4 - Le manovre
sospette del Guercio
Cinque giorni
dopo, il mulatto, le cui gote si erano ormai completamente sgonfiate pel semplice
motivo che aveva lasciato chiudersi la leggera ferita senza farvi più soffiare
dentro, lasciava l'infermeria per riprendere il suo posto nella scialuppa a
vapore del penitenziario.
Pienamente
d'accordo col quartiermastro della Britannia che era l'anima della fuga,
perché senza di lui sarebbe stata una vera follia slanciarsi alla ventura
attraverso l'Oceano Indiano, pericolo che solo un uomo di mare esperimentato
può affrontare, il mulatto aveva affrettato la guarigione per ultimare gli
ultimi preparativi e possibilmente ingrossare la provvista di viveri, onde non
farsi cogliere dalla fame in pieno oceano.
Come abbiamo
detto, il mulatto, nella sua qualità di macchinista, godeva d'una certa
libertà. Poteva verso il tramonto recarsi a pescare i grossi crostacei che sono
così numerosi sulle scogliere delle isole Andamane, usando della grossa
scialuppa a vapore del direttore del penitenziario, a fuochi spenti però onde
non ne approfittasse per prendere il largo.
Dichiaratosi
guarito, aveva ripreso senz'altro le sue consuete abitudini, in attesa che il
malabaro si rimettesse a sua volta completamente in gamba.
Con infinite
precauzioni era riuscito a sottrarre dei viveri dal magazzino, nel quale aveva
libero accesso, dovendo sovente imbarcare delle piccole partite di generi
alimentari per portarle ai forzati che lavoravano nei cantieri un po' lontani,
e in tal modo aveva ingrossato la provvista, nascosta in un profondo cavo della
scogliera che si estendeva dinanzi al penitenziario, dove egli soleva recarsi a
pescare. Una mezza cassa di biscotto, alcuni chilogrammi di pesce secco e dei
legumi erano andati ad impinguare la provvista senza che nessuno, fino allora,
se ne fosse accorto.
La sera del
terzo giorno della sua uscita dall'infermeria però, mentre tornava dal mare e
spingeva faticosamente innanzi la scialuppa, avendo la macchina spenta perché
priva del cilindro, fu non poco sorpreso nel vedere seduto sulla spiaggia il
Guercio, che egli credeva si trovasse in uno dei cantieri stabiliti in mezzo
alla foresta.
«Buona sera,
Jody, - gli disse il cingalese, con un accento leggermente beffardo, che non
sfuggì al mulatto. - Che cosa hai pescato di buono lungo la scogliera?»
«Un bel
granchio pel direttore,» rispose il macchinista.
«Tu sei un
pescatore fortunato. Io non riesco mai a prenderne uno lungo la spiaggia,
mentre mi piacciono tanto.»
«Non si
mostrano qui; preferiscono passeggiare su quelle scogliere.»
«Conducimi con
te una sera. Voglio vedere come fai tu a sorprenderli.»
«Ci vuole
colpo d'occhio e mano lesta, mio caro.»
«Insegnami
allora, se sei un buon camerata, e conducimi con te domani sera.»
«Tu non hai il
permesso di recarti alla pesca e non voglio avere dei grattacapi. Se sapesse
che ti ho portato con me, il governatore sarebbe capace di mandarmi in cella
con doppia catena.»
«Non ti
preoccupare di ciò. Nessuno ti darà fastidio, anche se venisse a sapere che tu
mi hai preso a bordo.»
Il mulatto lo
guardò fisso, con una certa apprensione. Quell'insistenza cominciava a
mettergli delle spine nel cuore.
«Che abbia
sospettato qualche cosa? - pensò. - Stiamo in guardia.» Poi, alzando la voce,
disse: «Se ciò ti fa piacere e mi assicuri che nessuno mi farà delle
osservazioni, vieni pure. Domani sera ti aspetto qui, prima del tramonto.»
«Tu sei un
bravo ragazzo», rispose il cingalese, con una sottile punta d'ironia.
«Dove lavori
domani?»
«In nessun
luogo. Mi hanno accordato due giorni di riposo perché ho la febbre.»
«Invece di
darti una parte del gatto a nove code che hanno inflitto a quel povero diavolo
di Palicur.»
«Era stato lui
ad insultarmi,» disse il Guercio.
«Già, è vero,
- rispose Jody, - ma credo che tu sia nato sotto una buona stella e che nessuno
sia più fortunato di te. Hai portato qualche talismano da Ceylon?»
«Sì, un
frammento d'una falange di Godama, - disse il Guercio, ridendo. - Buona notte,
Jody: a domani sera.»
Il cingalese,
che voleva tagliar corto, avendo capito a che cosa alludeva il mulatto, volse
le spalle e se ne andò verso una delle tettoie dove già entravano i forzati dei
cantieri per l'appello serale.
Jody invece
rimase sulla spiaggia, con un piede sul bordo della scialuppa che aveva legato
a un palo, seguendo con uno sguardo di profonda preoccupazione la spia.
«Non sono i granchi
che lo hanno indotto a chiedermi di condurlo alla scogliera, - mormorò ad un
tratto. - Che il quartiermastro avesse ragione di dubitare di quel furfante?
Già, tutti affermano che egli è la spia dei sorveglianti.
«Ha forse
saputo che noi ci prepariamo a filarcela? E le gite che io faccio ogni sera
alla scogliera lo hanno allarmato? Noi corriamo il pericolo di finire in cella
a doppia catena, se non ci affrettiamo ad andarcene.
«È necessario
che io veda il quartiermastro e che domani sera tentiamo il colpo, checché
debba succedere. Andiamo innanzi tutto ad informarci chi è di guardia
all'infermeria.»
Prese il
granchio che aveva pescato sulla scogliera, un mostruoso ragno di mare pesante
parecchi chilogrammi, e andò a consegnarlo a uno dei guardiani della casa del
governatore, poi s'informò chi era di guardia quella notte all'infermeria.
«Foster, - si
sentì rispondere, quando ebbe interrogato uno dei sorveglianti, coi quali aveva
ormai una certa famigliarità nella sua qualità di macchinista del direttore e
di bravo ragazzo che regalava di frequente i frutti delle sue pesche. - Foster?
- disse fra sé. - È amante dei liquori costui e non rifiuterà di vuotare con me
una mezza bottiglia.»
Si recò nella
sua capanna, costruita dietro la casa del governatore, si cacciò nelle tasche
un paio di bicchieri e una bottiglia di ginepro, poi s'avviò verso
l'infermeria.
Godendo egli
di privilegi speciali, nessuno gl'impedì il passo, sicché poté giungere
indisturbato nel corridoio che conduceva all'infermeria, dove vegliava il
guardiano Foster, un brutto irlandese con una foresta di capelli rossi e il
naso grosso e cremisi, tipico dei bevitori impenitenti.
«Oh, Jody, -
disse il guardiano, vedendolo avanzarsi. - Torni all'infermeria di già?
Giovanotto mio, hai avuto troppa fretta a uscire.»
«Non ho
affatto l'intenzione di andarmi a cucinare sotto le coltri, - rispose il
mulatto. - Preferisco correre sul mare e respirare la fresca brezza.»
«Perché vieni
qui, dunque?»
«Volevo
pregarvi di permettermi di far assaggiare a quei due poveri diavoli che si
trovano nell'infermeria un po' di ginepro del governatore. Ciò li rimetterà
forse più in gamba di tutte le medicine che fa loro inghiottire il dottore. Non
vi pare, signor Foster?»
«Le medicine!
Da noi, in Irlanda, si guariscono i malati con del buon gin o del brandy, e se
vedessi come saltano dopo una sbornia! Le medicine! Non si conoscono nel nostro
paese. Ma, ehi, giovanotto, ed io dovrò starmene qui a bocca asciutta, mentre
gli altri bevono? Tu sai che gli irlandesi hanno sempre sete. Bedah! Harrah!
È il nostro grido di guerra!»
«Non sono un
così cattivo ragazzo da non aver pensato anche a voi, signor Foster. Basta un
bicchiere per gli ammalati; il resto è per voi.» Gli occhi dell'irlandese si
erano fissati, con ardente bramosia, sulla bottiglia quadrangolare che il
mulatto aveva tratto dalla tasca.
«Bedah!
ginepro dell'Olanda! - esclamò. - È munifico con te il governatore! Questo deve
bruciare bene la gola! Non deve valere meno d'una mezza sterlina quella
bottiglia. Dammene un sorso, mio bravo Jody.»
«Dieci, venti
sorsi, signor Foster. Lasciate che empia questi due bicchieri; il resto è per
voi.»
«E tu?»
«Bah! Non ci
tengo ai liquori,» rispose il mulatto.
«Tu non saprai
mai apprezzare la suprema felicità d'una bella sbornia, ragazzo mio, e mi
rincresce per te. Da' la bottiglia, che io l'assaggi.»
Jody, che
rideva in cuor suo, empì i due bicchieri, poi passò la bottiglia all'irlandese
che se la portò subito alle labbra.
«Harrah!
- esclamò il beone, dopo la prima sorsata. - È roba fina! Si capisce che è del
governatore. Se potesse mettere un piede solo nella sua cantina, Foster sarebbe
l'uomo più felice del mondo.»
«Permettete
dunque che porti questi due bicchieri ai due ammalati?»
«Va', figlio
mio. Tu sei un gran bravo ragazzo. Dar da bere agli assetati, insegna la
dottrina, e Dio ti sarà riconoscente: sono un buon cristiano io e me ne
intendo, neh! Apri ed entra, mentre io ti trinco questo sangue delizioso di
messer Belzebù, re del fuoco.»
«E compare
tuo,» aggiunse fra sé il mulatto, entrando nell'infermeria e chiudendo per
precauzione la porta, quantunque fosse più che sicuro che l'irlandese non
l'avrebbe disturbato finché v'era ginepro nella bottiglia.
Una fumosa
lampada ad olio illuminava la vanta stanza che serviva d'infermeria. Il quartiermastro
della Britannia ed il malabaro non si erano ancora addormentati e
stavano parlando sommessamente. Vedendo comparire improvvisamente il
macchinista, entrambi intuirono che qualche cosa di grave doveva essere
accaduto.
«Tu rechi a
noi qualche cattiva notizia, è vero, Jody?» chiese Will, che nonostante
cercasse di mostrarsi calmo era diventato un po' pallido.
«Adagio,
signore, - rispose il mulatto. - Potrebbe essere un semplice capriccio del
Guercio... tuttavia vi consiglierei di tenervi pronti per domani sera, fra le
dieci e la mezzanotte.»
«A fuggire?»
«Sottovoce,
signor Will. È vero che Foster in questo momento è troppo occupato a vuotare la
bottiglia di ginepro, nondimeno è meglio essere prudenti. Non si sa mai, vi possono
essere sempre degli orecchi pronti a raccogliere le nostre parole.»
Offrì ai due
ammalati i due bicchieri, poi in poche parole li informò della proposta
fattagli dal cingalese.
«Che ti abbia
veduto sottrarre dei viveri dal magazzino?» chiese Will, quand'ebbe finito.
«È
impossibile,» rispose il mulatto.
«È uno
stregone quel maledetto cingalese. Deve avere qualche sospetto per averti
pregato di condurlo a cacciare i granchi sulla scogliera.»
«Pare anche a
me, - disse il malabaro. - Quello è peggio di un cobra-capelo, signor
Will.»
«E tu hai
acconsentito a riceverlo sulla scialuppa?» chiese l'inglese, dopo qualche
istante di riflessione.
«Se mi fossi
rifiutato avrei aumentato di certo i suoi sospetti, signore,» rispose Jody.
«È vero; hai
fatto bene a non mostrarti ostile a quel desiderio. Cane d'un Guercio! Egli
medita qualche brutto tiro contro di noi e deve aver saputo qualche cosa dei
nostri progetti.»
«Ci ha
ascoltati quel giorno che noi stavamo coricati sotto quel banano,» disse il
malabaro.
«Ma io non
avevo pronunciato il nome di Jody,» disse il quartiermastro, che era diventato
assai pensieroso.
«Signor Will,
- disse il mulatto, - è necessario prendere una pronta risoluzione. Se non
fuggiamo domani sera, noi un giorno o l'altro finiremo per venire scoperti e
allora addio speranze. Con la doppia catena indosso non si scappa più.»
«Domani
sera... Io sono pronto, perché me ne rido dell'itterizia; ma lo potrà
Palicur?».
«Le mie ferite
non si sono ancora completamente rimarginate, è vero, - disse il malabaro. -
Tuttavia sono forte abbastanza per alzarmi, per calarmi dalla finestra e per
accoppare anche, con un solo pugno, quel cane d'un cingalese, se tentasse di
opporsi alla nostra fuga. Non preoccupatevi per me, signor Will. Domani sera io
sarò pronto; la mia guarigione si completerà, e meglio, sul mare indiano.»
«Avete la
macchinetta, signor Will?» chiese il mulatto.
«L'ho nascosta
nel materasso.»
«Avete capito
come deve essere adoperata? Basta caricarla e la piccola sega circolare agirà
da sola senza fare il minimo rumore. L'ho già prestata due volte ed ha servito
a far fuggire ultimamente quel povero Bed che è stato divorato dalle tigri
sulle rive del Silak. Mi è costata un anno di lavoro, eppure agisce meglio di
tutte le lime del mondo.»
«Purché sul più
bello non veniamo sorpresi dal sorvegliante, che è di guardia nel corridoio,»
disse Will.
«Pregherò
Foster di assumere il quarto e m'incarico io di ubriacarlo. Quando ha una
bottiglia fra le mani non si muove più, finché non è vuota».
«E le
sentinelle?»
«Non ve ne
sono che due e anche quelle berranno. Calatevi dalla parte del magazzino e
seguite il viale che conduce all'imbarcadero ed io rispondo di tutto. A domani,
fra le undici e la mezzanotte, checché debba accadere. O ci uccideranno o noi
posdomani saremo ben lontani dalle Andamane.»
«Dove sarai
tu?» chiese Will.
«Presso le
sentinelle, con un paio di bottiglie; prima però debbo avvertirvi se nessun
pericolo vi minaccia. Le guardie non si rifiuteranno di bere e mentre io le
terrò occupate, voi filerete e vi nasconderete nella scialuppa. Empirò prima il
forno di canape ben imbevuta di petrolio e di grasso, onde ottenere subito la
pressione occorrente. Buona sera e fidatevi di me.»
«Una parola
ancora,- disse il quartiermastro. - Non andare col Guercio disarmato.»
«Avrò un buon
coltello in tasca e se cercherà di scoprire il nostro piccolo deposito, lo
ucciderò senza misericordia, - rispose il mulatto con accento risoluto. - A
domani e non esitate.»
«Va'
tranquillo,» risposero Will e Palicur.
Il mulatto,
che non voleva destare sospetti nel sorvegliante, aprì la porta e giunse nel
corridoio.
L'irlandese
era seduto dinanzi ad un piccolo tavolo, coi gomiti appoggiati e la testa fra
le mani, in adorazione dinanzi alla bottiglia quadrata, che non doveva ormai
più contenere nemmeno una goccia di ginepro.
«Mi sono fatto
aspettare un po' troppo, è vero, signor Foster?» disse Jodv.
L'irlandese
alzò la testa, guardandolo con due occhi smorti, e sorrise beatamente,
borbottando.
«Eccellente...
bedah... harrah... eccellente. Jody... sei un bravo ragazzo...
hai il cuore largo... tu... figliolo.»
«Sì, è
squisito il ginepro del governatore, - rispose il mulatto. - Anche domani avrò
un'altra di quelle bottiglie. Ho scoperto un certo luogo ove i granchi di mare
si radunano in buon numero e conto, domani sera, di portarne non meno di cinque
o sei al governatore.»
«E ti
regalerà... un'altra bottiglia?»
«È sempre
generoso con me, il governatore.»
«E m'inviterai
a berla?»
«Ve l'offrirò
come questa sera, purché mi permettiate di darne un bicchiere ai due ammalati e
che vi troviate qui di guardia.» L'irlandese lo guardò cogli occhi umidi.
«Buon
ragazzo... cuore eccellente... mio buon amico... fior di galantuomo... Tu non
dovresti rimanere in questo paese... figliuol mio.»
«Disgraziatamente,
non siete il governatore,» disse Jody, ridendo.
«Ma se lo
fossi... se lo fossi... io... io...»
«Mi terreste
più d'occhio, è vero, signor Foster?»
L'irlandese
fece col capo e colle mani un segno di viva protesta.
«Dunque vi
troverete qui, domani sera?» chiese Jody.
«Vorresti tu
che rinunciassi a quel... quel... dolce nettare... di Belzebù?»
«Avrete la
bottiglia. Buona sera, signor Foster.»
«Addio
bravo... ragazzo... mio dolce... amico... cuor d'oro.»
«E volpone
finissimo, - mormorò il mulatto, allontanandosi rapidamente. - Quella bottiglia
ti costerà un mese di prigione, triplice imbecille.»
Uscì dal
fabbricato per recarsi nella sua capanna; ma aveva fatto appena alcuni passi,
quando vide un'ombra umana staccarsi dal muro e scivolare silenziosamente in
mezzo ad una folta macchia di dammar all'estremità del viale che metteva
all'imbarcadero.
«Mi spiano, -
mormorò il mulatto, trasalendo. - Non può essere che quel cane d'un Guercio.»
Si frugò nelle
tasche, trasse un coltello che aperse con un colpo secco e si slanciò verso il
viale, colla speranza di sorprendere lo spione. Non scorse nessuno, né udì
alcun rumore. Ripiegò verso la macchia e la percorse in tutti i sensi, senza
nulla trovare.
«Se non
temessi di compromettermi e di mandare all'aria la fuga progettata, lo
ucciderei, - disse. - Bada a te, Guercio! Potresti non tornare vivo dalla
scogliera e finire fra le branche dei granchi di mare!»
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