XV - LA
CACCIA AI BISONTI
Alle tre pomeridiane, il
piccolo drappello, ansioso di lasciarsi indietro l'ostinato pellerossa, si
rimetteva in marcia attraverso il territorio di caccia delle Teste Piatte.
Quell'ampio tratto di terra è quasi del tutto piano, non avendo che a ovest la
gran catena delle Montagne Rocciose, interrotto solo da splendide foreste di
ciliegi selvatici, cicuta legno, aceri di ogni specie, salici rossi, legni di
renna, con le cui fibre si fanno delle ottime corde, abeti neri e bianchi, pini
e mirti coniferi, dai cui rami si estrae una cera verde che si adopera nella
fabbricazione delle candele. Le terre coltivate mancavano assolutamente, poiché
gli indiani ritenevano di venir meno alla propria dignità, chiedendo
sostentamento alla terra. Preferivano inseguire gli animali selvaggi che erano
ancora abbondanti in quelle vaste regioni, piuttosto di chinarsi a zappare un
palmo di terra. Era già molto se le loro donne, costrette dalla fame, si
degnavano, durante la buona stagione, di seminare un po' di fave, che poi
venivano mangiate bollite con grasso d'orso, o un po' di cetrioli, piante che
crescono molto bene e producono frutti enormi che arrivano a pesare fino a
sessanta chili. Il drappello, che avanzava al galoppo, continuò la rapida
marcia fino al tramonto del sole, passando successivamente attraverso a
praterie e a foreste, senza aver incontrato alcun essere vivente; poi fece alt
in una specie di gola boscosa aperta fra due collinette coperte di superbi pini
Columbia, che spingevano le loro cime a circa cento metri. Sembrando quel luogo
assolutamente tranquillo, rizzarono la tenda nel mezzo alla gola, certi di
poter passare una notte indisturbata e di riprendere quella corsa indiavolata
ai primi albori del giorno seguente. Dopo aver cenato e fumato un po' di tabacco,
legarono i cavalli a un piuolo conficcato in terra, poi si cacciarono sotto la
tenda, avendo però la precauzione di mettersi le armi accanto. Riposavano da
parecchie ore, sognando di essere già giunti nelle miniere dell'Alaska, e di
raccogliere oro a piene mani, quando Bennie che dormiva, per vecchia abitudine,
con un occhio solo, fu bruscamente svegliato da alcune urla che pareva
rintronassero verso l'estremità della gola, seguite subito dai nitriti dei
cavalli.
- Al diavolo quei predoni
a quattro gambe!... - esclamò. - Era già un po' di tempo che i lupi non ci
facevano di queste serenate.
Sapendo quanto sono audaci
i grossi lupi di prateria, ben più alti e robusti dei coyote, si sbarazzò della
coperta di lana che lo avvolgeva, prese un fucile e sgusciò fuori della tenda.
Essendo la luna già tramontata, in fondo a quella gola boscosa, era buio pesto,
tanto da non poter distinguere un oggetto o un animale a dieci passi di
distanza. Per di più, un vento freddo del settentrione, soffiando con forza in quella
stretta, agitava fortemente le piante, impedendo di distinguere con precisione
l'avanzare dei lupi.
- Una vera nottata per
loro - disse Bennie. - Possono portarci via un cavallo senza che ce ne
accorgiamo.
Radunò i tizzoni del
focolare, che erano quasi spenti, li ravvivò gettandovi sopra alcuni rami
secchi, poi si diresse verso i cavalli. I mustani erano ancora legati al palo,
ma dimostravano una vera eccitazione. Scalpitavano, nitrivano e tendevano le
corde cercando di spezzarle.
- Che cosa vuol dire? - si
chiese il cow-boy, con inquietudine. - I nostri cavalli non possono
spaventarsi per la presenza di pochi lupi, che sanno tenere a distanza con dei
sapienti colpi di zoccolo. Guardò verso le due uscite della gola, ma non vide
nulla che potesse giustificare il timore degli animali. Si udivano verso la
cima di un colle, echeggiare sempre le monotone e lugubri urla di alcuni lupi,
probabilmente grossi a giudicare dalla potenza dei loro polmoni, però non
dovevano essere più di cinque o sei.
- Che ci sia invece
qualche grizzly!... - mormorò Bennie. - Quegli orsi giganteschi non sono
rari in questo paese!...
Non osando allontanarsi
con quella profonda oscurità ed essendo la notte fredda, andò a prendere la
coperta di lana, si avvolse alla meglio e si sedette a breve distanza dal
fuoco, tenendo il fucile fra le ginocchia. I cavalli, visto che il padrone
vigilava, si erano calmati, però guardavano sempre verso l'uscita della gola
che sboccava a settentrione, come se il loro istinto li avvertisse che il pericolo
stava da quella parte. Il cow-boy, rannicchiato dietro la tenda, la cui
tela sbatteva come la gran gabbia di un veliero, apriva gli occhi e tendeva gli
orecchi, ascoltando attentamente le urla dei grossi lupi, gli ululati del vento
gelato che soffiava con forza dentro la tenebrosa gola, lo scricchiolare dei
rami e lo stormire del fogliame. I carnivori erano già fuori dalla gola, ma
altri se ne udivano più lontano, e quelle urla tetre, paurose, ora
s'allontanavano in una direzione, ora in un'altra come se quei predoni
corressero capricciosamente o si inseguissero attraverso i boschi e le
praterie.
- Devono essere in caccia,
- mormorò Bennie, che ascoltava con attenzione crescente.
A un tratto quegli
ululati, che diventavano sempre più acuti, si avvicinarono rapidamente in
direzione della gola, come se quella banda di predoni si preparasse a cacciarsi
fra le due colline e a irrompere verso l'accampamento. Bennie, udendoli così
vicini, si era sbarazzato della coperta ed era balzato in piedi. Stava per
riattizzare il fuoco, quando udì Armando chiedere:
- Che cos'è questo
fracasso, signor Bennie?... Corriamo qualche pericolo?...
- Siete voi,
giovanotto?... - rispose il cow-boy. - Venite a tenermi compagnia, e
prendetevi la coperta, perché la notte è piuttosto fredda. Soffia un ventaccio
di tramontana che punge la pelle.
Armando s'affrettò a
obbedirlo, e strisciò all'aperto, portando con sè il fucile.
- È un concerto di lupi,
questo - disse.
- Sì, e non sono semplici coyote;
sono lupi grigi, brutte bestie, giovanotto, e molto pericolose se sono
numerose.
- Minacciano il campo?...
- No, per il momento;
credo anzi che siano occupati a cacciare.
- Qualche grosso
animale?...
- Forse qualche bisonte
isolato o qualche wapiti.
- Come sarei contento di
portarglielo via, se si trattasse di un superbo bisonte.
- Se lo cacciano da questa
parte, faremo il possibile per prendercelo. Udite?... Gli ululati si
avvicinano.
Un ululìo prolungato,
indiavolato, rintronò nella gola selvaggia. Pareva che cento lupi si fossero
precipitati fra le due alte colline rocciose, e corressero furiosamente
attraverso i cespugli. Back e il meccanico, svegliati bruscamente da quel
fracasso, si erano precipitati all'aperto, mentre i cavalli, spaventati,
s'impennavano nitrendo.
- Siamo assaliti dai lupi?
- chiese il signor Falcone, balzando verso Bennie.
- Non lo so ancora -
rispose questi. - Tenetevi tutti dietro al fuoco, e non perdiamo di vista i
cavalli.
Le urla continuavano ad
avvicinarsi. Pareva che i lupi inseguissero accanitamente qualche grossa preda,
e che celebrassero, con quell'indiavolato concerto, la prossima vittoria. Non
dovevano essere più di due dozzine, ma essendo la gola ristretta, pareva
fossero sei volte più numerosi.
- Badate!... - gridò a un
tratto Bennie, che si trovava davanti a tutti.
Una massa nera, di
proporzioni gigantesche, scendeva al galoppo la gola, muggendo disperatamente,
seguita da vicino da una banda di lupi che le saltellava ai fianchi
assordandola con ululati paurosi.
- Corna di cervo!... -
esclamò Bennie.
- Che cos'è
quell'animalaccio?... - chiese Armando ansiosamente.
- Giovanotto, domani
faremo una scorpacciata di bistecche. In guardia o verremo schiacciati!...
L'enorme massa, che non si
poteva ancora ben distinguere a causa dell'oscurità, muoveva diretta verso la
tenda, galoppando sfrenatamente, con la speranza di sottrarsi all'imminente
assalto dei famelici nemici.
- È un bisonte!... - urlò
Bennie. - Back, bada ai cavalli!...
Si slanciò al di là del
fuoco, seguito da Armando e dal meccanico, e puntando rapidamente il fucile,
fece fuoco alla distanza di cinquanta passi. Il gigantesco animale, certamente
colpito dalla infallibile palla del cacciatore, mandò un lungo muggito, ma
continuò tuttavia la corsa.
- Fuoco!... - gridò il cow-boy.
Armando e il meccanico scaricarono quasi simultaneamente i loro fucili. Il
bisonte mandò un secondo e più prolungato muggito, avanzò ancora di quindici o
venti passi, trasportato dallo slancio, poi stramazzò pesantemente al suolo,
proprio dinanzi al fuoco, rimanendo immobile.
- Morto!...-esclamò
Armando.
- Sì, ma ci sono ancora
dei vivi, - rispose Bennie, - e pare che non vogliano rassegnarsi a perdere la
loro preda.
Infatti i lupi, da veri
cacciatori che non intendono lasciarsi defraudare della selvaggina stanata e
inseguita, quantunque avessero udito quei tre spari, non si erano allontanati,
anzi tutt'altro! Vedendo cadere il bisonte, e comprendendo che stavano per
perdere le succulente bistecche, si erano radunati a breve distanza, emettendo
ululati minacciosi. Si trattava di quindici o venti lupi grigi, di alta
statura, dalle gambe secche e nervose, e dalle mascelle formidabilmente armate
di denti lunghi e aguzzi. Avevano formato, fuori dalla luce proiettata dal
fuoco, un semicerchio e ululavano a piena gola, mentre i loro occhi ardenti
scintillavano come carboni, fra la cupa ombra proiettata dalle alte rocce e
dalle piante.
- Pretenderebbero di
assalirci? - chiese Armando, che aveva introdotta una nuova cartuccia nel
fucile.
- Se non assalirci, almeno
rifarsi della preda perduta, con uno dei nostri cavalli - rispose Bennie. - Se
non ardesse il fuoco, non ci sarebbe da stupirci se tentassero di balzarci
addosso. Sono audaci, quei ladroni.
- Cominciamo a sparare per
calmare un po' la loro collera.
- State zitto.
Bennie si era curvato
innanzi, e si era posto in ascolto. In lontananza si udiva un cupo fragore, che
rassomigliava un pò all'irrompere furioso di un grande fiume, o al frangersi
delle onde marine contro una spiaggia rocciosa.
- Senti, Back? - chiese
Bennie.
- Sì - rispose il
messicano.
- Sono bisonti in marcia.
- Lo credo anch'io,
Bennie.
- Ora comprendo la
presenza di questi grossi lupi. Erano riusciti ad isolare questo bisonte per
poi ucciderlo a loro agio.
- Saranno molti i bisonti?...
- chiese il meccanico.
- Centinaia e forse
migliaia, signore.
- La gola è propizia per
una bella imboscata.
- Volete dire?...
- Che gli indiani
cercheranno sicuramente di spingerli da questa parte.
- Gli indiani?...
- Sì, signor Falcone.
- Credete che stiano già
cacciandoli?
- Li seguiranno di certo;
dove ci sono i bisonti, c'è sempre l'indiano.
- Speriamo di non
incontrare i Grandi Ventri.
- Non abbiate questo
timore, ci troviamo sul territorio di caccia delle Teste Piatte.
- Andiamo a cacciare anche
noi i bisonti, signor Bennie? - chiese Armando, che non stava più fermo.
- Non voglio farvi perdere
una così bella occasione, giovanotto, ma dobbiamo aspettare l'alba, e poi ci
sono i lupi che ci chiudono il passo.
- Non mollano...
- Se ne andranno presto,
ve lo assicuro. Sanno che hanno più da guadagnare con i bisonti che
prendendosela con noi. Ehi, Back, bada che i cavalli siano pronti a partire
mentre noi leviamo la tenda.
Senza più occuparsi dei
lupi, i quali d'altronde si limitavano a urlare, senza osare avvicinarsi al
fuoco, i due cow-boys e i loro compagni misero le selle ai cavalli,
stringendo accuratamente le cinghie, caricarono le casse e le poche provviste
che ancora possedevano, poi piegarono la tenda. Intanto il fragore diventava
più distinto, come se i bisonti si avvicinassero alla gola. Al di là delle
colline si udivano risuonare muggiti sordi, poi cupi boati e rumori che
sembravano prodotti dall'urto di centinaia e centinaia di corna. In mezzo a
quel fracasso, si udivano le urla acute dei lupi, che seguono sempre i bisonti
nelle loro emigrazioni, pronti a piombare addosso a quelli che, per stanchezza
o vecchiaia, o a causa di qualche ferita, rimangono indietro, e a dilaniarli
ferocemente, o a rapire alle femmine i giovani vitelli. I lupi che si erano
schierati nella gola, udendo gli ululati dei loro compagni, non tardarono a
volgere le code e a ritornare nella prateria, con grande soddisfazione di
Armando. Dovevano essere già le tre del mattino, quando in mezzo a quei
crescenti fragori, si udì distintamente un colpo di fucile.
- Gli indiani!... -
esclamò Bennie.
- Che si preparino a
piombare addosso ai bisonti?... - chiese il meccanico.
- Certamente.
- Saranno molti?...
- Tutti i guerrieri della
tribù. In sella, amici!... Andiamo a prendere parte alla battaglia!...
Tutti balzarono in
arcione, e quantunque la gola fosse ancora oscura, si misero in marcia
attraverso i cespugli e i macigni che ingombravano il suolo. A quel primo sparo
ne era seguito un secondo, poi un terzo, quindi era rintronata una scarica
generale. Fra i muggiti dei grossi animali, i quali dovevano ormai essere in
preda a un vero panico, non avendo quei giganteschi ruminanti una esatta
conoscenza del loro vigore straordinario, si udivano confusamente delle voci
umane e dei nitriti di cavalli. Bennie si era messo alla testa del drappello e
cercava di affrettare la marcia. Il terreno era pessimo, tutto buche rocce e
cespugli fitti, e la gola pareva molto lunga. Udendo quegli spari che
crescevano d'intensità e quelle grida, il vecchio cacciatore non poteva stare
più fermo, e tormentava la batteria della sua arma. Già non dovevano distare
che poche centinaia di passi dall'uscita della gola, quando i cavalieri udirono
dinanzi a loro un fracasso spaventoso. Pareva che un uragano devastatore
s'inoltrasse fra le due colline, tutto abbattendo al suo passaggio. Bennie
aveva trattenuto il suo cavallo:
- I bisonti si sono
precipitati nella gola!... - urlò. - Salvatevi.
I cavalli, spaventati, avevano
fatto un rapido dietro front, fuggendo sfrenatamente attraverso i rovi e i
macigni, mentre all'estremità della gola si vedevano avanzare, con un clamore
assordante, i primi gruppi dei bisonti. Bennie, con quattro vigorose speronate
si era portato alla testa del drappello, e pur fuggendo, cercava un posto
qualunque dove rifugiarsi. Scorgendo una fenditura che conduceva sulla cima di
una roccia, che, dal lato della gola, cadeva a picco, lanciò in quella
direzione il suo mustano, la salì speronando furiosamente, e s'arrestò in quel
luogo. I suoi compagni, urlando e sferzando, lo avevano seguito, e i sei
cavalli si erano trovati tutti uniti sulla cima di quella roccia, che aveva una
superficie così ristretta da contenerli tutti a stento.
- A terra e pronti a far
fuoco!... - gridò Bennie. - Vedremo un terribile spettacolo!...
|