18 - La caccia del
pescecane
Che cosa era
avvenuto? Come mai quella nave, che aveva resistito per molte settimane
all'invasione delle acque, a giudicare dalle alghe che la coprivano, affondava
proprio in quel momento in cui i naufraghi stavano per venire salvati?
Al grido del
quartiermastro, Palicur e Jody balzarono innanzi, pallidissimi, sbarazzandosi
rapidamente delle vesti onde esser pronti a gettarsi in mare, prima che il gorgo,
che il veliero doveva aprire nell'affondare, potesse inghiottirli.
«Signor Will,
- disse il pescatore di perle, - siete ben certo che questo scafo stia per
mancarci sotto i piedi?»
«Sono sicurissimo
di non ingannarmi, - rispose il quartiermastro. - State zitti ed ascoltate.»
S'avanzarono
fino alla curva che descriveva la carena e tesero gli orecchi trattenendo il
respiro. Alla base del tribordo udirono subito un gorgoglio accompagnato di quando
in quando da sibili un po' rauchi e da alcuni leggeri scricchiolii.
«È l'aria
interna che fugge attraverso qualche apertura,» disse il quartiermastro.
«E come può
essersi prodotta e proprio in questo momento?» chiese Jody.
«Chissà!
qualche corbetto imputridito per la troppa lunga immersione e fors'anche
danneggiato dall'urto della nostra piroga avrà ceduto in qualche punto,
quantunque mi sembri che l'acqua penetri molto lentamente. La nave si è un po'
spostata, questo è vero, pure non mi sembra che finora si sia abbassata.»
«È vero,
signor Will, - disse Palicur. - La linea delle alghe finora è sempre eguale,
almeno qui.»
«Ma non a
prora, - disse Jody. - Mi pare che la nave si sia inclinata verso il bompresso
e che la poppa si sia invece di qualche po' rialzata.»
«Allora la
falla si è manifestata a prora» disse il malabaro.
«Mi viene un
sospetto!» esclamò ad un tratto il quartiermastro.
«Quale, signor
Will?»
«Che siano
stati gli sword-fish a danneggiare lo scafo. Qualcuno, nella furia
dell'inseguimento e della caccia ai pesci volanti, avrà cacciato la sua lama
fra le commessure dei madieri aprendovi un foro.»
«Possibile!»
«La loro arma
è di una robustezza eccezionale ed io ho veduto uno di costoro attraversare
d'un colpo solo il fasciame d'una grossa scialuppa. Se la falla è stata
prodotta da uno di quei pesci, la nave non affonderà che assai lentamente e
potremmo venire raccolti prima da quel veliero. Ah! Dov'è? Non scorgo più i
suoi fanali!»
Tutti e tre
fissarono gli sguardi verso levante, cercandolo ansiosamente. Si scorgevano
molte stelle salire lentamente in cielo e nessun punto verde o rosso che
indicasse i fanali di posizione della nave.
«Scomparsa?»
chiese Jody con accento di terrore.
«Aspettate,-
disse il quartiermastro. - Vi sono delle navi appartenenti a degli Stati che si
accontentano di portare un fanale solo situato sulla prora e che è quasi sempre
a luce bianca, luce che si può ben confondere con quella di qualche stella.»
«E poi il
vento è caduto e quel veliero può trovarsi in piena calma, - aggiunse Palicur,
un po' rassicurato dalle parole del marinaio. - Non ricomincerà a soffiare che
coll'apparire dell'alba.»
«E se la nave
nel frattempo ci mancasse sotto? - disse Jody. - Sapete che io sono un pessimo
nuotatore.»
«Vi è la tua
cassa e quella ti potrà servire d'appoggio, - rispose Will. - Se sorgesse la
luna...»
«Non si alzerà
che molto tardi, signor Will,» disse Palicur.
Un nuovo e più
brusco spostamento della nave verso prora li fece cadere l'uno addosso
all'altro.
«Affondiamo!»
urlò Jody.
«Aspettatemi,»
disse il quartiermastro, che serbava un ammirabile sangue freddo.
Si spinse
verso la ruota di prora e s'accorse subito che la polena, rappresentata da una
grande aquila ad ali spiegate, che fino a poche ore prima era in parte
visibile, si era ora interamente immersa.
«Destino
maledetto! - esclamò. - Lo scafo è affondato di due piedi in un quarto d'ora.
La falla dunque è più considerevole di quello che credevo. Altro che il colpo
d'uno sword-fish! È un mandiere che deve aver ceduto.»
Si curvò verso
il mare ascoltando. Verso la ruota si udivano dei rauchi brontolii,
accompagnati da un cupo fragore, prodotto probabilmente dall'acqua
precipitantesi nella stiva.
«Roderà presto
il legname e allargherà l'apertura, - mormorò il quartiermastro, tergendosi
alcune grosse stille di sudore che gli bagnavano la fronte. - È impossibile che
questo scafo possa mantenersi a galla fino all'alba.»
In preda a
tristi apprensioni tornò verso i compagni che l'attendevano con angoscia. «Se
ne va?» chiese Palicur.
«Fra un paio
d'ore tutto sarà finito,» rispose il quartiermastro con un sospiro.
«Gettiamo in
acqua la cassa?»
«No,
aspettiamo fino all'ultimo momento, onde rimanere in mare il meno possibile.
Sai che gli squali non ci hanno ancora abbandonati. Anche prima che il sole
tramontasse li ho veduti a due o trecento metri al largo.»
«Signor Will,
- disse Jody, - forse è proprio vero che quando dei pescicani seguono
ostinatamente una scialuppa od una zattera, è segno che presto o tardi avranno
una preda sicura.»
«Fole di
marinai superstiziosi, - rispose il quartiermastro, alzando le spalle. - Hanno
seguito noi come avrebbero seguito altri. Ah! Non è una stella, no, quella! È
la luce d'un fanale! Amici, il veliero che abbiamo scorto prima che le tenebre
calassero è sempre là, trattenuto dalla calma.»
«Cerchiamo di
raggiungerlo, signor Will, - disse Palicur. - A quale distanza supponete che si
trovi?»
«A qualche
dozzina di miglia, direi, tuttavia noi non lasceremo questa nave se non quando
affonderà. Il vento è debolissimo, tuttavia quel veliero avanzerà un poco, ed
aspettando ci rimarrà minor via da percorrere.»
«Cala sempre,
signore?»
«Adagio però e
per qualche poco nulla avremo da temere.»
Si sedettero
sulla chiglia, tenendo dinanzi a loro la cassa del macchinista, una specie di
valigia lunga un buon metro e larga due piedi, laminata di zinco ed
impermeabile, con due larghe maniglie di ferro alle due estremità.
La nave non
cessava di abbassarsi, sempre lentamente, spostando a prora e anche un po' sul
babordo. Si udiva sempre l'acqua precipitare entro la stiva con un rombo
impressionante, pauroso, che si ripercuoteva nei cuori dei naufraghi.
La nave, nel
momento in cui qualche furioso colpo di vento l'aveva capovolta, doveva avere
tutti i boccaporti ermeticamente chiusi e la massa d'aria rinchiusa nella stiva
doveva averla mantenuta a galla. Il quartiermastro doveva quindi essersi
ingannato quando supponeva che fosse invece carica di legname.
Passò una
mezz'ora, poi un'ora lunga, lunghissima pei disgraziati. Il fanale bianco
brillava sempre ad una grande distanza, il vento non accennava ad alzarsi e lo
scafo s'abbassava sempre con delle larghe ondulazioni.
Già una grande
massa d'acqua doveva essere penetrata nella stiva e quel peso enorme la traeva,
lentamente ma inesorabilmente, verso i profondi baratri dell'Oceano Indiano. Ad
un tratto Will s'alzò dicendo:
«Coraggio,
amici: è ora di andarcene. La nave comincia a oscillare e questo è il segno che
sta per calare rapidamente.»
I fianchi del
veliero scricchiolavano ed entro la stiva s'udiva la massa d'acqua muggire
cupamente e frangersi con sordi boati contro i puntali del frapponte e le
scasse degli alberi. Pareva che si lagnasse della sua triste sorte.
I tre forzati
si alzarono.
«Si sarà
avanzato quel legno?» chiese Palicur.
«Il suo fanale
si distingue meglio di prima. Jody, tieni la pistola, potrà esserci necessaria.
Prendi anche un po' di cartucce e bada di non bagnarle.»
«Mi sosterrà
la cassa?» chiese il macchinista.
«Sì, purché tu
ti metta a cavalcioni. Noi due terremo le maniglie. Lesti, caliamoci.»
Slegarono un
capo della sartia che lasciarono pendere lungo la carena, poi il malabaro scese
per primo portando la cassa.
Essendo il
mare tranquillissimo, gli fu facile metterla in acqua; Jody, che lo seguiva da
presso, fu lesto a mettersi a cavalcioni del galleggiante, tenendo la pistola e
una dozzina di cartucce.
Will fu
l'ultimo a calarsi.
«Lesti, -
disse, - allontaniamoci prima di venire assorbiti dal gorgo.»
Si
aggrapparono con una mano alle maniglie e si spinsero rapidamente al largo,
rimorchiando la cassa.
Lo scafo del
veliero, ormai quasi pieno d'acqua, cominciava ad affondare con rapidità. La
sua prora era già quasi tutta immersa, mentre la poppa, a causa dello
spostamento, si era molto innalzata mostrando tutto il timone ed il coronamento
coll'estremità della boma della randa di mezzana o di maistra.»
«Presto!
presto!» diceva Will.
Si erano
allontanati di quattrocento metri, quando videro la nave inalberarsi bruscamente.
Affondava da prora con mille scricchiolii, quasi verticalmente. La poppa,
rialzatasi di colpo, mostrò per qualche istante l'ultimo albero a cui erano
ancora attaccati dei pennoni con dei lembi di vele, poi la massa intera
sprofondò, formando un vortice immenso.
Un'ondata
circolare si distese tosto sull'oceano allargandosi rapidamente, poi tornò
verso il vortice muggendo e trascinando per qualche tratto la cassa ed i tre
uomini che vi erano aggrappati, e si sfasciò con un rimbombo simile allo scoppio
simultaneo di parecchi pezzi d'artiglieria.
«Per un
momento ho avuto il timore che il gorgo c'inghiottisse, - disse Jody che
tremava ancora. - Una nave che affonda fa sempre un terribile effetto.»
«Era ormai
condannata da parecchio tempo,» rispose Will.
«E il suo
equipaggio l'avrà preceduta nella spaventosa discesa negli abissi?»
«Può darsi.
Quando una nave s'ingavona e finisce per rovesciarsi, manca quasi sempre il
tempo di mettere in acqua le scialuppe. Vedi sempre il fanale, Jody? Tu sei più
in alto di noi.»
«Sì, signor
Will; è sempre lontano.»
«Siamo sulla
buona rotta?»
«Sempre.»
«M'immagino
che verremo raccolti prima dell'alba. La cassa però serve di punto d'appoggio
anche a noi e potremo resistere per quattro o cinque ore, è vero, Palicur?»
«Anche pel
doppio, da parte mia» rispose il pescatore di perle.
«Che ora
sarà?» chiese Jody.
«Dobbiamo
essere prossimi alla mezzanotte,» disse Will, guardando le stelle.
«Eh!» fece in
quel momento il macchinista, agitandosi ed armando precipitosamente la pistola.
«Che cos'hai?»
«Vedo dietro
di noi brillare la bocca d'uno dei due maledetti squali, signor Will.»
«Dannati
mostri! - ruggì con ira il quartiermastro. - Ero certo che non ci avrebbero
lasciati tranquilli. Palicur, hai sempre il coltello?»
«Sì, signor Will,»
rispose il malabaro.
«Tienti pronto
e fermiamoci. Ordinariamente quegli squali hanno buon fiuto, ma pessimi occhi.
Lasciamo passare quello che c'insegue.»
«E l'altro lo
vedi, Jody?» chiese il malabaro.
«No, in
nessuna direzione.»
«Che si
avvicini sott'acqua?»
Quelle parole
fecero gelare il sangue al quartiermastro. Infatti il mostro, mentre il
compagno esplorava alla superficie, poteva raggiungerli di soppiatto e tagliare
le gambe all'uno o all'altro dei due nuotatori con un solo colpo di dente.
«Confesso
d'aver paura,» disse Will.
«Aspettate,
signore, - rispose il malabaro. - Voglio assicurarmene.»
Lasciò la
maniglia e si lasciò affondare, senza produrre alcun rumore. Il quartiermastro
se lo sentì scivolare fra le gambe, poi dopo un mezzo minuto lo vide riapparire
a poche braccia dalla cassa.
«Nulla, -
disse, sternutando. - E l'altro?»
«Ronza sempre,
senza accostarsi pel momento,» rispose Jody.
«Allora
andiamo avanti, - disse il quartiermastro. - Cerchiamo di raggiungere al più presto
quel veliero. E la luna? Dorme questa notte? Eppure l'orizzonte è sereno.»
«Sta per
sorgere, signor Will, - disse Jody. - Vedo laggiù un po' di chiarore che si
riflette sull'acqua, in direzione del veliero.»
«Se lo squalo
s'avanza avvertici. Rimorchia, Palicur.»
Si rimisero a
nuotare, avanzando sempre verso levante, mentre l'astro notturno faceva
capolino mostrando a poco a poco la sua forma falcata.
Jody che
volgeva gli sguardi, di tratto in tratto, in quella direzione, pur senza
perdere di vista la bocca fosforescente dello squalo, poté ben presto
discernere in mezzo alla striscia d'argento che la luna proiettava sull'oceano,
due larghe macchie bianche al di sopra d'un piccolo punto nero.
«Signor Will!
- esclamò con gioia. - Il veliero è visibile e si avanza verso di noi.»
«Che cos'è
dunque? Un brik, un brigantino, una barca?»
«No, ha due
sole vele latine come le grab indiane e le pinasse.»
«Ti sembra
lontano assai?»
«Due o tre
miglia.»
«E lo squalo
lo vedi sempre?»
«Sangue di
Brahma!»
«Che cosa succede?»
«Pare che ci
abbia veduti: muove su di noi.»
«Tiri bene?»
«Non sono un
pessimo bersagliere.»
«Sparagli
addosso, appena giunge a buona portata.»
«Lo farò,
signor Will.»
«Ed io sarò
pronto a compiere il resto,» disse il malabaro, mettendosi il coltellaccio fra
i denti.
«Affrettiamoci,
Palicur,» disse il quartiermastro.
Facevano
sforzi prodigiosi, ma non potevano certo gareggiare con quel formidabile
corridore del mare che in pochi minuti percorre parecchi chilometri. Il mostro
doveva aver scorto i tre naufraghi e giungeva velocissimo, impaziente di
guadagnarsi la cena.
«Affrontiamolo,
- disse Will, che udiva ormai i precipitosi colpi di coda di quel terribile
avversario. - Fortunatamente è solo.»
«Eccolo! -
gridò in quel momento Jody, tenendo il braccio armato. - Prendi, furfante!»
Un lampo
squarciò le tenebre, seguito da uno sparo. Lo squalo, colpito in bocca, fece un
improvviso balzo in aria uscendo quasi intero dall'acqua, poi sprofondò con
gran fragore, mentre Palicur si gettava dinanzi al quartiermastro impugnando il
coltellaccio.
Un momento
dopo si udì in lontananza uno sparo. La detonazione veniva da levante.
«Ci fanno
segnali dal veliero!» gridò Jody che aveva veduto il lampo, mentre ricaricava
frettolosamente la pistola.
«Giungeranno
troppo tardi, - disse Will. - Ecco lo squalo che torna alla carica.»
Il mostro,
quantunque dovesse avere la palla confitta nel palato, era rimontato a galla e
si precipitava nuovamente addosso ai naufraghi, deciso probabilmente a finirla una
buona volta con quelle prede inafferrabili, che da tanti giorni avidamente
sospirava.
Jody ed il
malabaro erano però pronti a riceverlo ed anche il quartiermastro, quantunque
inerme, era risoluto a prestare man forte ai compagni, magari a pugni.
Jody, che lo
vedeva meglio di tutti essendo sempre a cavalcioni della cassa, per la seconda
volta gli scaricò fra le enormi mascelle spalancate la pistola;
contemporaneamente il malabaro, approfittando del dolore del mostro e della sua
sorpresa, cacciatosi lestamente sott'acqua, con una tremenda coltellata gli
squarciò il ventre per un buon piede di lunghezza.
Quasi subito
un secondo sparo rimbombò sulla prora del veliero, il quale era lontano quattro
o cinque gomene.
I naufraghi
mandarono un triplice grido che si perdette lontano sull'oceano:
«A noi! A
noi!»
Una voce, che
scorticava orribilmente la lingua inglese, rispose tosto:
«Chi siete?»
«Naufraghi.»
«Aspettate la
scialuppa! Ci mettiamo in panna!»
Pochi minuti
dopo una striscia nera si delineò sulla zona argentata dai raggi della luna,
mentre la voce di poco prima gridava:
«Reggetevi un
momento! Giungiamo!»
|