Vedendo entrare Yanez, in quel costume
a cui non erano abituati, Tremal-Naik e la fanciulla si
erano alzati di scatto colla bocca aperta pronti a mandare quel grido di
sorpresa, naturale del resto, che l'audace portoghese tanto temeva. Uno sguardo
fulmineo di lui lo arrestò a tempo sulle loro labbra.
Fortunatamente il capitano
Moreland, che volgeva le spalle alla porta e che nell'alzarsi si era
imbrogliata la correggia della sciabola nella spalliera della sedia, non aveva
potuto sorprendere quello sguardo imperioso.
Fece mezzo giro su se stesso e
squadrò il portoghese che aveva portata la destra sulla visiera dell'elmetto di
sughero coperto di flanella bianca, salutando militarmente.
Il capitano era un bel giovane,
di forse venticinque anni, di statura piuttosto alta e slanciata, con due occhi
nerissimi, che parevano avessero dentro il fuoco, una barbetta nera che gli
dava un aspetto fiero e, come aveva detto il sergente della barcaccia, aveva la
pelle assai abbronzata. Si sarebbe detto che aveva nelle vene più sangue indiano
o malese che europeo, malgrado la purezza dei suoi lineamenti che erano più
caucasei che indù.
- Da dove venite, signor tenente?
- gli chiese in purissima lingua inglese, dopo che lo ebbe ben guardato.
- Vengo da Kohong a portarvi dei
viveri da parte di quel governatore. Non ne aspettavate, capitano?
- Sì, avevo fatto chiedere delle
provviste che qui non si possono trovare.
- Delle bottiglie e dei prodotti
europei?
- È vero, - rispose il capitano,
- ma non era necessario che per inviarmi ciò mi mandasse anche un ufficiale.
Bastavano alcuni soldati.
- Non si fidava a comunicare loro
le notizie che io sono incaricato di darvi a voce.
- Delle notizie?
- E gravi, sir Moreland.
- Siete il comandante della
guarnigione di Kohong, voi?
- Sì, capitano.
- Non siete inglese, voi.
- No, uno spagnolo da parecchi
anni ai servigi del rajah di Sarawak.
- Che cosa avete da dirmi?
Yanez accennò
Tremal-Naik e Darma che stavano immobili, in piedi,
guardandolo con crescente stupore, senza però lasciarsi sfuggire un cenno
qualsiasi che potesse allarmare il capitano.
- Avete ragione, - disse sir
Moreland, sorridendo. - Sono miei prigionieri.
Si volse verso
Tremal-Naik e Darma e disse loro con perfetta cortesia:
- Permettete che mi assenti
qualche minuto.
- Toh! Toh! - mormorò Yanez fra i
denti. - Li tratta più da ospiti che come prigionieri. Che cosa vi può essere
sotto?
Seguì lo sguardo del capitano e
lo vide fissarsi replicatamente sulla fanciulla, la quale abbassò gli occhi,
mentre un leggero rossore le coloriva le gote.
- Ah! Diavolo! - pensò il
portoghese, corrugando lievemente la fronte. - Il sangue
anglo-indiano s'intende forse? La sarebbe curiosa!
Il capitano aveva aperta una porta
laterale e introdusse Yanez in un elegante gabinetto ammobiliato all'indiana,
con ricchi tappeti, mobili leggeri, divanetti di stoffa orientale trapuntati in
oro e con grandi vasi di bronzo a rilievi, collocati negli angoli.
Una lampada a globo un po' opaca
ed azzurrognola, spandeva una luce un po' velata sui tappeti facendo
scintillare i loro ricami d'argento.
- Nessuno potrà udirci, tenente,
- disse il capitano, dopo d'aver chiusa la porta a chiave e d'aver lasciata
cadere una pesante tenda di broccato antico.
- Sapete, capitano, che le tigri
di Mompracem hanno dichiarato la guerra all'Inghilterra ed al rajah di
Sarawak suo protetto? - disse Yanez.
- Ne sono stato informato fino da
ieri da un corriere del rajah, - rispose sir Moreland. - Ma
quelli sono pazzi!
- Non forse quanto credete, -
rispose Yanez. - Ricordatevi che fu Sandokan a rovesciare James Brooke
quand'era al colmo della sua potenza e che lo si credeva invincibile.
- Quelli erano altri tempi,
tenente. E poi, sfidare l'Inghilterra! Ignorando dunque che la sua potenza
navale è temuta perfino dagli stati europei? Quei pazzi faranno qualche
crociera in queste acque coi loro prahos, poi si squaglieranno alle
prime cannonate.
- Ecco dove v'ingannate, sir
Moreland. Non è coi loro velieri che hanno intrapresa la guerra. Ieri è stata
veduta una grossa e poderosa nave a vapore, fumare a venti miglia al largo di
Kohong e che aveva sul picco la bandiera rossa delle tigri di Mompracem.
Il capitano aveva sussultato.
- Qui di già? - esclamò.
- E pare che si dirigano verso
queste coste.
- L'avete incontrata voi?
- No, capitano.
- Che cosa vengono a fare qui?
Che sappiano che la mia nave è ancorata alla seconda bocca del Redjang?
- Il governatore di Kohong crede
invece che mirino ad assalire il fortino di Macrae per liberare i due
prigionieri ed è perciò che mi ha mandato qui ad avvertirvi di inviarli subito
da lui. Io ho l'incarico di condurli colla barcaccia a vapore che staziona
nella rada.
- Sono più sicuri a bordo della
mia nave.
- Li esporreste al rischio d'una
grave battaglia ed essendo molto problematica la vostra vittoria, il
governatore preferirebbe che glieli mandaste. Pare che tale desiderio lo abbia
manifestato anche il rajah a quanto ho potuto capire. Ci tiene ad avere
in ostaggio quelle due persone per frenare Sandokan nelle sue audacie e
impedirgli di ritentare l'insurrezione dei dayaki dell'interno, che sono
stati poi alleati ai tempi di James Brooke.
Sir Moreland era rimasto
silenzioso, come se fosse in preda ad una viva preoccupazione; poi, dopo
qualche istante di silenzio, disse con tono singolare che non sfuggì al
portoghese:
- Anch'io ci tengo dacché
Tremal-Naik e Darma rimangano prigionieri.
Si passò con un moto nervoso una
mano sulla fronte e mandò un sospiro.
- Fatalità del destino, - disse
poi, come parlando fra sé.
Yanez lo osservava attentamente,
pensando:
- Che diavolo... che
quell'anglo-indiano sia stato ferito dagli occhi di Darma?
Vivaddio è un bel giovane, pieno di fuoco e di slancio e mi sembra leale. Se
provassi a grattargli dolcemente la gola?
- Capitano, - disse, - che
cosa decidete dunque?
- Il governatore di Kohong può
aver ragione, - rispose sir Moreland, dopo un altro breve silenzio. - I
prigionieri potrebbero essermi d'imbarazzo a bordo della mia nave e poi non si
sa mai come finisce una battaglia, specialmente quando vi sono di mezzo quei
terribili pirati. Ho fiducia intera nella robustezza del mio vascello e nel
valore dei miei uomini, scelti con cura e anche nella potenza dei miei cannoni
che sono dei più moderni; ma non conosco le forze dei nostri avversari e potrei
avere la peggio. Voi credete che essi sappiano dove si trova il mio Sambas?
- È il nome della vostra
nave?
- Sì, - rispose il capitano.
- A Kohong si crede che la Tigre della
Malesia e Yanez sappiano dove si trova ancorata e non si dubita che da un
momento all'altro vi assalgano.
- Allora affiderò a voi i due
prigionieri; ma risponderete della loro salvezza?
- Io seguirò la costa passando dietro
le scogliere. L'acqua non è abbondante in quei canali interni e la nave dei
pirati della Malesia non potrebbe seguirmi. Io rispondo pienamente di loro,
capitano.
- È meglio che approfittiate
delle tenebre.
- È quello che volevo proporvi,
sir Moreland, - disse Yanez, che frenava a grande stento la gioia interna.
- Quanti uomini avete?
- Dieci qui e due nella rada.
- Vi servirete della barcaccia a
vapore, così all'alba potrete giungere a Kohong.
- E voi, capitano?
- Io uscirò in mare ed andrò a
cercare la Tigre della Malesia. Anelo di misurarmi con quell'uomo.
- Lo odiate?
- È un pirata che è tempo di
domare, - si limitò a rispondere il capitano. - Seguitemi.
Riaprì la porta e rientrò nel
salotto dove si trovavano ancora Tremal-Naik e Darma.
- Preparatevi a partire, - disse,
guardando particolarmente la fanciulla.
- Dove volete tradurci, capitano?
- chiese Tremal-Naik.
- Ho ricevuto l'ordine di farvi
condurre a Kohong.
- Qualcuno minaccia il fortino?
- Non posso rispondere a questa
domanda.
Yanez finse di approvare con un
gesto.
Sir Moreland fece cenno ai due
prigionieri di andarsi ad abbigliare, poi sturò una bottiglia e riempì due
bicchieri offrendone uno al portoghese.
- Voi mi assicurate che non vi
lascerete catturare, è vero? - chiese l'anglo-indiano, dopo
d'aver vuotato il suo.
- Se vedo qualche pericolo mi
getterò alla costa, capitano, - rispose Yanez.
- Sono valorosi i vostri uomini?
- Sono i migliori della
guarnigione di Kohong. Quando avrò l'onore di rivedervi?
- Salperò all'alba e muoverò
subito verso la cittadella, a meno che i pirati della Malesia non mi arrestino.
Tuttavia ho fiducia di vincerli.
Yanez sbozzò un sorrisetto
ironico.
- Ve l'auguro, capitano, - disse
poi. - È ora di finirla con quei fieri e pericolosi scorridori del mare.
Tremal-Naik e
Darma erano in quel momento rientrati. Il primo si era coperto il capo d'un
immenso turbante e la seconda si era gettata sulle spalle una mantiglia di seta
bianca che l'avvolgeva tutta.
- Vi scorterò fino alla spiaggia,
- disse il capitano, - quantunque nessun pericolo vi minacci.
Yanez, udendo quelle parole,
aggrottò lievemente la fronte.
- Che prenda con sé degli uomini?
- mormorò, assai contrariato da quella proposta. - Bah? Li ridurremo a dovere
appena saremo in vista del mare.
Uscirono tutti insieme nel
cortile, dove si trovavano sempre allineati i dieci pirati, appoggiati alle
loro carabine. Vedendo apparire il capitano, presentarono le armi con un insieme
che fece stupire lo stesso Yanez.
- Sono uomini solidi, - disse sir
Moreland, dopo d'averli osservati uno ad uno. - Andiamo.
Quattro pirati formarono
l'avanguardia, dietro si misero Yanez e Tremal-Naik, poi
Darma col capitano a qualche distanza, quindi gli altri sei. I primi portavano
il fanale e tre torce per illuminare la via, essendosi il cielo coperto di un
fitto velo di vapori che intercettava completamente quel vago chiarore che
proiettano gli astri, specialmente attraverso la limpida atmosfera delle
regioni equatoriali.
Un profondo silenzio regnava
nelle pianure sottostanti alla collinetta, rotto solo dal passo leggero del
drappello. Anche la risacca pareva che si fosse calmata in causa forse del
riflusso.
Yanez taceva, ma scambiava di
quando in quando uno sguardo con Tremal-Naik e lo urtava
col gomito, come per raccomandargli la massima prudenza. Dietro di lui il
capitano diceva qualche parola, sotto-voce, alla fanciulla,
che il portoghese non riusciva ad afferrare per quanto aguzzasse l'udito.
I pirati, muti come pesci, col
dito sul grilletto delle carabine, li seguivano pronti al primo comando ad
avventarsi contro il capitano.
Discesa la collinetta, il
drappello s'avanzò in mezzo alle piantagioni e, siccome il sentiero era
stretto, Yanez ne approfittò per distanziare il capitano.
- Sii pronto a tutto, - sussurrò
a Tremal-Naik, quando credette che il capitano non lo
potesse più udire.
- E Sandokan? - chiese sotto-voce
l'indiano.
- Ci aspetta al largo.
- A quale rischio ti sei esposto,
Yanez.
- Bisognava ben tentare un colpo
di testa. Senza di voi non saremmo stati liberi di cominciare le ostilità.
- Del capitano che cosa ne farai?
Ti chiedo la sua libertà, perché egli ci ha trattati più come ospiti che come
prigionieri.
- Non ho alcuna intenzione di
ucciderlo. Sarebbe una vigliaccheria assassinarlo. Chi è quell'uomo?
- Un inglese ai servigi del
rajah, e che prima faceva parte della marina indiana.
- Lui, inglese, con quella pelle
così abbronzata e quegli occhi! No, io lo credo un
anglo-indiano piuttosto.
- Anche a me è venuto il
sospetto; comunque sia, si è comportato verso di noi come un vero gentiluomo.
- Zitto: ecco il mare.
S'accostò ai quattro pirati che
lo precedevano, fra i quali si trovava Sambigliong e sussurrò loro qualche
parola.
- Va bene, - rispose l'antico
mastro della Marianna. - Me ne occuperò io.
Pochi minuti dopo giungevano
sulla spiaggia del mare, là dove la scialuppa si trovava arenata. A tre o
quattro gomene la barcaccia fumava. Il macchinista americano non aveva perduto
il suo tempo a quanto pareva.
- Spingete in acqua la scialuppa,
- comandò Yanez.
Mentre quattro uomini eseguivano
l'ordine, gli altri si erano disposti intorno al gruppo formato da
Tremal-Naik, da Darma e dal capitano.
Sambigliong anzi si era messo
dietro a quest'ultimo.
Appena Yanez vide la scialuppa a
galleggiare, s'accostò a sir Moreland che stava presso Darma e gli stese la
mano, dicendogli:
- Fidatevi di me, capitano: io
condurrò i prigionieri in salvo.
Nel medesimo tempo strinse la
mano dell'anglo-indiano con tale forza da fargli
scricchiolare le dita e da paralizzargli il braccio.
Mentre lo teneva, impedendogli in
tal modo che sguainasse la sciabola, Sambigliong afferrò a mezzo corpo il
capitano e con un colpo solo l'atterrò.
Sir Moreland aveva mandato un
grido di furore:
- Ah! Miserabili!
I pirati si erano precipitati su di
lui e in meno che lo si dica gli avevano legato le mani dietro al dorso e
l'avevano privato della sciabola e delle pistole che portava alla cintura.
Appena potè rimettersi in piedi,
avendogli lasciate le gambe libere, fece atto di scagliarsi su Yanez che lo
guardava, sorridendo silenziosamente.
- Che cosa significa questa
aggressione? - gridò, pallido d'ira. - Chi siete voi?
Yanez si levò l'elmetto e
salutandolo ironicamente, gli rispose:
- Ho l'onore di presentarvi i
saluti del mio amico, la Tigre della Malesia.
- Chi siete voi?
- Yanez de Gomera, sir Moreland.
La sorpresa fu tale, che il
giovane capitano fu per qualche istante incapace di pronunciare una parola.
- Yanez, - disse finalmente, guardandolo
quasi con terrore. - Voi il compagno della Tigre della Malesia!
- Ho quest'onore, - rispose il
portoghese.
Il capitano girò lo sguardo verso
Darma. La fanciulla non aveva mandato un grido, né aveva fatto un gesto durante
quell'improvviso attacco. Era rimasta immobile e silenziosa, a cinque passi
dall'anglo-indiano, quantunque il suo pallore tradisse una
certa angoscia.
- Uccidetemi dunque, se l'osate,
- disse rivolgendosi a Yanez.
- Ci chiamano pirati, ma sappiamo
essere generosi forse più degli altri, - rispose il portoghese. - Se io fossi
caduto nelle mani del rajah, a quest'ora mi avrebbe fatto fucilare; io,
signore, vi dono invece la vita.
- Che io avrei chiesto, - disse
Tremal-Naik.
- E che io non ti avrei
rifiutata, - aggiunse Yanez.
- Che cosa volete fare di me,
dunque? - chiese il capitano coi denti stretti.
- Lasciarvi libero di tornarvene
a Macrae, signore.
- Potreste pentirvi d'una simile
generosità, perché domani vi darò la caccia colla mia nave.
- E troverete sul vostro cammino
un avversario degno di voi, - rispose Yanez. - Se volete attendere l'equipaggio
della barcaccia, fra pochi minuti sarà qui.
- Si sono arresi quei miserabili?
- Li abbiamo sorpresi e non
potevano misurarsi con noi. Capitano, buona notte e buona fortuna.
- Ci rivedremo più presto di
quello che credete.
- Vi aspettiamo, sir Moreland.
Su, imbarcate!
Tremal-Naik
prese per mano Darma, che non aveva mai aperto bocca e la trasse dolcemente
verso la scialuppa facendola sedere a poppa, poi s'imbarcarono tutti gli altri,
mentre il capitano passeggiava nervosamente sulla spiaggia, cercando di
spezzare le corde che gli legavano le mani.
La scialuppa prese subito il
largo dirigendosi verso la barcaccia che fumava sempre e che aveva a prora il
fanale acceso.
Darma, dopo d'aver stretta
mestamente la mano al portoghese ed averlo ringraziato con un sorriso, si era
appoggiata con un gomito al banco di poppa e teneva gli sguardi fissi sulla
riva. Anche il capitano aveva cessato di passeggiare. Ritto su una duna di
sabbia guardava la scialuppa ad allontanarsi e forse non era la scialuppa che
guardava.
- Ebbene,
Tremal-Naik, che cosa ne dici di questo colpo di testa? -
chiese Yanez, ridendo.
- Che voi siete dei demoni, -
rispose l'indiano. Non dubitavo che un giorno o l'altro sareste venuti a
salvarci, non però così presto. Come avevate saputo che ci avevano condotti a
Macrae?
- A Labuan; più tardi ti narrerò tuttociò
che è avvenuto dopo il vostro rapimento. Sappi intanto che abbiamo una delle
più potenti navi del mondo e che ci prepariamo a fare la guerra al rajah di
Sarawak e all'Inghilterra, per vendicarci di averci scacciati da Mompracem.
- Tanto osate?
- E devo aggiungere un'altra cosa
che ti farà stupire.
- Quale?
- Che quel pellegrino che ci
diede tanto da fare era un emissario del figlio di Suyodhana.
- Tu dici...
- Quando saremo a bordo del Re
del Mare ti spiegheremo meglio. Vorrei ora sapere se nessuno ti disse mai
che Suyodhana avesse un figlio.
- Mai ne ho udito parlare e poi,
come capo dei thugs, non poteva ammogliarsi. Sicché sarebbe stato lui a
muoverci la guerra?
- Sembra, e appoggiato dagli
inglesi e dal rajah di Sarawak.
- E come gli inglesi possono aver
accordata protezione al figlio d'un thug perché venga a misurarsi con
noi che abbiamo estirpata quella piaga che disonorava l'India?
- È un mistero che noi non siamo
riusciti a spiegare.
- E dove si trova quell'uomo?
- Ecco un altro mistero, mio caro
Tremal-Naik. Speriamo in qualche luogo d'incontrarlo e di
fargli fare la fine di suo padre. Signor Horward!
La scialuppa era giunta presso la
barcaccia e l'americano era salito prontamente in coperta.
- Tutto bene, signor Yanez?
- Meglio non la poteva andare.
Avete la massima pressione?
- Da un'ora.
- Ed i prigionieri?
- Sembrano conigli.
- A bordo, ragazzi.
Aiutò Darma a salire sulla
barcaccia, poi tutti si issarono sulla tolda.
- Sbrighiamoci, - disse Yanez.
Fece slegare uno ad uno gli
indiani che formavano l'equipaggio della barcaccia, fece scivolare nelle tasche
del sergente un pugno di sterline e li fece scendere nella scialuppa dicendo
loro:
- Il capitano Moreland vi aspetta
sulla spiaggia. Portate a lui i miei saluti ed i miei ringraziamenti per la
bella barca a vapore che mi ha regalato. Signor Horward, a tutto vapore.
L'americano fece fischiare
ripetutamente la macchina, come un ironico saluto agli indiani della scialuppa,
e la barcaccia, sbarazzata dell'ancora, filò rapidamente verso l'uscita della
baia.
Yanez, affidata la barra del
timone a Sambigliong, si era collocato a prora assieme a
Tremal-Naik e scrutava attentamente le tenebre per cercare
di discernere la nave di Sandokan, che doveva incrociare a non molta distanza
dalla costa.
Dovendo però avere i fanali
spenti non era cosa facile scoprirla.
- Si sarà portata più al largo a
menoché non siano avvenute delle novità durante la mia assenza, - disse Yanez a
Tremal-Naik che lo interrogava. - Da un praho che
veniva da Labuan abbiamo saputo che una squadriglia d'incrociatori inglesi ha
lasciato Victoria per darci la caccia.
- Che Sandokan li abbia
incontrati?
- Avremmo udito il cannone e poi Sandokan
non è un uomo da lasciarsi sorprendere, specialmente colla nave che possiede.
Vedo laggiù delle scorie accese alzarsi. È il Re del Mare! Signor
Horward, caricate le valvole!
La barcaccia, che era davvero una
buona camminatrice, s'avanzava sempre più rapida sul tenebroso mare,
lasciandosi a poppa una scia che talvolta diventava luminosa per effetto d'un
principio di fosforescenza.
Ad un tratto una massa enorme,
che scivolava sulle acque con un sordo fragore, comparve dinanzi alla scialuppa
a vapore sbarrandole la via, mentre una voce formidabile gridava:
- Puntate il pezzo di prua!
- Alt! - aveva comandato
prontamente Yanez. - Ehi, Sandokan, cala la scala. Sono le tigri di Mompracem
che tornano!
La barcaccia, che aveva
rallentato il cammino, abbordò l'enorme nave presso l'anca di tribordo, sotto
la scala che era stata abbassata d'un colpo solo.
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