PARTE SECONDA - I PESCATORI
DI PERLE
1 - Sul banco di
Manaar
Oggidi si
pescano perle un po' dappertutto: nel Mar Rosso, nel golfo di California, sui
banchi della baia di Panama, sulle coste dell'Australia, presso le isole della Sonda,
alle Filippine, attorno al piccolo arcipelago di Gambir, ecc.
Perfino nei
fiumi se ne trovano; in quelli della Scozia, della Germania, del Canada e della
fredda Lapponia; ma le più famose peschiere sono sempre quelle del golfo
Persico e quelle del grande banco di Manaar, il quale si estende fra l'estremo
lembo della penisola Indostana e la costa occidentale di Ceylon.
Innanzi a
tutto cos'è la perla? Pel chimico, sia pure la più bella, la più splendente,
fossero pure quelle famose che Cleopatra amava sciogliere nell'aceto e bere
diluite nei grandi banchetti che offriva ad Antonio, non è altro che una
secrezione vivente risultante dall'associazione del carbonato di calcio con una
sostanza organica.
La sua
formazione non dipende altro che dalla presenza d'un parassita, un piccolo
trematodo che s'infiltra nei tessuti nell'ostrica perlifera. La cosa è tanto
certa che oggidì si possono coltivare le ostriche perlifere al pari di quelle
che si servono in tavola, sia introducendo in quei molluschi certi parassiti,
sia forando la conchiglia e producendo una irritazione sulla superficie esterna
del mantello.
Ciò che
produce la perla è dunque una malattia e, quel che è peggio, una malattia
inguaribile, che finisce col tempo per uccidere la perla. Infatti lo splendore
di quegli ammirabili gioielli del mare, per cui tanto le donne dell'oriente che
quelle dell'occidente hanno una specie d'adorazione poetica, non dura
eternamente.
A poco a poco,
cogli anni, la materia organica che ne forma la trama, sotto l'influenza dell'aria
e delle fermentazioni o per altre cause ancora non note, si altera, si offusca,
ingiallisce ed i suoi strati sovrapposti si separano a poco a poco
scagliandosi. Per questo o per altro motivo forse, si diceva anticamente che la
perla avesse una specie di vita: essa invecchia e muore. E fu osservato che le
perle che si trovano nei musei, su degli oggetti del medioevo di data sicura,
sono quasi sempre ingiallite e screpolate: sono insomma perle morte, ed è per
questo senza dubbio che nessuna perla autentica è di origine antica.
Come abbiamo
detto, le peschiere più celebri sono quelle che esistono nel golfo Persico,
presso le isole Bahrein e quelle del gran banco di Manaar. Nelle prime operano
ogni anno non meno di mille e cinquecento battelli, ma le perle che si pescano
in quelle acque, se sono di più lunga durata, hanno una tinta più oscura di
quelle cingalesi, perciò sono meno pregiate.
A Manaar
invece il numero dei pescatori è il doppio e la quantità di perle che si
portano alla superficie è di gran lunga maggiore.
Una volta,
sotto gli antichi rajàh cingalesi, la pesca non si eseguiva che ogni venti anni
per lasciar tempo alle ostriche di riprodursi; caduta l'isola in mano dei
portoghesi, essi ridussero quel tempo a dieci anni; gli olandesi, conquistatala
più tardi, a otto e poi a sette anni, per accrescere il loro lucro temporaneo;
gli inglesi, che sono gli attuali padroni di quelle ricche peschiere,
permettono la pesca ogni anno e per non esaurire i vivai hanno diviso il banco
in tante sezioni che vengono man mano abbandonate, onde lasciare il tempo ai
molluschi di riprodursi in pace.
Prima del
giorno stabilito per l'apertura della pesca, il governo inglese fa esplorare il
banco, che è lungo trenta chilometri, per stabilire su quale sezione i
pescatori potranno agire, e manda delle piccole navi onde non avvengano
infrazioni o sconfinamenti.
Quando un
colpo di cannone annuncia l'apertura, centinaia e centinaia di grosse barche,
comandate da un mandah e montate ognuna da trenta uomini fra palombari e
marinai, vanno ad ancorarsi sul banco e la pesca comincia su tutta la linea.
I palombari,
che sono per la maggior parte indiani della costa del Malabar e del Coromandel,
per affondare più presto si servono d'una pietra a forma di pan di zucchero,
del peso d'una ventina di chilogrammi. Sospesa ad una cintura, loro unico
indumento, portano una rete per deporvi le conchiglie ed un coltellaccio per
difendersi dai pescicani che accorrono in gran numero durante la stagione della
pesca, certi di fare un buon numero di vittime.
Appena toccato
il fondo, il palombaro abbandona la pietra, che viene subito ritirata dagli
uomini nella barca mediante una fune, e comincia a raccogliere frettolosamente
quante più ostriche può. Essendo per lo più quei molluschi attaccati come un
rosario, il pescatore si guarda bene dallo staccarle e ne mette una catena
intera nella rete, riportandone sovente alla superficie, in un sol colpo,
perfino centocinquanta.
Ordinariamente
i pescatori non si tuffano a più di otto metri di profondità e rimangono
sott'acqua dai sessanta ai settanta secondi. Ve ne sono alcuni dotati di
polmoni straordinari, che riescono a rimanere sommersi perfino due minuti. Ad
Anna per esempio, nelle peschiere di perle di Teramolis, una donna rimaneva
sott'acqua tre minuti ed esplorava i fondi ad una profondità di venticinque
braccia, ma era un'eccezione.
Non crediate
che il mestiere che esercitano quei disgraziati sia facile. Sono
pericolosissime quelle investigazioni nelle cupe profondità sottomarine, ove i
pescicani affamati regnano sovrani e contro i quali, quando non si arriva ad
evitarli a tempo, bisogna impegnare una lotta da cui dipende la vita. Non passa
anno che dei pescatori non escano mutilati dal fondo delle acque, e molti anzi
non tornano più alla superficie e trovano la loro tomba nel ventre d'un ingordo
squalo.
E questo non è
tutto. La professione del palombaro è una delle più malsane. Oltre il pericolo
di venire divorati o di perire asfissiati, sovente, appena tornati a galla,
essi soccombono per essere discesi a troppa profondità.
Alla fine
della giornata quasi tutti emettono sangue dal naso, dagli occhi, dalle
orecchie, vale a dire dalla superficie di tutte le mucose. In capo ad un certo
tempo poi la loro vista s'indebolisce, il loro corpo si copre di piaghe inguaribili,
e muoiono prematuramente.
Ognuno di quei
superbi monili che noi ammiriamo al collo di qualche ricca e bella signora,
rappresenta atroci sofferenze e sovente delle vite umane.
Quando a
mezzodì le barche tornano a terra, perché la pesca dura solo dall'alba alle
dodici per un mese continuo, le ostriche non vengono subito aperte. Impiegando
la forza, si correrebbe il pericolo di guastare le perle che contengono. Si
ammassano entro buche ben guardate e si lasciano imputridire al sole, il che
sviluppa, come è facile immaginare, un odore insopportabile che si espande a
distanze incredibili.
I pescatori
hanno cura di tappezzare quelle fosse con stuoie onde impedire alle ostriche il
contatto colla terra.
Quando sono
marcite e quasi disseccate, si possono aprire senza tema di guastare le perle:
allora si effettua la cernita. Non si creda che tutti i molluschi ne
contengano; molti non ne hanno affatto.
Le perle si
puliscono adoperando una certa polvere, si arrotondano, si lucidano, poi si
classificano per categorie e finalmente si dividono in tre gruppi: due devono
venire consegnati al governo inglese, il quale mantiene numerosi agenti per non
venire ingannato, e uno spetta ai pescatori. Non tutte le perle che si ricavano
dal banco di Manaar hanno eguale tinta. Se ne trovano talvolta di quelle che
hanno un colore giallo pallido, giallo oro, di quelle rosee, azzurre, lilla e
anche d'un nero bluastro, e queste si pagano carissime.
Delle perle
meravigliose, d'un valore immenso, si sono di quando in quando trovate su
quelle sabbie e anche nelle peschiere di Barhein, dalle quali fu tratta la
famosa perla che porta attualmente lo Scià e che è una delle più belle che si
conoscano, avendo uno splendore magnifico e un diametro di due centimetri e
mezzo. Fu pagata la bagatella di un milione e seicento mila lire.
Le peschiere
di Ceylon invece hanno dato la celebre Hope Pearl che si trova nella
collezione Beresford. Ha la forma irregolare di una pera, è lunga cinque
centimetri, ne ha undici di circonferenza e pesa 1800 grani. Fu pescata nel
1899.
Hanno dato
inoltre la così detta Perla Russa che appartenne agli imperatori di Russia; era
stata comperata prima da un mercante di gioielli, il quale l'amava così
svisceratamente, che quando morì si dovette forzargli la mano, non avendola
egli lasciata nemmeno durante l'agonia.
Anche quelle
che portava l'imperatrice Eugenia, la moglie dello sfortunato Napoleone III e
che furono vendute all'asta, a Londra, per parecchie centinaia di migliaia di
lire, provenivano da Manaar.
L'Australia,
che ha pure delle peschiere, quantunque piccole, ha dato invece la Croce del
sud, il più meraviglioso gioiello che si conosca per la sua strana forma.
Si compone di sette perle, tutte attaccate fra di loro, formanti una specie di
croce, tutte bellissime e solo un po' deformate dal lato dove si toccano. Il
gioiello fu comperato per duecento e cinquantamila lire. Un'altra perla pure
proveniente dall'Australia, che apparteneva alla collezione di lord Dudley e
che era in forma di pera e pesava 206 grani, fu pagata invece quattrocentomila
lire. Trovare però delle perle simili, come abbiamo detto, è un caso veramente
eccezionale.
La barca sulla
quale il malabaro, il quartiermastro e Jody erano trasbordati, era appunto una
di quelle grosse e larghe scialuppe impiegate dai pescatori di perle di Manaar,
montata da una trentina d'uomini, per la maggior parte indiani del Coromandel e
del Malabar.
Il mandah
che la guidava, dopo aver abbracciato ripetutamente Palicur, lo trasse sotto la
tettoia di poppa, facendo cenno al mulatto e a Will di seguirlo anch'essi.
«Credevo di
non dover più rivederti, Palicur, - disse il mandah, che non staccava
gli occhi dal malabaro. - Da dove vieni tu? Dal fondo del mare o dal regno
delle tenebre? Sei proprio il mio amico Palicur o la sua ombra? Non eri dunque
morto al bagno?»
«Chi te lo ha
detto?» chiese il malabaro ridendo.
«Era qui corsa
la voce, ma non ti saprei dire da chi fosse stata sparsa. Per quale miracolo ti
trovi qui? Come sei fuggito? Tutti sapevano che eri stato tradotto alle isole
Andamane.»
«Lo saprai più
tardi, - disse Palicur, la cui fronte si era rabbuiata. - Vi è un'altra cosa
che ora mi preme sapere. È viva ancora quella fanciulla? Dimmelo, Moselpati,
dimmelo!»
Il viso del
malabaro esprimeva in quel momento un'angoscia indicibile, tale che Will e Jody
ne furono impressionati.
«Non temere,
Palicur, - disse il capo dei pescatori di perle. - La fanciulla che tu ami è
ancora viva. Mio fratello, che ha preso parte al pellegrinaggio al tempio di
Annarodgburro, l'ha veduta tre mesi or sono. Era più bella che mai e faceva
parte della processione.»
Un lungo
sospiro sollevò il poderoso petto del malabaro. «Viva! - esclamò. - Viva
ancora! Sivah, Brahma e Visnù siano benedetti.»
Poi accennando
ai suoi compagni, disse:
«Devo a questi
due fedeli amici la mia vita e la mia libertà. Puoi dire tutto in loro
presenza, perché conoscono tutti i miei segreti.»
Il mandah
porse la mano al quartiermastro, poi al mulatto, stringendo cordialmente le
loro destre.
«Siete miei
amici e sotto la protezione del capo dei pescatori di perle, - disse. - Da
questo momento vi considero miei ospiti.»
«Ed ora, -
disse il malabaro, - parliamo.»
«Sono pronto
ad ascoltarti, amico.»
«Che cosa è
avvenuto innanzi tutto della mia barca, che ho affidato all'associazione?»
«L'ho data in
affitto ad un mio amico della costa del Coromandel, interessandoti anche sui
prodotti della pesca, e mi preme dirti che quei pescatori hanno avuto una
fortuna straordinaria di cui beneficerai anche tu. Io tengo in deposito
cinquemila e ottocento rupie che sono di tua esclusiva proprietà e che domani
ti farò versare.»
«Il mio timore
era di giungere qui senza una rupia, - disse Palicur. - Quella somma sarà più
che sufficiente per liberare la fanciulla che amo.»
«Sempre
quell'idea?»
«Sempre finché
avrò un atomo di vita,» rispose il malabaro.
«È pericoloso
usare violenza contro quei monaci, l'hai provato, Palicur.»
«Penso a
riscattarla invece.»
«Ci vorrebbe
la perla sanguinosa, devi saperlo, mio povero Palicur.»
«Ho intenzione
di cercarla.»
«A quella
profondità! Quale palombaro potrebbe scendere fino là? Né tu, né altri potrebbe
resistere alla pressione dell'acqua.»
«Parleremo di
ciò più tardi, Moselpati, - disse Palicur. - Per ora ti chiedo un asilo sicuro
che sia lontano dalla Città delle perle. Forse la polizia potrebbe non
riconoscermi più, tuttavia è meglio essere prudenti, perché non ho desiderio
alcuno di tornare al bagno.»
«Hai ragione,
Palicur,» rispose il mandah.
Stette un
momento silenzioso, fissando coi suoi occhi nerissimi la superficie del mare
che scintillava vivamente sotto i primi raggi dei sole, con riflessi
abbaglianti; poi stendendo una mano verso ponente, disse:
«Il miglior
rifugio per voi si trova là, su quella roccia isolata, che l'alta marea ricopre
per tre quarti quando soffia il vento dell'est; vi si apre una galleria che
conduce alla cima, la quale non è libera che sei ore su ventiquattro. Nessuno
andrà a cercarvi lassù, perché io solo ed i miei uomini conosciamo quel
passaggio.»
«Non è scalabile
esternamente?» chiese il quartiermastro.
«No, signore.»
«Un rifugio
superbo, - disse Jody, che osservava attentamente quel picco. - La polizia non
ci scoprirà di certo.»
«Dovrete però
rimanere a bordo della mia barca fino a questa notte. La più bassa marea non
l'avremo che fra le undici e le dodici.»
«E i viveri?»
chiese Will.
«M'incarico io
di tutto, signore, - rispose il mandah. - Siamo sul luogo della pesca.
Servitevi nella dispensa di ciò che meglio vi piace e fate colazione.
«Debbo
dirigere i miei uomini e fino a mezzodì sarò occupato. D'altronde nessuno verrà
a importunarvi e potete considerarvi come su una barca di vostra proprietà.»
Strinse a
tutti la mano e lasciò il casotto, gridando:
«Affondate le
àncore! A posto i palombari!»
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