo è il totem
della sua piccola tribù, ossia la sua bandiera. Non vedete che vi è dipinta una
coda screziata a più colori?
- È vero, signor Bennie.
- Caramba!...
- esclamò Back, che li aveva raggiunti. - Non mi ero ingannato!... Vuol dire
che il nostro nemico è ancora vivo e presto o tardi lo avremo alle spalle per
scotennarci.
- Ecco un uomo che ci darà
delle noie - disse Bennie.
- Credi che sia seguito da
quelli della sua tribù?
- Chi può dirlo, Back?...
- Bennie, bisogna prendere
il largo e presto.
- Si, e passare il Peace -
disse lo scotennato. - Attraversato quel fiume, non avremo più nulla da temere
da Coda Screziata.
- Così la penso anch'io,
signore - rispose il vecchio scorridore. - Lasciamo le rive del lago e marciamo
verso nord, per giungere più presto che possiamo al fiume. Al di là c'è il
territorio delle Teste Piatte e i Grandi Ventri non possono violare, senza una
dichiarazione di guerra, i territori di caccia delle altre tribù.
- Chi sono le Teste
Piatte?... - chiese Armando.
- Indiani, non feroci però
come i Grandi Ventri, e che ci faranno, lo spero, buona accoglienza. Sproniamo
e cerchiamo di guadagnare strada.
Le coste del Piccolo lago
degli Schiavi furono subito abbandonate e il drappello si spinse risolutamente
verso il nord, riservandosi più tardi di piegare all'ovest, dopo oltrepassato
il Peace. Il paese che allora attraversavano cambiava. Ai boschi che
circondavano il lago e alla grande prateria che si stendeva verso oriente in
direzione del lago del Buffalo, succedevano terreni assai ondulati che
accennavano ad innalzarsi, ora coperti da alte erbe che potevano fare la
fortuna di qualche allevatore di bestiame, e ora da boschetti minuscoli formati
da macchie di pini bianchi, a volte grossissimi, misurando una circonferenza di
due metri e mezzo e un'altezza di trentacinque metri; da salici dalle cui
radici gli indiani estraggono una bella tinta rossa che adoperano nei loro
costumi di guerra; di ciliegi selvatici, pruni e cespugli di ribes in fiore.
Non pochi volatili si scorgevano, specialmente là dove si erano radunate le
acque, formando stagni abbastanza vasti e probabilmente non privi di pesci. A
mezzogiorno, dopo una marcia rapidissima e quasi continua, il drappello si accampò
sulle pendici di una collina, sulla quale si vedevano crescere, fra le alte
erbe, delle piante assai strane, specie di palloni grossissimi che avevano una
circonferenza di oltre due metri, e si reggevano all'estremità di un fusto
molto esile in proporzione alla loro massa.
Essendosi levato un vento
molto forte e freddo che veniva da nord, Bennie fece rizzare la tenda per
mettere al coperto il signor Falcone, il quale soffriva ancora acuti dolori.
Stavano per accendete le pipe, quando al di fuori si udirono i cavalli nitrire
e scalpitale, come se fossero in preda a viva inquietudine.
- Senti, Back? - chiese
Bennie. - Che i mustani abbiano scorto qualche orso grigio?... Questi animali
sono ancora numerosi nella regione.
- Sarebbe il benvenuto, -
disse Armando. - Si dice che la sua carne sia squisita.
- Sì, però sanno
difenderla così bene da mettere in guardia i più arditi cacciatori. Se...
Stava per finire la frase,
quando una massa pesante cadde con grande impeto addosso alla tenda,
schiantandola di colpo, e mandando a gambe all'aria Armando e il messicano, che
si erano già alzati per uscire.
- Corna di bisonte!... -
urlò Bennie, che era stato rovesciato dal messicano. - Chi ci accoppa?...
- Carrai!... -
strillò Back. Ci è piombato addosso un bisonte?.. I due cow-boys,
sbarazzatisi prontamente della tenda che li aveva coperti, s'affrettarono a
strisciare all'aperto portando con sè i fucili, seguiti da Armando e da suo
zio. Uno spettacolo strano si offrì ai loro occhi.
Dalla collina scendevano,
rotolando e rimbalzando disordinata mente, centinaia e centinaia di quelle
palle vegetali che avevano scorte sulla cima dell'altura.
Quelle masse, che dovevano
essere piuttosto pesanti, avendo una circonferenza di un metro e mezzo, e anche
di due, capitombolavano in gran numero giù per la china e proseguivano, anche
in pianura, la loro corsa indiavolata, sospinte dal vento che soffiava
impetuoso. Una delle più grosse era caduta addosso alla tenda atterrandola di
colpo, e altre seguendo la stessa direzione, stavano per irrompere contro i cow-boys
e i loro compagni.
I quattro uomini si
lasciarono cadere al suolo, imitati dai cavalli. Le palle arrivavano facendo
balzi di sette piedi, specialmente quando trovavano qualche ostacolo. Passarono
come un uragano sopra i cavalli, malmenando non poco quelle povere bestie,
piombarono addosso agli uomini urtandoli, spingendoli, pestandoli malamente e
minacciando di trascinarli nella loro corsa vertiginosa. Lo scotennato, colpito
in pieno, era andato a finire in mezzo a un folto cespuglio, che fortunatamente
lo aveva trattenuto; Bennie dentro un crepaccio e Back e Armando, trascinati
giù per il pendio, erano stati spinti contro una macchia di piccole querce che
crescevano a trecento passi dalla tenda. Quando poterono alzarsi, tutti più o
meno contusi, videro quegli stravaganti vegetali correre sfrenatamente per la
pianura danzando disordinatamente, e poi perdersi in mezzo ai boschetti che
crescevano nelle bassure.
- Corna di cervo!... -
esclamò Bennie che rideva a crepapelle, nonostante tosse tutto ammaccato. - Se
durava ancora un po', ci malmenavano per bene. Al diavolo anche le piante
danzanti!...
- Piante danzanti?... -
disse Armando. - Potete chiamarle bombe!... Che specie di piante sono?...
- Si chiamano cyclotoma
phtyphylum - disse lo scotennato.
- Un nome che fa
sternutire i cani - rispose Bennie. - Noi preferiamo chiamarle piante danzanti.
Come avete visto, sono palle mostruose formate da un agglomerato di fili
vegetali, che le fa rassomigliare a fasci di fieno abilmente legati e
arrotondati. Se ne trovano molte in questa regione, e anche più a sud,
specialmente nelle pianure dell'Arkansas.
- È stato il vento a
staccarle dal loro gambo? - chiese Armando.
- Sì, giovanotto.
Probabilmente un freddo repentino ha fatto morire i gambi che sono molto
sottili e le palle, staccate facilmente dal ventaccio che soffia, sono rotolate
via.
- È stata una vera
valanga.
- Che poteva diventare
pericolosa se fosse durata, amico mio. Degli uomini sorpresi da una simile valanga
hanno lasciata la vita in fondo ai burroni. Si racconta anzi a questo
proposito, una curiosa storia su alcuni cacciatori di bisonti.
- E quale, signor
Bennie?...
- Un giorno, alcuni uomini
percorrevano la prateria per cacciare i grossi buffali. Stavano salendo un'erta
molto ripida, quando videro apparire, fra una nuvola di polvere, delle enormi
masse che scendevano a precipizio. Credendo che fossero gli attesi bisonti, i
cacciatori si disposero in catena ricevendo quelle masse con un vero fuoco di
fila. Con loro grande sorpresa non videro cadere nessuno dei supposti animali,
anzi scorsero la valanga continuare più che mai la corsa indiavolata,
minacciando d'investirli.
Spaventati, tentarono di
raggiungere i loro cavalli per non farsi sventrare dalle poderose corna dei
ruminanti o schiacciare dai robusti zoccoli, ma ad un tratto si videro
investiti dal polverone, poi vennero urtati, rotolati, pestati per bene. Invece
di bisonti erano piante danzanti di dimensioni grossissime, che poi
continuarono, sospinte dal vento, la loro corsa indiavolata, lasciando i poveri
cacciatori contusi, storditi, e con tanto di naso.
- Per caso c'eri anche
tu?... - chiese Back.
- Non me lo ricordo -
rispose il cow-boy, ridendo. - Mi sono toccate tante avventure durante
la mia vita errabonda, che può essere accaduto anche a me qualcosa di simile.
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