Il drappello sbucava dal folto del bosco. Era composto da
Sambigliong, da un ufficiale della guardia del rajah, da dieci indiani
disarmati e da Yanez che non aveva né le mani né le gambe legate.
Sandokan, nello scorgere l'amico, non fu capace di vincersi.
Gli corse incontro e, allontanando violentemente gli indiani, se lo strinse al
petto con frenesia. Eppure quell'uomo era la Tigre della Malesia, era il feroce
capo dei pirati di Mompracem che da tanti anni insanguinavano i flutti del mare
malese.
- Yanez!... Fratello mio! - esclamò con voce soffocata dalla
gioia.
- Sandokan, amico mio, finalmente ti rivedo!.. - gridò il buon
portoghese, che non era meno commosso. - Temevo di non abbracciarti mai più!
- Non ci lasceremo più, Yanez, te lo giuro.
- Lo credo, fratellino. Che bella idea hai avuto facendo
prigioniero il rajah. L'ho sempre detto che tu sei un grand'uomo. E
Tremal-Naik? Dov'è quel povero indiano?
- A pochi passi da noi.
- Vivo?
- Vivo, ma ancora addormentato.
- E la fidanzata?
- È ancora pazza, ma tornerà in sé.
- Signore - disse in quell'istante una voce.
Sandokan e Yanez si volsero. James Brooke stava loro dinanzi,
calmo, ma un po' pallido, con le braccia incrociate sul petto.
- Siete libero, James Brooke - disse Sandokan. - La Tigre
della Malesia mantiene la sua parola.
Il rajah fece un leggero inchino e si allontanò di
alcuni passi, poi tornando bruscamente indietro:
- Tigre della Malesia - disse, - quando ci rivedremo?
- Volete una rivincita? - chiese Sandokan con ironia.
- James Brooke non perdona.
Sandokan lo guardò per alcuni istanti in silenzio, quasi fosse
sorpreso che quell'uomo osasse sfidarlo, poi, stendendo il braccio destro verso
il mare, disse con un accento che faceva fremere:
- Laggiù c'è un'isola: Mompracem. Il mare che la circonda è
ancora rosso di sangue e ingombro di navi colate a picco. Quando vi
avvicinerete a quelle coste udrete il ruggito della Tigre e i suoi tigrotti vi
muoveranno incontro. Ma non scordatevi, James Brooke, che la Tigre e i suoi
tigrotti hanno sete di sangue.
- Verrò a trovarvi.
- Quando?
- L'anno venturo.
Un sorriso sfiorò le labbra del pirata.
- Sarà troppo tardi - disse.
- Perché? - chiese il rajah sorpreso.
- Perché allora non sarete più rajah di Sarawak. Allora
la rivoluzione sarà scoppiata nel vostro Stato e il nipote del Sultano
Muda-Hassin siederà al vostro posto.
Il rajah, nell'udire quelle parole, impallidì e fece un
passo indietro.
- Perché inventate queste cose? - chiese con un tono di voce
tutt'altro che calmo.
- Non invento nulla, milord - rispose Sandokan.
- Voi sapete qualche cosa, dunque?
- È probabile.
- Se vi pregassi di spiegarvi, mi...
- Non mi spiego di più - interruppe Sandokan.
- Non mi resta che ringraziarvi dell'avvertimento.
Fece nuovamente un leggero inchino, raggiunse le sue guardie e
si allontanò a rapidi passi, dirigendosi verso Sarawak.
Sandokan con le braccia incrociate, cupo in volto, lo seguiva
con lo sguardo. Quando non lo vide più, un sospiro gli uscì dal petto.
- Quell'uomo mi porterà sventura - mormorò. - Lo sento.
- Che cos'hai, Sandokan? - gli chiese Yanez avvicinandosi. -
Mi sembri inquieto.
- Ho un triste presentimento, fratello - disse il pirata.
- Quale?
- Fra noi e il rajah non è tutto finito.
- Temi che ci assalga?
- Il cuore me lo dice.
- Non credere ai presentimenti, fratello mio. Fra due o tre
giorni noi avremo abbandonato queste coste e più nulla avremo da temere da
parte del rajah. Dove andiamo ora?
- Alla baia e subito. Qui non mi sento sicuro.
- Partiamo dunque. Ma... e Tremal-Naik!
- Prima di mezzogiorno non si sveglierà.
Sandokan diede il segnale della partenza e il drappello, coi
feriti e con Tremal-Naik, malgrado la rapidissima marcia
del mattino, si rimise in cammino seguendo un piccolo sentieruzzo aperto, chi
sa quanti anni prima, dagli abitanti della foresta.
Sandokan e Yanez con dieci dei più coraggiosi tigrotti
aprivano la marcia con le carabine in mano: dietro venivano le barelle e poi
tutti gli altri, due a due, con gli occhi volti ai due lati del sentiero e gli
orecchi tesi per raccogliere il più piccolo rumore.
Avevano percorso mezzo miglio circa, quando
Aïer-Duk, che si era spinto alcuni passi più innanzi per
esplorare la via, improvvisamente si arrestava armando il fucile. Yanez e
Sandokan s'affrettarono a raggiungerlo.
- Non muovetevi - disse il dayaco.
- Che cos'hai visto? - chiese Sandokan.
- Un'ombra attraversare rapidamente quelle macchie.
- Un uomo o un animale?
- Mi è parso un uomo.
- Può essere un povero dayaco - disse Yanez.
- E anche una spia del rajah - disse Sandokan.
- Lo credi?
- Ne sono quasi certo. Aïer-Duk, prendi
quattro uomini e batti il bosco. Noi intanto andremo avanti.
Il dayaco chiamò quattro compagni e si cacciò nella
fitta boscaglia, strisciando fra le radici, i rami d'albero ed i cespugli.
Poi la marcia fu ripresa attraverso filari di sontar,
specie di palme che danno, incidendo il loro tronco, un succo zuccherino assai
gradevole, e delle cui foglie anticamente si servivano i popoli della Malesia
per scrivervi sopra.
Poco dopo il drappello veniva raggiunto da
Aïer-Duk e dai suoi compagni. Avevano perlustrato la
foresta in tutti i sensi, ma non avevano trovato nulla fuorché tracce recenti
di piedi umani.
- Erano numerose? - chiese Sandokan che era ancora assai
inquieto.
- Quattro - rispose il dayaco.
- Erano impronte di piedi nudi o calzati?
- Di piedi nudi.
- Forse quei due uomini erano dayachi. Affrettiamoci,
tigrotti, qui non siamo troppo sicuri.
Per la terza volta il drappello si rimise in cammino
sorvegliando attentamente gli alberi ed i cespugli e, dopo tre quarti d'ora,
giungeva sulle rive di un ampio corso d'acqua che sfociava in una vasta baia
semi-circolare.
Sandokan mostrò al portoghese un isolotto, alla distanza di
trecentocinquanta metri circa, ombreggiato da bellissimi gruppi di alberi sagù,
di durion, di mangostani e di arenghe saccarifere e difeso, verso la
punta meridionale, da un vecchio ma ancor solido fortino dayaco,
costruito con panconi e pali di teck, legno duro quanto il ferro, che resiste
alle palle di un cannone di non piccolo calibro.
- È là che riposa la vergine della pagoda? - chiese
Yanez.
- Sì, Ada è in quel fortino - rispose Sandokan.
- Non potevi trovarle un posto migliore. La baia è bella e
l'isolotto ben difeso. Se James Brooke verrà ad assalirci, avrà un osso duro da
rodere.
- Il mare è a cinquecento passi dall'isolotto, Yanez - disse
Sandokan, - e una nave può bombardare il fortino.
- Ci difenderemo.
- Non abbiamo cannoni.
- Ma i nostri uomini sono coraggiosi.
- È vero, ma sono pochi e...
- Che cos'hai?
- Zitto!... Hai udito?...
- Io?... Nulla, Sandokan.
- Mi parVE che un ramo si sia spezzato.
- Dove?
- In mezzo a quel macchione.
- Che ci siano proprio delle spie?... Comincio ad essere
inquieto, Sandokan.
- ED anch'io. Affrettiamoci: sospiro il momento di giungere
all'isolotto. Aïer-Duk!...
Il dayaco s'avvicinò alla Tigre.
- Prendi otto uomini e accampati in questo luogo - disse
Sandokan. - Se vedi degli uomini ronzare in questi dintorni verrai ad avvertirmi.
- Contate su di me, capitano, - rispose il dayaco. -
Nessuno s'avvicinerà alla baia senza il mio permesso.
Sandokan, Yanez e gli altri scesero verso la baia, le cui
sponde erano coperte da fitte boscaglie, e giunsero ad una piccola cala presso la
quale stava nascosta, sotto un ammasso di canne e di rami d'alloro, una
scialuppa.
La Tigre girò all'intorno un rapido sguardo, ma non vide
alcuno. Una viva inquietudine si dipinse sul suo volto.
- Uno dei miei due uomini dovrebbe guardare la scialuppa,
-disse.
- Saranno tutti e due al fortino - disse Yanez.
- E hanno lasciato qui la scialuppa!... Yanez... ho il cuore
che mi batte forte... temo una disgrazia.
- Quale?
- Che abbiano rapito Ada.
- Sarebbe un colpo terribile!
- Taci!
- Ancora un rumore?...
- Sì, capitano Yanez - confermarono i pirati impugnando le
armi. Si vedevano i rami di un macchione di cespugli agitarsi a cento passi
dalla spiaggia.
- Chi vive? - gridò Sandokan.
- Mompracem - rispose una voce.
Poco dopo un pirata usciva dai cespugli. Era ansante e sudato,
come se avesse fatto una lunga corsa, e stringeva un fucile.
- Viva la Tigre! - esclamò scorgendo il capo.
- Da dove vieni? - chiese Sandokan.
- Dalla foresta, capitano.
- Dov'è la Vergine?
- Nel fortino.
- Sei certo?...
- L'ho lasciata due ore or sono sotto la guardia di Koty.
Sandokan respirò liberamente.
- Cominciavo a temere - disse. - Come sta?
- Benissimo.
- Che cosa faceva?
- Quando la lasciai dormiva.
- Hai veduto qualcuno nei boschi?
- Io no, ma Koty stamane ha visto un uomo passare lungo la
sponda e guardare con viva curiosità il fortino. Vedendosi osservato si
affrettò a scomparire.
- E l'hai veduto quell'uomo?
- L'ho cercato, ma non sono riuscito a scoprirlo.
- Che sia una spia del rajah? - chiese Yanez.
- È probabile - rispose Sandokan che pareva preoccupato.
- Che vengano ad assalirci qui?...
- Chi può dirlo?
- Che cosa conti di fare?...
- Lasciare questo posto al più presto. Imbarchiamoci.
I due capi e i loro uomini salirono nella scialuppa,
attraversarono il braccio di mare che era largo due o trecento metri e
sbarcarono ai piedi della fortezza ove li attendeva Koty.
- Dorme ancora la vergine? - gli chiese Sandokan.
- Sì, capitano.
- È accaduto nulla di straordinario?
- No.
- Andiamo a vederla - disse Yanez.
Sandokan gli additò Tremal-Naik che era
stato deposto su di uno strato di erbe e di foglie verdi.
- Mancano pochi minuti a mezzodì - disse. - Aspetta che si
svegli.
Ordinò ai suoi uomini di entrare nel fortino e si sedette
accanto all'indiano che non dava ancora segno di vita. Yanez si accese una
sigaretta e si sdraiò vicino a lui.
- Ci vorrà molto, prima che apra gli occhi? - chiese dopo
alcune fumate a Sandokan che guardava attentamente il viso dell'indiano.
- No, Yanez. Vedo che la sua pelle a poco a poco riacquista il
colore naturale. È segno che il suo sangue ricomincia a circolare.
- Gli farai subito vedere la sua Ada?
- Subito no, ma prima di questa sera sì.
- E se non lo riconoscesse? Se ella non riacquistasse la
ragione?
- La riacquisterà.
- Io dubito, fratello mio.
- Ebbene, tenteremo una prova.
- E quale?
- A suo tempo te lo dirò.
- E perché?...
- Taci!...
Un debole respiro aveva improvvisamente sollevato l'ampio
petto di Tremal-Naik e aveva mosso leggermente le sue
labbra.
- Si sveglia, - mormorò Yanez.
Sandokan si curvò sull'indiano e gli posò una mano sulla
fronte.
- Si sveglia - disse.
- Subito?
- Subito.
- Senza fargli alcuna puntura?
- Non ce n'è bisogno, Yanez.
Un secondo respiro, più forte del primo, sollevò nuovamente il
petto di Tremal-Naik e le sue labbra tornarono a muoversi.
Poi le sue mani, che erano aperte, lentamente si chiusero, le sue gambe pure
lentamente si piegarono e infine i suoi occhi si aprirono dilatandosi assai e
si arrestarono su Sandokan.
Rimase così alcuni istanti, come se fosse sorpreso di trovarsi
tuttora in vita, poi, con uno sforzo violento, si alzò a sedere esclamando:
- Vivo!... Ancora vivo!
- E libero - disse Yanez.
L'indiano guardò il portoghese. Lo riconobbe subito.
- Voi!... Voi!... - esclamò. - Ma che cosa è successo? Come mi
trovo qui? Ho dormito io?
- Per Bacco! - esclamò Yanez ridendo. - Non vi ricordate di
quella pillola che vi diedi nel fortino?
- Ah!... Sì, sì... ora ricordo... voi eravate venuto a
trovarmi... Signore, signore, quanto vi ringrazio di avermi liberato!...
Così dicendo Tremal-Naik si era
precipitato ai piedi di Yanez. Questi lo rialzò e lo strinse affettuosamente al
petto.
- Come siete buono, signore! - esclamò l'indiano che pareva
avesse subito ricuperato le sue forze, e che era fuori di sé dalla gioia. -
Libero! Sono libero!... Vi ringrazio, signore, vi ringrazio!...
- Ringraziate quest'uomo, Tremal-Naik -
disse Yanez additandogli Sandokan che, con le braccia incrociate sul petto,
guardava con occhio commosso l'indiano. - È a quest'uomo, alla Tigre della
Malesia, che voi dovete la vostra libertà.
Tremal-Naik si precipitò verso Sandokan
che lo accolse fra le sue braccia dicendo:
- Sei mio amico!
In quell'istante un urlo di gioia risuonò alle loro spalle.
Kammamuri, che era allora uscito dal forte, correva loro incontro urlando:
- Padrone! mio buon padrone!...
Tremal-Naik si slanciò verso il fedele maharatto
che pareva fosse diventato pazzo.
I due indiani si abbracciarono a più riprese, senz'essere
capaci di scambiarsi una sola parola.
- Kammamuri, mio buon Kammamuri! - esclamò finalmente
Tremal-Naik. - Credevo di non rivederti mai più su questa
terra. Ma come sei qui? Non ti hanno ucciso i thugs, dunque?
- No, padrone, no. Io sono fuggito per cercare te.
- Per cercare me! Ma sapevi che ero in questo luogo?
- Sì, padrone, l'avevo saputo. Ah! padrone! quanto ti ho
pianto dopo quella notte fatale. Io ti stringo fra le braccia, ti sento, eppure
stento a credere che tu sia ancora vivo e libero. Non ci lasceremo più, è vero?
- No, Kammamuri, mai più.
- Vivremo assieme al signor Yanez e alla Tigre della Malesia.
Quali nobili uomini, padrone! Se tu sapessi quanto hanno fatto per te, se tu
sapessi quante lotte...
- Alto là, Kammamuri - disse Yanez. - Altri uomini avrebbero
fatto quello che abbiamo fatto noi.
- Non è vero, padrone. Nessun uomo potrà mai fare ciò che
hanno fatto la Tigre della Malesia e il signor Yanez.
- Ma perché interessarsi tanto di me? - chiese
Tremal-Naik. - Eppure non vi ho mai veduti, signori.
- Perché foste un giorno il fidanzato di Ada Corishant - disse
Sandokan, e mia moglie era cugina di Ada Corishant.
A quel nome l'indiano aveva fatto un passo indietro,
barcollando come se avesse ricevuto una pugnalata in mezzo al petto. Poi si
coprì con le mani il viso, mormorando con voce straziante:
- Ada!... o mia adorata Ada!...
Un singhiozzo sollevò il suo petto e due lacrime, forse le
prime che stillavano da quegli occhi, gli rotolarono più per le gote
abbronzate. Sandokan gli si avvicinò e, abbassandogli le mani, disse con dolcezza:
- Perché piangete, mio povero Tremal-Naik?
Questo è un giorno di gioia.
- Ah, signore!... - mormorò l'indiano. - Se voi sapeste quanto
ho amato quella donna!... Ada!... oh mia Ada!...
Un secondo singhiozzo lacerò il petto dell'indiano e nuove
lacrime gli spuntarono sulle ciglia.
- Calmatevi, Tremal-Naik - disse Sandokan.
- La vostra Ada non è perduta.
L'indiano risollevò il capo che teneva curvo sul petto. Un
lampo di speranza balenava nei suoi occhi neri.
- Ella è salva?
- Salva!... - disse Sandokan. - Ed è qui, in quest'isolotto.
Un urlo inumano irruppe dalle labbra di
Tremal-Naik.
- Ella è qui... qui!... - gridò gettando all'intorno sguardi
smarriti.
- Dov'è?... Io voglio vederla, io voglio vederla!... Ada!...
Ada!... Oh mia adorata Ada!...
Fece l'atto di slanciarsi verso il fortino, ma Sandokan lo
afferrò per i polsi e con tale forza da fargli crocchiare i polsi.
- Calmatevi - gli disse. - Ella è pazza.
- Pazza!... la mia Ada pazza!... - gridò l'indiano. - Ah!...
Ma io voglio vederla, signore, io voglio vederla fosse pure per un solo
momento.
- La vedrete, ve lo prometto.
- Quando?
- Fra pochi minuti.
- Grazie, signore! grazie!
- Sambigliong! - gridò Yanez.
Il dayaco, che ronzava attorno al fortino esaminando
attentamente le palizzate per assicurarsi se erano abbastanza solide per
sostenere un assalto, alla chiamata del portoghese accorse.
- Dorme la vergine della pagoda? - chiese Sandokan.
- No, capitano - rispose il pirata. - È uscita alcuni minuti
fa coi suoi guardiani.
- Dove si è diretta?
- Verso la costa.
- Venite, Tremal-Naik - disse Sandokan
prendendogli una mano. Ma vi raccomando di essere calmo: ricordate che è pazza.
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