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- Tradimento a sangue
Mentre il
marchese ed i suoi compagni seguivano l'arabo, El-Melah, approfittando della
confusione avvenuta sulla piazza della moschea nel momento dell'arrivo del
sultano e dei suoi kissuri, erasi cacciato fra la folla, scomparendo
senza che nessuno se ne accorgesse.
Il
miserabile, certo ormai di non doversi trovare più dinanzi al marchese, né
all'erculeo Rocco, si era subito diretto verso la piazza del mercato dove, come
Amr aveva promesso, doveva trovare i quattro Tuareg destinati a lui per
aiutarlo nella sua triste impresa. Praticissimo di tutte le vie e le viuzze
della città, in pochi minuti vi giunse, cacciandosi sotto le vaste tettoie
degli schiavi.
Amr-el-Bekr
era ancora là, nascosto dietro ad un massiccio pilastro, avvolto nel suo
mantellone bianco non astante il caldo equatoriale che regnava anche sotto
quelle tettoie, male riparate dagli ardenti raggi del sole. A pochi passi
stavano distesi al suolo, pure ammantellati, altri quattro Tuareg, con a fianco
certe lance dalle lame dentellate e molto lunghe.
“Li hai
finalmente lasciati?” chiese il capo.
“Sì,” rispose
El-Melah.
“Non sì sono
accorti della tua scomparsa?”
“No, erano
troppo occupati a guardare il corteo del sultano.”
“Nella kasbah
tutto è pronto per arrestare il marchese ed i suoi compagni.”
“È fedele
quell'arabo che mi hai mandato? Se il marchese, che pare sia ricchissimo, lo
comperasse con molto oro?”
“Muley-el-Hassan
è troppo fanatico mussulmano per lasciarsi corrompere da un kafir. Non
temere, El-Melah.”
“Si
difenderanno terribilmente quegli uomini. Vi è quel Rocco che è capace di
accoppare venti soldati a soli pugni.”
“I kissuri
del sultano sono molti e coraggiosi e avranno ben presto ragione. Orsù,
prendi i miei uomini e agisci; io mi reco alla kasbah ad incassare il
premio che mi è stato promesso.”
Si alzò, fece
cenno ai quattro Tuareg di fare altrettanto ed indicando loro El-Melati, disse
“Lo aiuterete
e lo difenderete: è mio amico.”
Prese la
zucca del kief e si allontanò avvolgendosi maestosamente nel suo caic.
El-Melati
rimase qualche istante immobile, pensieroso, poi alzando a sua volta le spalle,
mormorò a mo' di consolazione e di giustificazione.
“Sono dei kafir,
è vero, ed io sono un fedele mussulmano.”
Fece segno ai
Tuareg di seguirlo e lasciò la piazza del mercato, dirigendosi verso i
quartieri meridionali della città.
Camminava rapidamente,
colla testa bassa e la fronte burrascosamente aggrottata. Di quando in quando
s'arrestava bruscamente, lanciando sguardi obliqui a destra ed a manca, come se
avesse paura d'incontrarsi col marchese, poi riprendeva la marcia più rapido.
Mezz'ora dopo giungeva dinanzi all'abitazione dell'ebreo.
Il cancello
del giardino era aperto, e presso il pozzo si vedevano i due beduini ed il
vecchio moro, occupati a preparare la colazione. El-Melah fece cenno ai Tuareg
di arrestarsi.
“Mi
aspetterete qui, nascosti dietro la muraglia,” disse loro. “Non entrerete se
non quando io fischierò come i cammellieri. Tenetevi però pronti a far uso
delle vostre armi.”
Essendovi a
breve distanza un cumulo di rottami, i predoni vi si sdraiarono dietro,
mettendosi dinanzi le lance e gli jatagan.
El-Melati
esitò un momento, poi entrò rapidamente nel giardino, chiamando
“Tasili!...
Tasili!...”
Il vecchio,
udendo quella voce, era balzato in piedi così precipitosamente da rovesciare
una delle pentole.
“El-Melati!”
esclamò. “E il mio padrone?... Il signor Ben?...”
“Sono vivi ed
il colonnello è stato salvato.”
“Dove sono?”
“Nascosti
presso un mio amico.”
“Grazie a
Dio!... Corro dalla signorina Esther.”
“Adagio,”
disse El-Melati, arrestandolo prontamente. “Il tuo padrone ha bisogno di te e
dei due beduini. La tua padrona deve rimanere qui onde non sia esposta a dei
gravi pericoli.”
“I beduini
vadano, ma io non lascerò questa casa,” disse il vecchio, con accento risoluto.
“Io devo vegliare sulla signorina Esther.”
“È il signor Ben
che ti vuole.”
“E tu?”
“Io resterò
qui a guardare la tua padrona.”
“È
impossibile! Ben mi ha fatto giurare di non lasciarla sola per nessun
pretesto.”
Un lampo
d'ira guizzò nei neri occhi del sahariano. Pure, comprendendo che mai sarebbe
riuscito a vincere l'ostinazione del vecchio, finse di cedere.
“Ebbene,”
disse. “Saremo in due a montare la guardia. Andranno i beduini.”
“E dove?”
“Sulla piazza
del mercato degli schiavi. Colà troveranno Rocco che ha l'incarico di condurli
nella casa del mio amico.”
“Forse che
sono minacciati?”
“No, per ora,
ma desiderano avere tutta la loro gente per meglio resistere nel caso d'un
attacco da parte dei kissuri.”
Tasili,
convinto dalle ragioni esposte dal traditore, si volse verso i beduini i quali
avevano assistito al colloquio.
“Voi
conoscete la città?” chiese. Sì,” risposero entrambi.
“Avete udito?
Rocco vi attende sulla piazza del mercato. Prendete i vostri fucili e andate a
raggiungerlo subito.”
I due figli
del deserto si passarono nella fascia gli jatagan, le pistole dal calcio
intarsiato d'argento, tolsero dai loro cammelli i moschettoni e uscirono a
passo di corsa.
“Dov'è la
signorina Esther?” chiese El-Melati, quando non li vide più.
“Nella sua
stanza.”
“Conducimi
subito da lei; devo parlarle da parte del marchese.”
“Seguimi.”
Il vecchio
moro, che di nulla sospettava, attraversò il giardino ed entrò nel cortile
passando per il porticato. El-Melati lo aveva seguito guardandolo cogli occhi
foschi.
Ad un tratto
si sbarazzò del caic lasciandolo cadere al suolo e con un salto da tigre
si slanciò addosso al moro, afferrandolo strettamente pel collo onde impedirgli
di gridare.
L'assalto era
stato così impetuoso che entrambi erano caduti sulle pietre che lastricavano il
porticato.
Quantunque
preso alla sprovvista e per di dietro, il moro aveva subito cercato di voltarsi
per afferrare a sua volta l'avversario. Sebbene vecchio era ancora un uomo
robusto, capace di difendersi, disgraziatamente aveva da lottare con un giovane
agile come una scimmia e dotato d'una muscolatura poderosa.
Appena
rizzatosi sulle ginocchia era ricaduto e così malamente, da rimanere stordito.
Aveva battuto la fronte sulle pietre ed il sangue gli colava abbondantemente,
coprendogli gli occhi.
“Arrenditi,”
disse El-Melah con voce rauca e facendogli balenare dinanzi al petto la punta
del pugnale. “Se mandi un grido t'uccido.”
“Uccidimi...
ma risparmia la mia padrona...”
“È troppo
bella per ucciderla,” disse El-Melah, con un atroce sogghigno. “Il sultano la
pagherà a peso d'oro.”
“Miserabile!”
urlò il vecchio, tentando, con uno sforzo supremo, di afferrargli il pugnale.
Il sahariano
alzò l'arma e colpì il petto del misero, che si distese sulle pietre come se la
vita lo avesse bruscamente abbandonato. L'assassino gettò sulla vittima uno
sguardo smarrito, poi si slanciò verso l'interno della casa, tenendo sempre in
mano il pugnale ancora grondante di sangue.
In quel
momento una porta si era aperta ed Esther era comparsa. Aveva ancora i capelli sciolti
sulle spalle e le braccia nude come se il rumore della lotta l'avesse sorpresa
nel momento in cui stava facendo la sua toeletta.
Vedendo
El-Melah solo, col viso sconvolto, gli occhi fiammeggianti e armato d'un
pugnale sanguinante, intuì subito che qualche cosa di grave doveva essere
avvenuto e che ella stessa correva un serio pericolo.
“Cos'hai?”
chiese, retrocedendo verso la stanza. “Perché quel viso alterato e quel
pugnale? Dov'è mio fratello? Ed il marchese?”
Il sahariano
rimase muto dardeggiando sulla giovane uno sguardo ardente. Accortosi d'aver
ancora in mano l'arma, la gettò lungi da sé, facendo un gesto d'orrore.
“Cosa vuoi,
El-Melah?” chiese Esther, con voce imperiosa.
“Mi ha
mandato qui vostro fratello per condurvi da lui,” rispose finalmente il
miserabile.
“Dove si
trova?”
“Nascosto in
un luogo sicuro.”
“Tu menti!”
“E perché?”
“Tu hai
ucciso qualcuno. Dov'è Tasili? Dove sono i beduini?”
“Tutti
partiti e noi, mi capite, siamo soli,” rispose El-Melah, facendo un passo
innanzi.
“Sola!”
esclamò Esther. “Sola! El-Melah, cos'è avvenuto? In nome di Dio, parla!...
Hanno salvato il colonnello?”
“Chi?...
Flatters? Ah! Ah! Voi avete creduto a quella storia? Sapete dove si trova ora
la testa disseccata di quel francese? Orna la tenda del capo Tuareg Amr-el-Bekr,
quello che abbiamo incontrato ai pozzi di Marabuti.”
“Tu
m'inganni.”
“No, signora,
e vi dirò ancora che chi ha ucciso il colonnello ed il capitano Masson e che ha
tradito la spedizione per farla massacrare è stata una delle sue guide che
allora si chiamava El-Aboid, poi Scebbi ed ora El-Melah. Il mio complice,
Bascir, è stato avvelenato da me nelle carceri dei Biskra onde non parlasse, ma
io e Amr-el-Bekr siamo ancora vivi.”
Dinanzi a
quell'inaspettata confessione, Esther non aveva saputo frenare un grido
d'orrore.
El-Melah, il
carovaniere salvato miracolosamente dal marchese, era quel Scebbi che avevano
sperato di raggiungere nel deserto ed era pure quell'El-Aboid che assieme a
Bascir aveva ordito ed effettuato la strage della missione Flatters!...
“Allora tu
hai tradito anche mio fratello ed il marchese!” gridò Esther, con uno scoppio
di pianto.
“Non io,
signora; è stato il capo dei Tuareg, quell'eccellente Amr-el-Bekr.”
“Miserabile,
esci di qui! Tasili, aiuto!...”
“Tasili non
può rispondere alla vostra chiamata, bella fanciulla.” disse El-Melah,
ghignando.
“L'hai ucciso!”
gridò Esther, indietreggiando fino alla parete.
“Mi pare, ma
non ne sono certo.”
La giovane
fece velocemente il giro della stanza cercando un'arma per punire il
miserabile. Vedendo a terra il pugnale lo raccolse, mandando un urlo selvaggio.
El-Aboid
però, con una mossa fulminea, l'aveva abbrancata a mezza vita, cercando di
trascinarla verso la porta.
“Aiuto!” urlò
la giovane dibattendosi disperatamente.
“Nessuno vi
udrà,” disse El-Melah, stringendola sempre più, onde impedirle di far uso del
pugnale. “Venite, siete una preda destinata al sultano... e la pagherà cara...
sì, molto cara!...”
“Aiuto!”
ripeté Esther, mordendolo al collo.
“Per la morte
di Maometto!” urlò El-Melah, sentendosi bagnare di sangue. “Sei una vipera tu?
A me, Tuareg!...”
Ad un tratto
un uomo entrò precipitosamente, rovinandogli addosso. Un lampo balenò in aria e
scomparve fra le spalle del sahariano.
“Ecco il
prezzo del tuo tradimento!” gridò una voce.
El-Melah aprì
le braccia lasciandosi sfuggire la giovane ebrea, fece tre passi battendo
l'aria colle mani, stralunò gli occhi, poi un fiotto di sangue gli sgorgò dalle
labbra ed egli cadde sul pavimento mandando un sordo rantolo.
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