Mentre nella casa del rajah accadevano gli avvenimenti
or ora narrati, Sandokan che era stato, due ore dopo il seppellimento di Tremal-Naik,
raggiunto dal bravo maharatto, si avvicinava a grandi passi alla città,
seguito da tutta la sua terribile banda, armata fino ai denti e pronta a
combattere.
La notte era bellissima. Miriadi di stelle luccicavano in
cielo come diamanti e la luna vagava nello spazio, spandendo al di sopra dei
grandi boschi una luce azzurrognola d'infinita dolcezza.
Un silenzio quasi perfetto regnava ovunque, rotto solo, di
quando in quando, da una lieve brezzolina che veniva dal mare e che curvava,
con lieve sussurrio, le foglie degli alberi.
Sandokan, con la carabina sotto i] braccio, gli occhi ben
aperti, gli orecchi tesi per raccogliere il minimo rumore che segnalasse la
presenza di un nemico, camminava innanzi a tutti, seguito a breve distanza dal maharatto.
I pirati lo seguivano in fila indiana col dito sul grilletto
del fucile, calpestando con precauzione le foglie secche ed i rami morti, e
guardando attentamente a destra e a sinistra per non cadere in un agguato.
Alle dieci, nel momento in cui la festa da ballo del rajah
cominciava, i pirati giungevano sul limite estremo dell'immensa boscaglia.
Ad oriente scintillava, come un immenso nastro d'argento, il
fiume, e presso le sue rive biancheggiavano le case e le casette della città.
In mezzo a queste, lo sguardo acuto di Sandokan distinse l'abitazione del rajah,
le cui finestre erano illuminate.
- Vedi nulla laggiù, Kammamuri? - chiese.
- Sì, capitano. Vedo delle finestre illuminate.
- Si danza, dunque, a Sarawak.
- È certo.
- Sta bene. Domani James Brooke si pentirà!...
- Lo credo, capitano.
- Mettiti in testa e guidaci al cimitero. Bada però di tenerti
lontano dalla città.
- Non temete, capitano.
- Avanti, dunque.
La banda lasciò la foresta e s'inoltrò attraverso una vasta
pianura coltivata, sparsa qua e là di bellissimi gruppi di cetting e di
aranghe saccarifere.
Dalla città, quando il venticello soffiava un po' più
fortemente, grida confuse, ma per le campagne non si vedeva alcun abitante, né
alcun drappello di guardie.
Il maharatto nondimeno prese un passo rapido e condusse
la banda sotto un nuovo bosco che girava attorno al colle difeso dal fortino.
Egli sapeva che il rajah era estremamente sospettoso e
che teneva delle spie attorno alla città, paventando un improvviso attacco da
parte dei pirati di Mompracem.
Dopo un venti minuti, Kammamuri faceva cenno alla banda di
arrestarsi.
- Che cosa c'è - chiese Sandokan raggiungendolo.
- Siamo in vista del cimitero - disse il maharatto.
- Dov'è?
- Guardate laggiù, capitano, in quel prato.
Sandokan guardò nella direzione indicata e vide il recinto. La
luna faceva biancheggiare i cippi e scintillare le croci di ferro dei sepolcri
europei.
- Odi nulla? - chiese Sandokan.
- Nulla - rispose il maharatto, - fuorché il vento che
sussurra fra i rami degli alberi.
Sandokan gettò un fischio. I pirati si affrettarono a
raggiungerlo e lo circondarono.
- Uditemi, tigrotti di Mompracem - diss'egli. - Forse non
succederà nulla, ma bisogna diffidare. James Brooke, io lo so, è un uomo
perspicace e sospettoso che darebbe il suo regno per schiacciare la Tigre della
Malesia ed i suoi tigrotti.
- Lo sappiamo - risposero i pirati.
- Prendiamo dunque delle precauzioni per non venire disturbati
nel nostro lavoro. Tu, Sambigliong, prenderai otto uomini e li disporrai
attorno al cimitero, a mille passi di distanza. Al primo segnale che odi, o al
primo uomo che vedi, manderai uno dei tuoi ad avvertirmi.
- Sta bene, capitano - rispose il pirata.
- Tu, Tanauduriam, ne prenderai sei e li disporrai attorno al
cimitero a cinquecento passi da noi. Anche tu al primo fischio o al primo uomo
che vedrai mi verrai ad avvertire.
- Sarà fatto, capitano.
- E tu, Aïer-Duk, prenderai quattro uomini
e salirai a mezza costa di quella collina. Lassù c'è un fortino abitato e
potrebbe scendere qualcuno.
- Sono pronto, Tigre della Malesia.
- Andate, dunque, e al mio primo fischio ripiegatevi tutti
verso il cimitero.
I tre drappelli si divisero, prendendo tre diverse direzioni.
Gli altri pirati, guidati dalla Tigre della Malesia e da Kammamuri, scesero
verso il recinto.
- Sai precisamente dove fu sepolto? - chiese Sandokan a
Kammamuri.
- In mezzo al cimitero - rispose il maharatto.
- Molto profondo?
- Non lo so. Io e il capitano Yanez eravamo ai piedi del colle
quando i marinai lo sotterrarono. Lo ritroveremo vivo?
- Vivo sì, ma non riaprirà gli occhi che domani dopo mezzodì.
- Dove andremo dopo che lo avremo disotterrato?
- Torneremo nei boschi e, appena Yanez ci avrà raggiunti, ci
recheremo da Ada.
- E poi?
- Poi partiremo subito. Se James Brooke si accorge del tiro,
ci darà la caccia su tutto il territorio.
Erano allora giunti nel recinto, Sandokan per primo, il maharatto
e i pirati poi entrarono nel cimitero.
- Siamo soli, a quanto pare - disse Sandokan. - Avanti.
Si diressero verso il centro del cimitero e si arrestarono
davanti ad una fossa riempita di fresco.
- Dev'essere qui - disse il maharatto con viva
commozione. Povero padrone!
Sandokan estrasse la scimitarra e sollevò con precauzione la
terra.
Kammamuri e i pirati col loro kriss, lo imitarono.
- Era chiuso in una cassa o in un'amaca? - chiese Sandokan.
- In un'amaca - rispose Kammamuri.
- Scavate adagio; si potrebbe ferirlo.
Scavando con prudenza e ritirando la terra con le mani, erano giunti
a due piedi di profondità, quando la punta di un kriss incontrò una
certa resistenza.
- Ci siamo - disse un pirata ritirando prontamente il braccio.
- Hai trovato il corpo? - chiese Sandokan.
- Sì - rispose l'interrogato.
- Leva la terra.
Il pirata cacciò le braccia nella fossa e fece volare a destra
e a sinistra la terra. Subito apparve l'amaca che avvolgeva
Tremal-Naik.
- Prova ad alzarla - disse Sandokan.
Il pirata afferrò l'amaca e, riunendo tutte le sue forze, si
mise a tirare. A poco a poco la terra si alzò, poi si divise e il tumulato
apparve.
- Padron mio - mormorò il maharatto con voce soffocata
dalla gioia.
- Deponetelo qui - disse Sandokan.
Tremal-Naik fu collocato presso la fossa.
L'amaca era perfettamente immobile e umida.
- Vediamo - disse Sandokan.
Impugnò il kriss e delicatamente squarciò in tutta la
lunghezza la grossa stoffa, mettendo allo scoperto
Tremal-Naik.
L'indiano aveva le apparenze di un morto. I suoi muscoli erano
rigidi, la sua pelle lucente e di una tinta grigiastra, invece che bronzea, gli
occhi rovesciati che lasciavan solamente vedere il bianco, le labbra aperte e
macchiate d'una bava sanguigna. Chiunque l'avesse visto, avrebbe detto che
quell'uomo era stato ucciso da un potente veleno.
- Padron mio! - ripeté Kammamuri curvandosi su di lui. - È
proprio vero, capitano, che non è morto?
- Te lo garantisco - rispose Sandokan.
Il maharatto appoggiò una mano sul petto di
Tremal-Naik.
- Il suo cuore non batte - disse con terrore.
- Ma non è morto, ti ho detto.
- Non si può farlo risuscitare ora?
- È impossibile.
- E domani a...
Il maharatto non finì la domanda. Nella pianura era
improvvisamente echeggiato un fischio acuto: il fischio d'allarme.
Sandokan, che si era inginocchiato presso
Tremal-Naik, balzò in piedi con l'agilità d'una tigre. Il
suo sguardo percorse d'un colpo solo la prateria.
- Un uomo s'avvicina - disse. - Un pericolo ci minaccia forse?
Un pirata s'avvicinava al recinto con la rapidità di un cervo.
Nella destra aveva una scimitarra sguainata che la luna faceva scintillare come
se fosse d'argento.
In brevi istanti, dopo aver varcato con un solo salto la
palizzata, fu presso Sandokan.
- Sei tu, Sambigliong? - chiese la Tigre della Malesia,
aggrottando la fronte.
- Sì, mio capitano - disse il pirata con voce rotta per la
lunga corsa.
- Che nuove mi rechi?
- Stiamo per essere assaliti.
- Chi?
- Nopi -
Sandokan fece un passo innanzi. S'era tutto d'un tratto
trasfigurato. I suoi occhi mandavano baleni, le labbra, ritrattesi, mostravano
i denti, bianchi come quelli di un carnivoro. La Tigre della Malesia stava per
risvegliarsi.
- Noi, assaliti!... - ripeté stringendo con frenesia la sua
terribile scimitarra.
- Sì, capitano. Una banda d'uomini armati è uscita dalla città
e si dirige a rapidi passi verso questo luogo - disse Sambigliong.
- Quanti uomini sono?
- Una sessantina almeno.
- E si dirigono qui?
- Sì, capitano.
- Che cos'è accaduto dunque?... E Yanez?... Che sia stato
scoperto?... Guai a te, James
Brooke, guai a te!...
- Che cosa dobbiamo fare? - chiese Sambigliong.
- Radunare i nostri uomini, prima di tutto.
Accostò alle labbra un fischietto al cui suono tutti i pirati
si raccolsero attorno a lui.
- Siamo in cinquantasei - disse quindi, ma tutti coraggiosi;
cento uomini non ci fanno paura.
- Nemmeno duecento - disse Sambigliong agitando la scimitarra.
-
Quando la Tigre della Malesia darà il comando, piomberemo su
Sarawak e la incendieremo.
- Non domando, tanto, per ora - disse Sandokan. - Ascoltatemi.
- Parlate, Tigre della Malesia.
- Tu, Sambigliong, prenderai otto uomini e andrai a
nasconderti dietro quegli alberi. Tu, Tanauduriam, ne prenderai altrettanti e
ti nasconderai dietro quell'altro gruppo di piante, proprio di fronte a
Sambigliong.
- Bene - dissero i due capi.
- Tu, Aïer-Duk, prenderai tre uomini e ti
collocherai in mezzo al cimitero.
- Va bene.
- Ma fingerai di scavare una fossa.
- Perché?
- Per lasciare che le guardie si avvicinino senza timore. Io
mi nasconderò cogli altri dietro al muricciuolo e, quando sarà giunto il
momento propizio, darò il segnale dell'attacco.
- Che sarà?... - chiese Sambigliong.
- Un colpo di fucile. Dato il segnale, tutti voi scaricherete
le carabine sul nemico, poi lo assalirete con le scimitarre.
- Bel piano! - esclamò Tanauduriam. - Li prenderemo in mezzo.
- A posto! - comandò la Tigre.
Sambigliong con i suoi uomini andò ad imboscarsi nella macchia
di destra; Tanauduriam cogli altri in quella di sinistra. La Tigre della
Malesia s'inginocchiò dietro al muricciuolo, circondato dagli altri, e
Aïer-Duk coi compagni si mise presso
Tremal-Naik fingendo di scavare la terra.
Era tempo. Una doppia fila d'indiani sbucava allora nella
prateria preceduta da un uomo vestito di tela bianca. Si avanzavano in
silenzio, coi fucili in mano, pronti ad assalire.
- Kammamuri - disse Sandokan che spiava la banda nemica, vedi
chi è quell'uomo vestito di bianco?
- S', capitano.
- Sapresti dirmi chi è?
Il maharatto aggrottò le ciglia e guardò con estrema
attenzione.
- Capitano - disse con una certa commozione, - scommetterei
che quell'uomo è il rajah Brooke.
- Lui... lui... - esclamò la Tigre con accento d'odio. - Lui
viene a sfidarmi!... Rajah Brooke, sei perduto!
- Volete ucciderlo!
- Il mio primo colpo di fucile sarà per lui.
- Non lo farete, capitano.
La Tigre della Malesia si volse verso Kammamuri mostrando i
denti.
- Capitano, Yanez è forse prigioniero.
- È vero.
- Se noi c'impadronissimo del rajah, non sarebbe
meglio?
- Ti comprendo. Tu vorresti fare uno scambio.
- Sì, capitano.
- L'idea è eccellente, Kammamuri. Ma io odio quell'uomo che
tanto male ha fatto ai pirati malesi.
- Yanez vale più del rajah.
- Hai ragione, maharatto. Sì, Yanez è prigioniero, il
cuore me lo dice.
- Dunque? Chi si incaricherà di prenderlo?
- Noi due. Zitto ora e attenti al segnale.
Gl'indiani erano giunti a quattrocento metri dal cimitero.
Temendo di venire scoperti da Aïer-Duk, che continuava a
scavare imitato dai suoi tre compagni, si erano gettati a terra e avanzavano
strisciando.
- Ancora dieci passi - mormorò Sandokan, tormentando la
batteria della sua carabina, - poi vi farò vedere come si batte la Tigre della
Malesia in mezzo ai tigrotti di Mompracem.
Ma gli indiani, invece di continuare ad avanzarsi, ad un cenno
del rajah si erano fermati volgendo gli sguardi verso le macchie che
circondavano la prateria.
Senza dubbio sospettavano un agguato.
Dopo alcuni minuti si allargarono, formando una specie di
semicerchio, e ripresero, ma con maggior prudenza, la marcia in avanti.
Ad un certo momento Sandokan, che era inginocchiato dietro al
muricciuolo, si alzò. Puntò la carabina, mirò alcuni secondi, poi premette il
grilletto. Un colpo rintronò turbando il profondo silenzio che regnava nel
cimitero. Un indiano, il capofila, cadeva all'indietro con una palla in fronte.
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