9. Una partita di
dadi che finisce male
Quella notte nessuno
dormì tranquillo a bordo dello yacht, per la paura d'un attentato da parte
degli inglesi, i quali dovevano essere furibondi della magra figura fatta
perfino dinanzi ai cinesi.
Gli uomini di guardia
furono raddoppiati ed armati e la grossa scialuppa fu messa in acqua per
potere, in caso di pericolo, imbarcarsi subito.
Yanez, che era abituato
a dormire pochissimo e che aveva non poche preoccupazioni, era rimasto in
coperta insieme con Kammamuri, e passeggiava agitatissimo fra i due alberi di
trinchetto e di maestra coll'eterna sigaretta in bocca.
- Signor Yanez, - disse
l'indiano - mi sembrate assai inquieto.
- Temo che quelle
canaglie tentino qualche cosa contro di me.
- Avete dei cannoni e
dei fucili per metterli al posto.
- Qui, mio caro, non
siamo nell'Assam, dove un rajah può permettersi qualunque capriccio.
Vi sono dei residenti esteri nel Borneo
meridionale, inviati dall'Olanda e dall'Inghilterra e che hanno sempre sotto
mano delle cannoniere.
- Avete la flottiglia
dei prahos.
- Che impegnerò al più
tardi possibile - rispose il portoghese. - Quella è la riserva per dare
l'ultimo colpo a Mompracem... Ma non senti quest'acre odore, tu?
- Sì, signor Yanez. Si
direbbe che brucia della pece insieme con dello zolfo.
- Dobbiamo chiarire
subito questo mistero. -
Staccò uno dei fanali di
guardia e si diresse verso il cassero, poiché era appunto da quella parte che
l'acre odore si espandeva.
Subito s'accorse che una
sottile colonna di fumo saliva lungo la ruota di poppa ed il timone.
Guardando attentamente,
vide balenare quasi a fior d'acqua un po' di luce.
- Al fuoco! Al fuoco! -
gridò. - In coperta la guardia franca! Armate la scialuppa e le pompe. -
Poi sparò le pistole in
direzione del fuoco.
- Alla scialuppa,
Kammamuri! - disse. - Mi bruciano lo yacht. -
In un lampo lasciarono
la nave e si diressero, scortati da una dozzina d'uomini, verso il timone in
quel punto dove fra questo e la ruota poppiera brillava una fiamma azzurrastra.
- Ah, furfanti! - gridò
Yanez. - Me lo immaginavo qualche brutto tiro da parte di quella gente.
Fortunatamente siamo giunti in tempo. -
Il fuoco infatti non
guadagnava gran che, quantunque trovasse della pece e delle vernici da
divorare.
Dei pezzi di legno erano
stati cacciati dietro il timone da una mano colpevole.
I marinai si preparavano
a spegnere il focherello, quando Kammamuri disse:
- Signor Yanez, ancora
la pelle di bue o di cavallo!
- Dov'è?
- Proprio dietro lo
yacht.
- Ha servito a
nascondere dei nuotatori. D'ora innanzi bisognerà sorvegliare più attentamente
la nostra nave. -
Pochi secchi d'acqua
erano bastati a spegnere il fuoco.
La pelle fu levata e
tirata sulla scialuppa, ma ormai non vi era più nessuno nascosto sotto.
- I birbanti sono
scappati! - disse Yanez. - Che i pescicani li mangino.
- Lo auguro di cuore
anch'io - aggiunse Kammamuri.
Fecero due o tre volte
il giro dello yacht, poi, non avendo scorto più nessuno, tornarono a bordo.
Il portoghese fumò
un'ultima sigaretta e andò a coricarsi nella sua cabina, dopo d'aver dato
ordine di svegliarlo subito se qualche altro fatto fosse avvenuto.
La notte invece passò
tranquillissima ed il criminoso tentativo degli inglesi di incendiare lo yacht
non si ripeté.
Probabilmente i colpi di
pistola che Yanez aveva sparato in varie direzioni li avevano persuasi a
ritornare al più presto alla riva.
L'alba era appena spuntata,
tingendo pittorescamente in rosa le case di Varauni volte verso il mare, quando
la bella olandese salì in coperta, dove Yanez l'aspettava dinanzi ad un
servizio da thé d'argento di manifattura indiana.
- Come? Siete già
ritornato? Vi credevo ancora in città.
- L'ho lasciata tardi
Varauni - rispose il portoghese, versando la profumata bevanda.
- Vi è accaduto nulla?
- Una piccola rissa col
capitano del vapore, terminata con un colpo di coltello che spero non avrà
gravi conseguenze.
- Vogliono proprio vendicarsi
di voi.
- Ed anche di tutti noi,
signora, poiché alle due del mattino hanno tentato d'incendiare lo yacht.
- E sono fuggiti?
Se li avessi presi, a
quest'ora li vedreste pendere dai pennoni con una cravatta di canape al collo.
To'! Ecco il segretario del Sultano! Che non possano fare a meno della mia
presenza a corte? -
Guardò verso le montagne
del Cristallo, che si ergevano maestose, coronate di foreste, poi si volse alla
olandese e le chiese:
- Amate la caccia,
signora?
- Sì, milord: sono
sempre vissuta nelle colonie, ed ho imparato a servirmi delle armi da fuoco.
- Allora proporremo al
Sultano, giacché desidera distrarsi, una gita fino alle grandi foreste.
Là troveremo selvaggina in quantità prodigiosa.
-
In quel momento la barca
del Sultano abbordò lo yacht ed il segretario comparve sul ponte col viso così
sconvolto che Yanez non poté fare a meno di chiedergli:
- Brucia Varauni?
- Il mio signore vi
aspetta e subito.
- Che cosa è successo
dunque?
- Non ve lo saprei dire,
milord ma pare che siano successi dei gravi avvenimenti che vi riguardano.
- Me? - fece Yanez colla
sua solita calma un po' ironica.
- Voi, milord.
- Qualcuno mi cerca
forse?
- Credo.
- Chi è?
- Un capitano olandese.
- E che cosa vuole da
me?
- Non lo so, milord.
Yanez fece un gesto di
contrarietà, ma non perdette un solo momento la sua calma meravigliosa.
- Quando è giunto? -
chiese.
- Ieri sera.
- Con quale nave?
- In una scialuppa
costiera proveniente da Pontianak.
- Ecco l'affare della
cannoniera! - mormorò il portoghese. E come potrebbero incolpare me della sua
distruzione? Ah, la vedremo. - Poi aggiunse alzando la voce:
- Kammamuri, una scorta
di dodici uomini completamente equipaggiati da guerra.
Signora, volete accompagnarci?
- Se si tratta di un mio
compatriota, mi rincresce dirvi che rifiuto. -
- Avete ragione,
signora. Lasciate a me la cura di sbrogliare questa matassa.
Mati!
- Signore! - rispose il
mastro accorrendo.
- Che lo yacht rimanga
sotto pressione sempre. -
Yanez e Kammamuri
scesero nella barca, seguiti dal segretario e dalla scorta composta per metà di
dayachi di statura quasi gigantesca e per l'altra metà di malesi, meno
alti ma più membruti e certamente più terribili dei primi in un combattimento.
- Signor Yanez, - disse
l'indiano - che cosa può essere successo?
- Lo sapremo da quel
signore che si è preso il disturbo di navigare tre o quattro giorni in mezzo
alle scogliere.
- Tuttavia non siete
tranquillo.
- Ah no, ma noi non
dobbiamo dimenticare che abbiamo due ritirate: una verso il mare e l'altra tra
i monti del Cristallo che Sandokan e Tremal-Naik devono aver occupati.
Mati non si lascerà cogliere e nemmeno predare.
D'altronde abbiamo sempre sotto mano la
flottiglia e prenderemo il Sultano fra due fuochi. -
La barca, spinta dai
dodici vogatori, attraversò la baia e si fermò su una gettata sulla quale si
vedevano il carro dalla cupola dorata e dalle colonne bianche e due zebù assai
gobbi.
- Tutto è pronto - disse
Yanez, provandosi a scherzare. - Il Sultano deve avere urgente bisogno di me. -
Montò sul carro assieme
col segretario e Kammamuri, e partì seguito dalla scorta.
Cinque minuti dopo, non
senza un po' di preoccupazione, il portoghese saliva le scale del palazzo e si
faceva annunciare al monarca, il quale in quel momento stava prendendo il caffè
sotto una delle magnifiche gallerie prospettanti il mare, insieme coi suoi
cortigiani.
Quello che impressionò
subito Yanez, fu un drappello di cipai neerlandesi, perfettamente
equipaggiati, colle tuniche rosse ed i calzoni bianchi.
Un capitano, un
bellissimo uomo della flemmatica Olanda stava dietro al drappello, tenendo la
sciabola sguainata come se si preparasse a ordinare il fuoco.
Il portoghese con un
colpo d'occhio misurò le forze degli avversari e sicuro di tenerli tutti sotto
il suo pugno di ferro, mosse verso il Sultano, chiedendogli: - Che cosa è
successo dunque, durante la mia assenza?
- Dovreste dire voi,
milord, dove siete stato ieri sera.
- A bere una bottiglia
di pessimo vino portoghese nel quartiere cinese.
- Voi, milord, siete
padronissimo di bere finché volete, ma non dovete crearmi delle noie coi
rappresentanti europei.
- Per Maometto! una
meschina rissa provocata da alcuni marinai inglesi.
Pretendereste che mi
fossi lasciato scannare come un montone, senza difendermi?
- Si dice per altro che
vi sia un morto e che quel morto sia un capitano inglese.
- È morto come me,
Altezza, - rispose Yanez. - Gli ho dato solamente una dura lezione per levargli
la voglia di tormentarmi e di tendermi degli agguati.
- Degli agguati, avete
detto? - disse il Sultano.
- Quei marinai hanno
perfino tentato di dar fuoco al mio yacht. -
Il capitano olandese, un
uomo di altissima statura, roseo come una fanciulla e con una lunga barba
bionda, in quel momento si fece innanzi e disse a Yanez:
- Vorreste dirmi signore
chi siete voi?
- Un ambasciatore
inviato qui dal mio governo a dare la caccia ai pirati che infestano le baie
settentrionali dell'isola.
- Pare, signor
ambasciatore, che nell'attesa di scambiare colpi di cannone coi malesi, ve la
prendiate anche con altre navi, che non hanno mai commessa nessuna pirateria.
- Vorreste dire?
- Che giorni sono una
delle nostre cannoniere è entrata nella baia di Varauni e non è più tornata al
suo ancoraggio.
- Sarà stata colta da un
ciclone - rispose Yanez. - Le coste del Borneo sono pericolosissime per chi non
le conosce a fondo ed una disgrazia fa presto a succedere.
- Fortunatamente,
milord, noi abbiamo le prove che il vostro yacht ha aperto il fuoco contro la
cannoniera.
- Voi venite a
raccontarmi delle grosse frottole, che non berremo né io, né il Sultano.
Chi sono le persone che
affermano d'avermi veduto far fuoco?
- Dei pescatori di trepang
che si trovano dinanzi alle scogliere della baia di Tiga.
- Ebbene, signore, io vi
smentirò prontamente. -
Ad un suo cenno la
scorta si avanzò attraverso la spaziosa galleria, e si fermò dinanzi al
capitano neerlandese.
- Questi uomini sono
tutti ferventi maomettani, quindi potete credere loro quando mettono in campo
il loro grande Profeta. Parlate, amici, - disse Yanez. - Chi ha sparato per
primo, noi o la cannoniera?
- La cannoniera, -
risposero i malesi ed i dayachi. - Lo giuriamo sul Corano.
- Allora doveva aver
avuto qualche motivo per assalirvi - rispose il capitano.
- È dunque proibito
oggidì di venire a pescare sulle coste del Borneo? - chiese Yanez seccato. -
Voi non siete il Sultano.
- Rappresento una
potenza europea.
- Ed anch'io - rispose
il portoghese. - E l'Inghilterra vale qualche cosa di più dell'Olanda, signor
mio.
- Qui si cerca
d'ingannarmi - disse il capitano. - Per quale motivo avete armato uno yacht,
quando già l'Olanda e l'Inghilterra si sono impegnate di dare un colpo finale
alla pirateria?
Non sareste per caso voi un avventuriero simile
a James Brooke? Anche quello aveva cominciate le sue imprese armando una nave,
lo schooner il Realista.
- Benissimo! E dovrete
riconoscere anche che ha fatto più James Brooke che tutte le cannoniere
dell'Olanda e dell'Inghilterra. Forse che non si chiamava lo sterminatore dei
pirati? Se il numero di quei banditi è scemato, lo dobbiamo appunto a quel
valente marinaio.
- James Brooke aveva
patenti di corsa contro i pirati. Ne avete voi? Mostratemele.
- Un ambasciatore non fa
il corsaro, signor mio, - rispose dignitosamente Yanez. - Io sono in perfetta
regola perché ho presentato al Sultano le mie credenziali.
- Che si vorrebbero
leggere a Pontianak - aggiunse subito il capitano.
- Con quale diritto
l'Olanda s'immischia negli affari dell'Inghilterra? Tuttavia, per dimostrarvi
che io sono in perfetta regola, andremo a visitare il governatore di quella colonia.
Sarà una corsa di
quattro giorni appena, fra l'andata ed il ritorno, perché il mio yacht è un
sorprendente camminatore.
- Voi mi proponete
questo?
- Certo.
- Che vi possa essere
qui un equipaggio?
Si occuperà il governatore di Pontianak di
verificare la cosa. -
Il capitano ed il
Sultano si scambiarono uno sguardo.
- Altezza, - disse il
primo - voi avete letto le credenziali di milord?
- Sì, capitano, -
rispose il Sultano.
- E le avete trovate in
perfetta regola?
- Il mio ministro le ha
esaminate e da quelle carte risulterebbe realmente che milord è un ambasciatore
inglese.
- Si parla dello yacht
sulle credenziali?
- No - rispose uno dei
ministri che stava seduto accanto al Sultano.
- Ecco il punto oscuro.
- Ebbene, andiamo a
chiarirlo a Pontianak, a condizione che siano primi i cannoni olandesi a
salutare la bandiera dello yacht.
- Vi prometto questa
piccola soddisfazione - rispose il capitano - ma vi domando anch'io un piccolo
favore.
- Dite pure - rispose
Yanez.
- D'imbarcare anche la
mia scorta sul vostro yacht.
- C'è posto per tutti e,
non faccio per dire, ma la mia cucina di bordo la troverete insuperabile.
- A quando la partenza?
- A questa sera, al
levarsi della luna. Ho bisogno di un po' d'alta marea per uscire dalla baia.
- Saremo all'appuntamento
- disse il capitano, inchinandosi leggermente dinanzi al portoghese.
Questi rispose al saluto
e se ne andò tranquillamente colla sua scorta, dopo avere stesa la mano al
Sultano, il quale pareva più che mai convinto di aver dinanzi a sé un
ambasciatore della potentissima e temuta Inghilterra.
Il portoghese invece non
era più tranquillo, e sul suo viso si leggeva una intensa preoccupazione.
Aveva capito che stava
per imbarcarsi in avventura che avrebbe potuto avere conseguenze incalcolabili.
Appena a bordo, fece
salire Padar, il cui praho veleggiava sempre lentamente dinanzi
all'apertura della baia in attesa di ordini.
Mati e Kammamuri si
erano uniti a loro.
- Cattive notizie, è
vero, signor Yanez? - disse l'indiano.
- Non sono infatti molto
soddisfacenti. Ho per altro sempre in fondo al mio sacco qualche sorpresa
straordinaria che rimedia a tutto.
- E andrete a Pontianak?
- Io? Sei pazzo,
Kammamuri. Sarà invece il capitano che andrà prigioniero alla baia di Gaya:
così terrà compagnia al vero console inglese.
- E come ve lo leverete
d'attorno?
- Con un colpo che, te
lo dico fin d'ora, sarà magnifico.
Quando saremo in alto mare, noi arresteremo
tutti i cipai neerlandesi ed il loro capitano e li passeremo a bordo del
praho di Padar, affinché vada a metterli al sicuro.
- Non ci darà da fare la
scorta?
- Niente affatto. Vedrai
come io giocherò quel flemmatico capitano.
Ah, io ho bisogno di te, Kammamuri.
- Parlate, signor Yanez.
- Desidero che il
capitano non veda la sua compatriotta. Sarebbe un testimone troppo compromettente.
- Che cosa devo fare?
- Condurla a casa mia
con una piccola scorta, affinché sia protetta dalle furie feroci di John
Foster.
- È tutto questo?
- Per il momento sì. -
Scesero verso il porto e
presero posto nelle scialuppe, che si erano ormeggiate dinanzi alla gettata, e
tornarono sollecitamente a bordo, dove li aspettava la colazione.
Nel pomeriggio, Yanez
fece chiamare Padar, il mastro del piccolo e velocissimo praho, e gli
diede lunghe istruzioni.
Era ormai risoluto non
solo di sbarazzarsi della scorta neerlandese, ma anche del capitano, e di
mandarli a villeggiare a bordo della flottiglia che stava sempre all'àncora
dinanzi alla profonda e sicurissima baia di Gaya.
- I beccaccini devono
abbondare laggiù - aveva detto tra sé il portoghese - quindi gli olandesi,
grandi mangiatori di volatili acquatici, non avranno da lagnarsi.
In quanto al capitano ci penso io a farlo cadere
nella rete senza nemmeno sparare un colpo di pistola o impegnare battaglia coi cipai.
Questa sera faremo festa
a bordo, e l'harak scorrerà a fiumi in onore del capitano. -
La bella olandese era
già scesa a terra, accompagnata da una piccola scorta, per proteggerla contro
le violenze del capitano, quando una scialuppa abbordò lo yacht.
Era montata dal capitano
e dai cipai neerlandesi, i quali avevano indossati dei costumi
fiammanti, orlati oro, per farsi meglio ammirare dall'equipaggio del signor
ambasciatore.
Yanez, prontamente
avvertito, salì in coperta e mosse incontro all'olandese, dicendogli
cortesemente:
- Siete l'ospite gradito
a bordo del mio yacht.
- Grazie - rispose
ruvidamente il capitano, fingendo di non vedere la mano che il portoghese gli
porgeva.
- Possedete una bella
nave, milord, e splendidamente armata.
- E soprattutto
rapidissima. Sfido tutti i prahos della Malesia a darmi la caccia ed a
raggiungermi.
- Dove vi siete armato?
- A Hong-Kong.
- E nessuno ha
protestato, sapendo che la vostra intenzione era quella di dirigervi verso il
Borneo?
- E perché, capitano?
Molti altri inglesi, che montavano delle splendide navi e formidabilmente
armate, si sono mostrati nelle acque di Varauni, di Labuan e di Mompracem e
hanno fatto le loro cacce senza disturbi.
- Ah, siete un
cacciatore voi?
- Conto al mio attivo
una mezza dozzina di tigri e due pantere nere.
- E che cosa venivate a
cercare ora qui?
- Delle altre pantere
nere, avendo promesso due pellicce ad un ministro inglese.
Volete che salpiamo?
- Fate pure. -
Yanez lanciò in macchina
il comando e subito l'elica si pose a turbinare e lo yacht balzò come un
cetaceo, filando rapidissimamente e dirigendosi verso l'uscita della baia.
Era il tramonto.
Gruppi di prahos,
colle loro altissime vele variopinte sciolte alla brezza, entravano in porto
manovrando con quell'abilità che distingue i marinai malesi.
Una grossa giunca, proveniente
dai porti della Cina, di forme tozze e pesanti, colle vele formate di vimini
intrecciati, sfuggita chi sa per quale miracolo agli attacchi dei pirati
bornesi, s'avanzava dondolandosi comicamente, mentre l'equipaggio piuttosto
numeroso strillava a piena gola.
Al largo il cielo era
purissimo ed il mare appena mosso. Solamente molto da lontano di quando in
quando un'ondata s'avanzava e si sfasciava contro le scogliere con delle vere
detonazioni.
Lo yacht, superate le
squadriglie dei prahos, affrettò la corsa con un rombo sonoro.
Nella scia, pesci-cani e
delfini si trastullavano in gran numero, giocherellando fra la spuma e, per un
caso strano, senza mordersi.
Yanez ed il capitano
olandese erano saliti sul castello di prora per abbracciare più ampio orizzonte.
- Se i miei uomini
resistono dinanzi ai fuochi, noi domani saremo a Pontianak prima che il sole
tramonti.
- E mi conducete
volentieri?
- E perché no?
- Non sapete che correte
il pericolo di venire arrestato?
- Da chi?
- Dal governatore.
- In tal caso non farei
altro che stendere attraverso la tolda la bandiera inglese: sarei curioso di
sapere chi sarebbe tanto audace di calpestarla.
- Vi reputate molto
forte voi! - disse il capitano.
- Certo che non sono un
minchione! - rispose il portoghese, ridendo. - Capitano, questa sera vi è festa
a bordo, e spero che voi ed i vostri cipai vi partecipereste.
- Preferirei che i cipai
dormissero nelle loro amache.
- Di che cosa mi credete
capace?- gridò Yanez.
- Dopo quello che ha
commesso al Borneo James Brooke, noi abbiamo una grande paura di quelli che
navigano in questi mari.
- Sicché un milord non
può prendersi il capriccio di armare uno yacht per venire a cacciare nel
Borneo?
- Sì, ma sotto la
sorveglianza delle nostre cannoniere.
- Vengano pure! -
rispose Yanez. - Sul picco del mio yacht sventola una bandiera che non si
offende impunemente.
- Se sarà veramente
inglese...
- Che cosa vorreste
dire?
- Che anche James Brooke
cambiava sovente bandiera.
- James Brooke era un
avventuriero, mentre io ho presentato al Sultano le mie credenziali in perfetta
regola.
- Avute da chi?
- Dal mio governo -
rispose Yanez energicamente.
- Le avete a bordo?
- Sì.
- Il governatore di
Pontianak le esaminerà.
- Potrei rifiutarmi a
questo arbitrio.
- In tal caso entreranno
in ballo le cannoniere e tanto peggio per chi ne toccherà.
- Per questo non ho
paura, capitano, - rispose Yanez. - Credo per altro che non valga la pena di
guastarci l'appetito con parole inutili.
Facciamo un po' di festa
a bordo questa sera e ceneremo allegramente. Il mio cuoco quando vuole sa
compiere dei veri miracoli.
- Desidererei che i miei
uomini non vi partecipassero.
- Questa sarebbe
un'offesa che mi fareste. Giacché si presenta l'occasione lasciate che si
divertano. -
In quell'istesso momento
la campana di bordo annunziò che la cena era pronta.
Yanez, il capitano e
Kammamuri scesero nel quadro di poppa splendidamente illuminato, dove si
trovava imbandita una ricchissima tavola, con posate e vasellame d'argento di
stile indiano.
La cena, come si può
capire, era a base di pesce, pescato poco prima dai marinai nella baia di
Varauni e cucinato splendidamente.
Vi figuravano delle
sogliole larghe come un cappello, dei calamaretti minuscoli croccanti, delle
aragoste di dimensioni straordinarie e datteri di mare in grande quantità, e
per di più frutta eccellenti, comperate al mercato prima della partenza.
Abbondavano soprattutto
le bottiglie, fra le quali figuravano le ultime di champagne che Yanez ancora
possedeva.
I due uomini, sfogata un
po' la loro bile, si misero a mangiare tranquillamente con grande appetito ed a
chiacchierare, mentre Kammamuri conservava un mutismo assoluto.
Sul ponte anche i cipai
neerlandesi si divertivano al suono di una fisarmonica suonata da un meticcio
di Pimer.
Mati, che aveva ricevuto
delle istruzioni rigorose, aveva fatto portare molti canestri pieni di
bottiglie di harak, ed i danzatori, sfidati dai marinai dello yacht e
del praho, che erano saliti a bordo, bevevano a garganella.
Mai si erano trovati in
mezzo a tanta abbondanza!
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