Era venuta la sera.
Il capitano Macpherson durante la giornata non si era fatto
vedere e nessun incidente era accaduto nel bengalow.
Saranguy, dopo di aver errato a capriccio qua e là, nei
dintorni delle tettoie e delle palizzate, porgendo attento orecchio ai discorsi
dei sipai s'era sdraiato dietro ad un folto cespuglio, a cinquanta passi dalla
abitazione, come uno che cerca di addormentarsi.
Di quando in quando però alzava prudentemente la testa, ed il
suo sguardo percorreva rapidamente la circostante campagna. Si sarebbe detto
che egli cercava qualche cosa, o che aspettava qualcuno.
Passò una lunga ora. La luna s'alzò sull'orizzonte,
illuminando vagamente le foreste e il corso della grande fiumana la quale
mormorava gaiamente, frangendosi contro le rive.
Un urlo acuto, l'urlo dello sciacallo, si fece udire in
lontananza.
Saranguy s'alzò bruscamente, guardandosi d'attorno con
diffidenza.
- Finalmente, - mormorò egli, rabbrividendo. Saprò la mia
condanna.
A duecento passi, fra una macchia, comparvero due punti
luminosi, con riflessi verdastri, Saranguy accostò due dita alle labbra e mandò
un leggiero fischio.
Tosto i due punti luminosi si slanciarono innanzi. Erano gli
occhi di una grande tigre, la quale fece udire quel sordo miagolìo che è
famigliare a simili belve.
- Darma! - chiamò l'indiano.
La tigre s'abbassò, schiacciandosi contro il terreno, e si
mise a strisciare silenziosamente. S'arrestò proprio dinanzi a lui emettendo un
secondo miagolìo.
- Sei ferita?- gli chiese l'indiano, con voce commossa.
La tigre per tutta risposta aprì la bocca e lambì le mani ed
il volto dell'indiano..
- Hai sfidato un gran pericolo, povera Darma, ripigliò
l'indiano con tono affettuoso. - Sarà l'ultima prova.
Passò una mano sotto il collo della belva e vi trovò una
piccola carta rossa, arrotolata e sospesa ad un sottile filo di seta.
L'aprì con mano tremante, gettandovi sopra gli occhi. V'erano
dei segni bizzarri d'una tinta azzurra e una riga di sanscrito. «Vieni, che il
messaggero è giunto» lesse egli.
Un nuovo brivido agitò le sue membra e alcune goccie di sudore
imperlarono la sua fronte.
- Vieni, Darma, - diss'egli.
Guardò alla sfuggita il bengalow, percorse tre o quattrocento
passi strisciando, seguito dalla tigre, poi s'internò nel bosco di borassi.
Camminò per venti minuti rapidamente, seguendo un sentieruzzo
appena appena visibile, poi s'arrestò, chiamando con un gesto la tigre.
A venti passi da lui, s'era improvvisamente alzato da terra un
individuo, il quale spianò risolutamente un fucile, gridando:
- Chi vive?
- Kâlì, - rispose Saranguy.
- Avanzati.
Saranguy si avvicinò a quell'indiano il quale lo esaminò
attentamente.
- Sei forse colui che aspettiamo? - gli chiese.
- Sì.
- Sai chi ti aspetta?
- Kougli.
- Sei proprio quello: seguimi.
L'indiano gettò la carabina ad armacollo e si mise in marcia
con passo silenzioso.
Saranguy e Darma lo seguirono.
- Hai veduto il capitano Macpherson? - chiese qualche istante
dopo
- Sì.
- Cosa fa?
- Non saprei dirlo.
- Sai nulla di Negapatnan?
- Sì, so che è prigioniero del capitano.
- È vero ciò che dici?
- Verissimo.
- E sai dov'è nascosto?
- Nei sotterranei del bengalow.
- Si vede che sono prudenti quegli europei.
- Sembra.
- Ma tu lo libererai.
- Io! - esclamò Saranguy.
- Lo credo.
- Chi te lo disse?
- Non so nulla; taci e cammina.
L'indiano ammutolì e affrettò il passo, cacciandosi in mezzo ai
macchioni di bambù ed a cespugli irti di spine. Ogni qual tratto s'arrestava ed
esaminava il tronco dei palmizi tara che trovava sul suo passaggio.
- Cosa guardi? - chiese Saranguy, sorpreso.
- I segni che indicano la via.
- Ha cambiato dimora Kougli?
- Sì, perché gl'inglesi si sono mostrati presso la sua
capanna.
- Di già?
- Il capitano Macpherson ha dei buoni bracchi al suo servizio.
Sta' allerta, Saranguy; potrebbero giuocarti qualche brutto tiro, quando meno
te lo aspetti.
Si fermo, accostò le mani alle labbra ed emise un urlo simile
a quello dello sciacallo.
Un secondo urlo vi rispose.
- La via è libera, - disse l'indiano. - Segui questo sentiero
e giungerai alla soglia della capanna. Io rimango qui a vegliare.
Saranguy ubbidì. Percorrendo il sentiero s'avvide che dietro
ad ogni albero stava appiattato un indiano con una carabina in mano e il laccio
stretto attorno al corpo.
- Siamo ben guardati, - mormorò egli. - Potremo discorrere
senza temere di venire sorpresi dagli inglesi.
Ben presto si trovò dinanzi ad una grande capanna, costruita
con solidissimi tronchi d'albero, nei quali erano aperte molte feritoie per
lasciar passare le carabine. Il tetto era coperto da foglie di latania e sulla
cima v'era una rozza statua della dea Kâlì
- Chi vive? - chiese un indiano, che era seduto sulla soglia
della porta armato di carabina, di pugnale e laccio.
-Kâlì - rispose per la seconda volta Saranguy.
L'indiano entrò in una stanzuccia illuminata da un ramo
d'albero resinoso, il quale spandeva all'intorno una luce fumosa.
Sdraiato su di una stuoia stavasene un indiano alto come il
truce Suyodhana, spalmato di fresco d'olio di cocco, col misterioso tatuaggio
sul petto.
La sua faccia era d'una tinta bronzina, dura, feroce, con
folta barba nera. Gli occhi suoi, profondamente incavati, brillavano d'una cupa
fiamma.
- Addio, Kougli, - disse l'indiano entrando, ma pronunciando
le parole quasi con pena.
- Ah! sei tu, amico, - rispose Kougli, alzandosi prontamente.
- Cominciava a impazientirmi.
- La colpa non è mia; la strada è lunga.
- Lo so, amico mio. Come sono andate le cose?
- Benissimo; Darma ha eseguito appuntino la sua parte. Se non
ero pronto, schiacciava la testa del capitano.
- L'aveva atterrato?
- Sì.
- Brava bestia la tua tigre.
- Non dico di no.
- Sicché sei ai servigi del capitano.
- Sì.
- In che qualità?
- Di cacciatore.
- Sospetta di nulla?
- No.
- Sa che ti sei allontanato dal bengalow?
- Non lo so. Del resto mi ha accordato ampia libertà di
andarmene nei boschi o nella jungla, a cacciare.
- Sta' in guardia però. Quell'uomo ha cent'occhi.
- Lo so.
- Narrami qualche cosa di Negapatnan.
- È arrivato ieri notte al bengalow.
- Lo so, nessuna cosa sfugge al mio sguardo. Dove l'hanno
nascosto?
- Nel sotterraneo.
- Lo conosci quel sotterraneo?
- Non ancora, ma lo conoscerò. So che ha le pareti di uno
spessore enorme, e che un sipai armato veglia dì e notte dinanzi alla porta.
- Sai più di quanto speravo. Lascia che te lo dica, sei un
brav'uomo.
- Il cacciatore di serpenti della jungla nera è più forte e
più astuto di quello che tu credi, - rispose l'indiano Saranguy.
- Sai se ha parlato Negapatnan?
- Non lo so.
- Se quell'uomo parla, noi siamo perduti.
- Diffidi di lui? - chiese Saranguy con una leggiera
vibrazione ironica.
- No, poiché Negapatnan è un gran capo ed è incapace di
tradirci. Ma il capitano Macpherson sa tormentare i suoi prigionieri. Orsù,
veniamo al fatto.
La fronte di Saranguy s'aggrottò e un leggiero tremito
percorse le sue membra.
- Parla, - diss'egli, con strano accento.
- Sai perché ti ho chiamato?
- Lo indovino, si tratta...
- Di Ada Corishant.
A quel nome, il cupo sguardo di Saranguy si spense; qualche
cosa di umido brillò sotto le sue ciglia, e un profondo sospiro gli uscì dalle
labbra scolorite.
- Ada!... Oh mia Ada!... - esclamò egli con voce soffocata. -
Parla Kougli, parla. Soffro troppo, troppo!...
Kougli guardò l'indiano che si era accasciato su se stesso,
stringendosi fortemente la fronte. Un sorriso satanico, un sogghigno atroce
sfiorò rapidamente le sue labbra.
- Tremal-Naik, - disse con voce quasi
sepolcrale. - Ti ricordi quella notte che ti rifugiasti nel pozzo colla tua Ada
ed il maharatto?
- Sì, me lo ricordo, - rispose con voce sorda Saranguy, o
meglio Tremal-Naik, il cacciatore di serpenti della jungla
nera.
- Tu eri in nostra mano. Bastava che Suyodhana lo volesse e
tutti e tre a quest'ora dormireste sotto terra.
- Lo so. Ma perché rammentarmi quella notte!
- Bisogna che te la rammenti.
- Affrettati allora, non farmi soffrire tanto. Ho il cuore che
mi sanguina.
- Sarò breve. I thugs avevano pronunciato la vostra sentenza
di morte; tu dovevi essere strangolato, la vergine della pagoda doveva salire
il rogo e Kammamuri morire tra i serpenti. Suyodhana fu quello che si oppose.
Negapatnan era caduto in mano degli inglesi e bisognava
salvarlo. Tu avevi dato tante prove di essere un uomo audace e pieno di risorse
e ti graziò, purché tu servissi la nostra setta.
- Affrettati.
- Ma tu amavi quella donna che si chiama Ada. Bisognava
cedertela per avere un fedele e pronto alleato. La nostra dea Kâlì te la offre.
- Ah!... - esclamò Tremal-Naik, balzando
in piedi, tutto trasfigurato.
- È vero quello che dici?
- Sì, è vero, - disse Kougli marcando su ogni parola.
- E sarà mia sposa?
- Sì, sarà tua sposa. Ma i thugs esigono qualche cosa da te.
- Qualunque cosa sia io l'accetto. Per la mia fidanzata darei
alle fiamme l'India intera.
- Bisognerà uccidere.
- Ucciderò.
- Bisognerà salvare degli uomini.
- Li salverò, dovessi assalire una città zeppa di armi e
d'armati.
- Bene; odimi.
Si levò dalla cintura una carta, la spiegò e la guardò alcuni
istanti con profonda attenzione.
- I thugs, - disse - tu lo sai, amano Negapatnan, che è
coraggioso. intraprendente e forte. Vuoi la tua Ada? Libera Negapatnan, ma c'è
Suyodhana che esige qualche cosa da te.
- Parla, - disse Tremal-Naik, che senza
saperlo, provò un brivido.- Ti ascolto.
Kougli non aprì bocca. Egli guardava fissamente ed in modo
strano il cacciatore di serpenti.
- Ebbene? - balbettò Tremal-Naik.
- Suyodhana ti cede la tua fidanzata a patto che tu uccida il
capitano Macpherson...
- Il capitano...
- Macpherson, - terminò Kougli, schiudendo le labbra ad un
crudele sorriso.
- E solo a questo prezzo mi si cederà Ada?...
- A questo prezzo solamente.
- E se rifiutassi?
- Non l'ameresti più.
- Io? Cosa ti dissi poco fa? Per la mia fidanzata darei
l'India alle fiamme.
- Hai ragione. Nel caso però che ti rifiutassi, la vergine
della pagoda salirà il rogo e Kammamuri morrà fra i serpenti. Li teniamo
entrambi in nostra mano. Cosa decidi?
- La mia vita appartiene ad Ada. Accetto.
- Hai già qualche piano?
- Nessuno, ma lo troverò.
- Bada a me; prima libera Negapatnan.
- Lo libererò.
- Noi veglieremo su di te. Se avrai bisogno di aiuti, vieni da
me.
- Il cacciatore di serpenti farà senza i thugs.
- Come vuoi: puoi andartene.
Tremal-Naik non si mosse.
- Cosa desideri? - chiese Kougli.
- E non potrò veder colei che io amo?
- No.
- Siete proprio inesorabili?
- Compi la missione, poi... quella donna.... sarà tua sposa. Va', Tremal-Naik, va'.
L'indiano s'alzò in preda a una cupa disperazione e si diresse
verso l'uscita.
- Tremal-Naik, - disse lo strangolatore,
nel momento in cui varcava la soglia.
- Cosa vuoi?
- Non scordarti, che a noi preme la morte del capitano
Macpherson!...
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