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FRA IL FUOCO E L'ABISSO
Il Corsaro aveva già messo un
piede sul primo gradino, quando un pensiero improvviso lo trattenne.
«Io stavo per commettere una
viltà!» esclamò volgendosi verso i suoi uomini.
«Una viltà!» esclamò Carmaux,
guardandolo stupito.
«Gli spagnuoli e soprattutto
Sandorf non perdonerebbero alla marchesa di Bermejo di aver protetto dei
filibustieri e sopratutto me. Noi l''abbiamo compromessa.»
«È necessario che uno vada ad
avvertirla di quanto è successo onde possa mettersi al riparo dalle vendette
dei suoi compatriotti.»
«Ragione di più per andarvi voi,
capitano. Salvereste la marchesa e voi stesso.»
«Il mio posto è qui, fra voi,»
disse il Corsaro. «Wan Stiller, affido a te l'incarico di andare dalla marchesa
e poi di avvertire Grammont della nostra situazione.»
«Sono pronto a obbedirvi,
capitano,» rispose l'amburghese.
«Noi resisteremo finché tu sarai
al sicuro. Va', spicciati: il tempo stringe,» disse il Corsaro.
L'amburghese che non era abituato
a discutere, scavalcò l'orlo superiore della torre, s'aggrappò alle corde e
sparve nell'oscurità.
«Quando sarai sullo scoglio, ci
darai il segnale con un colpo di pistola,» gli gridò Carmaux.
«Sì, compare,» rispose
l'amburghese che discendeva a precipizio.
«Prepariamoci alla difesa,» disse
il Corsaro. «Tu Carmaux alla colubrina e noi, Moko, difendiamo il ponte.»
«Gli spagnuoli vengono,
capitano,» disse Moko. «Li vedo scendere il bastione che sta di fronte a noi.»
Gli spagnuoli avvertiti
dall'allarme dato dalle sentinelle e dalle grida del soldato, si erano
svegliati subito, afferrando le armi.
Avendo dapprima creduto che i
filibustieri tentassero un assalto dalla parte delle torri e dei bastioni di
ponente, s'erano precipitati confusamente da quella parte, lasciando così al
Corsaro ed ai suoi compagni alcuni minuti di tregua. Avvertiti dal soldato del
loro errore e saputo che si trattava di pochi filibustieri, il governatore del
forte aveva dato ordine ad una compagnia di dare l'assalto alla piattaforma del
torrione di levante e d'impadronirsi di quegli audaci. Cinquanta uomini, armati
parte di fucili e parte d'alabarde, superati i bastioni, s'erano affrettati a
muovere verso il ponte, mentre alcuni artiglieri puntavano due pezzi in quella
direzione per sostenere la colonna d'assalto. Il Corsaro e Moko si erano
appostati all'estremità del ponte, tenendosi riparati dietro l'angolo del
parapetto, mentre Carmaux, che era stato un tempo un valente artigliere, aveva
puntata la colubrina in modo da spazzare il passaggio.
Vedendo avanzarsi i soldati, il
Corsaro colla destra impugnò la spada e colla sinistra una pistola, gridando:
«Chi vive?»
«Arrendetevi,» rispose
l'ufficiale che comandava il drappello.
«È a voi che intimo la resa,»
disse il Corsaro, audacemente.
In quell'istante in fondo alla
scala si udì una voce fioca a dire:
«Addosso!... avanti!... È il
Corsaro Nero!»
Era Diego Sandorf, il quale,
quantunque non fosse stato gravemente ferito, non era ancora riuscito ad
attraversare il ponte. Udendo quelle parole, gli spagnuoli si erano arrestati.
«Il terribile Corsaro!» avevano
esclamato, con ispavento.
La fama del fiero scorridore del
mare era diventata popolare in tutte le colonie spagnuole del golfo del
Messico, e tutti conoscevano le audaci imprese di quell'uomo, come conoscevano
il terribile odio che esisteva fra lui ed il duca fiammingo.
I soldati del forte, sapendo
d'aver di fronte il formidabile Corsaro, si erano arrestati, titubando fra
l'avanzarsi ed il retrocedere per chiamare nuovi rinforzi. Il Corsaro non lasciò
loro il tempo di prendere la prima decisione, volendo innanzi a tutto guadagnar
tempo.
«Avanti miei prodi!» aveva
gridato. «Carmaux lancia venti uomini attraverso il ponte e tu, Moko, dà
l'assalto a quel bastione con altri quindici!... Alla carica uomini del mare.»
E scaricò la sua pistola,
slanciandosi verso il ponte.
Gli spagnuoli, ingannati da quei
comandi, credendo davvero di aver dinanzi tanti uomini, retrocessero
precipitosamente, rimontando confusamente il bastione non ostante le grida di
Sandorf il quale ripeteva:
«Avanti!... Addosso!... Non sono
che in quattro!
Carmaux vedendoli scalare il
bastione e volendo far loro credere di essere in buon numero sul torrione, fece
tuonare la colubrina, smantellando un merlo della seconda cinta e facendo piovere
i rottami addosso ai fuggiaschi.
Un momento dopo due colpi di
pistola rintronavano sulla scogliera.
«Wan Stiller è in salvo!» esclamò
Moko.
«E noi abbiamo ottenuto il nostro
scopo,» disse Carmaux.
Ad un tratto due colpi di cannone
rimbombarono sull'ultima torre di ponente e due palle passarono sopra la
piattaforma. Una diroccò un merlo a soli cinque passi da Moko; l'altra fracassò
una ruota della colubrina, perdendosi poi in mare.
«Venite,» disse il Corsaro.
Si slanciarono tutti e tre verso
la scala di pietra, mentre una terza palla, e questa di grosso calibro,
sollevava una delle pietre della piattaforma, mandandola in frantumi.
Discesi cinquanta gradini, i
filibustieri si trovarono in uno stanzone a volta, con due feritoie difese da
grosse sbarre di ferro e che guardavano una verso il mare e l'altra su di un
cortile del forte che si trovava quasi a livello dell'apertura.
Una porta di quercia assai grossa
e coperta di lamine di ferro chiudeva la scala.
«Pensiamo a premunirci le spalle,
innanzi a tutto,» disse Carmaux.
Aiutato da Moko chiuse con
fracasso la porta, sbarrandola con due spranghe di ferro.
«Per di qua non entreranno di
certo,» disse. «È a prova di scure.»
«E le inferriate delle due
finestre sono solide,» disse Moko.
Il Corsaro aveva fatto il giro
dello stanzone per vedere se vi erano altri passaggi, ma non ne trovò.
«Forse potremo resistere fino
all'arrivo dei filibustieri,» disse.
«Anche una settimana, signore,»
rispose Carmaux. «Le pareti hanno un tale spessore da sfidare il cannone.»
«Non abbiamo né un sorso d'acqua,
né un biscotto.»
«È vero!» esclamò Carmaux, con un
gesto di scoramento.
«Consolati, Carmaux: ecco i
vivandieri che arrivano. Disgraziatamente non ci offriranno che delle pagnotte
di ferro.»
«Non mi piacciono perché sono
troppo indigeste.»
«Allora guardati!»
Il Corsaro Nero, che si trovava
appostato dietro una delle due feritoie, aveva veduto un drappello di spagnuoli
spingere un cannone verso l'estremità del cortile. Stava per ritirarsi dietro
l'angolo del muro, quando dalla parte della scala si udirono dei passi.
«Pare che vogliano prenderci fra
due fuochi,» disse. «Fortunatamente la porta è massiccia e la scala non
permette di collocare un cannone e...»
Un colpo furioso dato contro la
porta e che fece rintronare tutta la torre, gli troncò la frase.
«Aprite!» gridò una voce.
«Mio caro signore,» disse
Carmaux, «bussate un po' troppo forte voi.»
«Aprite!» ripetè la medesima
voce.
«Ohe! Badate che siamo in casa
nostra e che abbiamo il diritto di non venire disturbati da chicchessia,
nemmeno dal re di Spagna.»
«Ah! siete in casa vostra!»
«Per bacco!... Abbiamo già pagata
la pigione al signor Sandorf, con due pollici di vero acciaio di Toledo.»
«Non importa, arrendetevi.»
«A chi?» domandò il Corsaro Nero.
«Al comandante del forte, don
Esteban de Joave.»
«Dite allora al signor de Joave
che il cavaliere di Ventimiglia non ha per ora alcuna intenzione di
arrendersi.»
«Pensate che noi siamo in
cinquecento,» disse lo spagnuolo.
«E noi in tre, ma pronti a
lottare fino all'estremo delle nostre forze.»
«Il governatore vi promette salva
la vita.»
«Preferisco giuocarla in un
combattimento. Andate e lasciateci tranquilli.
«Ah! desiderate di rimanere
tranquillo! Me ne dispiace, cavaliere, ma noi non vi accorderemo un solo istante
di tregua.»
Si udirono delle persone a
rimontare le scale, poi più nulla.
«Pare che abbiano rinunciato a
forzare la porta,» disse Carmaux, respirando a pieni polmoni.
«Ma non hanno rinunciato a
bombardarci,» rispose il Corsaro. «Guarda!»
Lo spinse verso la feritoia che
guardava sul cortile.
All'opposta estremità Carmaux
vide, alla luce di parecchie torce, due pezzi d'artiglieria puntati verso la
torre e numerosi soldati.
«Vedi?» chiese il Corsaro.
«Diavolo!» esclamò Carmaux,
pizzicandosi gli orecchi. «La cosa si fa seria.»
«Indietro, Carmaux: soffiano
sulle micce.
«Non mi lascierò cogliere,
capitano,» rispose il marinaio facendo un salto indietro.
I tre filibustieri attesero lo
sparo, ma i cannoni che parevano pronti a vomitare le loro masse metalliche
contro la torre, rimasero muti.
«Come va questa faccenda?» si
chiese Carmaux. «Che gli spagnuoli ci tengano a non guastare questo torrione o
che vogliano prenderci vivi?»
«È probabile,» rispose il
Corsaro, il quale s'era avvicinato alla feritoia a rischio di farsi spaccare in
due da una palla di cannone. «Sì, pare che abbiano rinunciato a bombardarci. I
soldati stanno confabulando fra di loro. Vi sono parecchi ufficiali con loro e
fors'anche il comandante del forte.»
«Spereranno di farci capitolare
senza ricorrere alla violenza e perdere un solo uomo.»
«Sanno che manchiamo di viveri.»
«Ma non sanno che i nostri amici
all'alba verranno a liberarci.»
«Adagio, Carmaux,» disse il
Corsaro. «Mancano ancora tre ore allo spuntare del sole ed in questo intervallo
di tempo possono succedere mille cose.»
«Cosa temete, capitano?»
«Che gli spagnuoli ci costringano
a capitolare prima che sorga il sole.»
«Io sono del vostro parere,
padrone,» disse Moko, che fino allora erasi tenuto dietro la porta ferrata.
«Gli spagnuoli sono occupati in qualche lavoro misterioso.»
«Cos'hai udito?» chiesero Carmaux
ed il Corsaro, con inquietudine.
«Si direbbe che stanno rotolando
dei barili.»
«Giù dalla scala?» chiese Carmaux
impallidendo.
«Sì,» rispose Moko.
«Dei barili!» esclamò il marinaio.
«Che siano pieni di polvere?»
«È probabile, Carmaux.»
«Noi non lo permetteremo,
capitano.»
«Cosa vorresti fare, mio bravo?»
«Aprire la porta e piombare sugli
spagnuoli prima che possano preparare la mina.»
«L'idea non mi sembra cattiva, però
non credo che otterremo grandi cose.»
«Preferisco morire colle armi in
pugno, piuttosto di saltare in aria come un sacco di stracci.»
«Allora venite, miei bravi,»
disse il Corsaro, sguainando la spada.
Prima di dare il comando di
levare le sbarre di ferro, accostò un orecchio alla porta e ascoltò a lungo.
«Giù le sbarre,» disse a Moko, a
mezza voce.
Il negro le fece cadere d'un
colpo solo e aprì violentemente la massiccia porta.
Il Corsaro s'era già scagliato
sui primi gradini, urlando a piena gola:
«Avanti, uomini del mare!...»
A metà della scala quattro
soldati, comandati da un sergente, stavano rotolando un barile.
Il Corsaro piomba in mezzo a loro
e con una stoccata abbatte il più vicino, ma il sergente gli sbarra il passo
attaccandolo vigorosamente colla spada in pugno, mentre i suoi compagni salgono
a precipizio urlando:
«I filibustieri!... All'armi!»
Il barile, abbandonato a sé
stesso, era rotolato giù dalla scala con gran fracasso, mandando Carmaux a
gambe all'aria.
«Sgombra!» aveva gridato il Corsaro,
al sergente. «Sgombra o ti uccido!»
«Sebastiano Maldonado muore sul
posto ma non fugge, mio signore,» rispose lo spagnuolo, ribattendo con grande
abilità una stoccata che avrebbe dovuto passarlo da parte a parte.
Moko e Carmaux si erano slanciati
pure innanzi, però avevano dovuto subito fermarsi in causa della strettezza
della scala e della inaspettata resistenza opposta dal sergente.
«Una pistola certe volte val
meglio d'una spada,» disse Carmaux, levandosi l'arma dalla cintura.
Stava per far fuoco sul valoroso
sergente, quando questi cadde mandando un grido. Il Corsaro lo aveva colpito in
mezzo al petto.
«Avanti!» gridò.
In quel momento, allo svolto
della scala comparvero gli spagnuoli. Accorrevano in buon numero per ricacciare
i filibustieri.
Due colpi di fucile rimbombarono.
Una palla tagliò netta la lunga piuma nera del Corsaro, mentre la seconda
sfiorava la guancia destra di Moko, tracciando un leggero solco sanguinoso.
«In ritirata!» grida il Corsaro,
scaricando la sua pistola contro gli archibugieri.
I tre filibustieri in due salti
scesero la scala e si rinchiusero nello stanzone salutati da altri due colpi di
fucile le cui palle rimbalzarono sulle piastre di ferro della porta.
«Prepariamoci a difenderci
estremamente,» disse il Corsaro.
Nel medesimo istante alcuni colpi
di cannone rimbombarono dalla parte del mare. Il Corsaro si era slanciato verso
la feritoia che guardava sul porto. Un grido di gioia gli irruppe dalle labbra.
«Cosa avete, capitano?» chiese
Carmaux.
«Guarda, Carmaux!... Guarda!...»
«Tuoni!» esclamò il bravo
marinaio. «I nostri filibustieri!»
La Folgore entrava in quel
momento nella rada scaricando le sue artiglierie contro le torri ed i bastioni
del forte di San Giovanni de Luz!...
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