7. La crociera dello yacht
Frescava sempre al
largo, mitigando la brezza il gran calore equatoriale che si riversava sullo
yacht come una pioggia di fuoco.
Sotto la tenda tesa
sopra il cassero, il Sultano, il suo seguito, la bella olandese e Yanez si
erano seduti intorno ad una tavola per dare fondo alle ultime bottiglie di
champagne e fare strage di sigarette e di noci di betel.
Il Sultano, messo in
buon umore da quel vino gorgogliante, che non aveva mai bevuto, scherzava.
Pareva un buon ragazzo,
portato via da un collegio e mandato a divertirsi sulla spiaggia o a bordo di
qualche barca peschereccia.
- Milord, - diceva,
fumando una sigaretta del portoghese - come piacerebbe anche a me di possedere
una nave a vapore!
- Ve ne sono sempre in
vendita, Altezza, nei porti indiani e anche cinesi. Non vi mancheranno i fondi,
suppongo.
- È che non ho mai
trovato un galantuomo, milord, - rispose il Sultano. - Io avevo un nipote a cui
ero molto affezionato e che avrebbe potuto un giorno succedermi, perché non ho
figli maschi. Incaricai lui di comperarmi una piccola nave a vapore. Partì
infatti, per Hong-Kong dove i fondi che dovevano servire per l'acquisto si
squagliarono sui battelli fioriti, com'ebbe l'audacia di narrarmi.
- Era d'appetito vostro
nipote, Altezza, - rispose Yanez. - E poi sapeva bene di avere nelle sue vene
sangue di Sultano fuso con pietre preziose.
- E non tornò più? -
chiese la bella olandese.
- Dopo due mesi me lo
vidi comparire dinanzi, tutto piangente, con una corda al collo perché lo
strozzassi.
- E gli perdonaste? -
disse Yanez.
- Precisamente così,
milord: io volevo assolutamente possedere un battello a vapore e lo rimandai in
Cina, accompagnato da un ministro.
- Ed anche quella nave
naufragò fra i battelli di fiori delle belle cinesi? - disse Yanez.
- Avete indovinato,
milord: dopo un mese mio nipote tornava ancora dinanzi a me, tutto compunto,
implorando il mio perdono e dicendomi, a sua discolpa, che era stato truffato
dai cinesi. Rinunziai alla nave a vapore; ma la testa di mio nipote si trova in
fondo alla baia, insieme con quella del ministro che l'accompagnava.
- Forse non aveva
pratica negli acquisti - disse Yanez.
- Se era l'uomo più
scaltro che vi fosse alla mia corte! -
Il Sultano prese un
bicchiere colmo di champagne e lo vuotò d'un fiato, dicendo poi:
- Anneghiamo quella
brutta avventura. -
Si erano alzati e
diretti verso il castello di prora, su cui era pure stata tesa la tela.
Il mare, percosso di
traverso dai raggi del sole, pareva che fiammeggiasse tutto.
In mezzo a quell'orgia
di luce i soliti uccelli marini volteggiavano.
Ad oriente le coste del
Borneo si profilavano abbastanza distinte e verso il settentrione una specie di
forma nebbiosa indicava l'isola del rajah delle isole.
- Volete proprio
spingervi lassù, milord? - chiese il Sultano. - Giungeremo troppo tardi.
- Voglio mostrare a quei
pirati i colori della vostra bandiera che ho già fatta innalzare sulla maestra
- rispose Yanez.
- Preferirei rimettere
questa dimostrazione navale ad un altro giorno.
- Ora che Balaba è in
vista?
- Temo che v'immischiate
in qualche brutta avventura, milord, quantunque io abbia sempre la massima
fiducia nelle vostre qualità guerresche e marinaresche.
- Prima di mezzanotte
noi saremo a Varauni dinanzi al vostro palazzo. -
Lo yacht affrettava,
anzi precipitava la corsa, balzando sulle acque come un balenottero.
L'elica e gli stantuffi
funzionavano rabbiosamente, facendo gemere i madieri ed i corbetti sotto i loro
colpi affrettati.
Yanez aveva preso un
canocchiale e guardava attentamente verso l'isola di triste fama, la quale
pareva ormai che corresse incontro alla rapida nave, mostrando le sue baie
profonde e le sue imponenti scogliere.
Su quelle acque
tranquille si vedevano numerosi prahos e giongs, colle vele
semi-spiegate per essere più pronti a mettersi in corsa.
- Tutti gli uomini al
posto di combattimento! - gridò Yanez. - E tu, Mati, spara una cannonata. Sono
curioso di sapere che cosa accadrà.
Mostriamo a quella canaglia che la pazienza del
Sultano del Borneo è esaurita e che è giunta l'ora delle punizioni. -
Poi, volgendosi verso la
bella olandese, le disse:
- Ritiratevi, signora:
fra poco qui passerà la morte. -
Il prode Sultano, udendo
quelle parole, fece una brutta smorfia e guardò con inquietudine i suoi due
ministri ed il segretario, senza trovare in loro alcun incoraggiamento, poiché
restavano lì impalati, come se si fossero tramutati in bronzo. Mati era balzato
sul castello di prora e si era messo dietro al pezzo.
Una detonazione
fragorosa si ripercosse entro le profonde baie di Balaba, con sinistro fragore.
- Le vedete, Altezza, se
si svegliano quelle canaglie? - disse Yanez al Sultano, il quale pareva più
morto che vivo.
- Ritorniamo indietro,
milord.
- Aspettate che guardino
bene che è la vostra bandiera che sventola su questa nave. Il sole è ancora
alto: potranno vedere la mezzaluna d'argento sul fondo verde.
- Basterà così, milord.
- Oh, aspettate! Non
fate vedere che il Sultano, dopo essersi spinto fino qui a sfidarli, batte in
ritirata dinanzi a loro.
- E se vengono
all'abbordaggio?
- Per Giove! Ci
difenderemo, Altezza. -
Dodici o quindici prahos,
insieme a qualche giong, si erano radunati presso l'uscita d'una baia,
mettendosi subito alla vela. Schieratisi su due linee, mossero arditamente
verso lo yacht, salutandolo a colpi di spingarda e di mirim. Due colpi
di cannone, sparati da Mati e da Yanez, resero quei terribili combattenti più
prudenti. Invece di spingersi subito all'attacco, con stupore del Sultano,
ammainarono in segno di saluto le loro rosse bandiere e si rifugiarono
novamente dentro la baia.
- Come? - esclamò il
Sultano. - Hanno dunque paura della mia bandiera?
- Ve lo avevo detto,
Altezza, che sarebbe bastato farla sventolare dinanzi ai loro occhi.
- Voi siete un uomo
assolutamente straordinario. A voi dovrò la salvezza e la tranquillità del mio
Stato. Che cosa potrò fare per voi?
- Nient'altro che essere
riconoscente all'Inghilterra - rispose il portoghese. - Io sono stato mandato
qui per sbarazzarvi di tanti nemici che insidiano il vostro trono. Volete che
torniamo indietro?
- Sì, sì! - esclamò il
Sultano, ancora spaventato dal rombo delle spingarde e dei grossi pezzi dello
yacht.
Mentre la flottiglia
piratesca si ritirava precipitosamente dentro la baia, sparando ancora qualche
colpo, lo yacht virò di bordo e tornò velocemente verso il sud, radendo quasi
le coste del Borneo.
Mati si era avvicinato a
Yanez.
- Anche gli altri? -
chiese.
- Certo: voglio che il
Sultano si senta ben sicuro con me fino al giorno in cui lo perderò.
- Non ha nemmeno
sospettato lontanamente che quei prahos erano nostri.
- Quel merlo non è
davvero uno stregone e poi i suoi ministri lo hanno ormai incretinito. Abbiamo
l'altra mezza flottiglia nella baia di Gaya?
- Si, signor Yanez.
- Andremo a ripetere
questa innocua farsa, che non è costata a nessuno nemmeno una goccia di sangue.
-
Mati scosse la testa.
- Perdonate, signor
Yanez, ma io non riesco a capire lo scopo di questa fulminea crociera.
- Lo comprenderai meglio
un altro giorno, ossia quando il Sultano, ritenendosi ormai perfettamente
sicuro nelle sue acque, verrà portato via sotto i nostri occhi.
- Osereste tanto?
- La Tigre della Malesia avrebbe già osato molto di più. A me ora conviene agire con estrema
prudenza dopo l'affondamento della cannoniera e del piroscafo.
Un giorno o l'altro qualche ufficiale di S. M.
Britannica od Olandese verranno a reclamare la mia testa.
Ma spero di essere allora io il padrone di
Varauni. Mi basta aver sotto mano i cinesi. Noi ora dovremo lavorare tra loro.
- Bisognerebbe avere
delle conoscenze.
- Ho pensato a tutto:
questa sera andremo a trovare un vecchio taverniere cinese, che un tempo ha
fatto molto per Mompracem, tenendoci informati, a rischio di essere appiccato,
delle mosse delle navi inglesi.
Silenzio: il Sultano! -
A Sua Altezza,
sospettosa come tutti i piccoli tirannelli delle isole della Sonda, non era
sfuggito quel colloquio, quantunque non avesse potuto comprendere nemmeno una
parola di quanto era stato detto.
- Si direbbe che qui si
congiura - disse, salendo sul castello ed abbordando Yanez e Mati. - Volete
tentare qualche altra dimostrazione navale?
- Certo, Altezza! -
rispose Yanez.
La baia di Gaya è un
vero nido di pirati e anche là io debbo fare sventolare i colori della vostra
bandiera, se vorrete essere più tardi temuto e rispettato. Se lasciate che
tutte quelle canaglie si rafforzino, un brutto giorno voi vedrete entrare i
loro prahos nella baia e non sarà il vostro palazzo, né la vecchia
batteria che li ricaccerà al largo.
- E i miei rajaputi?
- Sì, dei bellissimi
uomini assai costosi, ma che appunto perché sono pagati troppo bene non avranno
il coraggio di guardare in viso la morte.
Mati! Un altro colpo di cannone! -
Lo yacht in quel momento
passava dinanzi ad un'alta costa che pareva fosse stata squarciata dalla rabbia
dei marosi.
In una tranquilla baia,
protetta da un gran numero di scogliere, stavano all'ancora una quindicina di
grossi prahos.
Anche questa volta i
pirati, credendo d'aver da fare con qualche meschina giunca proveniente dai
porti della Cina, furono solleciti a spiegare le vele e spingersi
frettolosamente al largo, mandando urla ferocissime.
- Mati, calma il loro
ardore - disse Yanez.
I due pezzi da caccia
tonarono, formando quasi una sola detonazione; ma, cosa strana, quegli
abilissimi artiglieri che non avevano avuto paura di attaccarsi anche alla
cannoniera, con quei colpi non spezzarono né un pennone, né un albero.
Si sarebbe detto che i
pezzi erano stati caricati solamente a polvere.
Anche le spingarde dei
pirati, quantunque sparate furiosamente e a non grande distanza, non avevano
prodotto alcun guasto allo yacht.
- Vedete, Altezza, - disse
Yanez al Sultano - basta mostrare a quelle canaglie la nostra gloriosa bandiera
per far tremare le mani agli artiglieri ed ai fucilieri.
Come vedete, vi si teme ancora. -
La flottiglia, dopo aver
fatto grande spreco di polvere, poiché nessun proiettile era giunto sullo
yacht, riordinò le sue file e si ritrasse lentamente dentro quella larga
apertura che penetrava in una vasta baia.
Il sole in quel momento
stava per tuffarsi in mare.
A ponente tutta la
distesa d'acqua scintillava come bronzo fuso.
Gli uccelli marini,
vedendo avanzarsi la notte, lanciavano un ultimo saluto prima di raggiungere i
loro nidi inaccessibili.
La flottiglia, obbedendo
certamente a qualche ordine misterioso, era appena scomparsa, quando due vele
rossastre e ben gonfie di vento che spingevano innanzi un agilissimo praho,
tagliarono il disco solare oscurandone per un momento la luce.
- Padar! - mormorò
Yanez. - Io credo che in tutta la Sonda non si possa trovare un marinaio più
valente di lui.
Il suo praho vola
come gli uccelli marini.
- Milord, - disse il
Sultano, indicando al portoghese le due vele. - Fate affondare quel legno.
- Perché, Altezza?
- Per impedirgli di
attaccarci quando le tenebre saranno scese.
- Io non posso affondare
quel veliero, che è montato forse da onesti trafficanti.
Attirerei l'odio contro la vostra bandiera,
invece di renderla amata. Lasciatelo quindi andare.
- Vorrei vedere come
sparerebbero i vostri uomini in caso di pericolo - disse il Sultano.
- Le occasioni non
mancheranno, Altezza. Vedete quell'albero che si erge su quella roccia che
protegge la baia di Gaya? Ora vi mostrerò come i miei uomini sanno servirsi dei
loro pezzi.
Mati, spezzami con una palla di cannone
quell'albero. -
Il mastro cannoniere,
che comprendeva a volo i pensieri del suo padrone, montò sul cassero, mentre lo
yacht volava col vento in poppa.
Il colpo si fece molto
aspettare, ma strappò un grido di ammirazione dalle labbra del Sultano, dei
ministri e dei marinai.
L'albero era stato
spaccato a metà altezza con un tiro veramente prodigioso.
- Ecco come sparano i
miei uomini, Altezza! - disse Yanez al Sultano. - Con così abili artiglieri non
dovete aver paura quando vi trovate a bordo del mio yacht.
Lasciate che il rajah delle isole esca
dal suo covo e vedrete come i miei uomini ridurranno i suoi velieri.
- Ah, questi uomini
bianchi! - esclamò il Sultano. - Come sono meravigliosi! -
Poi si sedette su una
sedia e vuotò l'ultima bottiglia di champagne che era rimasta, brindando
abbastanza galantemente agli occhi azzurri e profondi della bella olandese.
Le ombre della sera
calavano sul mare come una volata di corvi.
Le ultime luci erano
scomparse, ma altre, e non meno belle, si scorgevano di già ballonzolare fra le
onde.
Nottiluche, meduse
larghe come ombrelli, pelargonie che s'aprivano come altrettanti fiori,
montavano a galla in quantità enorme, facendosi stracciare dall'acuto sperone
dello yacht.
Di quando in quando un
avido pesce-cane veniva a gettare lo sgomento fra tutti quei molluschi.
Le luci allora si
spegnevano subito: meduse e pelargonie si lasciavano affondare rapidamente, per
poi risalire qualche minuto dopo a mostrare i loro smaglianti colori.
Lo yacht s'avanzava
sempre rapidissimo, quasi a tiraggio forzato, seguendo le sinuosità della
costa, sgombre, per un vero caso, di quelle migliaia di scoglietti che rendono
difficilissimi gli approdi alla grande isola del Borneo, anche a mare
tranquillo.
Alle dieci di sera i
gitanti, pienamente soddisfatti della loro corsa, entravano senz'altro nella
baia di Varauni, segnalata da due piccoli fanali a olio, collocati su modeste
torricelle.
Lo yacht aveva appena
sparato un colpo, quando la solita barca rossa coi bordi dorati mosse
velocemente incontro al Sultano ed al suo seguito.
- Milord, - disse il
regnante, mentre alcuni marinai calavano nella scialuppa il pesce-cane -
ricordatevi che il mio palazzo è aperto per voi a tutte le ore.
- Ci rivedremo ben
presto, Altezza. Sono un appassionato cacciatore e vorrei fare una corsa fino
ai monti Cristalli, che sono così ricchi di belve, a quanto si dice.
- E vorreste condurre
anche me?
- Se è possibile.
- Vedremo - rispose il
Sultano evasivamente.
Tese la destra
all'ambasciatore e scese nella sua barca, seguito dai due ministri e dal
segretario.
La bella olandese era
rimasta a bordo.
Yanez seguì cogli sguardi
la scialuppa che si allontanava, poi tornò verso Lucy Wan Harter, la quale
pareva che lo aspettasse.
- Signora, - le disse -
la mia nave è a vostra disposizione.
- Volete che mi fermi
qui?
- Non vi provate a
scendere a terra dopo le minacce del capitano del piroscafo.
- E voi?
- Io ho da sbrigare
qualche faccenda a Varauni - rispose Yanez.
- Siete un uomo
misterioso!
- Perché, signora?
- Non siete ambasciatore
ed ho udito il vostro chitmudgar chiamarvi Altezza. Ditemi una buona
volta chi siete!
- Io non posso tradire,
signora, i segreti della Tigre della Malesia.
- Della Tigre della
Malesia, avete detto? - esclamò la bella olandese con una certa commozione.
- Avreste conosciuto
quel terribile uomo? -
Lucy Wan Harter stette
un momento silenziosa, poi disse:
- Sì, io ho conosciuto
l'eroe della Malesia.
- Quando? - chiese
Yanez.
- Due anni or sono,
sulle coste della baia di Poitou.
- Due anni or sono io
ero nell'India - disse il portoghese.
Vorreste narrarmi in quale circostanza, signora,
avete conosciuto quel formidabile uomo?
- Tornavo da Hong-Kong,
dove avevo sepolto mio marito, minato da un male che non perdona.
- Ah! Siete vedova?
- Si, signore...
- Chiamatemi
semplicemente milord, o, se vi piace meglio, Altezza, avendo io sposata una
principessa indiana.
- Allora vi chiamerò
milord, per non destare dei sospetti nel Sultano. Una notte un terribile
uragano coglie la nostra nave che era a vela, non avendo trovato vapori in
partenza per il Borneo.
La bufera era così violenta che la nave, presa
da un vero ciclone, fu subito gettata fuori dalla sua rotta e scaraventata in
mezzo a vere montagne d'acqua.
Tutta la notte il disgraziato veliero errò,
sbattuto fra le tenebre, senza alcun possibile governo.
Ad un tratto uno schianto spaventevole coprì il
fragore delle onde sempre incalzanti; la nave aveva urtato contro uno scoglio e
la sua prora si era sfasciata.
- Dove vi aveva cacciato
l'uragano?
- Nella baia di Poitou.
- Continuate, signora, -
disse Yanez.
- La notte fu
spaventevole. Tutti temevamo che da un momento all'altro la nave, la quale
sospinta sempre dalle onde continuava a cozzare contro lo scoglio, si
sfasciasse completamente. Fortunatamente quel veliero era, come dicono gli
americani, a prova di scoglio e resistette tenacemente, quantunque la stiva fosse
stata in gran parte inondata.
Cominciavamo a consolarci dello scampato
pericolo, quando verso l'alba udimmo i marinai urlare:
I pirati! i pirati! Difendetevi!
Una flottiglia di dieci grossi prahos
s'avanzava dal fondo della baia, la quale flottiglia era montata da un gran
numero d'uomini color olivastro o bronzastro.
- Malesi e dayachi
- disse Yanez con un sorriso. - Conosco quella gente. E poi?
- Ci credevamo ormai
irremissibilmente perduti, quando uno di quei prahos ci abbordò ed un
uomo salì lestamente la scala, seguito da una numerosa scorta.
- Alto di statura, occhi
ancora pieni di fuoco, con una barba brizzolata leggermente ed i capelli neri,
è vero, signora? - disse Yanez.
La bella olandese non
aveva potuto trattenere un gesto di stupore.
- Indossava una casacca
di velluto verde, stretta da una fascia azzurra, calzoni d'egual colore ed alti
stivali di pelle gialla colla punta un po' rialzata.
Al fianco portava una scimitarra colla guaina
d'oro, sulla cui impugnatura brillava un grosso diamante.
Mi sono ingannato, signora Lucy?
- Me lo avete descritto
così fedelmente che mi pare di vedermelo ancora dinanzi.
Quali rapporti avete voi con quel terribile
uomo?
- Permettetemi di non
rispondere a questa domanda.
- Un segreto di Stato?
- Forse! Continuate, signora.
- Ci credevamo tutti
morti, invece nulla successe. Il terribile uomo ci rassicurò subito di non aver
la più lontana idea di saccheggiarci e ci offrì i suoi servigi ed i suoi prahos.
- E vi portò alla costa.
- Sì, milord, - rispose
la bella olandese. - E devo anche aggiungere che fu gentilissimo con tutti.
- Sandokan non è più
l'uomo d'una volta - disse Yanez. - Le sue furie di sangue ormai si sono
calmate e non lotta che contro coloro che l'assalgono.
Signora, io vi lascio perché ho a terra un
appuntamento di premura. Ricordatevi che in mia assenza siete la padrona
assoluta del mio yacht.
- Grazie milord: quando
ci rivedremo?
- Domani, signora. -
Yanez strinse la bella
mano che la dama olandese gli porgeva, salì la scala del cassero ed accese una
sigaretta, chiamando:
- Mati! -
Il mastro dello yacht,
udendo la voce del comandante, fu pronto ad accorrere.
- Metti una scialuppa in
acqua - disse Yanez.
- Andiamo a terra?
- Devo rivedere quel
vecchio cinese.
In quel momento fra la
luce proiettata dai due fanali sospesi alle griselle di babordo e di tribordo,
comparve un'ombra, la quale si avvicinò rapidamente al portoghese.
- Kammamuri! - esclamò
Yanez.
- Vi ho raggiunto col praho
di Padar. Che cosa volevate che io facessi nella baia di Gaya? Lontano da voi o
da Tremal-Naik io sono un uomo morto.
- Hai fatto benissimo,
perché tu mi sarai necessario.
- C'è da lavorare?
- E molto.
- Non domando altro.
- Va' a prenderti una
carabina e seguimi con due malesi di Padar.
Mati! In acqua la
scialuppa! -
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