XXXIV -
UN MOMENTO TERRIBILE
La sera stessa,
approfittando della nebbia che era tornata a scendere sul campo d'oro, don
Pablo e i suoi compagni abbandonavano silenziosamente l'accampamento, per
dirigersi verso le sorgenti del Barem.
Orizzontandosi con la
bussola, marciarono l'intera notte verso est, ansiosi di non venire seguiti dai
minatori e specialmente dal californiano che, fino allora, non aveva perduto le
loro tracce. Quando spuntò il sole, si trovavano a trentadue miglia dal
Bonanza, in mezzo ai grandi boschi di pini e di cedri. Fatta una breve fermata
per allestire la colazione e per concedere un po' di riposo ai cavalli,
ripresero il cammino due ore dopo, decisi a non accamparsi che sulle rive del
Barem. Questa seconda marcia fu forse la più faticosa di tutte quelle che avevano
compiuto dalla loro partenza dal Piccolo lago degli Schiavi, avendo dovuto
attraversare terreni pantanosi, boschi fittissimi, corsi d'acqua molto freddi,
e burroni profondi, con certe salite tagliate quasi a picco. Quando si
accamparono, uomini ed animali erano sfiniti.
- Ancora un'ora e avrei
mandato a casa del diavolo tutti i tesori dell'Alaska, - disse Bennie. - È
stata una marcia da galeotti.
- Necessaria, però, -
disse don Pablo. - Se non avessimo camminato così velocemente, saremmo stati
raggiunti da qualche banda di minatori.
- E forse anche dal
californiano - aggiunse Armando.
- Che ci abbia ancora
seguiti? - chiese Bennie.
- È probabile, - rispose
il giovane messicano.
- Sangue di bisonte!... È
una mignatta quell'uomo?
- Credo peggio.
- Vuole vendicarsi di voi
o prendere parte alla raccolta dell'oro.
- L'uno e l'altro, anzi vi
consiglio di tenervi in guardia, ora che si è unito a quel bushranger.
- Che riesca a scoprirci?
- Ci ha seguito così bene
da Dawson al Bonanza, malgrado tutte le nostre precauzioni, che temo che ci
trovi ancora.
- Lo desidererei per
poterlo impiccare, don Pablo.
- Purché invece non ci
giuochi qualche brutta sorpresa! Quel furfante è capace di tutto.
- Terremo aperti gli
occhi.
- E dormiremo con un
occhio solo - aggiunse Armando.
- In guardia, amici, anche
di notte.
- Conserveremo i nostri
quarti, - disse Bennie. - Quanto distiamo ancora dalle sorgenti del Barem?
- Fra tre giorni ci
saremo.
- E raccoglieremo oro a
palate?
- Se non a palate, certo a
manate, - disse don Pablo.
- Vi ricordate esattamente
il luogo?
- Il mio amico me lo ha
descritto così minutamente da non potermi ingannare: tre montagne sormontate
dal Dom e due cateratte che si precipitano ai due lati della valle.
- Allora domani
attraverseremo il Barem e continueremo a marciare finché avremo forza nelle
gambe, - disse Falcone. - La buona stagione è brevissima qui e faremo bene ad
affrettarci.
In quel momento i cavalli
fecero udire dei nitriti e cominciarono a tendere le corde, dando segni
d'inquietudine.
- Che cosa c'è? - chiese
Bennie.
- Che abbiano fiutato
qualche nemico? - chiese Armando. - I nostri mustani non sono animali da
inquietarsi per un nonnullla.
Don Pablo si era alzato,
tenendo in mano il fucile e aveva tatto alcuni passi innanzi scrutando le
macchie dei cornioli, e guardando in mezzo ai tronchi dei cedri e dei pini.
- Nulla? - chiesero
Armando e Bennie, raggiungendolo.
- Mi sembra che la foresta
sia deserta, - disse il messicano.
- Non è sotto gli alberi
che si nasconde il pericolo - gridò Back. - I cavalli tendono gli orecchi verso
il fiume.
- Andiamo a vedere, -
disse Bennie risolutamente. - Fate buona guardia voi.
Mentre Falcone e Back
facevano il giro della tenda esplorando le macchie vicine, il messicano e i due
cacciatori si spinsero verso il Barem, guardando attentamente sotto i giganti
della foresta. Nessun rumore sospetto giungeva ai loro orecchi. Solamente si
udivano le acque dei fiumi rompersi sulle ghiaie delle rive e in alto gemere le
punte dei pini scosse dal gelido vento del settentrione. Giunti al Barem, i tre
esploratori si curvarono sulla sponda scrutando le acque, però l'oscurità era
così fitta, a causa dell'ombra cupa proiettata dai grandi alberi, da non
lasciar scorgere quasi nulla.
- Che i nostri cavalli si
siano ingannati? - chiese il giovane messicano.
- I vostri forse sì, non
però i nostri mustani che abbiamo condotti dalle praterie del sud - rispose il
canadese. - Quelli sono abituati a fiutare il pericolo e a segnalarlo.
- Eppure non si vede nulla
di sospetto, qui.
- Tacete...! - disse Armando. Tutti
tacquero tendendo gli orecchi e udirono, a quaranta o cinquanta passi sopra la
corrente, un sordo tonfo, che pareva prodotto dalla caduta di un corpo
pesantissimo.
- Qualcuno si è gettato
nel fiume - disse Bennie.
Si lanciarono verso quella
direzione, tenendo i fucili imbracciati per essere pronti a far fuoco, e giunti
là dove avevano udito il tonfo, scesero la riva.
- Nulla - disse Armando.
- Eppure qualcuno si è
tuffato - disse Bennie.
- Che sia stato un
animale? - chiese don Pablo.
- Forse.
- E perché non un uomo? -
chiese don Pablo.
- Qualche indiano?
- No, Bennie, il nostro
nemico.
- Il californiano!... -
Corna di bufalo!... Volete che sia giunto qui? È impossibile che abbia scoperto
le nostre tracce!...
- Lo voglio credere, però ho
dei sospetti. Quell'uomo è capace di averci seguiti.
- Allora che si affoghi.
- Che cosa facciamo? -
chiese Armando.
- Torniamo al campo e
vegliamo attentamente, - rispose il messicano. - Forse si tratta di un animale.
- Almeno lo preferirei -
disse Bennie.
Esplorarono la riva per
tre o quattrocento metri, sempre infruttuosamente, poi fecero ritorno alla
tenda. Non essendo certi con quale nemico avevano a che fare, accesero altri
due fuochi per illuminare il campo da tutti i lati, quindi incaricarono Armando
e Back del primo quarto di guardia. Il cow-boy e il giovane accesero le
loro pipe, si avvolsero nelle coperte, essendo la notte freddissima, e si
sedettero. I cavalli, tranquillizzati dopo l'esplorazione dei loro padroni, si
erano sdraiati presso la tenda; quello di Bennie, però, era rimasto in piedi,
da vero cavallo della prateria. Nessun rumore sospetto si udiva nella foresta.
Perfino il vento si era calmato, lasciando immobili le alte cime dei cedri e
dei pini. Erano già trascorse due ore senza che nulla di nuovo fosse accaduto,
quando Back vide il cavallo di Bennie alzare vivamente la testa, poi curvare a
più riprese gli orecchi, come se cercasse di raccogliere qualche vago rumore.
- C'è qualche cosa di
nuovo, - mormorò il messicano, sbarazzandosi della coperta. - Chi può aggirarsi
nel bosco con questo freddo intenso a quest'ora?
Il cavallo, in quel
momento mandò un leggero nitrito e si mise a tendere la corda che lo teneva
legato al palo della tenda. Armando si era alzato.
- Back, - disse - il cavallo
è inquieto.
- E anche gli altri
cominciano a dare segni d'agitazione - rispose il messicano.
- Che qualcuno si
avvicini?...
- Lo credo.
- Chi può essere quel
seccatore che cerca di accostarsi di soppiatto al campo?...
- Sarà un po' difficile
saperlo.
- E perché, Back?
- La nebbia è calata nel
bosco.
- È vero. Volete che
svegliamo Bennie?
- Aspettiamo, Armando.
Entrambi si erano
allontanati di alcuni passi dalla tenda e cercavano di distinguere ciò che
aveva prodotto quell'allarme. Disgraziatamente, durante quelle due ore, la
nebbia era nuovamente scesa e così fitta da impedire di scorgere i tronchi
degli alberi a una distanza di sei o sette passi.
- Non si vede
assolutamente nulla, - disse Back. - Sempre nebbia in questo brutto paese.
- Udite nulla?...
- Solamente il rompersi
della corrente.
- Eh!...
- Caramba!...
- Un urlo d'orso grigio,
Back
- Sì, Armando.
- Che quel bestione cerchi
di sorprenderci?..
- Ripieghiamo sul campo e
svegliamo i compagni. Non saremo mai troppi per quei bestioni.
Ma il loro avvertimento
sarebbe stato superfluo. Il canadese aveva ormai udito l'urlo del feroce
animale ed era balzato fuori, dopo aver fatto alzare don Pablo e Falcone.
- Un grizzly, è
vero. Armando? - chiese.
- Sì, Bennie, - rispose il
giovanotto.
- Lo preferisco al
californiano. Dov'è?...
- Passeggia fra la nebbia.
- Al diavolo la nebbia.
- Guardate!... - gridò
Back. In mezzo all'umida cortina scorsero confusamente una forma gigantesca,
che pareva dirigersi verso i fuochi dell'accampamento. Bennie e il giovane
messicano, che si trovavano più vicini, puntarono precipitosamente i fucili e
fecero fuoco. In mezzo al nebbione si udì echeggiare un urlo acuto, feroce, poi
più nulla
- È caduto?... - chiese il
canadese.
- Io non l'ho potuto
vedere - rispose Back.
- Se non fosse stato
ucciso, ci sarebbe piombato addosso - osservò Armando.
- Andiamo a vedere - disse
Bennie.
Seguito da Armando e da
Pablo si lanciò verso il luogo dove aveva visto apparire l'ombra gigantesca.
- Cerchiamo, - disse.
- Siate prudente, - consigliò
il giovane messicano. - Questi animali sono astuti.
Il canadese si era messo a
girare attorno a un enorme tronco di pino, mentre i suoi due compagni
perlustravano una macchia di cornioli. Aveva già compiuto il giro senza aver
trovato nulla, quando tutto d'un tratto sentì due zampacce piombargli sulle
spalle. Con una rapida mossa, tentò di sottrarsi a quel brutale abbraccio per
voltarsi e puntare il fucile, ma non gli fu possibile poiché le due zampe,
gravitando con forza irresistibile, in un lampo lo piegarono al suolo.
- Aiuto, Armando!... -
urlò il povero cacciatore.
Il giovane e il messicano
si lanciarono verso di lui e si trovarono di fronte a un orso grigio di statura
gigantesca. Il feroce animale si era rizzato sulle zampe posteriori per piombar
loro addosso. I due cacciatori, sorpresi da quell'improvvisa apparizione,
scaricarono a casaccio i fucili, poi vedendo che l'animale non era caduto
ripiegarono rapidamente verso l'accampamento, chiamando in loro aiuto Back e
Falcone. Bennie, intanto, aveva approfittato di quel momento. Non avendo
riportata alcuna ferita, si era subito alzato e aveva seguito i suoi amici;
però il fucile era rimasto sul terreno, essendogli mancato il tempo di
raccoglierlo. I cinque uomini si radunarono attorno al primo fuoco, quattro
armati di fucile e il canadese di rivoltella, pronti a impegnare la lotta.
Contrariamente ai suoi istinti bellicosi il grizzly non sembrava avere,
almeno per il momento, alcun desiderio di ritentare l'assalto. Lo si udiva,
però, grugnire a breve distanza e talvolta tra la nebbia si mostrava
confusamente, scomparendo subito dietro i tronchi dei pini
- Siete ferito, Bennie? -
chiesero premurosamente Armando e suo zio.
- No, - rispose il
canadese - Gli artigli del bestione mi hanno lacerato soltanto la giacca.
Aspetto però l'occasione propizia per vendicarmi del brutto momento che mi ha
fatto passare.
- Sembra che non abbia
fretta di accontentarti - disse Back.
- Lo vedo.
- Anzi mi pare che si sia
già allontanato, - soggiunse don Pablo - Non sento più nulla.
- Ne avrà avuto
abbastanza.
- Non lo credo Bennie -
disse Armando. - Abbiamo fatto fuoco precipitosamente, senza mirare e, forse,
senza colpirlo.
- Tacete, Armando.
Il canadese, tenendo in
pugno la rivoltella, si spinse innanzi alcuni passi, tendendo gli orecchi e udì
un tonfo.
- Si è gettato nel fiume,
- disse, tornando presso i compagni.
- Che abbia varcato il
Barena - chiese il signor Falcone.
- Forse.
- Allora possiamo dormire.
- Con un occhio solo,
però.
- E il vostro fucile? - chiese
Armando.
- Lo raccoglieremo domani,
non è un boccone per gli orsi.
Certi ormai di non venire
più disturbati, Bennie, Pablo e Falcone si sdraiarono sotto la tenda, mentre
Armando e Back riprendevano i loro posti accanto ai fuochi, non essendo ancora finito
il loro quarto di guardia. La notte trascorse senza altri allarmi, segno
evidente che l'orso aveva attraversato il Barem, abbandonando definitivamente
la partita. Forse le palle di Armando e di don Pablo lo avevano colpito e si
era ritirato nel suo covo in attesa della guarigione. Spuntato il giorno, dopo
alcune tazze di thè, il drappello si dispose a cercare un guado, volendo
passare sulla riva opposta del Barem. Temendo che l'orso avesse il suo covo nei
dintorni, il giovane messicano rimontò la riva per un cinque o seicento metri;
poi, avendo trovato un punto dove l'acqua non era profonda più di un metro,
comandò a tutti di salire sui cavalli, per evitare un bagno. I poveri animali,
quantunque molto carichi, entrarono animosamente nelle acque gelate del fiume
raggiungendo felicemente la riva opposta e prendendo terra in un luogo dove
crescevano numerosi cespugli incassati fra i grossi tronchi di alcuni vecchi
pini. Il giovane messicano, che era avanti a tutti, cercò di costringere il
cavallo ad addentrarsi fra quelle piante. Invece di obbedire, l'animale si
piantò sulle zampe posteriori e tentò di fare un rapido volteggio per rientrare
nel fiume
- Ohè!... Don Pablo!... -
gridò Bennie - È impazzito il vostro destriero?
Il messicano stava per
rispondere, quando una massa enorme, sorta improvvisamente dietro un tronco
atterrato, si gettò su di lui, mandandolo a gambe levate assieme alla sua
cavalcatura.
- Corna di bisonte!... -
urlò il canadese - Il grizzly!...
L'animale che aveva
atterrato il messicano, era infatti l'orso grigio che li aveva assaliti durante
la notte. Il bestione li aveva certamente spiati e vedendoli attraversare il
fiume si era imboscato per piombare su di loro a tradimento. Vedendo il
messicano a terra, invece di gettarsi su di lui o sul cavallo, con un balzo
attraversò la macchia e rizzatosi sulle zampe posteriori, si precipitò giù
dalla riva gettandosi in mezzo al drappello. L'assalto fu così repentino che i
minatori non ebbero il tempo di afferrare i fucili. Per maggior disgrazia, i cavalli,
pazzi di terrore, si scagliarono confusamente nel fiume e scivolando sul fondo
melmoso caddero l'uno sull'altro, gettando i cavalieri nell'acqua. Il momento
era terribile. Il feroce grizzly ritto sulla riva, si era arrestato,
come se fosse indeciso sulla scelta della vittima. Un istante ancora e qualcuno
avrebbe provato le zanne dure come l'acciaio e i lunghi artigli del mostro.
Bennie e Armando, caduti in acqua, l'uno a destra e l'altro a sinistra, si
erano prontamente rimessi in piedi: Back, invece, era stato gettato in un luogo
dove la corrente era profonda e rapida, e era stato costretto a nuotare;
Falcone, meno fortunato, era caduto sulla riva ed era rimasto sotto il cavallo
che montava.
- A me, Armando!... -
gridò il canadese.
Aveva impugnato il bowie-knife
e la rivoltella e si era slanciato coraggiosamente, a corpo morto, addosso alla
belva.
- Eccomi!... - rispose
Armando, strappando un'ascia che pendeva dalla sella di un cavallo. Il canadese
puntò risolutamente la rivoltella, però le cartucce, bagnate, non presero
fuoco. Stava per scagliarsi nuovamente contro il grizzly, col coltello
in pugno, quando rimbombò uno sparo. Il giovane messicano, liberatosi dal
cavallo che gli era caduto addosso, aveva raccolto il fucile e aveva fatto
fuoco, colpendo l'orso nel cranio. Quella palla però non bastò per quel
gigantesco animale. Quantunque ferito, si volse verso il messicano e lo caricò
disperatamente.
- Fuggite!... - gridò
Bennie.
Don Pablo non aveva atteso
il consiglio. Con due salti si era gettato dietro il tronco di un enorme pino e
si era messo a correre all'intorno, cercando contemporaneamente di ricaricare
l'arma. Il grizzly, reso furioso per la ferita che gli insanguinava il
muso, s'era messo a inseguirlo, sperando di raggiungerlo. Girava rapidamente
attorno al pino, avventando colpi di zampa che strappavano pezzi di corteccia,
e urlando spaventosamente. Don Pablo, però, lesto come uno scoiattolo, si
sottraeva a quegli attacchi, correndo con maggior velocità. Bennie, Armando e i
loro compagni, avevano intanto cambiate rapidamente le cartucce ai loro fucili.
- Badate, Pablo!... -
grido il canadese.
Avevano puntato le armi,
però non osavano far fuoco. L'orso e il messicano giravano così
vertiginosamente attorno all'albero, che quando il primo scompariva, il secondo
subito si mostrava. Un momento di ritardo bastava per colpire l'uomo invece che
l'animale.
- Pablo, scostatevi!... -
gridò Bennie.
- No - rispose il
messicano
- Non possiamo far
fuoco!...
- Lo farò io.
- Avete caricata l'arma?
- Si.
- Fuoco dunque!...
Il messicano, in
quell'istante, si voltò. L'orso non era che a tre passi e stava per afferrarlo.
Puntò il fucile appoggiandolo al petto dell'avversario e fece fuoco
precipitosamente, poi balzò indietro, girando attorno al tronco. Il gigantesco animale,
colpito forse mortalmente, si arrestò un istante. Subito quattro spari
echeggiarono. Il grizzly vacillò, tentò di rimettersi in equilibrio
aggrappandosi con i poderosi unghioni, poi stramazzò al suolo mandando un
ultimo pauroso urlo.
- Ecco una colazione ben
guadagnata - disse Bennie. - Signori vi offro due prosciutti che nulla avranno
da invidiare a quelli dei più grassi maiali.
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