Ancora una volta, la formidabile
nave delle tigri di Mompracem, costruita da quegli impareggiabili ingegneri
americani, aveva giustificato il suo titolo d'invincibile ed a prova di
scoglio.
Nonostante l'urto tremendo
sopportato da quel terribile colpo di sperone, le sue macchine e la sua prora
avevano meravigliosamente resistito ed il suo blindaggio aveva sopportato,
senza sfasciarsi, quel grandinar furioso di tante artiglierie.
Usciva dalla battaglia quasi
incolume, poiché, salvo poche ammaccature di nessuna importanza, i suoi robusti
fianchi potevano subire ben altre prove. Tutto il danno si era limitato a
quattro morti, quattro artiglieri mutilati dallo scoppio di una granata.
Il Re del Mare non aveva
rallentata la sua marcia. Sandokan e Yanez, sapendosi ormai inseguiti e
supponendo, non a torto, che gli alleati avessero indovinato lo scopo di quella
crociera, volevano giungere alla foce del Sedang con un vantaggio di almeno
ventiquattro ore, per proteggere la Marianna e possibilmente abboccarsi
coi capi dayaki.
Essi erano certi di trovare la
loro piccola nave nascosta fra le scogliere, in attesa del loro arrivo.
- Se il diavolo non ci mette la
coda, - disse Yanez a Tremal-Naik, - quando la squadra
degli alleati ci raggiungerà, tutto sarà finito.
- Che non cessi di darci la
caccia? - chiese l'indiano.
- Cercheranno di chiuderci fra il
Sedang ed il Redjang per costringerci a gettarci verso la costa, - rispose il
portoghese. - Spero tuttavia che non giungeranno in tempo.
- Purché laggiù non incontriamo
il figlio di Suyodhana. Hai udito quello che ci ha gridato sir Moreland?
- Sia pure, ma suppongo che
quell'uomo non avrà certo una flotta sotto i suoi ordini.
- E se l'avesse armata? I thugs
dovevano possedere dei tesori immensi che solo il figlio di Suyodhana avrà
raccolti dopo la dispersione della setta.
- Sì, immensi, padrone, - disse
Kammamuri che si era in quel momento accostato. - Durante la mia prigionia nel
sotterraneo di Raimangal io ho veduto una caverna piena di barili colmi d'oro.
- Purché non siano rimasti
sott'acqua, - disse Yanez.
- Mi fu poi detto che possedeva
ricchezze incalcolabili depositate presso le principali banche dell'India.
- Tu mi guasti la mia fumata, mio
caro Kammamuri, - disse Yanez. - Che il figlio della Tigre dell'India sia
riuscito ad armare parecchie navi? Bah! - esclamò poi, alzando le spalle, - la
nostra nave può ben tenere testa a parecchie e daremo una lezione anche a quel
signore. Veramente sarebbe ora che si mostrasse e si facesse vedere se somiglia
a suo padre.
- Che peccato che sir Moreland
non ci abbia fornito qualche spiegazione sul nostro nemico, - disse
Tremal-Naik.
- Uhm! - fece Yanez. - Io ho il
sospetto che quell'anglo-indiano sia più ai servigi del
figlio di Suyodhana che a quelli del rajah di Sarawak.
- Ragione di più per non
risparmiarlo, signor Yanez, - disse Kammamuri. - Dovevate lasciar tuonare tutte
le artiglierie contro la sua scialuppa a vapore, invece di danneggiarla
solamente.
- Che cosa vuoi, mi rincresceva
lasciar massacrare quel giovane valoroso, - rispose Yanez.
- Così piacevole e cortese, -
aggiunse Tremal-Naik. - Con noi si è mostrato un vero gentiluomo,
quand'io e Darma eravamo suoi prigionieri, specialmente verso la mia figlia.
- Fino dal primo istante?
- Veramente no, - rispose
l'indiano.
- Nei primi giorni appariva
estremamente freddo, anzi mi guardava sovente con un brutto sguardo che mi dava
non poche preoccupazioni, poi a poco a poco cambiò.
- Ah! - fece Yanez, sorridendo.
Riaccese la sigaretta che gli si
era spenta e s'avviò verso il cassero dove si erano in quel momento mostrate
Surama e Darma.
- Non avrete già avuto paura, mie
buone fanciulle - disse guardando specialmente la figlia dell'indiano con una
certa malizia.
- Grazie signor Yanez, - gli
sussurrò Darma, prendendogli la destra e stringendogliela fortemente.
- Che cosa sai tu?...
- Ho sentito tutto.
- Ti sarebbe assai spiaciuto se
fosse stato ucciso, è vero Darma?
- Sì, - sospirò la fanciulla. -
Amor fatale!...
- Bah, finita la guerra vedremo
di scovarlo quel coraggioso giovane. Chissà!... Tutto potrebbe finire bene e
fare di voi due felici, poiché me ne sono accorto che anche sir Moreland ti ama
ardentemente.
- Eppure, sahib bianco, -
disse Surama, - mi hanno detto che aveva tentato di far saltare la nostra nave.
- Danneggiarla gravemente forse e
approfittare della confusione per rapirci Darma, - disse Yanez. - Oh, non
l'avrebbe certo lasciata annegare. Toh!... La nebbia si alza e vedo laggiù a
diffondersi un poco di luce. È l'alba che sorge; vedremo se le navi degli
alleati ci sono ancora alle spalle.
Infatti la nebbia, che aveva così
opportunamente protette le tigri di Mompracem, cominciava ad alzarsi, cacciata
via dalla brezza mattutina. Quando tutti quei vapori scomparvero verso il nord,
il mare apparve deserto.
La squadra degli alleati, che non
poteva competere colle poderose macchine del Re del Mare, doveva essere
rimasta molto indietro e fors'anche ritornata verso la foce del Sarawak.
Anche verso il nord l'orizzonte
appariva sgombro, essendosi tenuto l'incrociatore molto lontano dalle coste
bornesi, per non farsi scorgere da qualche nave costiera.
Non si vedevano altro che degli
uccelli marini, assai numerosi in quei paraggi e che volteggiavano con una
leggerezza ed una velocità veramente ammirabili.
Il Re del Mare continuò la
sua corsa velocissima tutto il giorno, volendo Sandokan non solo conservare il
suo vantaggio, ma aumentarlo, onde avere il tempo necessario per trovare la Marianna.
Prima del tramonto l'incrociatore
navigava già nelle acque che bagnano la costa del Sedang.
- Possiamo considerarci, almeno
per ora, fuori di pericolo, - disse Yanez a Horward il quale, assieme a Darma,
contemplava il tramonto del sole.
- Sì, però fra giorni, anzi forse
fra quarant'otto ore, saremo costretti a ricominciare la musica, - rispose
l'americano. - Le navi degli alleati non ci lasceranno tranquilli.
- Ah!... che superbo tramonto!...
- esclamò in quel momento Darma.
- Quelli che si ammirano in
questi mari sono infatti i più splendidi. - disse Yanez. - Hanno delle tinte
che non si vedono in altri luoghi. Se state attenti vedrete il famoso raggio
verde.
- Un raggio verde! - esclamarono
l'americano e Darma.
- È splendido, mia piccola Darma:
è un fenomeno meraviglioso che si può ammirare solamente nei mari della Malesia
e nell'Oceano Indiano. Il cielo è purissimo, quindi anche tu lo vedrai. Aspetta
solamente che l'orlo superiore del sole stia per scomparire.
- Possibile che da tutto quel
fulgore infuocato possa sprigionarsi un raggio d'un tal colore! - esclamò.
- Sono certo di non ingannarmi:
state attenti.
Il sole tramontava in un oceano di
luce, le cui tinte a poco a poco variavano certo a causa dello stato più o meno
igrometrico dell'atmosfera e della distanza dell'astro dallo zenith. Mentre
stava, per modo di dire, per affondare nell'oceano, pel cielo si diffondeva una
luce rosso-giallognola la quale prendeva rapidamente una
tinta quasi violacea che si perdeva insensibilmente in un fondo
azzurro-grigiastro. Il margine superiore del disco stava
per sparire, quando apparve improvvisamente un raggio assolutamente verde,
d'una bellezza tale da strappare all'americano ed a Darma un grido
d'ammirazione.
Si proiettò per qualche istante
sulle acque, poi scomparve di colpo, mentre l'ultimo lembo dell'astro diurno si
celava dietro l'orizzonte.
- Splendido! - aveva esclamato
Horward.
- Superbo! - aveva detto Darma. -
Non avevo mai veduto un raggio d'un tal colore!...
- Perché non hai percorso
che di rado questi mari, - rispose Yanez.
- E non si può vederlo in altri
luoghi? - chiese Kammamuri che si era unito a loro.
- È difficilissimo, perché
occorrono eccezionali condizioni di limpidezza ed una grande purezza
d'orizzonte e solamente in queste regioni si possono avere con maggior
frequenza tali condizioni. Ecco la campana che ci chiama a cena.
Approfittiamone finché nessun pericolo ci minaccia, - disse Yanez, offrendo il
braccio alla giovane anglo-indiana.
Due ore dopo il tramonto, il Re
del Mare, che non aveva diminuita la sua velocità, si trovava di fronte
alla foce del Sedang, ad una distanza di qualche mezza dozzina di miglia.
- Che la Marianna sia
nascosta entro il fiume? - chiese Kammamuri a Yanez che esplorava la costa con
un cannocchiale.
- Il suo comandante non sarà
stato così sciocco. Deve essersi celato in mezzo alle scogliere di levante, che
formano parecchi canali. Avanzeremo lentamente in quella direzione.
La nave, che aveva moderata la
sua velocità, fece una punta fino a breve distanza dalle foci del fiume, poi si
diresse verso l'est, dove si scorgevano lunghe file di scogliere.
Già si trovava a poca distanza
dalle prime rocce che emergevano come minuscoli isolotti, quando si udirono
rombare in lontananza alcune deboli detonazioni.
Sandokan, prontamente avvertito
da Kammamuri, si era affrettato a salire in coperta assieme a Tremal-Naik
ed a Horward.
Esaminato attentamente
l'orizzonte in tutte le direzioni, nessuna nave, né a vela, né a vapore,
apparve in vista. Eppure quegli spari, tre, se gli uomini di guardia non si
erano ingannati, erano stati uditi da tutti. Una viva inquietudine si era
dipinta sul viso di Sandokan.
- Che qualche nave abbia sorpresa
la mia vecchia Marianna e l'abbia cannoneggiata? - si chiese. - Da quale
parte venivano quegli spari?
- Da occidente, - disse Yanez,
che era di guardia.
- Non hai veduto prima, in quella
direzione, alcuna colonna di fumo?
- Niente; l'orizzonte era
purissimo.
- Quelle detonazioni erano
deboli?
- Debolissime.
- Quelle cannonate devono quindi
essere state sparate ad una grande distanza, - disse Horward.
- Sì, considerato che il vento
soffia appunto dall'est.
- Sandokan, - disse
Tremal-Naik, la cui fronte si era oscurata.
- Cerchiamo subito la Marianna.
- È quello che faremo, - rispose
la Tigre delle Malesia. - Se non la troveremo dietro a quelle scogliere,
torneremo verso il Sedang. Manda Kammamuri con dei gabbieri sulle coffe e con
dei buoni cannocchiali onde esplorino attentamente l'orizzonte.
Il Re del Mare aveva
continuata la sua corsa verso l'est, seguendo la costa ad una distanza di un
paio di miglia per non urtare contro qualche banco di sabbia; tuttavia nessuna
nave appariva in vista.
Una profonda ansietà aveva invaso
l'equipaggio e soprattutto Sandokan e Yanez. L'assenza del loro praho, che
doveva trovarsi in quei paraggi già da parecchi giorni e forse da qualche
settimana, inquietava assai tutti, temendo che fosse stato scoperto da qualche
nave nemica ed affondato.
Sambigliong era furioso, più di
tutti, e girava e rigirava fra le torricelle dei grossi cannoni, promettendosi
di fracassare l'audace che aveva osato di abbordare la vecchia Marianna.
La corsa del Re del Mare durò
un'ora, senza che i gabbieri avessero potuto scoprire in alcuna direzione il
veliero, poi ad un comando di Sandokan l'incrociatore virò di bordo,
accostandosi ad una barriera d'altissime scogliere che formavano un braccio di
mare fra esse e la costa. Ormai tutti erano convinti che una disgrazia fosse
toccata alla povera nave.
- Attivate i fuochi! - aveva
comandato Sandokan. - Se giungiamo in tempo, faremo pagar caro agli inglesi
questo colpo di mano!...
- Che ci raggiunga la squadra
degli alleati?... - chiese Tremal-Naik a Yanez.
- Dobbiamo avere un vantaggio
d'una dozzina d'ore almeno, - rispose il portoghese. - Giungerà troppo tardi.
La nave filava come una rondine
marina, a tiraggio forzato. Tonnellate di carbone venivano precipitate nei
forni, sprigionando un calore così intenso che macchinisti e fuochisti penavano
a sopportare.
La notte, chiarissima, essendo
sorta la luna poco dopo le undici, permetteva di discernere sull'argentea
superficie del golfo qualsiasi punto nero, i gabbieri però, ad ogni domanda che
veniva loro indirizzata rispondevano sempre negativamente. Nulla, sempre
nulla!... Nessun punto nero sull'orizzonte!...
- Che quei colpi di cannone
abbiano segnata l'agonia della Marianna? - si chiedevano
tutti, con crescente ansietà.
Alla mezzanotte le coste
orientali di Sedang cominciarono a delinearsi, nerissime per la massa imponente
delle loro foreste secolari.
Ad un tratto, quando il Re del
Mare aveva già imboccato il canale che s'apriva dietro le scogliere, una
voce risuonò sulla piattaforma del trinchetto.
- Fumo dinanzi a noi!...
Yanez aveva puntato un
cannocchiale nella direzione indicata.
Un grosso punto nero, che
emetteva una fitta colonna di fumo, filava fra la costa e le scogliere,
fuggendo verso levante.
- Una nave a vapore! - gridò il
portoghese. - Duemila metri!... Buon tiro per dei valenti artiglieri!
Fermiamola!... Cento rupie a chi la tocca!...
Non aveva ancora terminata la
frase che il vecchio quartiermastro americano, che aveva già guadagnati i
duecento dollari, era dietro al suo pezzo, sotto la torretta proviera di
babordo.
Vedeva perfettamente la nave che
cercava di fuggire. La luna la illuminava in pieno.
La distanza era ragguardevole,
però il vecchio cannoniere aveva fiducia nei suoi occhi e nel suo pezzo.
- Ora li accomodo io! - disse. -
Le cento rupie balleranno nelle mie tasche in attesa di comperare una montagna
di tabacco ed un barile di ginepro.
Attese che la nave passasse
attraverso la prora dell'incrociatore e fece fuoco rapidamente.
Aveva colpito nel segno, causando
all'avversario qualche grave danno o l'aveva mancato? Gli fu impossibile
saperlo, perché quasi nell'istesso momento la nave scompariva dietro un
ostacolo, che la distanza non aveva permesso prima di distinguere, un isolotto
o qualche scogliera.
Il Re del Mare si era
messo in caccia, rallentando però la corsa, perché da un momento all'altro
poteva trovarsi dinanzi a uno dei tanti numerosi banchi sabbiosi che si
estendono dinanzi alle foci del Sedang.
Giunto ad un chilometro dalle
spiaggie, Sandokan aveva dato il comando di scandagliare.
Non conosceva che imperfettamente
quei paraggi e non osava avanzarsi alla cieca, per paura di arenare
l'incrociatore.
La nave però, contro la quale
l'incrociatore aveva fatto fuoco, pareva che fosse scomparsa. Certo aveva
approfittato delle scogliere che si vedevano numerose verso il nord, per
cacciarsi in qualche canale e dileguarsi o cercare un rifugio entro qualche
piccola baia.
Il Re del Mare, nella sua
seconda corsa, doveva essere rimontato molto verso il levante del Sedang,
quindi Yanez e Sandokan presero il partito d'abbandonare il fuggiasco, che
doveva essere troppo debole per osare di contrastargli il passo, e di tornare
verso ponente per cercare la Marianna.
Era sorto in loro il dubbio che
il praho, per potersi sottrarre all'inseguimento, avesse cercato pure
qualche nascondiglio o si fosse gettato alla costa.
Marciava da un quarto d'ora, a
velocità ridotta, continuando a perlustrare, quando presso un gruppo di
scogliere apparve una massa nerastra fornita d'un'alberatura altissima, dove si
vedevano delle vele ancora spiegate.
- Nave alla costa! - gridarono in
quel momento le vedette delle coffe.
- Deve essere la nostra Marianna!
- gridò Yanez. - Finalmente!...
Il Re del Mare aveva
subito virato di bordo, avanzandosi lentamente verso quelle scogliere.
Tutti si erano precipitati verso
prora per meglio osservare quella nave, la cui immobilità però dava luogo a non
poche inquietudini, tanto più che pareva si trovasse addossata alle rocce.
Un fanale elettrico era stato
subito volto verso di essa, illuminandola come in pieno giorno, eppure, cosa
strana, pareva che nessuna persona si trovasse in coperta.
- Accendete tre razzi, - comandò
Yanez. - Se a bordo vi sono degli uomini risponderanno di certo.
- Che sia proprio la Marianna?
- chiese Tremal-Naik, il quale condivideva le
apprensioni dei due comandanti.
- Non te lo posso ancora dire, -
rispose il portoghese, - quantunque le vele siano d'un grosso praho o
per lo meno d'un giong.
- Mi nasce un dubbio.
- Che quella nave, per sfuggire
alle cannonate dell'inglese si sia gettata addosso a quelle scogliere, arenandosi?
È così Tremal-Naik?
- Sì.
- E temo che tu abbia indovinato.
- E l'equipaggio? Non si vede
nessuno?
- E nessuno risponde, - disse
Sandokan che si era accostato, mentre tre razzi lanciati da Kammamuri e da
Sambigliong si spegnevano dopo di aver sparso in aria un nembo di scintille
multicolori.
- Allora gli inglesi hanno fatto
prigioniero l'equipaggio, - disse Tremal-Naik.
- E noi andremo a liberarli,
dovessi inseguire quella nave fino entro il Sedang. Fa' calare in acqua una
scialuppa e andiamo a vedere se si tratta veramente della Marianna.
L'incrociatore aveva rallentata
la marcia, sempre per tema di trovarsi improvvisamente dinanzi a dei
bassifondi. Gli scandagli avevano già dati solamente dodici metri e pareva che
il fondo si elevasse rapidamente.
La gran barca a vapore fu calata
e Sandokan, Yanez e Tremal-Naik, con venti malesi armati,
vi entrarono, dirigendosi verso la scogliera.
Il Re del Mare aveva
virato di bordo tornando un po' al largo, essendo l'ondata piuttosto forte.
La scogliera non distava che
cinque o seicento metri. Era una lunga fila di rocce, di colore molto scuro,
tagliate a mo' di sega, coi fianchi sventrati e corrosi dall'eterna azione
delle onde.
La nave si era arenata verso la
punta settentrionale e nell'urto, che doveva essere stato violentissimo, si era
piegata su un fianco, appoggiandosi colle bancazze ad una roccia elevata quanto
l'alberatura.
Temendo una sorpresa, Sandokan
comandò a dieci uomini di armare i fucili, poi spinse la scialuppa contro una
caletta formata da una cintura di scogli, dove l'acqua era tranquilla.
Lasciati sei marinai a guardia
dell'imbarcazione, cogli altri raggiunse la nave.
- La Marianna! -
gridò ad un tratto, con accento di dolore.
Il disgraziato veliero, od in
causa d'una falsa manovra, o spintovi appositamente, si era sventrato sulle
punte delle scogliere in così malo modo, da ritenerlo per sempre perduto.
Le rocce assai aguzze, gli
avevano fracassata la carena, causandole uno squarcio così enorme, che le onde
entravano liberamente nella stiva, rumoreggiando continuamente.
- In che stato è ridotto quel
povero legno! - esclamò Yanez, che pareva non meno commosso della Tigre della
Malesia. - Che l'abbiano costretto a gettarsi su queste scogliere? E il suo
equipaggio?
- Vi è una scala di corda a
babordo, - disse Tremal-Naik. - Saliamo.
- Preparate le armi, - comandò
Sandokan. - Vi possono essere degli inglesi a bordo.
- Pronti! - disse Yanez.
Salì pel primo, quindi Sandokan,
poi gli altri, tenendo in mano i fucili e le pistole.
Un silenzio di morte regnava
sulla nave, ma che disordine sulla tolda!... Si vedevano casse e barili
sventrati per ogni dove, fucili e spingarde rovesciate, poi a prora un buco
enorme che pareva fosse stato prodotto da qualche granata.
Il boccaporto maestro era aperto
e giù, nella profondità della stiva, si udiva l'acqua a muggire cupamente.
- Non vi è nessuno qui, - disse
Yanez.
- Che cosa sarà successo dei miei
uomini? - si chiese con ansietà Sandokan. - E del carico che aveva la nave? Mi
pare che la stiva sia stata vuotata.
In quell'istante sulla cima dello
scoglio, contro cui s'appoggiava la Marianna, si udì una voce a gridare:
- Il capitano!...
Sandokan e Yanez avevano alzata
vivamente la testa, mentre i malesi, per precauzione, armavano rapidamente le
carabine.
Un uomo dalla pelle oscura e
semi-nudo, scendeva rapidamente la roccia, tenendo in mano
un parang, la cui larga lama scintillava vivamente ai raggi della luna.
In pochi istanti raggiunse la
murata di babordo e balzò in coperta, dicendo:
- Vi aspettavo, capitano.
- Tu, Sakkadana! - esclamarono ad
una voce Yanez e Tremal-Naik, riconoscendo in lui il pilota
della Marianna.
- Che cosa è successo qui?
- chiese Sandokan.
- Siamo stati sorpresi ieri sera
da una nave a vapore, che ci ha costretti a gettarci su queste scogliere,
avendoci prodotto due squarci sotto la linea di galleggiamento. È fuggita
vedendo giungere il vostro incrociatore.
- Ha saccheggiato la Marianna il
suo equipaggio?...
- Sì, Tigre della Malesia. Ha
portato via armi e munizioni.
- Ed i tuoi compagni dove
sono?...
- Hanno guadagnato il Sedang.
- E tu sei rimasto?
- Non vi era più posto nella
scialuppa, essendo stata l'altra spaccata da una palla di cannone.
- Non vi siete abboccati coi capi
dayaki?
- Sì, - rispose il pilota,
- otto giorni or sono, ma nulla abbiamo potuto concludere. Il rajah, sospettando
di loro, ne ha fatto imprigionare per precauzione una buona parte ed altri li
ha esiliati lontani dalle frontiere.
- Maledizione! - esclamò Yanez. -
Ecco una notizia che non m'aspettavo. Addio speranze!...
- Forse abbiamo tardato troppo, -
disse Sandokan. - Il rajah ci ha prevenuti.
- Che cosa faremo ora, Sandokan?...
- Non ci rimane che lottare sul
mare, - rispose la Tigre della Malesia. - Ritorneremo verso il nord, giacché il
grosso degli alleati si trova nelle acque di Sarawak e riprenderemo la guerra
contro le navi mercantili, arrecando alle linee di navigazione il maggior danno
possibile. Se sarà necessario ci spingeremo fino nei mari della Cina. A bordo,
amici!... Non perdiamo tempo.
Stavano per ridiscendere nella
scialuppa, quando udirono un colpo di cannone rimbombare a bordo del Re del
Mare.
Sandokan aveva trasalito.
- Che segnali la flotta degli
alleati? - si chiese.
- Lo suppongo, - rispose Yanez. -
Vedo che si muove e che punta la prora verso di noi.
- Guardate! - gridò
Tremal-Naik.
Verso l'ovest una luce vivissima
illuminava l'orizzonte che poco prima era ancora tenebroso.
La flotta degli alleati, composta
d'una mezza dozzina di navi, muoveva velocemente per impedire all'incrociatore
di prendere il largo.
- Presto, a bordo! - gridò la
Tigre della Malesia.
Si lasciarono scivolare l'un
dietro l'altro giù per la fune e la scialuppa mosse velocemente verso il Re
del Mare, che dal canto suo le muoveva incontro.
Le navi nemiche, quantunque
fossero ancora lontane, avevano aperto il fuoco e le cannonate si succedevano
alle cannonate e qualche proiettile s'inabissava a poche dozzine di metri
dall'imbarcazione. Fra qualche minuto quelle masse metalliche dovevano giungere
a destinazione.
Il Re del Mare era però
ormai a poche gomene. Manovrò in modo da coprire la scialuppa dai tiri delle
artiglierie avversarie, opponendo ai proiettili i suoi poderosi fianchi, poi la
scala fu abbassata d'un colpo solo.
L'ingegnere Horward, Darma e
Surama con Kammamuri erano usciti dalla torretta di poppa, gridando:
- Presto!... Presto!...
Salite!...
Alcuni marinai avevano già calati
i paranchi per issare la scialuppa.
Yanez, Sandokan,
Tremal-Naik ed i loro compagni si slanciarono sulla scala,
dopo d'aver assicurato i ganci.
- Finalmente! - esclamò
l'americano. - Credevo che non arrivaste in tempo.
- A posto gli artiglieri! - gridò
Sandokan. - Doppi timonieri alla ruota!...
- Avremo da fare per sbarazzarci
della squadra; però siamo forti e veloci, - disse Yanez.
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