XXXIII -
L'AUDACIA DI DUE BRICCONI
Per quattro giorni ancora,
i cercatori d'oro marciarono fra quel selvaggio territorio che si stende fra la
riva destra dell'Yucon e la riva sinistra del Bonanza, procedendo attraverso
foreste vecchie quasi quanto la creazione del mondo, fra ammassi di rocce
difficilissime a scalarsi e a torrenti, mettendo a ben dura prova le zampe dei
poveri cavalli. Il quinto giorno, stavano decidendo di riposarsi per cercare
qualche pezzo di selvaggina fresca, quando si trovarono dinanzi ad un vasto placers
già popolato da duecento minatori, fra americani, inglesi, tedeschi e
messicani. Quel campo d'oro, scoperto di recente, e già subito invaso, si
trovava a qualche miglio dal Bonanza e a venticinque dalla riva sinistra del
Klondyke, su un altopiano roccioso, circondato da foreste di pini, cedri e abeti,
riparato, al sud, da un gruppo di picchi aguzzi, ancora coperti di neve. Una
quarantina di miserabili tuguri, in parte luride tende rattoppate,
sbrindellate, scolorite, e in parte capannucce di tronchi e di rami d'alberi,
mal riparate, esposte al freddo soffio dei venti del circolo polare si
trovavano sparse lungo i torrenti che scendevano dalle montagne. Che miserando
spettacolo offrivano quei cercatori d'oro!... Forse ce n'erano già alcuni che
avevano accumulato delle ricchezze considerevoli; ma chi li avrebbe creduti in
possesso di polvere di oro e di pepite? Più che esseri umani, parevano
bestie abbrutite dal duro lavoro dei claims e dalle privazioni Erano
tutti cenciosi, luridi, con le camicie annerite dal fumo degli accampamenti o
lorde del fango dei pozzi, i pantaloni rattoppati in mille modi, gli stivali
sfondati che lasciavano uscire le dita, cappelli impossibili a descriversi o
cappucci che ormai avevano perduto il pelo; tutti però avevano le cinture
armate di rivoltelle e di bowie-knife luccicanti. Il digging, il
campo d'oro, era in piena attività, quantunque un freddo vento soffiasse dal
settentrione, e le acque dei torrenti trascinassero ancora, nella loro corsa,
dei pezzi di ghiaccio. Un gran numero di pozzi erano stati scavati in ogni luogo,
specialmente presso i piccoli corsi d'acqua, non trovandosi là l'oro nascosto
nei quarzi, ma su un letto fangoso misto ad argilla e ghiaia. Il pay-din,
ossia il fango dorato, bisognava cercarlo in fondo ai pozzi, issarlo alla
superficie e lavarlo nelle acque dei torrenti. Quel lavoro, eseguito con quel
freddo, doveva essere oltremodo faticoso, non forse per gli uomini che si
trovavano nei claims, ma per quelli che dovevano eseguire il lavaggio
per purgare il prezioso metallo dalle pietre e dal fango.
Quei disgraziati, per
poter raccogliere l'oro, non essendo provvisti di sluice, dovevano
immergersi fino alla cintola nelle acque dei torrenti e rimanervi per alcuni
minuti, per far circolare la battée. Per poter ottenere l'oro quasi
puro, adoperavano l'antico piatto di legno duro, la battée, un
recipiente capace di contenere circa dieci chilogrammi di pay-din, largo
circa mezzo metro e profondo otto o dieci centimetri. È necessario che il
minatore prima sbarazzi il fango dei grossi frammenti ghiaiosi, quindi immerga
il piatto nella corrente, imprimendogli dei movimenti circolari e ondulatori.
L'acqua, a poco a poco, porta via il fango e i pezzi di ghiaia, mentre l'oro,
essendo più pesante, rimane concentrato nel fondo. Un secondo lavaggio, più
rapido del primo, terminante in una vigorosa battuta sul fondo esterno del
piatto, fa sparire gli ultimi avanzi fangosi, e allora l'oro appare. Non è una
operazione facile, quanto sembrerebbe a prima vista. Richiede un certo colpo di
mano, che il minatore acquista solo dopo una lunga pratica. I poveri diavoli,
ai quali a turno toccava di lavare il fango dorato, tornavano a riva in uno
stato compassionevole, dopo quella immersione nell'acqua gelata. Qualcuno, meno
robusto, cadeva al suolo appena consegnato il piatto a qualche compagno e
allora gli altri lo portavano sotto la tenda dinanzi al fuoco, per rimetterlo
in gambe, e fargli cessare i tremiti che minacciavano un principio di
congelamento In compenso, però, quei minatori facevano talvolta delle raccolte
prodigiose, poiché quel pay-din era ricco del prezioso metallo. Non era
raro che in fondo alla battée trovassero parecchie oncie d'oro ed anche
qualche bella pepita.
- Questo fango è
ricchissimo di oro, - disse Bennie, che insieme con i compagni assisteva alle
battute di alcuni minatori. - Questi uomini sono capaci di guadagnarsi
centoventi dollari al giorno per ciascuno.
- È vero, - disse Pablo. -
Se non sapessi che alle sorgenti del Barem esistono dei diggings di una
ricchezza favolosa, vi direi di fermarci qui.
Verso sera, essendo calato
un fitto nebbione sul campo d'oro, si ritirarono nella loro tenda, rinunciando
a visitare il bar essendo sorto anche là uno spaccio di liquori che serviva
anche da casa di giuoco. Temendo peròche qualche minatore poco scrupoloso approfittasse
della nebbia per derubarli dei cavalli, legarono gli animali a uno dei piuoli
della tenda e accesero un fuoco anche all'esterno. Durante il pasto serale, si
guardarono bene dal parlare delle sorgenti del Barem. La loro comparsa in quel
campo, aveva suscitato dei sospetti fra i minatori e non era improbabile che
qualcuno tentasse di ascoltare i loro discorsi. Già Armando, che si era
incaricato di vegliare sui cavalli, aveva scorto qualche ombra umana, che si
fingeva smarrita nella nebbia, ronzare nei pressi della tenda. Si trattava di
qualche spione, non c'era da ingannarsi.
- Quando ce ne andremo,
prenderemo le nostre precauzioni per non venire seguiti, - disse il giovane
messicano. - Quantunque qui l'oro abbondi, ci saranno taluni che vorranno
seguirci, con la speranza di farsi condurre verso placers più ricchi.
- E questo accadeva anche
nel Colorado - disse Bennie. - Bastava che qualche gruppo di minatori si
allontanasse, perché dei curiosi lo seguissero con accanimento, credendo che si
recasse a lavorare in qualche giacimento argentifero più ricco.
Stabiliti i quarti di
guardia, Bennie, Falcone e il giovane messicano si avvolsero nelle loro
coperte, con i piedi volti verso il braciere che ardeva lentamente sotto la
tenda, mentre Back e Armando si coricavano presso il falò che ardeva
all'aperto. Nessun avvenimento venne a interrompere il sonno dei minatori. Però
verso la mezzanotte, Bennie e Pablo, che erano subentrati nella guardia,
dovettero alzarsi ed esplorare i dintorni, avendo intravisto, per due volte,
una forma umana aggirarsi a breve distanza dalla tenda. L'indomani, mentre
Falcone e il messicano tornavano al digging, Armando e Bennie si
recavano nella foresta con la speranza di sorprendere qualche capo di
selvaggina, volendo non solo risparmiare le provviste, ma aumentarle. Quella
gita fra gli abeti fu faticosa e infruttuosa. Non scorsero che qualche grossa
civetta e due o tre nycete nivee, specie di barbagianni, con le piume
bianchissime. Tuttavia essendosi spinti fino sulle rive del Bonanza, riuscirono
ad abbattere due lontre, animali che non sono da disprezzare, sebbene piccoli
di statura e più pregiati per la loro pelle che per la loro carne. Stavano per
attraversare il digging e far ritorno alla tenda, quando la loro
attenzione fu attratta da clamori assordanti che uscivano dal bar. Pareva che
una zuffa fosse scoppiata sotto la vasta tenda. Non volendo impicciarsi nelle
faccende altrui, stavano per proseguire la loro strada, quando parve loro di
udire la voce di don Pablo.
- Corna di bisonte!... -
esclamò Bennie, arrestandosi di colpo. - Che il nostro giovanotto abbia
impegnata una rissa?
Parecchi minatori, a
quelle grida, abbandonarono i claims, e si affrettarono a dirigersi
verso il bar, tenendo le mani sui calci delle rivoltelle o sulle impugnature
dei bowie-knife.
- Venite Armando, - disse
il canadese. - Forse i nostri amici corrono qualche grave pericolo.
- Vi seguo, Bennie.
- È carico il vostro
fucile?
- Sì
- Tenetevi pronto a tutto,
anche a far fuoco. Si può aspettarci qualunque sorpresa da questi cercatori
d'oro.
In pochi passi
attraversarono la strada e andarono a urtare contro i minatori che si
affollavano dinanzi alla tenda. In mezzo ad un gridio assordante, si udiva
distintamente la voce del giovane messicano.
- Io assassino!... Tu menti,
ladro da strada - urlava don Pablo.
Il canadese con una spinta
furiosa respinse i vicini, tuonando con accento minaccioso:
- Largo!... Largo!...
Trenta o quaranta minatori
si erano già riuniti nella tenda formando cerchio attorno a Pablo, al signor Falcone
e a un altro individuo che, a prima vista, nè Bennie, nè Armando, riconobbero.
Quell'uomo poteva avere quarant'anni. Era alto, magro come un merluzzo, con una
barba lunghissima e nera, un naso che somigliava a un becco di pappagallo, due
occhi falsi, grigiastri, duri e una capigliatura arruffata. Aveva una giacca
sbrindellata e scolorita, pantaloni di pelle di foca e lunghi stivali sdruciti
e infangati, alla cintura, però, aveva un lungo coltello, e teneva uno
splendido winchester a dodici colpi. Quel tipo, urlava come un ossesso,
ripetendo su tutti i toni:
- Vi giuro, signori, che
quest'uomo ha cercato di assassinarmi e di derubarmi in piena foresta. La sua
palla la tengo ancora in corpo.
Bennie e Armando, con due
spinte, ruppero un cerchio formato dai minatori e si misero a fianco del
messicano e del signor Falcone, armando risolutamente i fucili. Appena ebbero
guardato in volto quell'uomo, un gridò sfuggì ad entrambi.
- Il bushranger del
bosco!...
L'uomo magro, senza
scombussolarsi per quell'accusa, tese una mano verso i due cacciatori, urlando:
- Ecco i loro compagni!...
Banditi!... Ora non sfuggirete più alla giustizia!... Signori, applicheremo a
questi furfanti la legge di Lynch!
A quelle parole, il
canadese si era scagliato verso il bandito, gridando:
- Canaglia!... Sarà la tua
zucca, che farò saltare!... Prendi, ladrone!...
Senza attendere altro,
aveva abbassato il fucile, deciso a mandare all'altro mondo il furfante, ma
parecchi minatori si gettarono verso di lui alzandogli l'arma.
- Gentleman, -
disse uno di loro. - Non vi permetteremo di assassinare un uomo sotto i nostri
occhi.
- Vi dico che quell'uomo è
un bushranger.
- Benissimo, però egli
accusa voi di averlo assalito.
- Mente!...
- Vogliamo credervi,
tuttavia noi desideriamo chiarire questa faccenda. Nei diggings non ci
sono sceriffi, ma la legge di Lynch permette a tutti gli uomini di
diventare giudici. Noi faremo un giurì, vi giudicheremo tutti e quattro e
impiccheremo il colpevole o i colpevoli al più grosso albero della foresta.
- Sì, sì!... - esclamarono
tutti i minatori. - Le legge di Lynch!.. La legge di Lynch!...
- Io l'accetto - gridò il bushranger.
- Fornirò al giurì un testimonio il quale affermerà, al pari di me, che quel
messicano è un miserabile che spoglia gli onesti viaggiatori.
- Tu menti, cane!... -
urlò don Pablo, rosso di collera.
- V'ingannate, signore, -
disse una voce ironica.
Il giovane messicano,
Bennie, Armando e Falcone si volsero e videro farsi innanzi un uomo che subito
riconobbero. L'alleato del bushranger era il californiano, che credevano
di aver lasciato a Dawson. Il briccone si fece avanti e giunto in mezzo alla
tenda, disse:
- Io accuso questi signori
di essere ladri. Essi mi hanno assalito presso l'Yucon e derubato di centoventi
oncie d'oro.
Un urlo di furore scoppiò
fra i quattro minatori:
- Canaglia!...
Miserabile!... Bennie e Pablo si erano scagliati contro di lui; i cercatori
d'oro furono però pronti ad arrestarli, mentre quello, che aveva per primo
invocata la legge di Lynch, diceva con voce tonante:
- Fermi, signori o ci
costringerete a far uso delle armi. Nel vostro interesse calmatevi e abbiate
fiducia nei giudici popolari.
- Quell'uomo è un compagno
del bushranger!... - urlò Pablo, indicando il californiano. - Egli ha
cercato di assassinarci nelle vie di Dawson, poche notti or sono!...
- Il giurì deciderà.
Falcone si fece innanzi e,
mettendosi una mano sul petto, disse con voce solenne:
- Io giuro sul mio onore
che quanto hanno affermato i miei compagni è vero.
I minatori, colpiti
dall'accento e dall'aspetto leale del meccanico, volsero i loro sguardi verso
il bushranger , il cui volto era diventato pallido, e verso il
californiano che cominciava forse a sentirsi a disagio.
L'uomo che aveva parlato per
i cercatori d'oro, si avvicinò a Falcone e curvandosi verso di lui gli mormorò
in un orecchio:
- Abbiate fiducia in me,
gentleman. Vedrete come finirà questa faccenda.
Poi alzando la voce:
- Dodici giudici con me:
qui si giudicherà e si applicherà la legge di Lynch in tutta la sua
severità!
Quantunque il barista
avesse cercato di opporsi, temendo che il palo centrale della sua tenda si
tramutasse in una forca, ciò che non era improbabile, i minatori, in pochi
minuti scelsero i dodici uomini incaricati di pronunciare il giudizio. Il
tredicesimo, quello che aveva invocata la legge di Lynch e pareva una persona
colta ed educata, all'unanimità fu proclamato presidente. Un tavolo fu
collocato in mezzo alla tenda, attorno al quale presero posto i giudici, dopo
aver ordinato un fiasco di gin per sciogliere meglio le lingue e illuminare gli
spiriti. Gli altri si misero a sedere sugli altri tavoli, tenendo in mano le
rivoltelle, per impedire la fuga ai colpevoli. La legge di Lynch, messa
in vigore per la prima volta nei placers della California per porre un
freno ai numerosi assassinii che si commettevano anche in pieno giorno a scopo
di furto, è spicciativa. Dopo un breve interrogatorio, i giudici popolari
pronunciano la sentenza, che è sempre inappellabile. Di pene non ce n'è che una
sola, la quale si applica senza ritardi: la forca. Falcone e i suoi compagni
furono invitati a sedere all'estremità della tavola: il bushranger e il
californiano furono collocati dall'altra parte, venne offerto a tutti un
bicchiere di gin, poi il presidente prese subito la parola:
- I giudici popolari qui
riuniti mi ascoltino, - disse. - Questi uomini si accusano reciprocamente di
essere bushranger, ma finora nessuno ha presentato dei testimoni che
possano chiarire quali sono i veri colpevoli. C'è qualcuno fra voi che abbia
subito qualche depredazione da parte di costoro?
Nessuno rispose. Il
presidente attese qualche minuto, poi riprese:
- Non essendo i colpevoli
da noi conosciuti, sentiremo le loro ragioni, poi giudicheremo e i colpevoli
pagheranno. A voi gentleman - disse, rivolgendosi verso Falcone.
- Io ripeto che noi siamo
gente onesta, che quell'uomo dal naso da pappagallo, ci ha assaliti in pieno
bosco, a trenta miglia dal Bonanza e che il suo compagno ha cercato di
assassinarci la sera prima che lasciassimo Dawson. Lo giuro su Dio e sul mio
onore.
- Voi mentite!... - urlò
il californiano.
- Silenzio, - tuonò il
presidente. - Non vi abbiamo ancora interrogato.
- Ripeto che quel ladrone
mente!... - replicò il californiano. - Io non ho mai assassinato o cercato di
assassinare nessuno e tanto meno a Dawson, non essendo stato ancora in quella
città.
- E dove siete stato
dunque finora? - chiese il presidente.
- Nei placers del
Klondyke.
Il presidente si volse
verso i minatori che si erano affollati sotto la tenda, dicendo:
- Voi tutti venite dai placers
del Klondyke. Chi ha veduto quest'uomo?
- Nessuno - risposero
tutti a una voce.
- Allora voi mentite, -
disse il presidente.
- Ho lavorato lontano.
- Sì, assai lontano, -
disse improvvisamente una voce.
Tutti si volsero e videro
un minatore entrare nella tenda e accostarsi al tavolo.
- Quest'uomo io lo
conosco, - disse, indicando il californiano. - Egli è James Korthan, un
malvivente della peggior specie, che mi ha derubato di trenta oncie d'oro in
una bisca di Dawson.
- Canaglia!... - urlò il
californiano, pallido come un cencio lavato. - Io non ti ho mai visto.
- E io dichiaro che
quest'uomo è James Korthan, - ribattè il minatore, con maggior energia. - Nega
di avermi derubato se osi!...
- Non può negarlo poiché è veramente il suo
nome. - Egli ha lavorato con me nei placers del Bonanza e lo conosco
benissimo. Poi, volgendosi verso il minatore:
- Grazie del vostro
intervento, gentleman. Credo che la vostra testimonianza basterà per impiccare
quel furfante.
- Impiccare me!... - urlò
il californiano. - Prendi!...
Prima che i giudici e i
minatori avessero avuto il tempo di gettarsi su di lui e disarmarlo, il
californiano aveva estratta la rivoltella, facendo fuoco su don Pablo. Il
messicano, con uno slancio da giaguaro, si era gettato dietro a un tavolo,
evitando la palla. Bennie e Armando spianarono i fucili, però non poterono
servirsene, poiché il bushranger, con una scossa poderosa, aveva
atterrato il palo centrale della tenda, facendo crollare l'intera tela. Fra le
grida dei minatori e dei giudici si udirono al di fuori dei colpi di
rivoltella. Bennie, il giovane messicano e Armando, sventrata la tenda con
pochi colpi di coltello, si lanciarono all'aperto per impedire al bushranger
e il suo degno compagno di prendere il largo. Quando si trovarono fuori, era
però troppo tardi. I due furfanti, approfittando della confusione, si erano
posti in salvo, rifugiandosi nella foresta.
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