23. Nella baia
Due giorni dopo la
giunca più sgangherata che mai e di già quasi piena d'acqua, dopo d'aver
attraversato parecchie paludi, giungeva improvvisamente nella baia di Varauni,
affondando le àncore ad una notevole distanza dalla costa.
Quantunque i rajaputi
li avessero lasciati scendere tranquillamente il fiume, forse perché troppo
fortemente pressati dalle bande di Sandokan e di Tremal-Naik, Yanez voleva
essere sicuro del fatto suo, prima di sbarcare e di cadere fra le mani degli
olandesi e degl'inglesi, le cui cannoniere si scorgevano all'uscita della baia.
Fu con un grande sospiro
di sollievo che scorse il suo valoroso yacht ancora intatto, col piccolo praho
sempre a poppa, pronto a ricominciare la battaglia.
La città sembrava
tranquilla; nelle paludi invece le spingarde rumoreggiavano sempre e fuochi
altissimi si alzavano, annunciando l'incendio delle kotte della
capitale.
La Tigre della Malesia, con
quella ferocia e quella ostinazione che l'avevano resa famosa, non aveva
cessato di dare la caccia ai rajaputi, colla speranza di ricongiungersi
presto con Yanez e colla flottiglia.
- Il Sultanato se ne va
all'aria prima di Mompracem - disse il portoghese, il quale non staccava i suoi
occhi dal suo yacht. - Che giunga la nostra squadra e che i cinesi di Kien-Koa
ci diano una mano, e vedremo se noi non sapremo riprenderci il nostro grande
scoglio di Mompracem.
Prima peraltro di
prendere una decisione e d'impegnare l'ultima lotta, che sarà certamente
spaventosa, vediamo che cosa dicono i nostri prigionieri.
Se cedono niente di meglio. -
Kammamuri, che era stato
avvertito, spingeva già sul ponte della giunca il Sultano e il non meno
disgraziato ambasciatore inglese.
Avevano entrambi un'aria
da funerale e guardavano il portoghese il quale in quel momento non li guardava
certo di buon occhio.
La scorta aveva tratti i
kampilangs ed i parangs e li aveva piantati sul tavolato con un
fragore pauroso.
Pareva che si
disponessero a decapitare senz'altro i prigionieri.
- A noi due, Altezza, -
disse Yanez, rivolgendosi al Sultano. - L'impresa delle tigri della Malesia,
che per tanti e tanti anni tennero il Mompracem sottomesso, difendendolo contro
gl'inglesi, gli olandesi ed anche contro i vostri prahos, sta per
terminare.
Fra poco, a dispetto di tutti, noi saremo
padroni della vostra capitale e delle acque della baia e guai a chi tenterà di
arrestarci il passo!
- Che cosa volete dunque
voi, ancora? - gridò il Sultano furioso. - Mi avete seccato abbastanza e vi
siete perfino dimenticato che io sono un principe, mentre voi non siete
probabilmente altro che un miserabile avventuriero, arruolato fra le bande
della Tigre della Malesia o meglio di quel terribile rajah del lago, che
ha fatto già un gran vuoto intorno alle mie frontiere.
- Ma vi ho detto anche
che sulla mia fronte sta una corona ben più pesante della vostra e che sono un
vero principe anch'io!
Chiedetene qui al signor ambasciatore, che
conosce l'India, se l'Assam vale il vostro Sultanato. -
L'inglese, che
continuava a digrignare silenziosamente i denti ed a tirarsi il biondo pelo,
udendo quelle parole mandò un grido, seguito subito da una bestemmia.
- Good God! - esclamò. -
Sareste voi lo sposo o meglio il principe consorte della rhani
dell'Assam?
- Che cosa vi trovereste
di straordinario in questo?
- Che cosa fate qui,
voi? La corte dell'Assam non si trova in Malesia.
- Per me mi trovo bene
dovunque, purché abbia da divertirmi con quel caro fratellino che si chiama la Tigre della Malesia.
- E che siete venuto a
fare?
- A conquistare
Mompracem, il glorioso scoglio dei pirati della Malesia, sulla cui vetta non
vedo più sventolare, da quasi vent'anni, la rossa bandiera della pirateria
adorna di tre teste di tigre.
- Siete pazzo!
- Io vi mostrerò presto
il contrario, milord, - rispose Yanez. - Volete firmare insieme col Sultano la
retrocessione di Mompracem alle tigri della Malesia?
- Oh, mai! - gridò
l'ambasciatore. - Andate pure a guadagnarvi quello scoglio, se vi preme e se
sarete capaci di conquistarlo.
- E voi, Altezza?
- L'ho avuto in consegna
dagli inglesi e dagli olandesi dietro la promessa di non abbassare giammai la
bandiera verde del Sultanato e di non lasciarlo riconquistare dai pirati.
- Sono le vostre ultime
parole? - chiese Yanez con voce minacciosa.
I due prigionieri
esitarono un po' a rispondere e guardarono sospettosamente i malesi ed i dayachi
della scorta, i quali avevano alzate le gigantesche sciabole, facendole roteare
sopra le proprie teste.
- Vorreste assassinarci?
- chiese l'ambasciatore. - Non dimenticate che dietro di me vi è l'Inghilterra.
- È lontana troppo in
questo momento! - disse il portoghese ironicamente. - Il vostro governo non si
disturberà per così poco.
- Allora lasciatemi
tornare al mio palazzo - disse il Sultano. - Questa commedia è durata perfino
troppo e non ne posso più.
- Sì, vi lascerò andare.
Ma quando la bandiera dei pirati sarà alzata su Mompracem.
Kammamuri!
- Signore!
- Sono in buono stato le
tre scialuppe che abbiamo trovato nella stiva?
- Per raggiungere la
terra sì, signor Yanez.
- Per ora basta. Conduci
via questi signori e da' loro un altro buon giro di corda alle mani ed ai
piedi; e voialtri, amici, - continuò, volgendosi verso gli uomini della scorta
- issate subito le imbarcazioni ed armatele.
- Volete proprio
sbarcare, milord? - chiese la bella olandese.
- Dobbiamo aiutare
Sandokan, signora, ed aprirgli il passo della capitale.
- E le cannoniere?
- Non s'incaricheranno
certo di assalire delle semplici scialuppe montate da pochi uomini.
- E non manderete ad
avvertire la Tigre della Malesia che anche voi vi muovete?
- Quattro dei miei
scenderanno nelle paludi e si avanzeranno finché troveranno le bande. Ho già
dato loro tutte le istruzioni.
- E noi?
- Andiamo a raggiungere
il cinese prima di tutto. Se il quartiere è pronto a levarsi in armi, tutto
andrà bene.
- E lo yacht?
- Io spero che fra tre
ore sarà in mia mano. Mi è necessario per andare a raccogliere i miei legni e
prendere gli olandesi alle spalle.
Signora, imbarchiamoci. -
Tre scialuppe, che
potevano appena stare a galla, erano state messe in acqua.
Una virò subito, quasi
sul posto, e rientrò nel fiume, dove la battaglia, dopo una breve sosta, aveva
ripreso maggiore slancio.
Le altre due, coi
prigionieri, Yanez, Lucy e la scorta, si diressero sollecitamente verso la
capitale del Sultano che fiammeggiava fra un mare di mostruose lanterne di
talco e di carta oleata.
La battaglia, che si
combatteva ormai quasi in vista dei bastioni, aveva messo in subbuglio la
popolazione che fino allora era rimasta tranquilla.
Le cannoniere per le
prime si erano mosse, accostandosi alle gettate per proteggere i loro sudditi
ed il Sultano, abbandonando imprudentemente lo yacht ed il piccolo praho
i quali d'altronde non avevano dato nessun motivo di sospetto.
Yanez, a cui nulla
sfuggiva, se n'era subito accorto.
- Imbecilli! - esclamò.
- I rajaputi aprono le porte di Varauni a Sandokan ed a Tremal-Naik. Un
colpo risoluto e domani sul Mompracem isseremo la bandiera delle tigri.
Mi occorre un uomo di buona volontà.
- Sono sempre primo io
signore - rispose il maharatto. - Che cosa devo fare?
- Dirigerti verso il
quartiere cinese ed avvertire Kien-Koa di quanto sta per succedere.
- Debbo ordinargli di
scatenare i suoi cinquemila uomini?
- Sì, e che li tenga a
disposizione di Sandokan.
- E voi?
- M'impossesso dello
yacht e del praho e giacché più nessuno li guarda, corro a raccogliere
la flottiglia.
- Guardate di non farvi
catturare, signore.
- Non pensare a me:
guarda che confusione comincia a regnare ormai nella baia!
Chi farà attenzione alla mia scialuppa?
Lesti, amici: i minuti sono troppo preziosi. -
Era proprio quello il
momento di agire per condurre a buon fine, con un colpo poderoso, la
riconquista di Mompracem, che le onde avevano ormai ridotto ad un semplice
scoglio accessibile alle navi piratesche.
La calma, che regnava
poco prima nella baia e sulle gettate, era stata bruscamente spezzata.
Pareva che qualche
terribile avvenimento cominciasse a svolgersi.
In lontananza, verso le
paludi, lingue di fuoco si alzavano, lanciando attraverso le tenebre immensi
fasci di scintille, che la brezza marina spingeva verso le graziose terrazze
dei palazzi del Sultano, i quali si trovavano più esposti.
Anche all'estremità del
quartiere cinese dei bagliori sinistri avanzavano, stendendosi al di sopra
delle lunghissime file dei velieri ancorati lungo le gettate.
Delle giunche, dei prahos,
dei padevekan del Macassar e moltissimi giongs, allentavano gli
ormeggi e prendevano precipitosamente il largo, a tutte vele, intralciando le
manovre delle cannoniere inglesi ed olandesi, le quali si trovavano quasi
immobilizzate.
Obbedivano quegli
equipaggi ad una parola d'ordine avuta dal capo del quartiere cinese per
favorire l'uscita dello yacht? Era probabile, poiché tutti quei legni erano
montati da figli del celeste impero, bene armati, pronti evidentemente a
sostenere le tigri di Mompracem, che un giorno avevano protetto i loro
contrabbandi.
La scialuppa di Yanez,
montata da otto malesi, da Lucy e dai due prigionieri i quali erano stati
nascosti sotto una vecchia stuoia, procedeva rapidissima.
Nessuno pensava ad
arrestarla; anzi!... il cerchio di velieri si stringeva sempre intorno alle
navi da guerra e s'apriva rapidissimo dinanzi ai fuggiaschi, aprendo come un
vasto solco formato da un buon numero di legni sempre in moto.
Ogni volta che una
giunca si avvicinava alla scialuppa, si udivano i marinai gridare, volti verso
Yanez, il quale si teneva a fianco della bella olandese:
- Sie! Sie!
(Presto! Presto!)
-
Le cannoniere però,
quasi si fossero accorte che per il momento non era Varauni che correva
pericolo, si cacciarono pure ostinatamente dentro quel solco, dove potevano
muoversi con maggiore libertà.
Grida e minacce
s'alzavano sui ponti e dietro ai pezzi.
- Fate largo!
- Via, o facciamo fuoco!
- Sgombrate, celestiali!
- Tornate ai vostri
ancoraggi! -
I velieri cinesi non
obbedivano e continuavano ad opporre i loro grossi fianchi alla protezione
della scialuppa, la quale ormai si trovava ad una sola mezza gomena dallo yacht
e dal piccolo praho.
Ad un tratto una giunca,
montata da una cinquantina d'uomini armati di fucili, tagliò per un momento il
passo alla scialuppa.
Non era che per eseguire
una manovra, poiché dall'altra parte del solco s'avanzava una nave da guerra
fumando e sbuffando.
Questa, trovandosi
improvvisamente dinanzi quel grosso veliero, fu costretta a cambiare rotta.
Quasi nel medesimo istante un giovane cinese si gettava in acqua e dopo poche
bracciate raggiungeva la scialuppa.
Yanez gli aveva puntato
contro una pistola, gridandogli:
- Indietro!
- No, mio signore: mi
manda il mio padrone, Kien-Koa.
- Sali subito.
- E voi approfittate
dell'occasione per impadronirvi del vostro yacht. Per il momento i nostri
velieri vi proteggono.
- Ma che cosa è
successo? Le bande della Tigre non sono ancora sotto le kotte e la mia
flottiglia è lontana.
- V'ingannate, signore:
i vostri legni in questo momento accorrono in aiuto del vostro yacht.
- Avvertiti da chi?
- Dal mio padrone. Vi
sono altre cannoniere che vengono da Labuan e che cercano di distruggere la
vostra flottiglia prima che si concentri nella baia.
Gl'inglesi e gli olandesi ormai hanno scoperto
tutto e si preparano a difendere il Sultanato.
- Ah, sì?... Ma solo
intorno a Mompracem si decideranno le sorti della battaglia.
Il Sultano d'altronde è sempre qui: lo vedete?
- Avete saputo
conservarlo bene - disse il cinese ridendo.
- Come, si sapeva che io
l'avevo fatto prigioniero?
- I corrieri del mio
padrone, lanciati in buon numero sulle vostre tracce, anche per proteggervi,
avevano riferito ogni cosa.
- Dunque si sapeva qui
che le bande della Tigre scendevano dai Monti del Cristallo?
- E che scendevano per
il fiume, battagliando ferocemente coi rajaputi del Sultano.
Eccoci allo yacht: è gia sotto pressione.
Approfittiamo dell'argine dei velieri che ci protegge dalle cannoniere. -
In un lampo la scialuppa
passò rasente il piccolo praho, dove Padar alzava le mani per salutare
il capo che tornava, poi s'arrestò sotto la scala.
- Su, signora, - disse
Yanez, aiutando Lucy.
Poi, puntando un dito
verso Padar, gli gridò:
- Alza le vele e seguimi
subito: la flottiglia s'avanza dal nord e la Tigre piomba su Varauni dall'est.
Ai vostri pezzi, amici! Tutti a posto di
combattimento!
Andiamo ad imbarcare le bande che battagliano
già sotto le kotte della capitale. -
Lo yacht descrisse un
mezzo giro e si cacciò dentro uno di quei canali formati dalle provvidenziali
giunche cinesi, muovendo a tutto vapore verso il quartiere cinese.
Il piccolo praho
lo seguì immediatamente manovrando con rara abilità fra quella moltitudine di
galleggianti che tenevano sempre strette le cannoniere.
A Varauni si udivano le
spingarde delle bande tonare. La Tigre e Tremal-Naik, dopo due giorni di
sanguinosissimi combattimenti, erano giunti dinanzi alle kotte e le
assalivano furiosamente, disperdendo gli ultimi rajaputi e gli ultimi
mercenari malesi, sempre più disposti a darsela a gambe che a difendere il loro
signore.
Nel quartiere cinese si
combatteva pure. Le orde di Kien-Koa quantunque formate per la maggior parte di
negozianti, più o meno panciuti, si erano gettate attraverso i quartieri
malesi, tutto devastando e tutto saccheggiando.
Delle fiammate s'alzavano
qua e là. Vi era il pericolo che quella notte Varauni intera andasse all'aria
insieme col suo Sultano.
Yanez, sempre protetto
da quella grande massa di velieri che si aggiravano in tutti i sensi per
impedire lo sbarco agli equipaggi delle navi da guerra, aspettava ansiosamente
l'arrivo delle bande di Sandokan, combattenti ormai nel cuore della città.
Una viva inquietudine
tormentava il suo animo: era la flottiglia che lo impensieriva, poiché senza di
quella nessun imbarco sarebbe stato possibile.
- Che non giunga in
tempo? -
Questo egli chiedeva,
guardando verso le scogliere che chiudevano, verso settentrione, la baia: - Se
tardano le cannoniere finiranno per sfondare questa massa di velieri e
catturarmi.
Che tutto debba crollare proprio ora? E Sandokan
che tarda anche lui a giungere? Eppure i cinesi gli aprono la strada! -
Ad un tratto gli sfuggì
un grido.
Verso il nord, al di là
delle scogliere, aveva udito rombare vari colpi di spingarda.
- Ecco la flottiglia che
giunge! - disse. - Coraggio amici! Fra pochi minuti saremo padroni della baia e
muoveremo su Mompracem. -
Quasi nello stesso
momento urli spaventevoli echeggiarono verso le gettate, accompagnati da
nutrite scariche di fucileria e di spingarde.
Attraverso i ponti,
gettati sugli ampi e pittoreschi canali, centinaia e centinaia di malesi
fuggivano all'impazzata, perseguitati ferocemente da gruppi di cinesi che
mandavano clamori selvaggi.
Dei gruppi di rajaputi
avevano preso posizione all'estremità dei ponti ed avevano aperto il fuoco per
proteggere i sudditi del Sultano da un probabile macello.
Yanez balzò sul ponte di
comando e vide, attraverso il fumo che si alzava fra i quartieri, spuntare
finalmente le grosse ed agguerrite bande della Tigre della Malesia e di
Tremal-Naik.
Cinquanta ore di combattimento
non avevano fiaccato ancora quei terribili uomini, cresciuti fra il tuonare
delle artiglierie.
Apertosi il passo
attraverso il fiume, respingendo senza posa le guardie del Sultano, erano
riusciti a rovesciarsi sulla città, dopo d'aver trucidato i difensori delle kotte,
ed ora s'avanzavano verso le gettate pronti ad imbarcarsi ed a riprendere la
battaglia terribile con novello vigore.
- Che nessuno lasci lo
yacht! - gridò Yanez. - Se le cannoniere fanno fuoco, rispondete come meglio
potete. -
Ciò detto si era calato
dalla poppa saltando sulla gettata, contro la quale il piccolo legno si era
appoggiato per opporre l'ultima resistenza.
Solo Padar, il
comandante del piccolo praho, l'aveva seguito, scendendo lungo l'antenna
poppiera del suo veliero.
Tutti fuggivano sulle
gettate, sicché il portoghese ed il dayaco poterono avanzarsi fino alle
prime case senza incontrare resistenza.
- Eccoli, signore! -
gridò ad un tratto Padar. - Ecco la Tigre che marcia in testa alle sue bande,
con Tremal-Naik e Mati, ed ecco anche Kammamuri che guida un'orda di cinesi.
- Finalmente! - esclamò
il portoghese. - Corri loro incontro e fa' intanto imbarcare i due capi sul mio
yacht.
- È già qui, signore!...
Eccolo che sbuca, su due colonne, fra il passo del nord.
- Per Giove! Questo si
chiama aver fortuna!... Va', corri, mentre io organizzo l'imbarco e preparo la
lotta.
Odo il cannone rombare al largo. Delle navi da
guerra devono dare la caccia ai nostri prahos.
Tanto meglio!... La festa sarà spettacolosa! -
E ritornò sollecitamente
allo yacht, mentre la fucileria aumentava, spazzando le sommità dei ponti e gli
argini dei canali tenuti dagli ultimi difensori del disgraziato Sultano di
Varauni.
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