37
- L'ultima battaglia
La notte era
calata senza che alcun altro avvenimento spiacevole avesse turbato la
tranquillità del piccolo bacino.
Durante la
giornata i due battellieri avevano veduto parecchie scialuppe staccarsi da
Koromeh e attraversare il fiume, però nessuna s'era accostata alla riva
sinistra, anzi tutte si erano dirette verso oriente, supponendo forse che i
fuggiaschi avessero continuato il loro viaggio.
Anche dal
canale di Kabra erano uscite delle imbarcazioni, ormeggiandosi dinanzi a
Koromeh e sbarcando numerosi negri armati, ma poi non avevano più ripreso il
largo.
Dei kissuri
invece nessuna nuova. Erano tornati a Tombuctu oppure avevano continuato la
loro corsa attraverso i boschi della riva sinistra? Nessuno avrebbe potuto
dirlo.
Un'umidità
pesante s'alzava dal fiume, tramutandosi in nebbia, umidità molto pericolosa
specialmente per gli europei, essendo satura di miasmi pestiferi e di febbre.
Il marchese e
Ben, dopo essersi recati sulla riva per vedere se sul fiume vi erano delle
scialuppe, erano tornati recando la buona nuova che il Niger appariva sgombro,
almeno per parecchi chilometri.
“Vedremo,”
disse El-Haggar.
“Che cosa
temi ancora?” chiese il corso.
“Che i negri,
più furbi di noi, abbiano nascosto le loro imbarcazioni fra i canneti delle
rive.”
“Ma tu sei un
uccello di cattivo augurio,” disse Rocco.
“Conosco la
caparbietà di questi negri,” rispose il moro. “Mi pare impossibile che abbiano
rinunciato così presto a prenderci.”
“Avranno
mandato a casa del diavolo il sultano ed i suoi kissuri, ecco tutto.”
“Andiamocene,”
disse il marchese.
I barcaiuoli
stavano per spingere al largo la scialuppa, quando in mezzo agli alberi che
circondavano il piccolo seno si udì echeggiare un urlo lugubre e prolungato.
“Uno
sciacallo?” interrogò il marchese, un po' inquieto.
“Ben imitato,”
rispose El-Haggar.
“Tu vuoi
dire?”
“Che non è
stato uno di quegli animali a mandar questo urlo.”
“Che vi siano
dei negri nascosti nella foresta?” chiese Ben.
“Ragione di
più per andarcene subito,” disse Rocco.
La scialuppa,
spinta dai suoi quattro remi poderosamente manovrati, attraversò velocemente il
bacino.
Stava per
rientrare nel fiume quando si udirono in aria alcuni sibili acuti, mentre in
mezzo agli alberi tornava a echeggiare il lugubre urlo dello sciacallo.
“Sono
frecce,” disse El-Haggar. “Abbassate la testa!”
Il marchese
invece di curvarsi si era alzato col fucile in mano, tentando di scoprire,
attraverso i folti vegetali, quei misteriosi arceri. Vedendo un'ombra umana
emergere fra le canne della riva, puntò l'arma e fece rapidamente fuoco.
Si udì un
grido, poi un tonfo. L'uomo era caduto e si dibatteva nell'acqua, a pochi passi
dalla scialuppa.
Rocco con un
poderoso colpo di remo lo sommerse e probabilmente per sempre, perché l'acqua
tornò tranquilla e nessun rumore più si udì. Nondimeno la situazione dei
fuggiaschi non era migliorata dopo quel fortunato colpo di fucile. Di quando in
quando qualche freccia, scagliata forse a caso, passava sibilando sopra la
scialuppa che si era impegnata nello stretto passaggio che serviva di
comunicazione fra la piccola cala ed il fiume.
“Ben,” disse
il marchese, il quale aveva ricaricato prontamente l'arma, “voi sorvegliate la
riva destra mentre io guardo quella sinistra e se scorgete qualcuno fate
fuoco.”
“Ed io?”
chiese Esther.
“Rimanete
coricata fra le casse, per ora. Noi due basteremo.” Rocco, il moro ed i due
battellieri arrancavano con furore per superare lo stretto, che era
fiancheggiato da foltissime piante dove i negri potevano imboscarsi e lanciare
i loro dardi con piena sicurezza.
Per la terza
volta l'urlo dello sciacallo ruppe il silenzio che regnava nella foresta.
“Ah! Questo
urlo!” esclamò il marchese, le cui inquietudini aumentavano. “Che significherà?
Che sia un segnale di raccolta?”
Un colpo
secco sul bordo lo fece balzare indietro... Una piccola lancia, uno di quei
giavellotti che i negri usano lanciare a mano, si era piantato nel fianco della
scialuppa, a pochi centimetri da Rocco.
Il marchese
udendo le canne muoversi stava per far fuoco quando una scarica di tamburi
rintronò in mezzo agli alberi, seguita da vociferazioni spaventevoli.
Quasi nel
medesimo istante vide delle strisce di fuoco serpeggiare velocemente fra i
festoni di liane ed in mezzo ai cespugli.
“Per le
colonne d'Ercole!” esclamò. “S'incendia la foresta? Rocco, El-Haggar! Alle
armi!”
Una turba di
negri, muniti di rami resinosi, si era precipitata attraverso le piante
incendiando i cespugli resinosi, poi si era rovesciata sulle rive della piccola
cala, urlando come una legione di demoni.
Erano più di
cento, armati di lance, di archi e di mazze, di scimitarre e di coltellacci.
Alcuni, più audaci, vedendo la scialuppa già in procinto di entrare nel Niger,
si erano gettati coraggiosamente in acqua sperando di raggiungerla.
“Ben,” disse
il marchese, “noi occupiamoci dei nuotatori e voi altri fate delle scariche
verso la riva. Tirate con calma e non impressionatevi. Questi negri valgono ben
poco e li arresteremo subito.”
L'incendio
della foresta si era propagato con rapidità incredibile. I cespugli si
torcevano e scoppiettavano, mentre le fronde delle piante giganti
fiammeggiavano come torce colossali.
Una luce
intensa illuminava tutta la cala, proiettandosi fino sulle acque del Niger, le
quali pareva che si fossero tramutate in bronzo fuso.
Una prima
scarica arrestò, poi volse in fuga i nuotatori ed una seconda calmò lo slancio
dei negri assiepati sulle rive.
Le palle dei
fucili a retrocarica avevano gettato a terra o calato a fondo parecchi uomini e
quella dura lezione aveva raffreddato il furore degli assalitori.
“Approfittiamo
di questo momento di sosta,” disse il marchese. “Rocco, El-Haggar, ai remi!”
Mentre Ben ed
Esther continuavano a sparare contro ambe le rive, la scialuppa superò
velocemente lo stretto e si slanciò nelle acque del Niger, allontanandosi dalla
sponda.
Il pericolo
non era cessato, tutt'altro! Attirati dai rulli dei noggara e più di
tutto da quella luce intensa che si propagava sulla riva del fiume gigante,
numerose scialuppe si erano staccate da Koromeh, montate da equipaggi armati.
“Stiamo per
venir presi,” disse Ben, gettando uno sguardo disperato verso Esther. “Quelle
scialuppe accorrono per tagliarci il passo.”
“E sono una
ventina,” mormorò il marchese, tormentando il grilletto del fucile.
Le scialuppe
di Koromeh avevano attraversato il fiume ed avevano formato una linea che si
estendeva quasi da una riva all'altra, onde chiudere completamente il passo.
Erano montate da un centinaio e mezzo di negri armati per la maggior parte
d'archi e di coltellacci, però alcuni possedevano anche dei fucili.
Continuando
la foresta a bruciare, si distinguevano perfettamente e si vedeva anche che si
preparavano a dare battaglia ai fuggiaschi.
“Amici,”
disse il marchese. “Non perdiamo un colpo. Dalla rapidità del nostro fuoco e
dall'esattezza dei nostri tiri dipende la nostra salvezza.
“Quando
saremo addosso alle scialuppe, tu, Rocco, e tu, El-Haggar, lasciate i remi e
prendete i fucili... Mille cannonate! I kissuri!”
“Dove sono?”
chiesero tutti.
“Là,
guardateli! Hanno lasciato or ora la riva sinistra e corrono in aiuto dei negri
su due imbarcazioni!”
“Maledizione!”
ruggì Rocco. “Verranno a guastare la nostra vittoria.”
“Marchese,”
disse Esther. “Voi e Ben occupatevi dei negri; io apro il fuoco sui kissuri.
La mia carabina ha una portata straordinaria e prima che quei bricconi si
avvicinino, ne abbatterò parecchi.”
Il marchese e
Ben aprirono tosto un terribile fuoco accelerato, mentre Esther, coricata fra
le casse, sparava sulle due imbarcazioni montate dai kissuri lanciando
le sue palle a sei o settecento metri.
Intanto i due
battellieri, Rocco ed El-Haggar, arrancavano con furore, risoluti a sfondare la
linea di battaglia e passare addosso ai negri. Il fuoco accelerato del
marchese, di Ben e della giovane ebrea, diventava più terribile a mano a mano
che la distanza scemava. I negri cadevano in buon numero e anche i kissuri subivano
perdite gravissime, perché ben poche palle andavano perdute.
Erano tre
formidabili bersaglieri e mancava ancora Rocco, un tiratore che forse superava
gli altri.
I nemici
nondimeno non aprivano la loro linea, anzi le scialuppe più lontane accorrevano
per ingrossarla onde opporre maggiore resistenza ed intanto rispondevano
scaricando i loro moschettoni e lanciando frecce in gran numero.
Né le palle,
né i dardi ancora giungevano fino alla scialuppa, tuttavia il marchese
cominciava a diventare assai preoccupato per l'abbondanza straordinaria di quei
proiettili.
“Eleviamo una
barricata!” esclamò ad un tratto. “Abbiamo le casse e anche delle panche. Ben,
Esther, continuate il fuoco, voi! Non domando che due minuti.”
Lasciò il
fucile, afferrò uno ad uno i forzieri e li accumulò a prora legandoli insieme
con una fune. Essendo pieni d'oro, potevano arrestare le palle dei moschettoni,
anche a breve distanza.
“Esther, qui
voi,” disse quand'ebbe finito. “La barricata è solida e non correte pericolo
alcuno. Vi ho lasciato uno spazio sufficiente per la canna della vostra
carabina.”
Accumulò poi
a poppa le casse contenenti i loro effetti, formando una seconda barricata, e
alzò le panche a babordo ed a tribordo in modo da riparare anche i rematori dai
tiri trasversali. I negri accortisi subito di quei ripari che rendevano quasi
inutili le loro frecce e anche le loro palle, avevano rotto la loro linea di
combattimento per assalire la scialuppa sui due fianchi, ma le prime barche che
si erano avanzate avevano dovuto retrocedere frettolosamente cogli equipaggi
decimati.
Il marchese
ed i suoi compagni le avevano accolte con un fuoco così terribile, da rendere
impossibile un nuovo attacco.
“Coraggio,
amici!” gridò il marchese. “La via è aperta!”
Si volse e
guardò le scialuppe montate dai kissuri del sultano. Si trovavano allora
a quattrocento metri e manovravano in modo da abbordare l'imbarcazione a poppa.
“Tre salve su
costoro!” gridò il marchese. “Sono i più pericolosi!” Nove colpi di fucile
rimbombarono. Cinque kissuri della prima scialuppa caddero e uno della
seconda.
“Eccoli
calmati,” disse il marchese vedendo le due imbarcazioni arrestarsi. “Avanti
ora!”
Una scialuppa
si era messa attraverso la rotta seguita dai fuggiaschi. Era montata da otto
negri fra i quali alcuni possedevano dei fucili.
“Animo!”
gridò Rocco. “All'abbordaggio!”
Arrancando
con lena disperata investono furiosamente la scialuppa, le fracassano il bordo e
la capovolgono, mentre il marchese, Ben ed Esther fucilano a bruciapelo i
negri.
“Urrah!
Avanti!” tuona il marchese.
L'imbarcazione
passa fra gli assalitori colla velocità d'un dardo e supera la linea, ma i
negri non si danno ancora per vinti. Incoraggiati dai kissuri i quali si
sono rimessi in caccia e forti del numero, si riordinano prontamente ed
inseguono vigorosamente i fuggiaschi, mentre altre scialuppe si staccano dalle
due rive.
La battaglia
diventa terribile. Anche Rocco ed El-Haggar hanno impugnati i fucili e dopo
aver rinforzato la barricata di poppa con quella di prora, diventata ormai
inutile, bruciano le loro cartucce senza economia. Le canne dei retrocarica
sono diventate così ardenti, che il marchese, Ben ed Esther sono costretti a
bagnarle nel fiume onde non bruciarsi le dita.
È un miracolo
se i fuggiaschi non hanno ricevuto ancora delle ferite. La lotta non può durare
a lungo, malgrado il fuoco infernale dei due isolani, dei due ebrei e del moro.
I negri
s'accostano da tutte le parti urlando come demoni, decisi a venire
all'abbordaggio.
Il Niger
sembra in fiamme, perché l'incendio della foresta avvampa sempre. Le sue acque
sembrano di fuoco.
Il marchese e
Ben si scambiano uno sguardo pieno d'angoscia. Comprendono che la lotta sta per
finire e che stanno per cadere vivi nelle mani dei negri e dei kissuri.
“È finita,”
mormora il marchese, con voce strozzata.
“Sì,” risponde Ben, facendo un gesto disperato... “Ci lasceremo
prendere?”
“No. Vi è una
scure sotto il banco. Quando i negri monteranno all'assalto, sfonderemo la
scialuppa.”
“Sì, Ben.”
Riprendono il
fuoco, fulminando i negri più vicini. Esther pallida ma sempre risoluta, li
appoggia vigorosamente, mentre Rocco si prepara a martellare i nemici col
calcio del fucile.
Il cerchio si
restringe. I negri non si trovano che a poche diecine di passi ed impugnano le
lance e le mazze mentre i kissuri urlano a piena gola
“Addosso ai kafir!
Ordine del sultano.”
Ad un tratto
un fischio acuto assordante lacera l'aria e copre il rombo delle fucilate, poi delle
scariche regolari, stridenti, come eseguite da una mitragliatrice, si seguono.
I negri si
arrestano stupiti e anche spaventati, mentre parecchi cadono fulminati sul
fondo delle piroghe.
Il marchese,
a rischio di ricevere una palla nel cranio, balza a prora.
Un urlo gli
sfugge
“Siamo salvi!
Coraggio! Alcune scariche ancora!”
Una grossa
scialuppa a vapore, fornita di ponte, sbucata non si sa da dove, fende
rapidamente le scintillanti acque del fiume, fischiando e fumando. A prora
balenano dei lampi e risuonano delle detonazioni.
È una
mitragliatrice che prende d'infilata le scialuppe dei negri. Chi sono quei
salvatori che giungono in così buon punto? Nessuno si cura di saperlo pel
momento.
Il marchese e
tutti gli altri, vedendo la scialuppa avanzarsi a tutto vapore, raddoppiano il
fuoco, bruciando il muso ai negri più vicini.
Il cerchio si
è allargato, perché la mitragliatrice comincia a far strage. Le palle fioccano
sulle scialuppe, decimando crudelmente gli equipaggi.
Un uomo di
alta statura, con una lunga barba bionda, vestito interamente di bianco, con in
capo un elmetto da esploratore, sale sulla prora della scialuppa a vapore già
vicinissima, gridando:
“Vorwaerts!
Pronti ad imbarcarvi! Passeremo addosso ai negri!”
“Dei tedeschi!”
esclama il marchese, corrugando la fronte. “Bah! In Africa tutti gli europei
sono fratelli. Siano i benvenuti! Amici, abbordiamo!”
La scialuppa
a vapore ha rallentato la sua marcia, ma la sua mitragliatrice continua a
spazzare il fiume con scariche sempre più formidabili.
I due
battellieri con pochi colpi di remo l'abbordano sul babordo, mentre una scala
di corda viene gettata.
“Presto,
salite!” grida l'uomo biondo.
Il marchese
afferra Esther e la porge all'uomo biondo, il comandante di certo, a giudicare
dai gradi d'oro che gli ornano le maniche. Questi la solleva sopra la bordatura
e la depone sulla tolda, quindi, levandosi galantemente l'elmo, le dice in
francese:
“Signora,
siete fra amici: ora daremo a quei bricconi di negri la paga.”
Il marchese,
Rocco, Ben, il moro ed i battellieri salgono precipitosamente, portando i
forzieri che i marinai della scialuppa subito prendono, deponendoli dietro la
murata.
“Signore,”
dice il marchese, volgendosi verso il comandante e salutandolo militarmente,
“grazie, a nome di tutti.”
Il tedesco
gli porge la destra, gli dà una vigorosa stretta, poi grida: “A tutto vapore!”
I negri ed i kissuri,
furiosi di vedersi rapire la preda, quando credevano ormai di tenerla, si
stringono addosso alla scialuppa a vapore tentando di montare all'abbordaggio.
Urlando spaventosamente, scaricano i loro moschettoni e lanciano dovunque dardi
e giavellotti.
“Ah!
briganti!” brontola il comandante. “Non volete lasciare andare? Ebbene, la
vedremo!”
Mentre la
mitragliatrice continua a tuonare, lanciando i suoi proiettili a ventaglio, ed
i quindici marinai, aiutati dal marchese, da Ben, da Rocco e da El-Haggar,
respingono gli assalitori a colpi di fucile e di baionetta, la scialuppa
indietreggia di cinquanta passi, poi si slancia innanzi a tutto vapore. La sua
elica morde furiosamente le acque facendole spumeggiare.
“Avanti!”
tuona il comandante. “Fuoco di bordata!”
La piccola
cannoniera ha preso lo slancio. Si avanza fischiando, fracassa due scialuppe,
passa in mezzo alle altre e scompare fra una nuvola di fumo, mentre i negri
urlano a piena gola bruciando le loro ultime cariche.
La sconfitta
dei sudditi del sultano di Tombuctu è completa. Il fiume è ingombro di pezzi di
scialuppe e di corpi umani che la corrente travolge, e la scialuppa a vapore
continua la sua veloce fuga, lasciandosi indietro le piroghe sulle quali i
negri sfogano la loro rabbia impotente con minacce atroci. Il marchese lascia
il fucile e s'avvicina al comandante, il quale, munito d'un cannocchiale,
guarda sorridendo tranquillamente i negri che fanno sforzi indicibili per dare
la caccia alla scialuppa.
“Signore,”
dice, “vi dobbiamo la vita. I negri stavano per prenderci.”
“Sono ben
lieto, signore, di esser giunto in così buon momento. Siete francese?”
“Il signor
marchese di Sartena, un valoroso corso che ha attraversato il deserto per
cercare il colonnello Flatters,” disse Ben, avanzandosi.
“Wilhelm von
Orthen,” rispose il tedesco, inchinandosi dinanzi all'isolano e porgendogli per
la seconda volta la destra. “Avete trovato lo sfortunato colonnello, signor
marchese? Sarei stato ben contento se avessi potuto salvare anche lui.”
“È morto,
signor von Orthen.”
“Ne ero quasi
certo.”
“Ma come vi
trovate qui, voi, signore?”
“Avevo
appreso che il tenente Caron era salito fino qui colla sua cannoniera ed ero
stato incaricato, dal mio governo, d'accertarmi della navigabilità del Niger.”
“E ne avete
avuto una prova,” disse il marchese, sorridendo.
“Sì,” rispose
il tedesco. “Signor marchese, la mia scialuppa è interamente a vostra disposizione.
Io ritorno verso la costa.”
“E noi vi
seguiremo, signor von Orthen, perché la nostra missione è ormai finita.”
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