I due trasporti, che si vedevano
nell'impossibilità di opporre qualsiasi resistenza, non possedendo che delle
artiglierie leggere, affatto innocue pei poderosi fianchi del corsaro, avevano
subito obbedito, abbassando le bandiere.
Sulle loro coperte regnava una
confusione indescrivibile. I soldati, tre o quattrocento, credendo che
l'incrociatore si preparasse ad affondarli, correvano all'impazzata pei ponti,
affollandosi intorno alle scialuppe.
- Vi accordo due ore per sgombrare
le navi, - aveva segnalato ancora il Re del Mare. - Dopo questo
tempo aprirò il fuoco. Obbedite!...
Le isole Romades non erano
lontane che due chilometri, mostrando le loro coste assolutamente deserte, con
pochi alberi e fiancheggiate da numerosi banchi di sabbia e da scogliere.
I comandanti delle due navi, dopo
un breve consiglio, avevano risposto:
- Cediamo alla forza, per
risparmiare un inutile massacro.
Subito tutte le scialuppe disponibili
erano state messe in acqua, cariche di soldati fino quasi al punto di
affondare, perché tutti vi si affollavano, per tema che il corsaro aprisse il
fuoco.
Vedendo che alcuni portavano dei
fucili, Sandokan, sempre inesorabile, aveva segnalato di gettarli in acqua o di
ritornarli a bordo, minacciando, in caso contrario, di spazzar via le
imbarcazioni.
Mentre si effettuava lo sbarco,
fra grida, imprecazioni, minacce e dispute, il Re del Mare girava
lentamente intorno alle due navi, colle artiglierie sempre puntate.
- Che cosa ne farai, dopo, di
quei trasporti? - aveva chiesto Yanez.
- Li affonderemo, - aveva
risposto freddamente Sandokan. - Il mare è pronto a ricevere anche questi.
- Che peccato non poterli
rimorchiare in qualche porto!
- E dove? Non vi è alcun rifugio
amico per le ultime tigri di Mompracem. Si direbbe che tutti gli stati del
Borneo, dopo d'averci ammirati, hanno paura del leopardo inglese, - disse
Sandokan con profonda amarezza.
- Non importa, ne faremo a meno e
affideremo le prede al mare. Questo almeno non le rende più.
- Quanti tesori perduti
inutilmente! - disse Darma.
- Così è la guerra, - rispose
Sandokan, asciuttamente. - Yanez, ordina di mettere in acqua le scialuppe e di
aprire i depositi del carbone. Il Re del Mare avrà una buona provvista
di combustibile.
I soldati, le cui imbarcazioni
avevano fatti già parecchi viaggi, si erano quasi tutti accampati sulla
spiaggia più prossima, pronti a rifugiarsi nei boschi in caso di pericolo.
Yanez fece imbarcare cinquanta uomini, bene armati e comandati da due
quartiermastri, li mandò a occupare i due trasporti, prima che anche gli
equipaggi li abbandonassero, onde evitare un tradimento.
Polvere a bordo ve ne doveva
essere ed i comandanti inglesi potevano, prima di andarsene, collocare delle
micce accese nella santabarbara e mandare all'aria i due trasporti ed insieme a
loro i depositi di carbone che tanto premevano alle tigri di Mompracem.
Partito l'ultimo inglese, un
altro drappello di malesi al comando di Kammamuri si recò a bordo delle due
navi, per procedere allo scarico del combustibile e delle munizioni da guerra.
I soldati, dalla spiaggia,
guardavano con ansietà le manovre dei pirati, stupiti di non vederli prendere a
rimorchio i due legni, come avevano dapprima sospettato.
Tutto il giorno gli uomini di
Sandokan lavorarono febbrilmente vuotando i pozzi ben forniti di combustibile.
Verso sera novecento tonnellate
di carbone giacevano nei depositi del Re del Mare. I malesi ed i dayaki
cadevano pel sonno e per la fatica eccessiva, ma ormai i pozzi dei due
trasporti erano quasi vuoti.
- Ed ora, - disse Sandokan, -
prendi, mare, le prede che ti offro. Quando anche noi coleremo a fondo, sii
clemente.
Prima di abbandonare le due navi,
i malesi avevano accese delle miccie presso i barili di polvere lasciati nelle
santebarbare.
Sandokan, Yanez e
Tremal-Naik si erano appoggiati alla murata poppiera,
guardando tranquillamente i due trasporti. Dinanzi, sul bastingaggio, avevano
collocato un cronometro.
- Tre minuti, - disse ad un
tratto Sandokan volgendosi verso i suoi compagni. - Ecco la fine!
Un momento dopo una formidabile
esplosione rimbombava sul mare, seguìta a breve distanza da un'altra non meno
assordante. Le due navi, squarciate dallo scoppio, affondavano rapidamente fra
le urla furiose dei soldati e degli equipaggi, che si trovavano sulle coste
dell'isola.
- Ecco la guerra, - disse
Sandokan, con un sorriso sarcastico. - L'hanno voluta? Paghino!... E questo non
è che un principio del dramma!
Quindi, volgendosi verso Yanez,
aggiunse:
- Andiamo a Sarawak ora: quel
golfo sarà il campo delle nostre future imprese e le prede laggiù saranno più
abbondanti, che qui: lo vedrai.
Il Re del Mare abbandonava
rapidamente i paraggi delle Romades, prendendo la corsa verso il sud. Colle
carboniere piene, ed un sopraccarico di combustibile nella stiva, poteva
sfidare alla corsa tutte le navi che gli alleati dovevano aver radunate nelle
acque di Sarawak.
Il poderoso incrociatore che
divorava miglia su miglia, due giorni dopo avvistava già il capo
Tanjong-Datu, passando dinanzi alla medesima rada dove
erasi rifugiata la Marianna. Nulla avendo incontrato in quei paraggi,
riprese senza indugio la corsa verso il sudest, per raggiungere la foce del
Sedang.
Sandokan voleva innanzi a tutto
accertarsi se l'equipaggio della sua piccola nave era riuscito nella missione
affidatagli, ossia di armare e di sollevare i suoi vecchi alleati, i dayaki dell'interno,
che lo avevano così vigorosamente aiutato contro James Brooke, il famoso sterminatore
dei pirati.
Quarant'otto ore dopo, il Re
del Mare, che non aveva rallentata la sua velocità, avvistava il monte
Matang, un picco colossale che si erge presso la costa di ponente dell'ampia baia
di Sarawak e che lancia la sua vetta verdeggiante a duemila novecento e
settanta piedi, e l'indomani navigava dinanzi alla foce del fiume che bagna la
capitale del rajah.
Era il momento di aprire per bene
gli occhi, poiché da un istante all'altro delle navi inglesi o del rajah di
Sarawak potevano mostrarsi.
Certo la comparsa del corsaro
doveva essere stata segnalata alle autorità di Sarawak ed i migliori
incrociatori dovevano aver preso il largo, onde proteggere da un improvviso
assalto le navi che lasciavano il fiume, dirette a Labuan o a Singapore, che
potevano venire facilmente catturate o affondate dagli audaci pirati di
Mompracem.
Perciò una rigorosa sorveglianza
era stata ordinata a bordo dell'incrociatore. Giorno e notte dei gabbieri si
tenevano costantemente sulle piattaforme superiori, muniti di cannocchiali di
lunga portata, pronti a dare l'allarme nel caso che qualche colonna di fumo
apparisse all'orizzonte.
Sandokan e Yanez, per maggiore
precauzione, avevano anche comandato che dopo il calar del sole più nessun lume
si accendesse a bordo, nemmeno nelle cabine che avevano le finestre sui bordi
esterni, e nemmeno i fanali regolamentari. Volevano passare dinanzi la foce del
Sarawak inosservati, per non farsi inseguire sulle coste orientali e compiere
le loro operazioni senza venire disturbati.
Sentivano per istinto che li
cercavano e che navi inglesi e del rajah dovevano scorazzare quei
paraggi. Chissà, forse avevano indovinato le loro intenzioni o peggio ancora,
qualcuno poteva averli informati dei loro progetti. Ed infatti, contrariamente
alle loro abitudini, i due ex pirati apparivano assai preoccupati. Si vedevano
passeggiare per delle ore intere sul ponte, colla fronte increspata, poi
arrestarsi per interrogare, con una certa ansietà, l'orizzonte. Specialmente di
notte abbandonavano di rado la coperta, accontentandosi di riposare solo poche
ore dopo il levar del sole.
- Sandokan, - disse
Tremal-Naik, quando già il Re del Mare aveva
oltrepassata la seconda bocca del Sarawak di qualche dozzina di miglia, - mi
sembri molto inquieto.
- Sì, - rispose la Tigre della
Malesia, - non te lo nascondo, mio caro amico.
- Temi qualche incontro?
- Io sono certo di essere seguìto
o preceduto, e un marinaio difficilmente s'inganna. Si direbbe che io senta
odor di fumo e di fumo di carbon fossile.
- E da chi? Da squadre inglesi o
da quelle del rajah?
- Di quelle del rajah non
mi occupo troppo, perché l'unica nave che poteva misurarsi colla mia, ora giace
sventrata in fondo al mare.
- Quella di sir Moreland?
- Sì,
Tremal-Naik. Le altre che possiede il rajah sono
vecchi incrociatori di ordine secondario, che non valgono assolutamente nulla
come navi da battaglia. È la squadra di Labuan che mi preoccupa.
- Sarà forte?
- Molto forte no, numerosa di
certo. Potrebbe prenderci nel mezzo e crearci molti fastidi, quantunque io
ritenga il nostro incrociatore così poderoso d'aver ragione di essa. I
migliori, l'Inghilterra se li tiene in Europa.
- Sono ben lontani da noi, -
disse Tremal-Naik.
- E chi mi assicura che non ne
mandi alcuni a darci la caccia? Mi hanno detto che ve ne sono dei poderosi
anche nell'India. Quando si apprenderà quali danni noi abbiamo recato alle loro
linee di navigazione, gli inglesi non esiteranno a lanciare su questi mari il
meglio della loro squadra indiana.
- E allora? - chiese
Tremal-Naik.
- Faremo quello che potremo, -
rispose Sandokan. - Se il carbone non ci mancherà la faremo correre e molto.
- È sempre il carbone il nostro
punto nero.
- Di' il nostro lato debole,
Tremal-Naik, perché a noi tutti i porti sono chiusi.
Fortunatamente la marina inglese è la più numerosa del mondo e piroscafi ne
troveremo sempre, dovessimo andarli a cercare perfino nei mari della Cina. Ah!
Cala la nebbia! È una fortuna per noi, che stiamo per passare dinanzi alle
coste del sultanato.
- Quanto distiamo dal Sedang?
- Forse duecento miglia. Queste
sono le acque più pericolose. Se questa notte non facciamo alcun incontro, domani
troveremo la Marianna. Apriamo gli occhi,
Tremal-Naik ed aumentiamo la nostra velocità. Tanto peggio
a chi tocca se taglieremo qualche legno.
Pareva che la fortuna proteggesse
le ultime tigri di Mompracem, perché poco dopo il tramonto del sole una folta
nebbia era cominciata a scendere sul golfo, in dense ondate.
Il Re del Mare aveva
quindi maggiori possibilità di sfuggire alla caccia delle navi alleate, ammesso
che si fossero realmente messe in moto per sorprenderlo.
Nondimeno Sandokan e Yanez
avevano dati gli ordini per tenersi tutti pronti. Qualche nemico poteva
comparire, impegnare subito la lotta e colle sue cannonate attirare
l'attenzione della squadra.
L'incrociatore, che aveva
aumentata la sua velocità portandola a tredici miglia, muoveva rapido
attraverso il nebbione che sempre più si addensava.
Sandokan, Yanez,
Tremal-Naik e l'ingegnere americano erano tutti sul
cassero, presso i timonieri, cercando, ma invano, di distinguere qualche cosa
attraverso le ondate caliginose che il vento, di quando in quando,
scompaginava.
Gli artiglieri erano dietro i
loro mostruosi pezzi o accanto alle piccole artiglierie; i malesi ed i dayaki
dietro le murate.
Tutti tacevano ed ascoltavano attentamente.
Non si udivano che i rauchi muggiti del vapore ed il gorgoglìo prodotto dalle
eliche e dallo sperone fendente le acque.
La seconda foce del Sarawak
doveva essere stata oltrepassata di una cinquantina di miglia, quando tutto
d'un tratto si udì a echeggiare una sirena.
- Una nave esplora il mare e
segnala la sua presenza ad altre, - disse Yanez a Sandokan. - Sarà mercantile o
da guerra?
- Suppongo che sia qualche avviso
del rajah, - rispose la Tigre della Malesia. - Ci aspettavano?
- Fa' puntare verso levante.
- Vorrei però prima conoscere con
quale avversario abbiamo da fare.
- Con questa nebbia non sarà cosa
facile, Sandokan, - disse Tremal-Naik. - Quando potremo
giungere alla foce del Sedang?
- Fra cinque o sei ore. Vedi nulla,
Yanez?
- Null'altro che nebbia, -
rispose il portoghese.
- Non devieremo: tanto peggio per
chi si caccerà sotto il nostro sperone.
Poi, accostandosi al tubo che
comunicava colla sala della macchina, gridò con voce poderosa:
- Signor Horward! Avanti a tutto
vapore, a tiraggio forzato!
Il Re del Mare continuava
la sua corsa, aumentandola rapidamente.
Da tredici nodi era salita a
quattordici all'ora, e non bastava ancora. L'ingegnere americano aveva
comandato il tiraggio forzato per raggiungere possibilmente i quindici.
Era ben vero che il carbone se ne
andava rapidamente, però ne avevano in quantità sufficiente per tenere il mare
alcune settimane senza bisogno di provvedersi.
Erano già trascorse due ore,
quando tutto d'un tratto la nebbia s'illuminò come se un gran fascio di luce
l'attraversasse.
Luce lunare non doveva essere,
perché assai più intensa e brillante e poi non ne aveva l'immobilità. Veniva
dall'est e scorreva dal sud al nord, facendo scintillare vivamente le acque.
- Un fanale elettrico! - esclamò
Yanez, trasalendo. - Ci si cerca.
- Sì, ci cercano, - disse
Tremal-Naik. - Che siano in molti?
Sandokan non aveva aperto bocca;
la sua fronte però si era bruscamente aggrottata.
Trascorsero alcuni minuti ancora.
- Macchina indietro! - tuonò ad
un tratto la Tigre della Malesia.
Il Re del Mare trasportato
dal proprio slancio, s'avanzò per due o trecento metri, poi s'arrestò
lasciandosi cullare dall'onda larga del golfo.
Una nave e forse non sola, si trovava
dinanzi all'incrociatore ed esplorava il mare, proiettando dovunque fasci di
luce.
- Che la squadra di Sarawak si
sia accorta della nostra presenza? - chiese Tremal-Naik.
- Dobbiamo essere stati segnalati
da qualche veliero, forse da qualche praho che è sfuggito alla nostra
sorveglianza, - disse Sandokan.
- Che cosa farai, Sandokan?
- Aspetteremo, per ora, poi
passeremo, dovessi fracassare dieci navi a colpi di sperone. Il Re del Mare ha
la prora a prova di scoglio e le macchine d'una solidità tale che non si
sconquasseranno per l'urto.
Il fascio di luce continuava a
scorrere lentamente dal nord al sud, tentando di forare la nebbia,
fortunatamente sempre foltissima.
D'improvviso, un secondo ne apparve
dal lato opposto, ossia verso la poppa dell'incrociatore, poi altri due al nord
e uno al sud.
Una sorda imprecazione sfuggì
dalle labbra del portoghese, il quale stava a guardia dei timonieri.
- Ci hanno ben circondati! Alla
malora quegli squali! Fra poco qui farà caldo!
La Tigre della Malesia aveva
seguìto attentamente la direzione di quei diversi fasci di luce. La sua nave
che occupava il centro, non poteva essere stata ancora scorta, però non poteva
slanciarsi innanzi né retrocedere senza farsi scoprire. Con un gesto chiamò
Yanez e l'ingegnere americano.
- Si tratta di forzare il passo,
- disse. - Dinanzi, presumibilmente, non abbiamo che una sola nave. Il nostro
carico è stato ben stivato?
- Assaliremo collo sperone? -
chiese l'americano.
- Ne ho l'intenzione, signor
Horward. Fate raddoppiare il personale delle macchine.
- Bene, comandante, - rispose lo
yankee. - I miei compatriotti non agirebbero diversamente in simile
frangente.
- Sono tutti ai pezzi gli
artiglieri?
- Sì, - rispose Yanez.
- Avanti a tutto vapore!
Passeremo a qualunque costo.
I fasci di luce elettrica
continuavano ad incrociarsi in tutti i sensi e a poco a poco diventavano più
luminosi.
Probabilmente i comandanti di
quelle navi dovevano aver scorta l'ombra immensa del Re del Mare e si
preparavano ad assalire, dirigendosi verso uno stesso punto.
Il momento stava per diventare
terribile; tuttavia malesi, dayaki ed americani conservavano anche in
quel supremo momento, una calma ammirabile.
- Tutti nelle batterie! - gridò
Sandokan, entrando nella torretta di comando con Yanez e con
Tremal-Naik.
Il Re del Mare balzò
avanti. La sua velocità aumentava di momento in momento ed il fumo usciva
turbinando dalle due ciminiere abbattendosi sui ponti in causa della nebbia.
Un fremito sonoro lo scuoteva
tutto, mentre gli alberi delle eliche raddoppiavano i giri ed il vapore muggiva
nelle caldaie.
L'incrociatore attraversò come un
gigantesco proiettile la zona luminosa, ma appena rientrato nella nebbia
oscura, altri fasci di luce lo raggiunsero, diventando rapidamente più
luminosi.
Le navi nemiche si erano messe in
caccia e cercavano di rinchiuderlo in un cerchio di ferro e fuoco.
Sandokan non si sgomentava e
lasciava che la sua nave corresse sempre verso l'est.
Alcune cannonate rimbombarono al
largo e si udì in aria il rauco sibilo dei proiettili.
- Pronti pel fuoco di bordata!...
- gridò Yanez. - Per Giove!... E le fanciulle?
- Sono al sicuro nel quadro, -
rispose Tremal-Naik.
- Manda qualcuno ad avvertirle che
non si spaventino se succede un urto, - disse Sandokan.
Delle ombre gigantesche si
muovevano fra la nebbia che i riflettori elettrici rendevano sempre più
luminosa.
La squadra nemica stava per
piombare sull'incrociatore delle tigri di Mompracem per tentare di sbarrargli
il passo.
Ad un certo momento una massa
nera comparve bruscamente dinanzi la prora, sulla dritta del Re del Mare, a
meno di quattro gomene di distanza. Era impossibile arrestare lo slancio
dell'incrociatore.
- Speronate! - gridò Sandokan con
voce tuonante.
Il Re del Mare si
precipitava sul legno nemico come un ariete.
Un rombo assordante,
spaventevole, seguìto da urla d'angoscia echeggiò fra la nebbia perdendosi
lontan lontano sul mare.
Lo sperone dell'incrociatore era entrato
tutto dentro la nave avversaria, producendole uno squarcio immenso...
Il Re del Mare s'arrestò
un momento inclinandosi a prora, mentre degli scoppi accadevano sulla nave
investita e colpita a morte da quella terribile speronata. Le caldaie scoppiavano.
- Macchina indietro! - gridò
l'ingegnere americano.
Si udirono a prora dei sordi
scricchiolii, poi il Re del Mare con una brusca scossa liberò il suo
sperone indietreggiando e virando a babordo.
La nave sventrata calava a fondo
a vista d'occhio, fra i clamori assordanti del suo equipaggio.
Il Re del Mare aveva
ripresa la corsa, passando a poppa della nave sommergentesi, gettandosi
nuovamente tra mezzo alla nebbia.
Altre ombre pure apparivano a
babordo e a tribordo. Le navi della squadra, approfittando di quel momento di
sosta, avevano raggiunto il Re del Mare e gli proiettavano sul ponte
fasci di luce.
- Fuoco accelerato! - comandò
Yanez.
L'incrociatore s'infiamma come un
vulcano in eruzione, con un rimbombo orrendo. I giganteschi pezzi delle torri
hanno fatto fuoco quasi simultaneamente, facendo tremare la nave dalla chiglia
alla punta degli alberi, scagliando sulle navi nemiche i loro grossi
proiettili, poi i pezzi di medio calibro delle batterie hanno seguìto
l'esempio, tempestando i nemici.
Gli inseguitori non parvero
spaventarsi, quantunque quella tremenda scarica delle più grosse artiglierie
moderne dovesse aver prodotto danni gravi e forse, per qualche piccolo e
maldifeso legno, irrimediabili.
Da tutte le parti i lampi
spesseggiano. I proiettili delle granate che si spaccano sulla solida
blindatura della nave corsara, scoppiano sui ponti lanciando dovunque schegge
di metallo.
Colpiscono il tribordo ed il
babordo, piombano a poppa ed a prora, scivolando sui ponti e rimbalzano sulle
cime delle torri.
Il Re del Mare nondimeno
non s'arresta, anzi risponde con una furia spaventevole, mandando palle a
destra, a sinistra e dietro la poppa.
Una piccola nave, che fila con
una velocità vertiginosa, emerge bruscamente fra la nebbia e con una pazza
temerità corre addosso all'incrociatore.
È una grossa scialuppa a vapore
che porta a prora una lunga asta, l'antica torpediniera Horward. L'ingegnere
americano, che conosce quell'arme micidiale, manda un grido:
- Badate, cercano di
torpedinarci!
Sandokan e Yanez erano balzati
fuori della torretta di comando. La scialuppa, che era illuminata dalle lampade
elettriche delle altri navi, muoveva veloce verso il Re del Mare, cercando
di raggiungerlo. Un uomo, il comandante, stava a prora, dietro l'asta.
- sir Moreland! - gridarono ad
una voce.
Era infatti
l'anglo-indiano che cercava, con una pazza temerità, di
torpedinare l'incrociatore.
- Arrestate quella scialuppa! -
aveva gridato Sandokan.
- No, nessuno faccia fuoco! -
urlò invece Yanez.
- Che cosa fai, fratello? -
chiese la Tigre della Malesia, stupita.
- Non uccidiamolo: Darma
piangerebbe troppo. Lascia fare a me.
A tribordo vi erano parecchi
pezzi di medio calibro. Yanez s'appressò al più vicino che era stato già
puntato sulla scialuppa, corresse rapidamente la mira, poi diede uno strappo al
cordone tirafuoco.
La scialuppa non si trovava
allora che a trecento metri, non riuscendo a guadagnare via sull'incrociatore.
Il proiettile la colpì con
matematica precisione a poppa, asportandole ad un tempo il timone e l'elica e
fermandola, per modo di dire, in piena volata.
- Buon viaggio, sir Moreland! -
gli gridò il valente artigliere, con voce ironica.
L'anglo-indiano
aveva fatto un gesto di minaccia, poi il vento portò fino agli orecchi delle
tigri di Mompracem queste parole:
- Fra poco incontrerete il figlio
di Suyodhana!... V'aspetta nel golfo!...
L'incrociatore aveva allora
oltrepassata la zona luminosa e si rituffava nella nebbia. Scaricò un'ultima
volta i suoi pezzi da caccia in direzione delle navi nemiche, che non potevano
gareggiare colle sue macchine e sparve verso l'est, mentre i malesi ed i dayaki
urlavano a squarciagola:
- Viva la Tigre della Malesia!...
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