Yanez aveva ascoltato
pazientemente, guardando con curiosità, non esente da una certa ironia, quel
piccolo uomo che promettevasi quasi di sconvolgere il mondo, chiedendosi se
aveva dinanzi qualche formidabile invenzione o un pazzo.
Lo sconosciuto, vedendo che il
portoghese non si decideva a rispondere ed indovinando di certo i pensieri che
gli passavano pel capo, disse:
- Voi credete che il dottor Paddy
O'Brien abbia il cervello esaltato, è vero signore? O per lo meno che abbia
voglia di scherzare? Ebbene, no, comandante, perché io sono riuscito a fare una
scoperta prodigiosa, che otterrà dei risultati terribili.
- Continuate, - disse
flemmaticamente Yanez, che cominciava a divertirsi.
- Sapete che si è ora trovato il
mezzo di accendere le lampade elettriche senza bisogno di filo? A Chicago, nel
mio stabilimento elettrico, ho fatto degli esperimenti straordinari e a delle
distanze di quattromila metri.
- Poco interessanti per me quelle
esperienze, mio caro signor Paddy O'Brien. A noi bastano i nostri cannoni per
demolire i nostri avversari.
- E che cosa fareste, se io vi
dicessi che ho anche trovato il mezzo di accendere a delle distanze notevoli
dei barili di polvere?
- Ah!... - fece Yanez, levandosi
da una tasca una sigaretta ed accendendola. - Una scoperta davvero
stupefacente, mirabile.
- Che vi sembra inverosimile, è
vero, comandante? - disse lo scienziato.
- Io non l'ho ancora
esperimentata, quindi non devo né crederla vera, né deriderla.
- Acconsentite ora ad imbarcarmi?
Se vi rifiuterete sbarcherò a Bruni ed andrò ad offrire il mio segreto agli
inglesi.
- Giacché desiderate fare una
corsa attraverso i mari della Malesia a bordo del Re del Mare, non mi
oppongo affatto. Vi avverto inoltre che vi faremo ben guardare da uomini
fedeli, incorruttibili, fino al momento in cui si presenterà l'occasione di
esperimentare la vostra stupefacente, meravigliosa, terribile scoperta. Non si
sa mai!... Potreste in un momento di malumore, provarla contro di noi e fare
scoppiare il nostro Re del Mare.
- Fate pure.
- E che i vostri bagagli, che
devono di certo contenere il segreto di quella diavoleria spaventosa, si
terranno sotto sequestro sotto la mia personale vigilanza.
- Non mi oppongo.
- E aggiungo ancora che farò
intrecciare appositamente un buon canapo per appiccarvi senza misericordia, se
vi saltasse il ticchio di tentare qualche cosa contro di noi. Mi avete ben
compreso signor demonio della guerra?
- Perfettamente, - rispose
l'americano.
- E così?
- Accetto, comandante.
- Non dite però a nessuno che voi
siete un parente di messer Belzebù; i nostri uomini sono gente risoluta e
coraggiosa, ma potrebbero spaventarsi sapendo d'aver io imbarcato il demonio
della guerra. Dottore fate cercare i vostri bagagli.
Durante quello strano colloquio,
i passeggeri avevano sgombrato lo steamer, affollandosi confusamente
nelle scialuppe, dove erano già imbarcati i viveri sufficienti per poter
raggiungere la costa bornese, senza correre il pericolo di soffrire la fame e
la sete.
Non si erano però ancora
allontanate, attendendo il loro comandante, il quale si era ancora recisamente
rifiutato di lasciare la sua nave, nonostante le preghiere dei suoi ufficiali e
le intimazioni di Yanez e dei suoi uomini.
Il valoroso marinaio anzi si era
seduto tranquillamente su una sedia a dondolo, che aveva fatta portare sul
ponte di comando e si era messo a fumare la sua pipa, con una calma che aveva
stupito gli stessi malesi.
Alle minacce di Yanez di farlo
imbarcare colla violenza, egli aveva risposto con una semplice scrollata di
spalle.
Il portoghese ammirando quel
coraggio, prima di risolversi a lanciare contro il comandante i suoi primi
uomini, aveva fatto avvertire Sandokan.
- Ah!... Non vuole lasciare la
sua nave? - aveva risposto la Tigre della Malesia, che era a portata di voce. -
Che ci rimanga, giacché così vuole.
Ordinò alle scialuppe di prendere
subito il largo, sotto la minaccia di colarle a fondo, in caso di rifiuto, e
non s'occupò più di quell'uomo.
- E lo lasceremo saltare colla
sua nave? - chiese Yanez.
- Pensiamo a vuotare i depositi
di carbone ora. Devono essere ben poco forniti giacché questa nave stava per
finire il suo viaggio. Ti mando un rinforzo di cento uomini onde non perdere
troppo tempo. Siamo troppo vicini a Bruni e potremmo venire sorpresi.
Come Sandokan aveva già previsto,
i pozzi dello steamer erano quasi tutti esauriti, dovendo esso
rifornirsi di carbone a Bruni prima di proseguire pei mari della Cina.
Non erano rimaste che poche
tonnellate di combustibile, quantità assolutamente insufficiente per completate
le provviste del Re del Mare, il quale aveva molto consumato durante la
sua precipitosa ritirata.
Nondimeno ci vollero non meno di
quattro ore per trasbordarle sull'incrociatore, insieme ad una considerevole
quantità di viveri e alla cassa di bordo, molto ben fornita.
Durante quel saccheggio, il
comandante inglese non aveva né lasciato il suo posto, né mossa alcuna
protesta.
Aveva continuato a fumare colla
sua solita flemma ed aveva anche accettato un bicchiere di whisky che Yanez gli
aveva offerto, sorseggiandolo con perfetta calma. Quando le ultime scialuppe,
cariche di carbone, si furono allontanate, il portoghese s'avvicinò all'inglese
e dopo d'averlo salutato cordialmente, gli disse:
- Signore, noi abbiamo finito.
- Allora tocca a me di finire la
mia esistenza, - rispose il comandante dello steamer.
- Metto a vostra
disposizione la mia jola ben fornita di viveri e anche d'una vela, che vi
permetterà di raggiungere le scialuppe prima che giungano alla costa. Guardate,
la brezza soffia dall'ovest e vi è favorevole.
- Vi ho detto che io non
abbandonerò la mia nave e manterrò la parola. Questo steamer, che da sei
anni guido attraverso l'oceano, lo amo troppo per lasciarlo e se deve andare a
picco mi inabisserò con lui.
- Ditemi almeno quale morte
preferite? Volevo farlo saltare in aria con una tonnellata di polvere,
nondimeno se desiderate lo squarceremo invece con una palla dei nostri più grossi
cannoni. Almeno lo vedrete sommergersi lentamente e forse potrete pentirvi,
prima che scompaia tutto sotto le onde.
- Ciò non mi riguarda, signore;
fate quello che credete.
- Addio, signore, siete un
coraggioso.
- Addio comandante e buona
fortuna, - rispose l'inglese, un po' ironicamente. - Ah! vi pregherei di un
favore.
- Dite pure.
- Di far avvertire i miei
armatori di Bombay, se ne avrete l'occasione, che John Kopp è morto a bordo
della sua nave, come un vero uomo di mare.
- Lo farò, ve lo prometto. Fra
dieci minuti avrò l'onore di cannoneggiarvi.
- Per quel momento avrò terminata
la mia pipata.
Si separarono, levandosi le
berrette, poi Yanez scese nella baleniera che l'aspettava all'estremità della
scala, mentre l'inglese sempre impassibile riprendeva il suo posto sul
seggiolone, dopo d'aver issata la bandiera inglese.
- E dunque non si muove? - chiese
Sandokan, quando Yanez fu sull'incrociatore.
- Ecco un ostinato degno
d'ammirazione, - rispose il portoghese. - Vuole andare a picco colla sua nave.
Lo farai tu?
- Non siamo ancora partiti, -
disse Sandokan con un sorriso.
S'avvicinò a poppa dove il
vecchio artigliere americano stava appoggiato a una delle torrette e gli
sussurrò all'orecchio alcune parole.
Poco dopo l'incrociatore virava
di bordo, avanzandosi verso lo steamer a piccolo vapore. L'inglese
fumava sempre, in attesa del colpo di cannone che doveva sventrare la sua nave.
Sandokan si era portato a prora e
lo guardava sorridendo.
Il Re del Mare, guidato da
Sambigliong, passò a trenta passi dalla poppa del vapore, rallentando la
marcia.
Allora Sandokan imboccando il
porta-voce, gridò all'inglese:
- Signore, vorrei pregarvi di un
favore. Se avrete l'occasione di rivedere i vostri armatori, dite loro che le
tigri di Mompracem hanno risparmiata la loro nave perché la comandava un
coraggioso quale siete voi. Buona fortuna!
Poi mentre la bandiera di
Mompracem salutava l'inglese, l'incrociatore s'allontanò velocemente verso il
settentrione.
L'astuto e prudente Sandokan, non
osando trattenersi troppo a lungo in quei paraggi così prossimi a Labuan, per
timore di venire preso fra la squadra della colonia ed i quattro incrociatori
che dovevano cercarlo accanitamente, aveva preso il partito di dirigersi verso
le coste settentrionali di Borneo, per piombare sulle navi provenienti
dall'Australia.
Era impossibile o per lo meno
difficile che gli inglesi si immaginassero che egli potesse allontanarsi così
tanto dal golfo di Sarawak.
Era quindi certo di sorprendere
parecchie navi australiane prima che gli armatori, spaventati, pensassero a
sospenderne la partenza.
Desiderando rimanere
assolutamente incognito, si tenne lontano dalle vie tenute ordinariamente dalle
navi, ed un bel giorno si trovò a sole quaranta miglia dalla punta
settentrionale del Borneo.
Fu una crociera di soli sei
giorni, eppure quali disastri dovette subite la marina mercantile inglese in
così breve tempo! Due piroscafi e tre velieri caddero nelle mani delle
implacabili tigri di Mompracem, subendo l'egual sorte toccata a quelle
catturate nel mare della Malesia.
Equipaggi e passeggeri lasciati
liberi di salvarsi sulle coste delle isole, le navi affondate senza
misericordia coi loro carichi quasi completi.
Avendo però appreso da alcuni
prahos che anche la squadra della Cina, allarmata da tante catture, stava
per radunarsi, il Re del Mare, coi pozzi di carbone al completo, aveva
un'altra volta preso subito il largo ridiscendendo verso il sud.
Sandokan e Yanez volevano andare
a distruggere gli splendidi steamers che facevano il servizio fra
l'India e la bassa Cocincina.
Una smania terribile di affondare
aveva preso Sandokan, il quale pareva ritornato il sanguinario pirata d'altri
tempi. Sapendo che presto o tardi si sarebbe trovato di fronte a qualcuna di
quelle poderose squadre che l'Ammiragliato aveva lanciato sulle sue orme, prima
di cadere vinto, voleva dare un colpo mortale al commercio inglese e fare
stupire a sua volta il mondo colla sua audacia.
- I nostri giorni sono contati, -
aveva detto a Yanez e a Tremal-Naik. - Fra qualche mese non
troveremo più nessuna nave inglese che ci fornisca il combustibile. Finché ne
abbiamo, approfittiamone; poi accadrà quello che la sorte avrà decretato.
- Troveremo altre navi che ce ne
forniranno, - aveva risposto Yanez. - Costringeremo quelle d'altre nazionalità
a vendercene, dovessimo ricorrere alla violenza.
- E dopo?!...
- Non ci sono io forse dopo? -
disse una voce chioccia dietro di loro. - La mia invenzione stupefacente
distruggerà tutti quelli che cercheranno di assalirvi.
Era il dottor Paddy O'Brien di
Filadelfia, il demonio della guerra del quale finora quasi nessuno si
era più occupato.
- Ah! già, ci siete voi, - disse
Yanez, con un sorriso un po' beffardo. - Voi che al momento del pericolo
fermerete i proiettili che verranno scagliati contro di noi.
- No, signore, v'ingannate, non
arresterò i proiettili, io, - rispose l'omiciattolo con vivacità. - Farò invece
saltare le polveriere delle navi che vi assalteranno8. La mia macchina
non fallirà.
- Ed anch'io ne ho la
convinzione, - disse in quel momento l'ingegnere Horward. - Questo mio
compatriota mi ha spiegato in che cosa consiste la sua macchina e, per quanto
la cosa possa sembrarvi stupefacente, io credo che riuscirà a far saltare le
navi che ci daranno la caccia.
- Lo vedremo alla prova, - disse
Sandokan, con accento di dubbio. - Se continuiamo a scendere verso il sud, un
giorno o l'altro incontreremo di certo i nostri avversarii. Tenete pur pronta
la vostra macchina meravigliosa, signor Paddy.
Per due altri giorni il Re del
Mare scese costantemente verso il sud, facendo delle punte molto al largo,
senza scorgere alcuna nave a vapore in nessuna direzione.
Gli armatori dovevano aver dato
gli ordini necessari per trattenere nei porti delle isole della Sonda le loro
navi, onde non vederle sommergere dall'audace corsaro che fino allora, colle
sue corse fulminee e coi suoi spostamenti, era sfuggito alla caccia delle
squadre.
L'interruzione delle linee di
navigazione doveva aver causato perdite immense agli inglesi.
Che cosa sarebbe avvenuto del Re
del Mare quando l'ultima tonnellata di carbone fosse scomparsa nelle bocche
ardenti dei suoi immensi forni?
- Non avevo pensato che l'arma
che io adoperavo avesse un doppio taglio, - mormorò un giorno Sandokan. - Uno
per gli inglesi ed uno per me.
Cinquecento miglia erano state
percorse, avvicinandosi il Re del Mare alle coste di Malacca e ancora
nessuna nave inglese si era mostrata. Alcune ne erano state vedute, tedesche,
italiane, francesi ed olandesi, navi che costituivano piuttosto un pericolo
perché potevano dare avviso all'Ammiragliato delle rotte del corsaro, temendo
che questi un giorno si rivolgesse anche contro di esse.
Sandokan e Yanez cominciavano a
preoccuparsi. Sentivano per istinto che pel Re del Mare i giorni erano
contati e che il cerchio di ferro stava per stringersi intorno alle ultimi
tigri di Mompracem.
Tremal-Naik e
Kammamuri li sorprendevano di frequente colla fronte pensierosa e cogli occhi
torbidi. Talvolta invece li vedevano guardare a lungo Darma e Surama e scuotere
la testa con tristezza, come se avessero un rimorso di averle imbarcate, per
travolgerle in una tremenda catastrofe, che ormai pareva loro certa.
- Fanciulle, - disse un giorno
Yanez, mentre Darma contemplava l'orizzonte infuocato dagli ultimi raggi del
sole morente, come se sperasse di veder comparire già da quella parte l'uomo
che amava, - avete paura della morte voi?
- Perché ci fate questa domanda
signor Yanez? - chiese l'anglo-indiana con un triste
sorriso.
- Perché forse l'ultima ora sta
per suonare per noi tutti.
- Quando morrete, noi vi
seguiremo negli abissi del mare, - rispose Darma.
- Sì, io non lascerò il sahib bianco,
che mi ama, - disse Surama, guardando dolcemente il portoghese.
- Io vorrei però sottrarvi alla
morte, prima che essa vi sfiori colle sue gelide ali e tale è anche il pensiero
di Sandokan. Noi corriamo verso la Malacca e possiamo sacrificare le ultime
provviste di carbone per deporvi su quelle spiagge.
Darma e Surama fecero col capo un
energico segno negativo.
- No, - disse la prima, con voce
recisa. - Io non lascerò né mio padre, né voi, checché debba succedere.
- Né io mi separerò da te, sahib
bianco, a cui devo la vita e la libertà, - disse Surama.
- Pensa, Darma, che tu potresti
un giorno diventare sposa felice e unirti ad un uomo, sia pure inglese, che
t'ama immensamente e che io stimo.
- sir Moreland mi avrà a
quest'ora dimenticata, - rispose la fanciulla con un sospiro.
- Pensa che da un momento
all'altro la flotta degli alleati può piombarci addosso e stringerci in un
cerchio di fuoco, e che tu sei donna.
- No, signor Yanez, - disse
Darma, con maggior fierezza. - Noi non vi abbandoneremo, è vero Surama?
- Io sarò felice di morire a
fianco del mio sahib bianco, - rispose l'indiana.
Yanez le accarezzò con una mano
la lunga capigliatura nera, poi disse:
- Bah!... chissà!... Non siamo
ancora vinti.
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