La Marianna aveva superata
la zona incendiata e navigava in quel momento fra due rive verdeggianti, dove i
durion, gli alberi della canfora, i gluga, i sagu, i
banani dalle foglie mostruose e le splendide arenghe intrecciavano i loro rami
e le loro fronde. Un fiumicello che si riversava nel Kabatuan, aveva impedito
al fuoco di estendersi verso l'alto corso, sicché quelle boscaglie erano state
risparmiate.
Una calma assoluta regnava sulle
rive, almeno in quel momento. I dayaki non dovevano essersi spinti fino
là, perché si vedevano numerosi uccelli acquatici bagnarsi tranquillamente,
segno evidente che si tenevano perfettamente sicuri.
Ed infatti le grosse pelargopsis,
dall'enorme becco rosso come il corallo, nuotavano lungo le canne, pescando
le belle alcede attraversavano il fiume salutando il veliero con un lungo
fischio e all'estremità degli alberi, che spingevano i loro rami sulle acque, i
ploceus pispigliavano, dondolandosi entro i loro nidi in forma di borsa,
mentre sui banchi sonnecchiavano non pochi coccodrilli lunghi cinque o sei
metri, coi dorsi rugosi incrostati d'un fitto strato di fango.
- Ecco quelli che
s'incaricheranno di sciogliere la lingua a quell'ostinato malese, - mormorò
Yanez, che aveva fissati gli sguardi sui formidabili rettili. - Che
bell'occasione! Sambigliong!
Il mastro fu pronto ad accorrere
alla chiamata.
- Fa' gettare un ancorotto.
- Ci fermiamo, capitano Yanez?
- Oh, per pochi minuti solamente
e accosta uno di quei banchi più che puoi.
- Volete pescare qualche
coccodrillo?
- Vedrai: prepara intanto una solida
fune.
Il pilota comparve in quel
momento in coperta, colle mani legate dietro al dorso, spinto innanzi dal
meticcio che non faceva economia di urti e di minacce.
Il disgraziato era in preda ad un
terrore profondo, eppure non pareva ancora disposto a confessare.
- Sambigliong, - disse Yanez,
quando l'ancorotto fu calato. - Getta un po' di carne salata a quei mostri,
tanto da stuzzicare un po' il loro appetito.
La Marianna si era fermata
a breve distanza da un banco melmoso, su cui stavano radunati cinque o sei
gaviali, fra cui uno mancante della coda, perduta di certo in qualche
combattimento.
Si scaldavano al sole,
sonnecchiando tranquillamente e anche vedendo accostarsi il veliero non si
erano mossi, essendo per loro natura poco diffidenti.
- Destatevi boyo3!
- gridò Sambigliong, gettando verso il banco alcuni enormi pezzi di
carne salata.
I gaviali, vedendo cadere quella
manna, si erano alzati, poi vi si erano scagliati sopra disputandoseli
ferocemente. In un momento non si vide che un ammasso di scaglie e di code
poderosamente agitate che picchiavano in tutte le direzioni, poi, messi in
appetito da quei pochi bocconi si spinsero verso l'orlo del banco, alzando le
loro ampie mascelle, armate di lunghi denti, verso la Marianna, in
attesa d'un'altra distribuzione.
- Signor Yanez, - disse
Sambigliong, - aspettano qualche cosa di meglio quegli insaziabili ghiottoni.
- Daremo loro un uomo, - rispose
il portoghese, guardando il pilota che fissava cogli occhi smarriti le gole
spalancate dei mostri, come se avesse compreso che quell'uomo era lui.
- Signore, - balbettò,
accostandosi a Yanez.
- Taci! - gli rispose questi
seccamente.
- Che cosa volete fare di me?
- Lo saprai presto. A te,
Sambigliong.
Il mastro annodò attorno ai
fianchi del disgraziato malese una solida corda, poi alzandolo bruscamente fra
le poderose braccia, lo gettò fuori dal bordo prima che avesse pensato ad
opporre qualsiasi resistenza.
Padada aveva mandato un urlo
terribile, credendo di cadere fra le mascelle di quei formidabili rettili,
invece rimase sospeso fra l'acqua ed il bordo.
I gaviali, vedendo quella preda
umana, con un balzo si erano precipitati in acqua, nuotando velocemente verso
la Marianna.
Il pilota, pazzo dal terrore, si
dibatteva disperatamente girando e rigirando su se stesso e mandando urla
strozzate. Un'angoscia indescrivibile traspariva dai suoi lineamenti
spaventosamente alterati.
- Aiuto! Aiuto! Grazia!
Salvatemi... - gridava, facendo sforzi supremi per spezzare le corde che gli
legavano le mani.
Yanez, in piedi sul capo di
banda, aggrappato alla grisella di babordo del trinchetto, lo guardava
impassibilmente, mentre i gaviali tentavano di afferrare la preda, slanciandosi
più che mezzi fuori dell'acqua, con poderosi colpi di coda.
- Se Padada non muore di spavento
è un vero miracolo, - disse Tangusa.
- Hanno la pelle dura i malesi, -
rispose Yanez. - Lasciamolo gridare un po'.
Il povero uomo gridava a
squarciagola, peggio d'una scimmia rossa, urlando sempre: - Aiuto! grazia! Mi
raggiungono... grazia, signore!
Yanez fece cenno a Sambigliong di
ritirare un po' la fune, essendo un gaviale riuscito a toccare coll'estremità
del muso la preda, poi, volgendosi verso il pilota che continuava a dibattersi,
raggrizzando più che poteva le gambe:
- Vuoi che ti lasci cadere nelle
gole dei boyo o che ti faccia issare? La tua vita sta in mano tua.
- No... signore... issatemi... mi
toccano... non posso più.
- Parlerai?
- Sì, parlerò... vi dirò tutto...
tutto...
- Giuralo su Vairang kidul, giacché
è la protettrice dei cacciatori di nidi di salangane.
- Lo giuro... signore...
- Ti avverto prima che, se quando
ti avremo tirato su, ti rifiuterai di confessarmi ogni cosa, ti getterò
senz'altro fra le mascelle del più grosso gaviale.
- Non ne ho alcun desiderio e...
- Continua, - disse Yanez.
- Quando avrò tutto confessato
non mi ucciderete egualmente?
- Non so che cosa farne della tua
pelle. Rimarrai prigioniero fino al nostro ritorno, poi andrai a farti
appiccare dove vorrai. Seguimi nel quadro e anche tu, Tangusa.
Il malese a cui non pareva ancora
vero di trovarsi vivo e che batteva i denti pel terrore, che non gli era
completamente passato, seguì, senza farsi pregare, il portoghese ed il
meticcio.
- Ed ora ascoltiamo la tua
interessante confessione, - disse Yanez, sdraiandosi su un divanetto e
riaccendendo la sigaretta che aveva lasciata spegnere, per meglio assistere ai
salti dei gaviali ed ai contorcimenti del pilota. - Bada che tu hai giurato e
che io non sono uomo da lasciarmi giocare, né prendere a gabbo.
- Vi dirò tutto, padrone.
- Dunque sono stati i dayaki a
mandarti incontro alla Marianna.
- Non posso negarlo, -
rispose il malese.
- È stato il pellegrino.
- No, signore; io non ho mai
parlato con quell'uomo.
- Chi è?
- Ma... sarebbe un po' difficile
a dirlo, né saprei dirvi da dove sia piombato costui. È giunto qui alcune
settimane or sono, con molte casse piene d'armi e ben fornito di denaro, di
ghinee e di fiorini olandesi.
- Solo?
- Lo credo.
- E che cosa ha fatto poi?
- Si è presentato ai capi tribù,
i quali lo ricevettero con deferenza, avendo in testa il turbante verde dei
pellegrini che hanno visitato il sepolcro del Profeta. Che cosa poi abbia
narrato loro e promesso, io lo ignoro. So solo che pochi giorni dopo, i dayaki
erano tutti in armi e che chiedevano la testa di
Tremal-Naik, che fino allora era stato il loro protettore.
- Ha regalato a quei fanatici
imbecilli le armi?
- E anche molto denaro.
- È vero che un giorno una nave
inglese è giunta alla foce del Kabatuan e che quel pellegrino si è abboccato
col comandante? - chiese Yanez.
- Sì, signore, anzi aggiungerò
che durante la notte l'equipaggio sbarcò altre casse piene d'armi.
- Non sai a che razza appartiene
quell'uomo?
- No, signore: quello che vi
posso dire è che la sua pelle è oscura assai e che parla il bornese con
difficoltà.
- Che mistero impenetrabile! -
mormorò Yanez. - Mi romperò il capo senza riuscire a schiarirlo.
Stette un momento silenzioso,
come se si fosse immerso in un profondo pensiero, poi chiese:
- Come avevano fatto a sapere che
la Marianna giungeva in soccorso di Tremal-Naik?
- Pare che sia stato un servo
dell'indiano a informare i capi dayaki ed il pellegrino.
- Quale incarico ti avevano dato?
Il malese ebbe una breve
esitazione, poi rispose:
- Di arenare la vostra nave,
innanzi tutto.
- Non mi ero dunque ingannato,
dubitando di te. E poi?
- Lasciate che non confessi il
resto.
- Parla liberamente: ti ho
promesso di lasciarti la vita ed io non manco alla mia parola.
- Di approfittare dell'assalto
dei dayaki per incendiarvi la nave.
- Grazie della tua franchezza, -
disse Yanez, ridendo. - Sicché avevano deciso la nostra morte?
- Sì, signore. Pare che il
pellegrino abbia avuto qualche motivo di dolersi delle tigri di Mompracem.
- Anche di noi! - esclamò Yanez,
che cadeva di sorpresa in sorpresa.
- Chi può essere costui? Noi non
abbiamo mai avuto a che fare con dei fanatici mussulmani.
- Non so che cosa dirvi, signore.
- Se è vero quello che ci hai
narrato, quel miserabile ci insidierà dovunque?
- Non vi lascerà tranquilli,
badate a me e farà di tutto per massacrarvi dal primo all'ultimo, - disse il
pilota. - Io so che ha fatto giurare ai capi dayaki di non risparmiarvi.
- E noi faremo il possibile per
ucciderne più che potremo, è vero, Tangusa?
- Sì, signor Yanez, - rispose il
meticcio.
- Padada, - disse il portoghese,
- sai tu che la fattoria di Pangutaran sia già assediata?
- Non lo credo, signore, avendo il
pellegrino radunate quasi tutte le sue forze per schiacciare prima voi.
- Dunque la via che va dall'imbarcadero
al kampong di Tremal-Naik può essere libera.
- O almeno poco guardata.
- Quanto ti ha dato il pellegrino
perché tu mandassi la mia nave sui banchi e me la incendiassi?
- Cinquanta fiorini e due
carabine.
- Io te ne darò duecento se tu mi
guidi al kampong.
- Accetto, signore, -
rispose il malese, - e avrei accettato anche senza alcun compenso, dovendovi la
vita.
- Siamo ancora lontani dall'imbarcadero?
- Fra un paio d'ore vi
giungeremo, è vero? - disse Tangusa guardando il malese.
- Fors'anche prima.
Yanez sciolse le corde che
stringevano le mani del prigioniero e uscì, dicendo:
- Saliamo in coperta.
Sul fiume regnava ancora una gran
calma e le acque si svolgevano tranquille, fra due rive coperte di superbe
felci arborescenti, di belle piante di cycas, di pandanus, di
casuarine e di palme, che spiegavano a ventaglio le loro gigantesche foglie
piumate.
Fra i rotangs che cadevano
in festoni lungo i tronchi degli alberi, vi erano delle siamang, quelle
orride scimmie nere che hanno la fronte bassissima, gli occhi infossati, la
bocca enorme, il naso piatto e sotto la gola un lungo gozzo che pende come una
vescica gonfia, le quali saltellavano di ramo in ramo, senza dimostrare alcuna
preoccupazione. In acqua invece nuotavano fra le erbe, numerose bewah, quelle
gigantesche lucertole semi-acquatiche che raggiungono
sovente i due metri di lunghezza. Dei dayaki nessun indizio. Se fossero
stati vicini, i quadrumani non avrebbero mostrato tanta tranquillità, essendo
in generale estremamente diffidenti.
La Marianna, che
s'avanzava assai lentamente aiutata anche dai remi, non potendo il vento
soffiare troppo liberamente fra quelle due immense muraglie di verzura,
continuò a salire indisturbata fino al mezzodì, poi si arrestò dinanzi ad una
specie di piattaforma che s'avanzava nell'acqua sorretta da alcune file di
pali.
- L'imbarcadero del kampong
di Pangutaran, - avevano esclamato simultaneamente il pilota e Tangusa.
- Giù le àncore e accosta, -
aveva comandato subito il portoghese. - Alle spingarde gli artiglieri.
Due ancorotti furono affondati e
il veliero, spinto dalla corrente, andò ad appoggiarsi all'imbarcadero
ai cui pali fu legato.
Yanez era salito sulla murata,
per accertarsi meglio che nessun dayako si trovava imboscato su quella
riva.
Che qui crudeli selvaggi vi
fossero passati non vi era dubbio, potendosi scorgere a breve distanza dall'imbarcadero
gli avanzi di parecchie capanne distrutte dal fuoco e una vasta tettoia
semi-scoperchiata, coi pilastri anneriti dal fumo e dalle
fiamme.
- Pare che non vi sia nessuno
qui, - disse Yanez, volgendosi verso il meticcio che si era pure rizzato sulla
murata.
- Non si aspettavano che noi
giungessimo fino qui, - rispose Tangusa. - Erano troppo sicuri di poterci
fermare e massacrare alla foce del fiume.
- Quanto distiamo dal kampong!
- Un paio d'ore, signor
Yanez.
- Facendo tuonare i cannoni da
caccia, Tremal-Naik potrebbe udirci?
- È probabile. Contate di partire
subito?
- Sarebbe imprudenza. Aspettiamo
la notte; passeremo più facilmente e forse senza essere veduti.
- Quanti uomini prenderemo?
- Non più di venti. Mi preme che
la Marianna non rimanga troppo sprovvista. Se la perdessimo sarebbe
finita, per tutti, anche per Tremal-Naik e per Darma.
Frattanto noi faremo una breve
esplorazione nei dintorni, per accertarci che non ci si tenda qualche agguato.
Questa tranquillità non mi rassicura affatto.
Fece mettere in batteria le
spingarde e i pezzi, volgendoli verso l'imbarcadero, rizzando delle
barricate formate con barili pieni di ferraccio, onde meglio riparare gli
artiglieri, quindi comandò di ammainare le vele sul ponte, senza levarle dai
pennoni onde la nave fosse pronta a salpare in pochi minuti.
Terminati quei preparativi,
Yanez, il meticcio ed il pilota, scortati da quattro malesi dell'equipaggio,
armati fino ai denti, scesero sull'imbarcadero per fare una ricognizione
nei dintorni, prima di avventurarsi col grosso sotto le folte foreste che si
estendevano fra la riva del fiume ed il kampong di Pangutaran.
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