8 - I vampiri
dell'oceano
Passato il
primo istante di stupore e, diciamolo pure, anche di spavento, i tre forzati,
che grondavano come se si fossero immersi in un tino pieno d'inchiostro, si affrettarono
ad alzarsi, afferrando Will la carabina e Palicur la pistola di Jody, che aveva
trovato sottomano.
La scialuppa,
dopo quell'improvviso urto, si era arrestata di colpo a causa probabilmente di
qualche guasto avvenuta alla macchina o all'elica, e ondeggiava vivamente fra
larghi sprazzi di spuma, sollevati intorno a essa dall'essere misterioso che
aveva inondato, di quella materia nera puzzolente di muschio, i tre uomini.
Will, che per
primo giunse a prua, mandò tosto un grido d'orrore:
«Oh! Che orribile
mostro! Indietro, amici!»
Un animale di
enormi dimensioni, dal corpo fusiforme, lungo una mezza dozzina di metri, di
colore rossastro, con otto braccia munite di ventose che gli coronavano la
testa, lunghe ognuna sei o sette metri, si agitava dinanzi alla scialuppa,
aprendo e richiudendo la bocca che aveva un'apertura di mezzo metro. I due
occhi, che avevano uno sviluppo spaventevole, piatti, glauchi e con un lampo
giallo che faceva paura, si fissarono subito sul quartiermastro come se
volessero affascinarlo.
Lo sperone
della scialuppa doveva aver ferito quel mostro, poiché fra due tentacoli
sfuggiva della materia nerastra e viscida che tingeva la spuma d'un color rosso
brunastro.
«Un
millepiedi!» gridò Palicur, che aveva raggiunto il quartiermastro.
«O meglio una
piovra colossale, - aggiunse Will. - Bada, Palicur! Se uno di quei tentacoli ti
afferra, ti succhierà il sangue fino all'ultima stilla.»
«Conosco
quelle bestie, signor Will, - rispose il malabaro, che non pareva affatto
spaventato. - Ne ho sventrato parecchie nei bassifondi di Manaar; è bensì vero
che le mie non erano così colossali.»
Il calamaro
gigante, furioso per la ferita ricevuta, non pareva disposto ad andarsene senza
prendersi una rivincita. Agitando burrascosamente le sue otto braccia, due
delle quali erano più lunghe delle altre, in un lampo si fece addosso alla
scialuppa, cercando di avvincerla e di rovesciarla, cosa certo non difficile
per lui.
«Attenti,
amici!» gridò Will, puntando la carabina verso la bocca spalancata del mostro,
quantunque non ignorasse che ben poco avrebbe potuto fare una palla su quella
massa gelatinosa che non offriva alcuna resistenza ai proiettili. Jody era pure
accorso, armato d'un solido coltellaccio, l'arma migliore contro quei mostri.
La scialuppa,
stretta fra quelle poderose braccia, che l'avevano ormai avvinghiata
strettamente tutt'intorno, fu sollevata dalle acque. Jody e Will mandarono un
urlo di spavento, credendo che venisse capovolta; solo il malabaro non perdette
il suo sangue freddo.
Con una mossa
rapida strappò al mulatto il coltello, poi con un salto improvviso balzò in
acqua, gridando:
«Lasciate fare
a me!»
Scomparve per
un momento, poi emerse dietro al mostruoso calamaro. Nella destra stringeva
sempre il coltello.
Will intanto
scaricò la carabina nella bocca del mostro. La fiamma, che gli bruciò quella
specie di becco di pappagallo che formavano le labbra, più che la ferita
prodotta dal proiettile, costrinse il calamaro a lasciare la scialuppa,
facendola ricadere in acqua.
Nel medesimo
tempo il malabaro si rituffava.
«Palicur! -
gridarono il quartiermastro e Jody, spaventati di vederlo così vicino al
mostro. - Pazzo, che cosa fai? A bordo!»
L'intrepido
pescatore di perle, abituato ad affrontare i formidabili abitatori dei fondi
sottomarini, non era così pazzo come credevano, perché ad un tratto videro il
calamaro vomitare tutta la sua riserva d'inchiostro, poi indietreggiare
rapidamente, mentre i suoi tentacoli battevano disperatamente le acque. Il
malabaro lo aveva assalito per di sotto e affondava furiosamente il
coltellaccio nell'enorme massa gelatinosa, cacciandovi dentro perfino il
braccio per squarciare i tre cuori che quei mostri posseggono.
Invano il
cefalopodo si dibatteva forsennatamente, per strapparsi quel nemico che gli era
come appiccicato. I suoi tentacoli fischiavano per l'aria colla velocità di
altrettante fruste e s'immergevano cercando di afferrare l'audace pescatore e
dissanguarlo; i suoi occhi, già enormi, si dilatavano, mentre le sue carni
smarrivano il colore rossastro per diventare biancastre, quasi trasparenti.
Pareva che perdessero la loro consistenza e si vuotassero, per afflosciarsi
come cenci.
A un tratto il
calamaro ripiegò le sue terribili braccia e si lasciò andare a picco, dopo aver
scaricato in direzione della scialuppa un ultimo getto d'inchiostro.
Il
quartiermastro e Jody, che avevano assistito con angoscia alla lotta impegnata
dall'ardito pescatore di perle con quel formidabile avversario, abitatore delle
misteriose profondità del mare, per un istante credettero che il malabaro fosse
stato trascinato a fondo dall'enorme massa che calava. Invece lo videro
emergere bruscamente a dieci passi dalla scialuppa, stringendo ancora il
coltellaccio.
«Qui,
Palicur!» gridarono ad una voce Jody ed il quartiermastro.
Il pescatore
con poche poderose bracciate raggiunse la scialuppa e fu tosto issato a bordo.
«Hai nessuna
ferita?» gli chiese premurosamente Will.
«No, - rispose
il valoroso indiano, sorridendo. - I suoi tentacoli non sono riusciti ad afferrarmi;
d'altronde mi sarei affrettato a reciderli con un buon colpo di coltello.»
«Sei stato
pazzo a esporti così.»
«Se non avessi
assalito il calamaro sott'acqua, avrebbe finito col rovesciare la scialuppa.
Quantunque gelatinosi, quei brutti mostri posseggono una forza straordinaria,
specialmente nelle braccia. Io lo so per averlo provato.»
«Dove?» chiese
Jody.
«Sui banchi di
Manaar. Per due volte, mentre cercavo le perle dieci metri sott'acqua, mi sono
trovato alle prese con delle piovre e sono sfuggito per puro miracolo a una
morte sicura.»
«Narra...»
«La macchina,
prima, Jody, - disse il quartiermastro. - Se si è arrestata deve aver subito
qualche guasto.»
«Funziona,
signore; è l'elica che deve essere stata contorta o spezzata dai tentacoli del
mostro. Fortunatamente ne abbiamo una di ricambio a vite e mi sarà facile
metterla a posto. Basta che spostiate il carbone verso prua, in modo che
l'albero motore rimanga sopra il livello dell'acqua.»
«Non perdiamo
tempo. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo il Nizam alle spalle.»
«C'inseguirà
ancora?» chiese Palicur.
«Non ne
dubito, - rispose il quartiermastro. - Sanno i nostri inseguitori che la nostra
provvista di carbone non può durare a lungo, e aspetteranno che l'abbiamo
consumata per sorprenderci.»
«Certo, -
disse Jody. - Al lavoro, amici. Ho paura di veder giungere quella maledetta
carcassa.»
Si misero
febbrilmente all'opera, levando il carbone che si trovava nel centro della
scialuppa ed accumulandolo invece a prora. Bastarono venti minuti per mettere allo
scoperto l'elica. Come Jody aveva previsto, le tre pale erano state contorte in
tal modo dai tentacoli del calamaro, da non servire più a nulla.
«Bell'affare,
se non ne avessimo avuto una di ricambio,» brontolò. Svitò quella guasta e
collocò al suo posto l'altra che aveva levato dalla sua cassa.
«Partiamo,»
disse, quando l'operazione fu finita.
Rigettarono
parte del carbone intorno alla macchina per meglio equilibrare la scialuppa e
alle quattro, nel momento in cui il primo raggio di sole illuminava le acque
dell'Oceano Indiano, ripresero la loro corsa verso il sud, tenendosi ad un paio
di miglia dalla costa.
Avevano
percorso appena tre gomene, quando scorsero a fior d'acqua una enorme massa
biancastra che le onde trastullavano.
«Il calamaro!
- esclamò Palicur, che per primo l'aveva scoperto. - Ecco un buon boccone pei
pescecani.»
«Morto?»
chiesero ad una voce Jody e Will.
«Se fosse
ancora vivo avrebbe la tinta rossastra.»
«Cambiano
colore come i camaleonti, questi mostri?» chiese il mulatto.
«Né più né meno,
Jody.»
«Sono buoni da
mangiarsi?»
«Non ho mai
veduto nessuno nutrirsi di quelle carni appestate di muschio. Eppure a Manaar
se ne uccidono sovente.»
«Ah! È vero,
anzi tu hai corso il pericolo di venire dissanguato, è vero Palicur?»
«Sì, Jody, e
ti assicuro che me la sono veduta molto brutta, tutte e due le volte.»
«Narra un po',
malabaro, giacché nessun pericolo ci minaccia, per ora.»
«E inganneremo
meglio il tempo,» disse il quartiermastro.
«Il primo che uccisi
lo incontrai all'entrata della baia di Condatsci. Stavo perlustrando un banco,
in un luogo ove l'acqua era profonda una diecina di metri, ma così limpida da
lasciar scorgere distintamente i gruppi di ostriche perlifere, quando i miei
occhi caddero su due specie di braccia che uscivano dal crepaccio d'una roccia
sottomarina.
«Curioso di
sapere di che cosa si trattasse ed essendo io allora già un abilissimo
palombaro, capace di rimanere sott'acqua perfino un minuto e mezzo, mi lasciai
andare a picco, stringendo fra le gambe la pietra in forma di pan di zucchero
di cui ci serviamo noi per discendere più rapidamente.
«Avevo appena
toccato il fondo, quando mi sentii afferrare attraverso il corpo, provando nel
medesimo tempo come l'impressione di una scottatura. Avendo smosso la sabbia,
dapprima non potei discernere nulla; quando l'acqua si schiarì scorsi, con mia
non lieta sorpresa, uno di quei vampiri dell'oceano.
«Si era
avvinghiato al mio corpo con tutti i tentacoli; gli occhi del mostro, quegli
occhi enormi e glauchi, erano fissi su di me, immobili, come per meglio
assaporare il mio supplizio; e attraverso quel corpo quasi trasparente vedevo
il mio sangue travasato scorrere dalle ventose alla bocca e passare quindi nel
ventricolo.»
«Palicur, mi
fai drizzare i capelli,» disse Jody.
«Radunai tutte
le mie forze e, riuscito ad estrarre il coltello, mi misi a tempestare il
vampiro così rabbiosamente da costringerlo a lasciarmi finalmente libero.
«Non era però
ancora finita. La barca che montavo era condotta da un ragazzo cingalese e
quello stupido, vedendomi alle prese con quel mostro, invece di attendermi era
fuggito verso riva.»
«Io mi sarei
lasciato dissanguare dal mostro,» disse Jody.
«Io non la
pensavo invece così, - rispose il pescatore di perle. - A vent'anni non ci si
lascia vincere troppo facilmente e l'idea di morire in fondo al mare non
sorride affatto.
«Quando tornai
a galla e non vidi più il canotto, cercai anch'io di salvarmi verso la costa,
ma mi sentii afferrare di nuovo per le gambe da uno di quei tentacoli e
trascinare sott'acqua. Il calamaro, stuzzicato dalle prime sorsate di sangue
che mi aveva succhiate, pareva risoluto a finirmi completamente.
«Toccai fondo
a cinque o sei metri di profondità ed essendomi nuovamente liberato dalla
stretta, cercai di avanzare sul fondo per raggiungere la riva che non doveva
essere lontana. L'impresa non era facile perché il banco era assai scabroso in
quel punto e io avevo sempre addosso il calamaro che non mi lasciava un solo
momento.»
«Trascinandomi
penosamente e lentamente, lottando coi pugni e coi piedi, finii per raggiungere
le acque basse e potei emergere dal mare più che mezzo. Il polipo, che mi aveva
sempre seguito, tentò allora l'ultimo attacco, gettandosi su di me con tutta la
sua mole e avvinghiandosi colle sue terribili ventose al mio corpo. Male però
gliene incolse, perché fui pronto a rovesciargli, come un guanto, quella specie
di cappuccio che forma la sua testa e a fargli così perdere immediatamente le
forze.
«I pescatori
di perle, miei compagni, mi avevano insegnato quel colpo, e mi riuscì così bene
che vidi i tentacoli del mostro perdere la loro forma rotonda, i succhiatori
non formare più il vuoto come pompe aspiranti e staccarsi da me, ed il corpo,
schifoso sacco che si vuota per empirsi di sangue, massa gelatinosa che
acquista nel momento della lotta la tenacità del cuoio e la trasparenza del
cristallo, diventare ad un tratto floscio e cadere intorno a me come un cencio.
Il polipo era morto.»
«Ecco una
terribile prova, - disse il quartiermastro della Britannia, - e che
pochi uomini avrebbero potuto sopportare.»
«La seconda è
stata ancora più tremenda, signor Will, - disse il malabaro. - Ero sceso in
fondo al mare un po' al nord del grande banco di Manaar per esaminare quelle
sabbie e quelle rocce prima di farvi discendere i miei palombari, e sapendo che
quelle acque erano frequentate dai pescicani, mi ero armato d'un palo di ferro
assai aguzzo e mi ero fornito d'una certa quantità di calce in polvere,
avviluppata in una foglia onde accecarli se mi avessero assalito.
«Ero calato
dinanzi ad un ammasso di macigni, quando, girando intorno lo sguardo, vidi fra
due rocce gli occhi di un enorme vampiro dell'oceano che mi guardavano
fissamente. Prima che mi fosse possibile assalirlo, quello mi scaricò addosso
un tale uragano d'inchiostro che non potei scorgere più nulla intorno a me.
«Avevo già
abbandonato la pietra per rimontare alla superficie, allorché con terrore
sentii il polipo scivolarmi lungo il dorso e prendermi per un braccio con tale
forza che ebbi l'impressione di essere stretto da una vera morsa.
«Voi sapete se
sono robusto. Cercai con tutte le mie forze di liberarmi e di servirmi del
palo: fatica inutile. Per colmo di sventura uno dei tentacoli mi si fissò
sull'occhio sinistro che tenevo spalancato, dimodoché io non avevo più libero
che il destro. Potete immaginarvi facilmente l'orrore della mia situazione.
«Fui
soffocato; quasi privo di sensi, ebbi però ancora la forza d'animo di
rimanermene tranquillo nella speranza che qualcuno dei miei compagni, non
vedendomi comparire alla superficie, giungesse in mio aiuto.
«Fu la mia
salvezza. Un mio amico, immaginandosi che qualche cosa di grave mi fosse
toccato, spezzò una noce di cocco e spremette sull'acqua alcune gocce d'olio
per cercare di discernere ciò che accadeva in fondo al mare. Visto il polipo,
s'immerse subito armato d'un coltellaccio e assalì il mostro con tanto vigore
che quello, non trovando di suo gradimento quei colpi, mi lasciò, nascondendosi
nelle sabbie.
«Quando tornai
a galla ero completamente sfinito. Il sangue mi sgorgava dagli occhi e dagli
orecchi e il mio ventre era gonfio come una botte per la grande quantità
d'acqua che avevo assorbito. Per qualche tempo credetti che il mio occhio
sinistro fosse perduto, essendo stato succhiato dalla ventosa del vampiro, e
dovetti rimanere coricato nella mia capanna più di quaranta giorni, prima di
rimettermi completamente dalla terribile emozione provata.»
«Aspetta che
vada ad affrontarli io, - disse Jody. - Sarei sicuro di morire di paura. Ma già,
io non sono nato per diventare un pescatore di perle»
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