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ASSEDIATI NELLA TORRICELLA
Cinque minuti dopo il Corsaro
Nero, portato a braccia dai suoi fidi marinai, si trovava nella torricella
della casa del signor de Ribeira. Anche la giovane indiana aveva voluto
seguirlo, non ostante i consigli di Carmaux, a cui spiaceva molto esporre
quella brava giovane ai pericoli d'un assedio. Quella torricella era una
piccola costruzione, non molto alta e non molto resistente, divisa in due
stanzette circolari e comunicanti, per mezzo d'una scala di legno, coi solai
della casa. Quantunque non si elevasse molto, dalle finestre del piano
superiore si dominava non solo tutta la cittadella, bensì anche il porto, in
mezzo al quale si trovava ancorata la Folgore.
Carmaux, fatto adagiare il suo
capitano su di un vecchio letto fuori d'uso, si era affrettato ad affacciarsi
alla finestrina che guardava verso il porto. Vedendo i fanali della Folgore,
non potè trattenere un grido di gioia.
«Per centomila balene!» esclamò.
«Da questa fortezza noi potremo scambiare dei segnali colla nostra nave. Ah!
miei cari signori spagnuoli, noi vi daremo ancora molto filo da torcere.»
«L'hai veduta la mia nave?» gli
chiese il Corsaro, non senza una certa commozione.
«Sì, capitano,» rispose Carmaux
che era rientrato.
«Allora bisogna cercare di
resistere fino all'arrivo dei rinforzi che ci manderà Morgan.»
«Questa piccola fortezza non mi
pare in cattivo stato.»
«Occupatevi della scala.
«Compare sacco di carbone e Wan
Stiller stanno già spezzandola. Anzi ho raccomandato loro di portar qui i
rottami.
«Cosa vuoi farne Carmaux?»
«Ci servirà per accendere un bel
fuoco sulla torricella. Il signor Morgan comprenderà il segnale, spero.»
«Basterà accenderlo tre volte con
un intervallo di cinque minuti,» disse il Corsaro. «Morgan saprà subito che noi
siamo in pericolo e che abbiamo bisogno di aiuti.»
In quel momento udirono, giù
nella via, un fracasso indemoniato. Pareva che delle persone cercassero di
sfondare qualche porta o qualche finestra.
«Sono i nostri uomini che
demoliscono la scala?» chiese il Corsaro.
«No, capitano,» rispose Carmaux
che si era affacciato alla finestrina della torre. «Sono gli spagnuoli.»
«Forzano l'entrata?
«Sfondano la porta servendosi
d'una trave.»
«Allora fra poco saranno qui.»
«Troveranno un osso duro da
rompere,» rispose Carmaux. «Andiamo a barricare il passaggio della torricella.
Mille balene!»
«Che hai? - chiese il Corsaro.
«Un assediato senza viveri è un
uomo morto. Prima di barricarci pensiamo a procurarci qualche cosa da porre
sotto i denti.»
«Non preoccupatevi,» disse la
giovane indiana. «Ci penso io a procurarvi dei viveri.»
«La piccina ha del fegato, -
disse Carmaux vedendola scendere tranquilla come se dovesse compiere una cosa
semplicissima.
«Seguila,» gli disse il Corsaro.
«Se gli spagnuoli la sorprendono a portarci dei viveri, potrebbero ucciderla.»
Carmaux snudò la sciabola e scese
dietro alla giovane, deciso a proteggerla a qualsiasi costo. Wan Stiller e
Moko, armati di scure, stavano per tagliare la scala onde impedire agli
spagnuoli di salire al piano superiore, nel caso che fossero riusciti a sfondare
la porta della torretta.
«Un momento, amici,» disse loro
Carmaux. «Prima i viveri, poi la scala.»
«Aspettiamo i tuoi ordini,»
rispose Wan Stiller.
«Intanto vieni con me. Cercheremo
di provvederci di buone bottiglie. Don Pablo deve averne di quelle molto
vecchie che faranno bene al nostro capitano.»
«Vi è qui una cesta che sembra
fatta appositamente per contenerle,» disse l'amburghese, impadronendosi d'un
grande paniere che si trovava in un angolo della stanzetta.
Lasciarono il loro rifugio
ridiscendendo negli appartamenti di don Pablo. La giovane indiana era già
entrata in una stanza dove si conservavano le provviste della casa e, riempito
un paniere di ogni specie di vivande, tornava frettolosamente nella torretta.
Carmaux e Wan Stiller vedendo molte
bottiglie polverose allineate su d'uno scaffale, s'affrettarono ad
impadronirsene. Tuttavia ebbero anche il buon senso di prendere due secchi
ripieni d'acqua.
Stavano per slanciarsi fuori,
quando nel corridoio inferiore udirono dei passi affrettati.
«Vengono! - esclamò Carmaux,
impadronendosi rapidamente del paniere.
Infilarono il corridoio che
conduceva nella torricella, affrettando la corsa. Stavano per entrare nella
porticina, dietro la quale li attendeva compare sacco di carbone, quando
all'estremità opposta videro comparire un soldato.
«Ehi!... Alt o faccio fuoco!»
gridò lo spagnuolo.
«Appiccati!» rispose.
Uno sparo rintronò e la palla
andò a forare precisamente uno dei due secchi che portava l'amburghese. L'acqua
zampillò attraverso il foro.
Carmaux chiuse in fretta la porta
mentre delle urla di rabbia echeggiavano nel corridoio.
«Barrichiamoci! - gridò al negro.
In quella stanza vi erano
parecchi mobili fuori d'uso; dei tavoli, una credenza monumentale, dei canterani
e parecchie sedie molto pesanti.
In pochi minuti accumularono quei
mobili dinanzi alla porta formando una barricata così massiccia, da sfidare le
palle dei moschetti.
«Devo tagliare la scala?» chiese
Moko.
«Non ancora,» rispose Carmaux.
«Ne avremo sempre il tempo.»
«Assaliranno la porta.»
«E noi risponderemo, Compare
sacco di carbone. Bisogna cercare di resistere più che si può. D'altronde le
munizioni non ci fanno difetto.»
«Io ho cento cariche.»
«Ed io e Wan Stiller ne abbiamo
altrettante, senza contare le pistole del capitano.»
In quel momento gli spagnuoli
giungevano dietro alla porta.
«Aprite o vi uccideremo tutti!»
gridò una voce imperiosa, martellando le tavole col calcio d'un moschetto.
«Adagio, signor mio,» rispose
Carmaux. «Non bisogna avere tanta fretta, che diavolo! Un po' di pazienza, mio
bel soldato.»
«Sono un ufficiale e non un
soldato.»
«Ho molto piacere di saperlo,»
disse Carmaux con voce ironica.
«V'intimo la resa.»
«Oh!»
«E subito.»
«Uh! che furia!»
«Non abbiamo tempo da perdere
noi.»
«Noi invece ne abbiamo molto,»
disse Carmaux.
«Non scherzate; potreste
pentirvi.»
«Parlo seriamente. Vi pare che
questo sia il momento di scherzare?»
«Il comandante della città vi
promette salva la vita.»
«Purché ce ne andiamo? Ma se non
desideriamo altro!»
«Ad una condizione però.»
«Ah! Vi sono delle condizioni?»
«Che cediate a noi la vostra
nave, armi e munizioni comprese,» disse l'ufficiale.
«Mio caro signore, voi avete
dimenticato tre cose.»
«E quali?»
«Che noi abbiamo le nostre case alla
Tortue; che la nostra isola è lontana e finalmente che noi non sappiamo
camminare sull'acqua come S. Pietro.»
«Vi si darà una barcaccia onde
voi possiate andarvene.»
«Uhm! Le barcacce sono incomode,
mio signore. Io preferisco tornarmene alla Tortue colla Folgore.»
«Allora vi appiccheremo,» gridò
l'ufficiale che solamente allora erasi accorto dell'ironia del filibustiere.
«Sia pure, badate però ai dodici
cannoni della Folgore. Lanciano certi confetti da buttar giù le vostre
catapecchie e da radere al suolo anche il vostro forte.»
«La vedremo. Ohe! Buttate giù
quella porta!»
«Compare sacco di carbone,
tagliamo la scala,» - disse Carmaux, volgendosi verso il negro.
Salirono entrambi al piano
superiore e con pochi colpi di scure spezzarono la scala, ritirando i rottami.
Ciò fatto chiusero la botola mettendovi sopra una vecchia e pesante cassa.
«Ecco fatto,» disse Carmaux. «Ora
salite se ne siete capaci.»
«Sono già entrati gli spagnuoli?»
chiese il Corsaro Nero.
«Non ancora, capitano,» disse
Carmaux. «La porta è solida e ben barricata e avranno molto da fare per
forzarla.»
«Sono in molti?»
«Lo credo capitano.»
Il Corsaro stette un momento
silenzioso, poi chiese:»
«Che ora abbiamo?»
«Sono le sei.»
«Dobbiamo resistere fino alle
otto di questa sera prima di fare il segnale a Morgan.»
«Resisteremo, signore.»
«Non perdete tempo, miei bravi.
Quattordici ore sono lunghe.
«Andiamo, compare sacco di
carbone,» disse Carmaux, prendendo l'archibugio.
«Sarò anch'io della partita,»
disse l'amburghese. «Fra noi tre faremo prodigi e impediremo agli spagnuoli
l'entrata, almeno fino a questa sera.»
I tre valorosi riaprirono la
botola e appoggiata un'asta della scala si lasciarono scivolare nel piano
inferiore, decisi a farsi uccidere piuttosto che arrendersi.
Gli spagnuoli intanto avevano
cominciato ad assalire la porta, percuotendo le tavole coi calci dei loro
moschetti, però fino a quel momento non avevano ottenuto alcun successo. Ci
volevano delle scuri ed una catapulta per aprire una breccia in quella
barricata massiccia.
«Appostiamoci dietro a questa
credenza e appena vediamo una fessura, facciamo fuoco,» disse Carmaux.
«Siamo pronti,» risposero il
negro e l'amburghese.
Dopo un quarto d'ora, si udì al
di fuori una voce a gridare:
«Largo!»
«Qualche nuovo rinforzo?» chiese
il negro, aggrottando la fronte.
«Temo qualche cosa di peggio,»
rispose Carmaux, con accento inquieto.
«Cosa vuoi dire, compare bianco?»
«Odi!»
Un colpo tremendo, accompagnato
da uno scricchiolìo prolungato, si fece udire.
«Adoperano la scure,» disse l'amburghese.
«Si vede che hanno fretta di
prenderci,» disse il negro.
«Oh! La vedremo,» rispose
Carmaux, armando l'archibugio. «Spero che noi terremo loro testa finché le
tenebre ci permetteranno di fare il segnale a Morgan.»
Gli spagnuoli continuavano a percuotere
con maggior accanimento. Oltre la scure facevano anche uso dei calci dei
moschetti e degli spadoni, cercando di schiodare le tavole della porta.
I tre filibustieri, non potendo
pel momento respingere quell'attacco, lasciavano fare. Si erano inginocchiati
dietro la credenza tenendo pronti gli archibugi e anche le loro corte sciabole.
«Che furia!» disse ad un tratto
Carmaux. «Mi pare che abbiano già aperta una fessura.»
«Io vedo un buco,» disse Moko,
allungando rapidamente l'archibugio.
Stava per far partire il colpo,
quando una detonazione rintronò. Una palla, dopo d'aver smussato un angolo
della credenza, andò a frantumare un vecchio candeliere che si trovava in un
angolo della stanza.
«Ah! Cominciano!» gridò Carmaux,
facendo un salto indietro.
«Per bacco! Bisogna che facciamo
anche noi qualche cosa.» S'avvicinò all'angolo della credenza che era stato
smussato dalla palla e guardò con precauzione, onde non ricevere una palla nel
cranio.
Gli spagnuoli erano riusciti ad
aprire uno squarcio nella porta ed avevano introdotto un altro moschettone.
«Benissimo,» mormorò Carmaux.
«Aspettiamo che facciano fuoco.»
Con una mano afferrò l'archibugio
e cercò di spingerlo da una parte. Il soldato che lo aveva puntato, sentendo
quell'urto, lasciò partire il colpo, poi ritirò sollecitamente l'arma per
lasciare il posto ad un altro.
Carmaux, pronto come il lampo,
avanzò l'archibugio e lo puntò attraverso lo squarcio.
Si udì una detonazione seguita da
un grido.
«Toccato!» disse Carmaux.
«E prendi questa!» urlò una voce.
Un altro sparo rimbombò al di
fuori e la palla, passando pochi pollici sopra il capo del filibustiere, spaccò
di colpo la cornice superiore della credenza.
Contemporaneamente alcuni colpi
di scure, bene appioppati, staccavano una tavola della porta. Quattro o cinque
archibugi ed alcune spade furono introdotte.
«Badate,» gridò Carmaux ai
compagni.
«Stanno per entrare?» chiese Wan
Stiller, che aveva impugnato l'archibugio per la canna, onde servirsene come
d'una mazza.
«C'è tempo,» rispose Carmaux.
In quel momento una voce gridò:
«Vi arrendete sì o no?
«Per farci fucilare? No, signor
mio, non ne ho nessun desiderio pel momento.»
«Sfonderemo anche questo mobile
che c'impedisce di entrare!» urlò lo spagnuolo.
«Fate pure, mio caro signore. Vi avverto
però che dietro la credenza vi sono anche dei tavoli, e dietro ai tavoli degli
archibugi e degli uomini decisi a tutto.»
«Vi appiccheremo tutti!...»
«Avete almeno portato con voi la
corda?»
«Abbiamo le cinghie delle nostre
spade, canaglia!...»
«Ci serviranno per strigliarvi
per bene!...» disse Carmaux.
«Compagni!... Fuoco su questi
furfanti!...
Quattro o cinque spari
rimbombarono: le palle andarono a conficcarsi nella credenza, senza riuscire ad
attraversare le massicce tavole.»
«Che concerto clamoroso,» disse
Wan Stiller. «Possiamo intuonare anche noi qualche pezzo rumoroso?»
«Siete liberi,» rispose Carmaux.
«Allora cercheremo di fare
qualche cosa.»
Wan Stiller strisciò lungo la
credenza e raggiunse l'angolo opposto nel momento in cui gli spagnuoli,
credendo di fugare gli avversarii, facevano una nuova e più rumorosa scarica.
«Ci siamo,» disse. «Uno lo faccio
partire di certo per l'altro mondo.»
Un soldato aveva introdotto
attraverso lo squarcio il suo spadone tentando di far saltare una tavola della
credenza. Certo di non venire importunato dagli assediati, non si era nemmeno
presa la briga di tenersi nascosto dietro la porta.
Wan Stiller che lo aveva veduto,
allungò rapidamente l'archibugio e lasciò partire il colpo.
Lo spagnuolo, colpito in pieno petto,
lasciò cadere lo spadone, allargò le braccia e cadde addosso ai compagni che
gli stavano dietro. La palla lo aveva fulminato.
Gli assalitori, spaventati da
quell'inaspettata fucilata, retrocessero mandando urla di furore.
Nell'istesso momento in lontananza
si udì a rombare cupamente il cannone.
Carmaux aveva mandato un grido:
«È un cannone da caccia della Folgore!...»
«Tuoni d'Amburgo!...» esclamò Wan Stiller,
diventando pallido come un cencio lavato. «Cosa succede a bordo del nostro
legno?»
«Che sia un segnale?» chiese
Moko.
«O che stiano per assalire la
nostra nave?» si chiese Carmaux, con angoscia.
«Andiamo a vedere!...» gridò Wan
Stiller.
Stavano per slanciarsi verso la
scala, quando nel corridoio s'udì una voce a tuonare.
«Addosso, camerati!... Il cannone
tuona nella baia!... Non mostriamoci da meno dei soldati del forte!...»
«Per centomila squali!...» urlò
Carmaux. «Non ci lasciano un minuto di pace!... Attenti all'attacco!...»
«Siamo pronti a riceverli,»
risposero Moko e Wan Stiller.
Un secondo colpo di cannone
rimbombò verso la costa, seguito da una nutrita scarica di fucileria.
Quasi nell'istesso momento i
soldati del corridoio, come se avessero attinto novello coraggio in quelle
scariche, si precipitarono addosso alla porta, martellandola furiosamente coi
calci dei moschetti e cogli spadoni.
«Attenti,» gridò Carmaux ai suoi
compagni. «Qui si giuoca la pelle o la libertà!»
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