2. L'ambasciatore inglese
Mai l'inglese, anche
durante le sue cacce in India od in altre regioni dell'Asia, aveva veduto la
morte così vicina.
Yanez, fermo a due passi
di distanza, teneva sempre puntate le pistole e le sue mani non avevano un
tremito.
Un rifiuto, una
esitazione, e quattro spari avrebbero echeggiato là dove fino allora aveva
vibrato il pianoforte.
- Orsù! - disse Yanez,
alzando un po' le pistole. - Vi decidete sì o no?
Per Giove! Io a quest'ora, preso così fra
l'uscio e il muro o, se vi piace meglio, fra la vita e la morte, non avrei
esitato.
È vero che un portoghese non è un inglese.
- Insomma che cosa
volete da me? - chiese l'uomo dai favoriti rossi.
- Vi faccio osservare
che non mi avete chiamato ancora Altezza, milord.
- Io non vi riconosco
questo titolo.
- La corona che mia
moglie, la rhani, porta sulla fronte, ai confini del Bengala, è abbastanza
pesante, signor mio, per farvi rispettare le persone.
Sono un rajah e basta. Ditemi invece chi
siete voi. Sono due minuti che attendo la vostra risposta e che aspetto di
graziare od uccidere un uomo. -
L'inglese, quantunque
facesse degli sforzi supremi per mantenersi tranquillo, impallidiva a vista
d'occhio.
- La risposta! - ripeté
Yanez.
- Che cosa volete fare
di me? Io non lo so ancora.
- Solamente impedirvi di
andare a Varauni come ambasciatore dell'Inghilterra, perché quel posto verrà
occupato da un'altra persona che io ora non posso nominare.
- E vorreste arrestarmi?
- Certo, milord: vi
imbarcherò sul mio yacht, dove sarete trattato con tutti i riguardi possibili.
- E fino a quando?
- Fino a quando piacerà
a me.
- È un sequestro di
persona.
- Chiamatelo come
volete, milord: a me non disturberete con questo i miei sonni.
Ed ora, milord, conducetemi nella vostra cabina
e consegnatemi le credenziali per il sultano del Borneo.
- È troppo! - urlò
l'inglese.
- Ma obbedendo salvate
la vita.
Sbrigatevi: abbiamo annoiato abbastanza queste
signore e queste signorine. -
Si era voltato e fatto
un cenno.
Subito quattro malesi,
robusti come piccoli tori, lo raggiunsero in mezzo alla sala.
- Voi, poi - gridò Yanez
volgendosi verso la scorta sempre immobile - al primo tentativo di rivolta fate
fuoco. -
Prese un candeliere che
si trovava sul pianoforte e spinse avanti l'inglese, il quale ormai non si
sentiva più in caso di tentare la menoma resistenza.
- Andiamo! - gli disse.
Attraversarono il
salone, aprendosi il passo fra i passeggeri terrorizzati ed impotenti, e sempre
seguiti dai quattro malesi raggiunsero il quadro di poppa, dove si trovavano le
cabine di prima classe.
Yanez si era messo a
leggere i cartellini attaccati alle porte che portavano il nome, cognome e condizione
dei viaggiatori.
- Sir William Hardel,
ambasciatore inglese - lesse. - È dunque questa la vostra cabina?
- Sì, signor brigante! -
rispose l'inglese, furibondo.
- Fareste meglio a
chiamarmi Altezza: ve l'ho già detto. Aprite, signor mio. -
Sir William non osò
rifiutarsi. Si sentiva addosso i quattro malesi, i quali pareva avessero una
voglia pazza di metterlo a pezzi coi loro terribili parangs.
La porta fu aperta ed i
sei uomini entrarono in una bellissima e spaziosa cabina ammobiliata con molto
lusso e soprattutto con buon gusto.
Yanez che osservava
tutto, balzò verso il canterano dove si trovava una pistola; la prese e la
passò ai suoi uomini, dicendo al disgraziato ambasciatore:
- Certe volte succedono
delle cose che non si possono prevedere, e sono quasi certo che se voi aveste
potuto afferrare prima di me quell'arma, me l'avreste scaricata nel petto.
- Le occasioni non
mancheranno - rispose sir William.
Mentre i malesi lo
attorniavano per impedirgli di fare il menomo atto di ribellione, aprì la sua
grossa e splendida valigia di pelle gialla cogli angoli d'acciaio.
- Sono qui le
credenziali? - chiese Yanez.
- Sì, bandito.
- Fatemele vedere.
- Sono in quel pacco di
carta rossa sigillata.
- Benissimo. -
Il portoghese spezzò i
bolli, tolse l'involucro e trasse diversi documenti che scorse rapidamente.
- Sono in perfetta
regola, Sir William Hardel. -
Li rimise nel bagaglio,
poi volgendosi verso due dei suoi uomini aggiunse:
- Portate tutto ciò a
bordo del mio yacht.
- Assassino! - gridò
l'inglese. - Mi private perfino delle mie vesti e del mio denaro!
- No, Sir William, lo
metto solamente al sicuro.
- Ed ora che cosa volete
fare di me?
- Seguirete questi due
altri uomini, i quali hanno precedentemente ricevuto tutti gli ordini
necessari.
Badate di non tentare la fuga, perché allora
avreste da far i conti coi parangs e so io come tagliano.
- Il mio governo non
lascerà impunita una simile infamia.
- Certo, Sir Hardel, -
rispose Yanez un po' beffardamente. - Non so per altro chi lo avvertirà.
- I passeggeri della
nave o il capitano. Appena saranno giunti a Varani telegraferanno al
governatore di Labuan.
- Non sono ancora giunti
nella capitale del sultanato. Andiamo, signor ambasciatore, ché io non voglio
farmi sorprendere all'alba da qualche cannoniera, quantunque abbia una
flottiglia poderosa. -
I due malesi ad un cenno
del portoghese avevano afferrato strettamente per le braccia il povero Sir, e
gli altri portavano la valigia che pareva pesantissima.
Quando tornarono nel
gran salone ancora tutti vivi, i passeggeri mandarono un gran sospiro di
soddisfazione ed assistettero, al pari dei marinai perfettamente immobili,
all'uscita dell'ambasciatore.
Il capitano del
piroscafo si avvicinò a Yanez, chiedendogli con voce rabbiosa:
- Che cosa volete ancora
da noi?
- Finire il waltzer
con quella graziosa signora - rispose il portoghese tranquillamente.
- Ancora? E quando ve ne
andrete fuori dai piedi?
- Ah, c'è tempo,
capitano. -
S'avvicinò al
pianoforte, dove stava sempre seduta la bionda miss e le disse:
- Signorina, per
circostanze indipendenti dalla mia volontà ho dovuto interrompere il ballo.
Vorreste riprenderlo? Ah, i waltzer di
Strauss sono veramente meravigliosi!
- Quest'uomo è pazzo! -
pensò certo il capitano.
Yanez si era voltato
bruscamente, col viso scuro, verso il comandante.
- Signor mio, - gli
disse - vorreste dirmi come vi chiamate?
- Tanto v'interessa?
- Non si sa mai.
- John Foster: io non ho
paura a dirvelo.
- Grazie. -
Trasse di tasca un
piccolo libriccino legato in pelle ed oro e scrisse quel nome, poi mosse,
sempre pacato, sempre magnifico nella sua grande calma, verso la signora colla
quale aveva incominciato il waltzer e che pareva lo aspettasse.
- Volete finirlo...
signora?...
- Lucy Wan
Harter.
- Ah!
Un'olandese?
- Si, Altezza.
- Mi ricorderò di voi. -
Il waltzer era
incominciato ed i passeggeri, vedendo il terribile uomo slanciarsi fra i
vortici della danza e sorridere alla sua dama, dapprima timidamente, poi più
animatamente avevano seguito l'esempio ma guardando bene di tenersi lontani
dalla coppia che danzava al centro del salone.
Solamente il tenore non
si era più fatto udire. Lo spavento doveva aver paralizzati i suoi mezzi
vocali.
Il waltzer era
terminato e Yanez aveva condotto verso un divano la bella olandese, la quale
non cessava di fissarlo intensamente, con quell'olimpica calma che è una
specialità dei popoli bagnati dal freddo e tempestoso mare del Nord.
Una profonda ansietà si
era impadronita di tutti. Pareva che si chiedessero che cosa voleva ora fare il
terribile uomo.
Yanez si asciugò il
sudore che gli bagnava la fronte, poi disse, volgendosi verso i passeggeri:
- Signore e signori: vi
accordo dieci minuti per far portare i vostri bagagli in coperta. -
Il capitano, che
digrignava i denti presso il pianoforte, si slanciò innanzi colle pugna chiuse
chiedendo:
- Che cosa volete fare
ora, furfante?
- Mia Altezza desidera
vedere una nave saltare in aria - rispose francamente il portoghese.
- La mia?
- È della Compagnia;
quindi non è affatto vostra.
- Mi è stata affidata.
- Difendetela, se vi
credete abbastanza forte. Io sono un uomo che non rifiuta mai un combattimento.
- Miserabile pirata! Mi
avete preso per il collo e cercate ora di strozzarmi.
- La nave, non voi.
- Avete trenta prahos,
fatene saltare uno se volete divertirvi, o anche mezza dozzina.
- Oh! Siete spiccio,
voi.
- È ora di finirla con
questa infame canagliata. -
Yanez trasse un
portasigari tempestato di brillanti, levò una sigaretta, l'accese, e dopo
d'aver gettato in aria alcune boccate di fumo profumato, disse con voce che non
ammetteva replica:
- Quando io avrò finito
di fumare questa sigaretta, il piroscafo dovrà essere sgombro delle persone che
lo montano.
I macchinisti sono stati
tutti arrestati ed ho fatto già collocare presso i forni un barile contenente
cento chilogrammi di polvere.
Su via, capitano: fate
portare in coperta i bagagli delle signore e dei signori e date ordine che si
mettano in mare tutte le scialuppe.
- Bisogna che vi uccida:
ricordatevi di John Foster.
- Anzi, mi segnerò il
vostro nome. Talvolta gli uomini s'incontrano quando meno credono.
- Ed io spero bene di
trovarvi un giorno! - ruggì il capitano al colmo dell'esasperazione.
- Ed io sarò lieto di
offrirvi una buona bottiglia di vino portoghese a bordo del mio yacht.
Badate che ho fumato già mezza sigaretta e che i
miei malesi cominciano ad impazientirsi.
- Corpo d'un tuono!
Obbedisco alla forza brutale d'un bandito!
- Principe! - disse
Yanez un po' beffardamente.
Degli ordini erano stati
dati e trasmessi agli uomini che si trovavano in coperta, sorvegliati da altri
trenta malesi, perfettamente armati, sbarcati da uno dei trenta grossi prahos.
I passeggeri,
terrorizzati dal pensiero che quel terribile uomo facesse da un momento
all'altro saltare il piroscafo, salivano confusamente sulla tolda.
Yanez li aveva preceduti
coi suoi malesi.
I marinai stavano
calando le scialuppe e ritirando dal boccaporto di maestra le valigie dei
passeggeri.
Una grande confusione si
era manifestata tra quelle cento e cinquanta persone. Tutti si spingevano
innanzi per essere i primi a scendere nelle scialuppe.
Solamente la bella dama
olandese conservava una calma olimpica.
Yanez, vedendo gli
uomini più vigorosi travolgere i più deboli, si slanciò innanzi, seguito da una
ventina di malesi.
- Prima i fanciulli! -
gridò - poi le signorine, poi le signore e ultimi gli uomini.
Se non mi obbedite, faccio spazzare il ponte da
una scarica. -
Sapendo ormai con quale
individuo avevano da fare, i passeggeri si fermarono. I malesi d'altronde
avevano imbracciate le loro pesanti e corte carabine di mare, pronti a far
fuoco al primo segnale del loro capo.
- Calmatevi! - disse
Yanez levando un'altra sigaretta. - Non ho ancora dato ordine di accendere la
miccia che ho fatto collocare sul barile. Avete tempo di fare i vostri comodi.
-
Poi, vedendo passare la
bella dama olandese sospinta dagli altri, la trasse dal gruppo.
- Signora, - le disse -
dove andate? A Varauni o a Pontianak?
- A Varauni, signore.
- Allora spero di
rivedervi presto.
- Anche voi andate nella
capitale del Sultanato?
- Lo spero. -
Si tolse da un dito un
superbo anello con un magnifico rubino e glielo porse:
- Signora Lucy, -
riprese - per avermi fatto divertire.
- Ed io lo terrò
carissimo, perché datomi da un uomo che non ha paura di nessuno. -
Le diede il braccio e le
fece largo fra i passeggeri che si affollavano addosso alle murate, impazienti
di scendere nelle imbarcazioni già tutte messe in acqua.
- Finché io sono qui non
v'è alcun pericolo, signori miei, perché non ho alcun desiderio di saltare in
aria colle macchine di questa nave.
Lasciate il posto a questa signora! -
La sollevò fra le
robuste braccia, passandola sopra il bastingaggio e l'affidò a due marinai che
si trovavano sulla piattaforma della scala.
Ciò fatto, il portoghese
si appoggiò ad un argano, continuando a fumare e a sorvegliare anche il
salvataggio.
I malesi erano sempre
intorno a lui per prestargli man forte.
Già a bordo non
rimanevano che poche persone, le quali si affrettavano a portare i loro
bagagli, quando si mostrò il capitano della nave, che fino allora non si era
fatto vedere, occupato probabilmente a mettere in salvo le carte di bordo e la
cassa.
- Spero, signore, - gli
disse, affrontandolo iratamente, - che noi ci rivedremo.
- E perché no, capitano?
- rispose Yanez.
- Non trascinerete
continuamente per il mare la vostra flottiglia senza prendere qualche volta
terra: guai a voi, se vi trovo in qualche porto!
Sapete come si trattano i pirati?
- Si appiccano - rispose
il portoghese, continuando a fumare.
- Ricordatevi del
capitano John Foster.
- Ho già marcato il
vostro nome. -
Il comandante si morse
le pugna, poi volse bruscamente le spalle bestemmiando.
Raggiunse la scala e si
fermò ancora un istante per urlare contro Yanez impassibile:
- Ladro! tre volte
ladro! -
La risposta fu
un'ironica risata.
Le scialuppe ben cariche
di passeggeri si allontanavano frettolosamente, tentando di raggiungere l'isola
di Mangalum, la quale non distava più d'una quindicina di miglia verso levante.
- È pronto tutto? -
gridò Yanez imboccando il porta-voce della sala macchine. - Salite subito ed
accendete la miccia. -
Un momento dopo quattro
uomini s'arrampicavano lestamente su per la scala di ferro e si slanciavano in
coperta.
- Presto, capitano,
brucia! - disse uno dei quattro.
- In ritirata!- comandò
Yanez.
Lo yacht si trovava
sempre ormeggiato contro la scala di babordo ed aveva i fuochi accesi.
I trenta malesi ed il
loro capo salirono a bordo.
La sirena lanciò un
fischio acuto e la piccola nave s'allontanò passando fra i prahos i
quali avevano allargate le loro linee.
Il grosso piroscafo
abbandonato a sé stesso, sempre pieno di luce, fluttuava lentamente, scotendo
le catene delle àncore.
Yanez aveva fatto
arrestare il suo yacht a cinquecento metri e si era collocato a poppa, per non
perdere nulla dello spettacolo.
Accanto a lui era
comparso un vecchio malese, tutto rugoso, coi capelli completamente bianchi.
- È guerra questa? -
chiese Yanez al vecchio.
- Cominciamo bene,
signore. Io per altro avrei conservato quella bella nave.
- E che cosa ne avrei
potuto fare? In qualunque porto io l'avessi condotta mi avrebbero arrestato,
perciò preferisco distruggere tutto.
Mi accusino pure i passeggeri, se lo vorranno:
non li temo.
È solamente da quel John
Foster che può giungere il pericolo, ma noi saremo a Varauni ben prima di lui
se... -
Un lampo accecante
squarciò in quel momento la nave, seguìto da un rimbombo assordante.
Il barile era scoppiato
e la nave affondava.
Per alcuni istanti una
pioggia di rottami cadde sul mare, per un giro larghissimo, poi la massa che
beveva acqua in quantità enorme dai suoi fianchi squarciati, affondò da poppa,
alzando la prora come una lama mostruosa.
Rimase un momento in
quella posizione, poi affondò rapidamente, formando un gran gorgo.
- Assestiamo ora i
nostri affari, caro Sambigliong. In questo momento io non ho bisogno della
flottiglia che hai assoldata, quindi per ora puoi metterla al sicuro nella baia
d'Ambong.
Se le cannoniere inglesi
od olandesi la incontrano, non la lasceranno tranquilla ed io ci tengo ad aver
sotto mano questi legni.
- E come farete a
trasmettermi i vostri ordini?
- Manderai a Varauni il praho
di Padar, che è il più leggero e il più rapido e che ha l'aspetto d'un onesto
veliero.
Di Mompracem in questo
momento non occuparti. Non è ancora suonata l'ora di prenderla d'assalto; e poi
agirà ora più la diplomazia che la forza.
- Avete null'altro da
dirmi, signor Yanez?
- Cerca di guardarti
dalle cannoniere e di non lasciare la barca senza mio ordine.
- E Sandokan?
- Veglia sulle frontiere
del Sultanato insieme coi suoi dayachi ed è pronto a varcare le montagne
di Cristalli.
Metteremo il Sultano fra due fuochi e giacché
gl'inglesi hanno commessa la sciocchezza di cedergli Mompracem, avrà da fare
con noi.
Parti, Sambigliong: ho fretta di rivedere
Varauni dopo tanti anni. -
Fu calata in mare una
scialuppa ed il vecchio fu trasbordato sul veliero più grosso.
I capi, avvertiti degli
ordini dati da Yanez, fecero spiegare quanta tela avevano, essendo il vento
favorevole e dopo dieci minuti s'allontanavano verso il settentrione per
rifugiarsi ad Ambong.
Sul posto non era
rimasto che il praho di Padar, un magnifico veliero lungo e sottile come
una feluca, che con una buona brezza poteva ridersene anche delle
cannoniere-tartarughe che l'Olanda e l'Inghilterra andavano laggiù per
impedire, sempre con scarso profitto, la pirateria.
- Forza in macchina! -
gridò Yanez.
Lo yacht balzò sulle
onde come un puro sangue che per la prima volta sente lo sprone del cavaliere,
e si slanciò verso il sud-est, lasciandosi dietro una superba scia
fosforescente, in mezzo alla quale le belle meduse, simili a globi di luce
elettrica, danzavano.
Il piccolo praho
si era pure messo in corsa, scivolando silenziosamente sulle acque illuminate.
- Benissimo! - disse
Yanez quando la flottigla non fu più visibile. - Non credevo che i nostri
affari cominciassero così bene.
Andiamo a scambiare due parole con quel caro Sir
William Hardel.
Sarà certamente di pessimo umore: ho però del
thè da offrirgli e si calmerà.-
Prese un canocchiale,
che in quel momento un malese aveva portato in coperta e lo puntò verso tutte
le direzioni.
Nulla: solo il gran mare
d'argento, senza una macchia oscura che potesse far sospettare la presenza
d'una cannoniera o d'un incrociatore.
- La fortuna sorride
sempre agli antichi pirati di Mompracem - mormorò. - Ma mi sono imbarcato in
un'avventura che non so dove finirà, poiché gl'inglesi di Labuan non
mancheranno di appoggiare il sultano.
D'altronde che cosa può fare un principe
consorte alla corte dei rajah d'Assam? Far saltare sulle mie ginocchia
mio figlio per farmi ridere dietro da quei grandi nababbi maleducati e
invidiosi?
Surama d'altronde sa che io sono un uomo
d'azione, incapace quindi di addormentarmi fra i profumi ed i balli delle bajadere.
Ehi, cuoco, è pronto il thè?
- Si, signor Yanez, -
rispose il cuciniere, avanzandosi con un gran vassoio d'argento cesellato e
relativo servizio di chicchere, di terrine e di zuccheriere.
- Allora seguimi:
andiamo ad addomesticare John Bull. -
Scese la scaletta ed
entrò nel quadro, ammobiliato con molto buon gusto ed attraversato il salotto,
ampio, spazioso e bene illuminato, aprì la porta d'una cabina segnata col
numero 3. Due malesi vegliavano coi parangs in mano e le carabine in
ispalla, pronti a mandare all'altro mondo il disgraziato ambasciatore, se
avesse tentata la fuga.
- Buon giorno, Sir
William, - disse famigliarmente Yanez entrando.
La risposta fu un urlo
da belva.
Il portoghese lo guardò
con finto stupore.
- I miei uomini vi hanno
usata qualche scortesia per ritrovarvi così eccitato? Parlate ed io li farò
fucilare.
- È voi che io vorrei
far fucilare, canaglia!
- Forse le palle che
devono togliermi dalla terra non sono ancora state fuse - rispose Yanez alzando
le spalle.
Su via calmatevi, Sir
William, e prendete il thè con me, un thè squisito, perché io uso solo quello
che i cinesi chiamano polvere di cannone.
- Andate al diavolo! -
urlò l'inglese.
- Vi calmerà i nervi:
voi, come inglese, lo dovete sapere meglio di tutti gli altri.
- Bevetevelo voi, il
vostro thè; e poi io non mi fido.
- Mi credereste capace
di avvelenarvi?
- Dopo quello che avete
fatto, io vi credo capace di assassinare freddamente un gentiluomo.
- Voi non mi conoscete.
- Molti anni or sono s'è
parlato a lungo su questi mari di due audaci malandrini, che si facevano
chiamare, uno la Tigre della Malesia e l'altro il signor Yanez de Gomera.
- Io non sono mai stato
né l'uno, né l'altro.
- Eppure dal capitano
del piroscafo ho udito pronunciare il vostro nome e Domeneddio mi ha dato due
buoni orecchi per udire.
- Perfino troppo larghi!
- stava per aggiungere Yanez insolentemente.
Ma si trattenne a tempo
per non far uscire completamente dai gangheri il discendente di John Bull.
Prese una sedia e si
sedette dinanzi al tavolino, su cui fumava il thè, spandendo un delizioso
profumo.
- Sir William, fatemi
compagnia - disse il portoghese.
L'ambasciatore, che
fiutava avidamente l'aroma della bevanda preferita dagli inglesi, increspando
di quando in quando il naso come un gatto in collera, non seppe più resistere
alla tentazione.
- Berrete anche voi con
me? - chiese.
- Sarò anzi il primo, se
ciò non vi farà dispiacere. Così sarete completamente al sicuro da un
avvelenamento che io non ho mai sognato. -
L'inglese, che non
poteva più resistere, prese a sua volta una sedia e si mise in faccia a Yanez
con un gomito appoggiato sul tavolino.
Prese la tazza che il
portoghese gli porgeva e la vuotò tutta d'un fiato, a rischio di bruciarsi la
gola.
La bevanda cinese
produsse in quel momento sull'ambasciatore l'effetto contrario di calmare i
suoi nervi, poiché si rizzò di colpo picchiando un terribile pugno sul tavolo e
urlando:
- Ed ora mi spiegherete
che cosa volete fare di me, malandrino!
- Vi ho già detto dieci
volte che io sono un rajah indiano. Come chiamo voi Sir, chiamate me
Altezza.
- Quando sarete
appiccato.
- Allora aspetterete un
bel po', Sir William.
- Ho della pazienza da
vendere.
- Aspettereste troppo,
Sir.
- Insomma volete dirmi
perché mi avete fatto rapire da quel piroscafo? Che intenzioni avete voi a mio
riguardo? -
Yanez aprì
tranquillamente il suo astuccio, sempre pieno di sigarette e lo porse
all'inglese, dicendogli:
- Dopo il thè una buona
sigaretta fa bene.
- E vi sarà dentro
probabilmente qualche narcotico.
- Scegliete a vostro
piacimento la mia e la vostra: così sarete perfettamente sicuro.
- Se fossi un cattolico,
vi crederei il diavolo - disse Sir William dopo d'aver aspirato qualche
boccata.
- Non ho tanto onore -
rispose Yanez ridendo.
- Allora spiegatevi.
- Subito, signor
ambasciatore.
Come vi ho detto io sono
un rajah indiano e non sono mai stato capace di poter ottenere nemmeno
un semplice console, che vegliasse sull'andamento del mio Stato.
Avendo appreso, per una
strana combinazione, che l'Inghilterra mandava nientemeno che un ambasciatore a
quell'imbecille di Sultano, vi ho portato via.
- E che cosa farete di
me?
- Vi condurrò in India,
dove vi offrirò un posto principesco alla mia corte, con dodicimila rupie
all'anno.
Siete contento, Sir
William?
- Credo ben poco alle
vostre parole.
- Allora non parliamone
più.
- Io so che mi trovo
prigioniero, mentre dovrei esser libero.
- Mi avete detto poco fa
che avete della pazienza da vendere: aspettate dunque, Sir William.
- Che cosa? Qualche
morte violenta?
Yanez si era alzato.
Dai sabordi bene
sprangati di ferri entravano le prime luci dell'alba.
- Sir William, - disse -
sarà meglio che prendiate un poco di riposo. Spero di rivedervi più tardi. -
Si toccò colla destra
l'orlo del sombrero, senza che l'inglese si degnasse di rispondere ed uscì
dalla cabina, mentre i due malesi riprendevano il loro posto dinanzi alla
porta.
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