Il Re del Mare, imbarcata
rapidamente la scialuppa, aveva subito virato di bordo lanciandosi verso il
nord, onde non impegnarsi fra le scogliere che si prolungavano verso occidente.
La squadra degli alleati
accorreva a tutto vapore, sperando di tagliargli il passo e forzava le macchine
per giungere in tempo.
Nessuna però di quelle navi,
tutte di tipo antiquato, logorate nelle stazioni d'oltre mare, poteva competere
col velocissimo incrociatore, il quale marciava già a tiraggio forzato, né
poteva competere colle sue formidabili artiglierie, che erano le più moderne di
quell'epoca.
I proiettili cadevano fitti sul
ponte dell'incrociatore e battevano anche furiosamente i suoi fianchi e le
granate scoppiavano in buon numero sulle torrette con un fracasso assordante ed
alzando lunghe fiammate, senza però riuscire a spaccare le lastre metalliche.
La nave delle tigri di Mompracem
rispondeva con pari energia. I suoi grossi pezzi da caccia tuonavano senza
posa, danneggiando gravemente gli avversari, troppo deboli per misurarsi con
lui.
Yanez, colla eterna sigaretta in
bocca, e Sandokan assistevano tranquillamente a quell'orribile spettacolo,
senza che un muscolo del loro viso trasalisse. Solamente quando qualche
proiettile colpiva in pieno le navi avversarie, manifestavano la loro
compiacenza con una fumata più vigorosa il primo e con una semplice mossa del
capo il secondo.
A bordo il rimbombo era
assordante, spaventevole.
Getti di fuoco scattavano dalle
feritoie delle torricelle e dai sabordi delle batterie e nembi di fumo avvolgevano
i fianchi della poderosa nave.
Il Re del Mare fuggiva
rapidissimo, sottraendosi al minaccioso accerchiamento della squadra,
lasciandosi dietro turbini di fumo e di scintille.
Passò come un proiettile fra due
navi che cercavano di stringerlo, scaricando addosso a loro due tremende
bordate e proteggendosi con due pezzi di poppa.
La squadra degli alleati,
impotente a dargli una caccia vigorosa per deficienza di velocità, rimaneva
indietro, nonostante marciasse pure a tiraggio forzato. Le sue palle non giungevano
più sul ponte dell'incrociatore.
Già le tigri di Mompracem si
credevano oramai salve, quando dietro un'altra scogliera videro uscire a tutto
vapore quattro superbi incrociatori, grossi quanto il Re del Mare.
- Saccaroa! - esclamò
Sandokan. - Da dove sono sorte quelle navi, Yanez?... Fa' mettere la prora al
nord!
I quattro incrociatori si erano
slanciati sulla via del Re del Mare, ma disgraziatamente eran comparsi
troppo tardi per prendere parte attiva al combattimento.
- Un momento prima e non so come
ce la saremmo cavata, - disse Yanez, che li osservava attraverso la feritoia di
comando.
- Ma ora, signor Yanez, ci
rimarranno sempre a poppa, - disse l'ingegnere americano che li osservava
attentamente. - Forse per armamento potranno competere con noi; non certo per
forza di macchine. Guardate: guadagniamo visibilmente via e fra sei ore non li
vedremo più.
- E di chi saranno quelle belle
navi? - chiese Tremal-Naik. - Non vedo alcuna bandiera
ondeggiare sulle loro alberature.
- Suppongo che siano inglesi, -
rispose Yanez. - Apparterranno forse alla squadra
anglo-indiana. Prima a Labuan, non si vedevano navi così
moderne.
- E pare che non ci vogliano
lasciare così facilmente, - disse Sandokan, che era rientrato in quel momento
nella torre. - Fortunatamente siamo fuori di portata ormai dalle loro
artiglierie. Aspetteremo la notte per fare falsa rotta e piegare verso
occidente. Risaliremo dalle coste di Labuan.
- Che credano che noi cerchiamo
di tentare un colpo di testa su quell'isola? - chiese Yanez.
- O su Mompracem, - rispose
Sandokan. - Peccato di dover consumare tanto carbone per mantenere una simile
velocità.
- Ne abbiamo ancora abbastanza da
farli correre e poi, ci riforniremo più tardi a spese dei piroscafi mercantili.
Il Re del Mare continuava
intanto la sua corsa rapidissima a tiraggio forzato. La squadra degli alleati,
che aveva tentato di circondarlo presso la scogliera, era ormai quasi fuori di
vista, mentre i quattro incrociatori, pur perdendo via, continuavano
vigorosamente la caccia.
Dovevano possedere nondimeno
anche essi delle macchine poderose, poiché, quando l'alba sorse, il Re del
Mare non era riuscito a guadagnare che un miglio e divorando immense
quantità di carbone. Avendo però quattro miglia di vantaggio fino da prima, si
teneva benissimo fuori di portata dalle artiglierie che in quell'epoca non
potevano tirare a simile distanza.
A mezzodì la caccia non era
cessata, ma un altro miglio era stato raggiunto.
Yanez, che non aveva lasciato un
solo istante la coperta, stava per scendere nella sala da pranzo, quando fu
avvicinato da Darma.
La fanciulla appariva imbarazzata
e molto triste.
- Signor Yanez, - disse
fermandolo. - L'avete veduto?...
- Chi? - chiese il portoghese,
quantunque avesse compreso che cosa desiderava sapere.
- sir Moreland.
- No Darma. Non l'ho scorto su
nessun ponte di comando della squadra degli alleati.
La fanciulla era diventata
pallida.
- Che sia morto? - chiese poi.
- Lui?... E perché?... Non si è
misurato con noi e quando io gli ho danneggiata la sua scialuppa a vapore era
vivo quanto me.
- Che sia su una di quelle
quattro navi?
- Non l'ho veduto nemmeno su
quelle, Darma. Ho osservato attentamente i ponti col cannocchiale, senza
scorgerlo.
- Eppure il mio cuore mi dice che
egli deve essere su uno di quegli incrociatori.
Yanez sorrise senza rispondere e
offertole il braccio la condusse nella sala da pranzo.
Alla sera i quattro incrociatori
erano ancora in vista, ad una distanza di dodici miglia. I loro camini vomitavano
torrenti di fumo, tuttavia perdevano continuamente strada.
A mezzanotte, il Re del Mare, che
non aveva accesi i suoi fanali, virava bruscamente di bordo dirigendosi verso
ponente, in direzione del capo Tanjong-Datu per gettarsi nel
mare della Sonda.
Il bisogno di rifornirsi di
carbone s'imponeva e, privi come erano di porti amici, senza più l'aiuto della Marianna,
non avevano altra speranza che di prenderne alle navi inglesi, le quali non
dovevano certamente avere interrotto i loro viaggi.
Sandokan, dopo essersi assicurato
che gli incrociatori non erano più visibili, aveva ordinato di ridurre la
velocità dell'incrociatore onde economizzare il combustibile, non sapendo quando
avrebbe potuto rinnovare le sue provviste di già nuovamente molto scarse.
Avvistato due giorni dopo il capo
Tanjong-Datu, il Re del Mare aveva proseguita la
corsa verso il nord-ovest, sperando di sorprendere in
quella direzione qualche nave proveniente da Singapore o dai porti di Giava o
di Sumatra, tuttavia nei primi giorni che si seguirono nessun fumo fu segnalato
all'orizzonte.
Certo, la voce che un corsaro
batteva quei paraggi si era sparsa su tutte le isola della Sonda ed i piroscafi
inglesi non avevano osato abbandonare i loro ancoraggi ed attendevano che la
squadra di Labuan lo catturasse o lo affondasse.
Sandokan e Yanez, quantunque
molto preoccupati, dipendendo dall'abbondanza del carbone la loro salvezza, non
erano però uomini da disperarsi.
Potevano ancora percorrere, a
velocità ridotta, tre o quattrocento miglia e spingersi quindi fino nei mari
della Cina meridionale e, se lo avessero desiderato, tentare ancora qualche
buon colpo.
Non avevano però, almeno pel
momento, alcun desiderio di allontanarsi troppo dalle coste del Borneo. Forse
anche la flotta inglese dell'estremo Oriente doveva già essersi messa in moto
per catturarli e non desideravano affrontarla con una così scarsa dotazione di
carbone.
- Aspettiamo, - aveva detto
Sandokan a Tremal-Naik che lo interrogava sui suoi
progetti. - Non ci conviene pel momento lasciare questi paraggi ed oltrepassare
le isole Natuna e Bunguran.
So bene che lassù le navi da
predare non mi mancherebbero, se lo volessi; però anche qui il lavoro non ci
mancherà.
- Che cosa aspetti qui? Si
direbbe che tu attenda qualche cosa?
- Infatti, aspetto, - rispose
Sandokan con un sorriso misterioso. - Desidero raccogliere, ad un tempo i due
piccioni ed anche la fava.
- Sono già quattro giorni che
abbiamo lasciato le acque di Sarawak.
- Il tempo per noi non ha valore.
Aspettiamo dunque.
- E quegli incrociatori che
continuano l'inseguimento?
- Certo, - rispose Sandokan, - ma
dietro a chi? Io sono ormai convinto di averli ingannati e dubito molto di
ritrovarli per ora sulla mia via.
Per quarantott'ore il Re del
Mare continuò a navigare verso il nord-ovest,
spingendosi assai lontano dalle coste bornesi, poi, avendo nuovamente avvistate
le isole Natuna e Bunguran, ripiegò verso levante, desiderando i due comandanti
fare una punta a Bruni, la capitale del sultanato del Borneo, sapendo che era
di quando in quando frequentato da piroscafi inglesi.
Non dovevano ingannarsi. Avevano
lasciate le isole da una quindicina di ore, quando una grossa nave si profilò
sull'orizzonte limpidissimo. Era uno steamer a due ciminiere e tambure,
che filava in direzione di Bruni, forse per far scalo colà prima di risalire
verso i mari della Cina.
La bandiera rossa che si vedeva
ondeggiare a poppa, aveva confermato le speranze di Yanez e di Sandokan, i
quali pareva che fiutassero da lontano le navi avversarie.
Lo steamer, accortosi
della presenza dell'incrociatore e anche dei suoi colori, dapprima aveva
continuata la sua corsa verso il nordest, poi aveva bruscamente virato di bordo
lanciandosi verso levante, onde cercare un rifugio in qualche baia del Borneo.
Il suo comandante, prima della
sua partenza dai porti dell'India, doveva aver ricevuto avviso della presenza
d'un corsaro malese nelle acque dei mari della Sonda e si era subito dato alla
fuga, non potendo impegnare la lotta.
Il Re del Mare però,
quantunque lo steamer corresse velocissimo e vomitasse torrenti di fumo
dalle sue due ciminiere, segno certo che forzava le sue macchine, con
un'abilissima manovra lo raggiunse, sparando dapprima una cannonata a polvere,
poi a palla, per fargli meglio comprendere che era risoluto ad affrontarlo.
Vedendo che non obbediva, e che
anzi aumentava la velocità, con una seconda cannonata tirata da uno dei suoi
pezzi da caccia gli sconquassò il cassero.
Un momento dopo la bandiera
bianca s'alzava sulle cime del trinchetto, mentre la velocità scemava.
- Ha del fegato quel comandante,
- disse Yanez, mentre si mettevano in acqua le scialuppe. - Disgraziatamente
non possiamo essere generosi e quel superbo piroscafo andrà a raggiungere gli
altri in fondo al mare della Malesia.
Discese nella lancia a vapore e
si diresse verso lo steamer seguìto da cinque scialuppe montate da
settanta uomini, fra malesi e dayaki.
Il piroscafo si era arrestato a
dieci gomene dal Re del Mare. Era una magnifica nave, montata da
numerosi passeggeri, i quali, muti, atterriti, aspettavano ansiosamente
l'abbordaggio dei corsari. Il comandante, attorniato dai suoi ufficiali, non
aveva abbandonato il ponte.
Yanez fu il primo a salire a
bordo. Attraversò la folla e si fece sotto il ponte di comando, dicendo al
capitano dello steamer, che non si era mosso per incontrarlo:
- Non siete troppo cortese,
signore, verso un uomo che avrebbe potuto cannoneggiarvi.
- Fatelo, se così vi piace, -
rispose freddamente il comandante. - Io non mi oppongo. Pensate però che a
bordo della mia nave vi sono cinquecento e più donne, molti fanciulli e molti
uomini che non sono inglesi.
- Avete scialuppe sufficienti per
contenerli tutti, compreso l'equipaggio?
- Sì.
- La costa bornese non è lontana
e il mare per ora non ha alcuna intenzione di guastarsi. Fate imbarcare tutti e
andatevene, perché il piroscafo non appartiene ora che a me.
- I miei marinai ed i passeggeri
sono liberi di abbandonare la nave, io resterò qui, qualunque cosa debba
accadere, - disse l'inglese. - Io non cedo ai pirati di Mompracem.
- Ah!... Sapete chi noi siamo?
Bravissimo: vi affonderò colla vostra nave.
- Voi l'affonderete?...
- Ci appartiene per diritto di
guerra e, non avendo alcun interesse per conservarla, la offriremo ai pesci. Vi
accordo due ore e aspetto coll'orologio alla mano.
- Vi ripeto che io non lascerò la
nave, - rispose l'inglese con ostinazione. - Desidero affondare insieme ad
essa.
- Se non vi strapperemo colla
forza dal ponte di comando, - rispose Yanez, impazientito.
Il portoghese stava per ritornare
verso i suoi uomini che aiutavano i marinai del piroscafo a mettere in acqua le
scialuppe, quando si vide venire incontro un uomo piccolo, tozzo, col mento
accuratamente rasato e che celava gli occhi sotto due occhiali affumicati.
- Comandante, - gli disse lo
sconosciuto, levandosi vivacemente il cappello e sbottonandosi una lunga
zimarra di panno oscuro che pareva non gli desse alcun fastidio, nonostante il
caldo intenso. - Voi siete uno di quei famosi pirati della Malesia?
- Uno dei capi, - rispose Yanez,
guardando con curiosità quell'omiciattolo panciuto e paffuto.
- Allora mi prenderete con voi, perché
io stavo appunto cercando una nave che mi sbarcasse a Mompracem.
- Noi non andammo in quell'isola,
che d'altronde non è più in nostro possesso e non imbarchiamo altro che uomini
di mare e di guerra.
- Io volevo venire con voi per
combattere gli inglesi, signore. Io conosco tutte le vostre meravigliose
imprese.
- Voi! - esclamò Yanez, con
accento beffardo.
- Voi non sapete chi sono io.
- No di certo.
- Il demonio della guerra, o
meglio, se vi piace, il dottor Paddy O'Brien di Filadelfia, infine un uomo che
potrà causare danni immensi agli inglesi. Ecco perché, signore, voi non
rifiuterete d'imbarcarmi sulla vostra nave assieme ai miei bagagli. Vi renderò
dei preziosi servigi, tali da far stupire e anche tremare il mondo!...
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