CAPITOLO XII
Le scimmie alla pesca dei granchi.
Dieci giorni erano trascorsi dalla cattura del piccolo
mias, ma i
"Robinson", quantunque non avessero ancora
abbandonato la costa per tentare una esplorazione nell'interno o nei grandi
boschi del sud, entro i quali potevano trovare molte preziose risorse, non
erano rimasti inoperosi.
Si erano fabbricati molti oggetti indispensabili: una
tavola, delle sedie, dei recipienti, adoperando i grossi fusti dei bambù
giganti; delle comode amache, adoperando dei pezzi di vele; un condotto d'acqua
che partiva dalla sorgente scoperta in mezzo al bosco e metteva capo nel
recinto.
Avevano inoltre dissodato un tratto di terra, servendosi
delle zappe fabbricate colle aste di ferro dei pennoni, sperando di trovare in
qualche angolo dell'isola delle sementi utili, e avevano
scavato delle trappole, ma senza successo, poiché pareva che la grossa
selvaggina avesse abbandonato quella costa. Erano però riusciti a prendere
alcuni volatili, che avevano rinchiuso in una specie di uccelliera, costruita
con molta pazienza dal marinaio con fibre di
rotang e giovani bambù.
Per impadronirsi di quegli uccelli avevano dovuto
procurarsi una specie di vischio assai tenace, ricavato dalla giunta wan
(Erceola elastica), pianta rampicante appartenente alla famiglia delle
apocinee, che fornisce una specie di gomma, adoperata dai malesi appunto per
prendere i volatili.
Con quel vischio erano riusciti a procurarsi parecchie
coppie di buceros rhinoceros, chiamati comunemente tucani o calaosrinoceronti,
grossi e stravaganti uccelli dalle penne nere sopra e bianche sotto, con coda
lunga trenta e più centimetri e becco enorme, lungo quanto l'intero collo del
volatile, ai colore giallorossiccio, sormontato da una protuberanza ossea a
forma di una grossa virgola.
Avevano pure preso degli arghi giganti, uccelli superbi,
più grandi dei pavoni, che portano un vero mantello di piume nere a striature
biancastre e macchie rossobrune, e hanno delle code
lunghe oltre mezzo metro; e alcune coppie di colombe magnifiche, chiamate così
poiché sono le più belle e le più graziose di tutte. Sono
grosse come i piccioni di Spagna, ma hanno le penne del petto azzurre a
riflessi
di rame e quelle del dorso verdi a riflessi d' oro.
Questi uccelli si erano presto abituati e non fuggivano
più quando vedevano avvicinarsi il mozzo, il quale recava loro grande numero di
semi e anche dei vermi di terra e delle briciole di pane.
Un mattino però, anche il recinto cominciò a popolarsi.
Il marinaio aveva osservato che delle scimmie si recavano di frequente verso la
spiaggia, poco prima dello spuntare dell'alba, ma non era
mai riuscito ad avvicinarle, né a sapere che cosa andassero a fare in riva al
mare.
Spinto dalla curiosità, decise di mettersi in agguato
presso alcune scogliere, in compagnia del mozzo. Messisi d'accordo, un mattino
s'alzarono prima ancora che gli astri cominciassero a impallidire, lasciando
che il signor Albani dormisse saporitamente nella sua amaca.
Scesero la sponda in vicinanza della piccola baia e si
nascosero dietro alcune scogliere, per attendere l'arrivo dei quadrumani.
« Vediamo che cosa vengono a fare », disse il marinaio.
« Che vengano a prendere un bagno? » chiese Piccolo
Tonno.
« Io non ho mai veduto una scimmia in acqua: credo anzi
che la temano come i gatti ».
« Allora verranno a fare la cura dell'acqua marina. Tu
sai che è un ottimo purgante ».
« Sì, burlone ».
« O che abbiano qualche canotto e si rechino a diporto
sul mare? »
« No, andranno a pescare », disse il marinaio, ridendo.
« Non mi stupirei, Enrico. Hanno la manìa d'imitare ciò
che fanno gli uomini ».
« Taci! Eccole! »
« Di già? » .
« Sta per spuntare l'alba ».
Le scimmie infatti giungevano. Erano dieci o dodici, alte
dai quaranta ai cinquanta centimetri, col pelame scuro, e rassomigliavano ai
semnopitechi.
S'avanzavano in fila indiana, con una gravità ridicola,
in silenzio. Scesero la sponda, si schierarono sugli scogli e si misero ad
esaminare l'acqua con grande attenzione. I due marinai, in preda alla più viva
curiosità, non perdevano di vista alcun loro movimento.
A un tratto le videro volgere il dorso al mare e
immergere in acqua le loro lunghe code pelose, facendole leggermente
ondeggiare.
« Te lo dicevo io che venivano a prendere un bagno »,
mormorò Piccolo Tonno.
« Alle code! » esclamò Enrico, crollando il capo. « Io
credo che abbiano un altro scopo. Oh!... Questa è strana!... Hai mai veduto
delle scimmie pescare? »
Un quadrumane, dopo aver fatto una brutta smorfia come se
avesse provato un acuto dolore, ritirò prontamente la coda, imprimendole
un rapido movimento innanzi e indietro. Qualche cosa che
si era attaccato a quell'appendice balzò in aria, e cadde contro una vicina
roccia con sordo rumore.
« Corna di cervo! » esclamò il marinaio, stupito. «
Pescano i granchi!... »
Era proprio vero: quella banda di scimmie pescava i
granchi di mare, usando d'un sistema curiosissimo, piuttosto doloroso.
Trovandosi quei crostacei entro i crepacci subacquei
delle rocce, i furbi quadrumani andavano a stuzzicarli colle code, e quando li
sentivano stringere, con una mossa fulminea li strappavano dal loro elemento e
con moto rotatorio li scagliavano contro i sassi della riva, rompendo i loro
gusci. Ciò fatto traevano colle adunche dita la carne saporita, che divoravano
con grande avidità.
« Non ho mai veduto nulla di simile », disse il marinaio,
sempre più stupito.
« Toh!... Se noi le imitassimo! » esclamò il mozzo.
« E quale coda immergeresti? »
« Le mani».
« Per fartele rovinare?... Credi tu che quelle scimmie
non provino dolore? Guarda che brutte smorfie fanno, quando si sentono
attanagliare la coda. Ma... t oh!... Pare che la pesca vada male!»
Due scimmie che avevano immerso la loro coda urlavano
disperatamente, ma senza essere più capaci di ritirare la loro appendice.
Invano puntavano colle mani e coi piedi e facevano sforzi furiosi: i granchi
pareva non volessero lasciare l'acqua e uscire dai buchi.
Le loro compagne stavano per precipitarsi in loro
soccorso, quando il marinaio balzò fuori dal nascondiglio, gridando:
« Addosso, Piccolo Tonno! »
La banda fuggì rapidamente, ma le due prigioniere,
nonostante i loro sforzi, rimasero sulla spiaggia. I due marinai furono lesti
ad afferrarle e con due vigorose strappate liberarono loro le code, traendo a
galla due granchi grossi come un cappello, i quali non lasciarono la preda se
non dopo che furono uccisi.
« Venite con noi, carine », disse Enrico. « Vi condurremo
a tenere compagnia al mias ».
Presero per le braccia le due prigioniere, e malgrado le
loro proteste e i loro morsi le trassero nel recinto.
« Altri servi? » chiese il veneziano, che stava scendendo
dalla capanna. « A quanto pare, volete farvi servire per bene ».
« No, signore », disse il marinaio, ridendo.
« Conduciamo due pescatori, che ci procureranno dei
deliziosi granchi. A vete mai veduto delle scimmie pescare?.. »
« I granchi?.. »
« Sì ».
« Ne ho veduto parecchie, specialmente a Giava ».
« Toh!... E io credevo di raccontarvi una novità
strabiliante ».
« È una novità molto vecchia per me, Enri
co, disse Albani. « Sciancatello! »
Si rivolgeva con quel nome al mias. L'aveva così
battezzato Piccolo Tonno, perché lo scimmione era un po' sciancato, forse a
causa di un capitombolo dalla cima di qualche altissimo albero.
Il giovane mias ormai si era affezionato ai suoi padroni,
quantunque fosse sempre di umore triste e malinconico come tutti quelli della
sua specie, e passeggiava ormai liberamente pel recinto senza mai allontanarsi.
Udendo la voce del veneziano, abbandonò il casotto che gli era stato costruito
e andò a guardare con curiosità le nuove venute.
Queste però, vedendoselo dinanzi, dapprima manifestarono
una viva apprensione, poi, sentendosi libere, cercarono d'arrampicarsi su pel
recinto per salvarsi nei vicini boschi; ma Sciancatello, da bravo guardiano, fu
lesto ad afferrarle per la coda e a tirarle giù, annunciando la sua imminente
collera con sordi grugniti; poi, per far loro carire che gli dovevano
obbedienza, somministro a ciascuna un calcio così magistrale, da farle
piroettare due volte in aria.
« Bravo SciancateIlo!... » gridarono i due marinai,
schiattando dalle risa.
« Con tale maestro diventeranno docili ben presto »,
disse il veneziano.
« Lo credete, signore? » chiese il marinaio
« Ne sono certo, e conto molto sulla loro docilità per
intraprendere la progettata spedizione sulla cima di quel monte ».
« Le lascerete qui in compagnia dello Sciancatello? »
« Al contrario, Enrico; intendo di condurle con noi e di
affidare loro una parte del nostro bagaglio ».
I due marinai scoppiarono in una omerica risata.
« Te lo dico sul serio », disse Albani. « Le nostre
scimmie ci seguiranno come portatori ».
« Allora insegnerò loro a fare di cucina, signore »,
disse il mozzo.
« Per mangiare più peli di coda che zuppa! » esclamò il
niarinaio. « No, non voglio simili aiutanti. Piuttosto insegnerò loro a
raccogliere legna secca pel fuoco » .
« E a recarsi alla fontana a prendere acqua ».
« Sia pure, Piccolo Tonno. Ah, che bei servi!... Signor
Albani, vi assicuro che quando sono sbarcato su quest'isola non speravo di
poter
avere anche dei servi, oltre il pane e le tante cose
utili da voi procurateci ».
« Ti accontenti facilmente ».
« Vi pare che io possa lagnarmi?. »
« No, ma io intendo procurarti di più. Quando avremo
visitato i boschi, spero di ritornare con molte cose che ancora ci mancano.
Voglio che qui regni l'abbondanza e che più nulla manchi a noi, che siamo
abituati alla vita civile ».
« Ma che cosa volete ricavare ancora dalle piante?.. »
« Molte cose ancora ».
« Mi mettete in curiosità. Quando faremo questa
escursione? ...»
« Fra un paio di giorni. Mi preme di conoscere
quest'isola, che non sappiamo ancora se sia vasta o piccola, abitata o
disabitata. Quest'oggi cominceremo i nostri preparativi ».
« Nulla ci manca, signore. Abbiamo pane, possiamo portare
con noi alcuni uccelli, l'acqua è a nostra disposizione, possediamo perfino dei
liquori. Che cosa volete di più? »
« Una tenda ».
« Abbiamo ancora delle vele ».
« È vero, ma ci occorrono delle bisacce per portare le
nostre provviste ».
« Le vele ce le daranno ».
« Ma come cucire la tela? »
« Diavolo!... È sempre la solita storia: manchiamo di
tutto. Dove trovare gli aghi?... Non possiamo già fabbricarli ».
« E allora bisogna cercarli ».
« Ma dove?.. »
« Ce li procureranno i pesci colle loro spine. I popoli
nordici, gli Esquimesi, i Samoiedi, i Ciuki, ecc., come t'ho già detto, cuciono
le loro vesti servendosi appunto di spine di pesci, e noi faremo altrettanto ».
« Ma bisogna pescarli questi pesci: e non possediamo ami
».
« Fortunatamente ce li daranno le piante ».
« E quali? » chiese il marinaio stupito.
« Ancora i bambù. Quelli chiamati hauertgiutgiuk o di
Blume hanno le spine ricurve, le quali possono servire da ami ».
« Andiamo a cercarle, signore, e poi andremo a pescare.
Sono impaziente di mettermi in viaggio, per conoscere un po' la terra che ci
ospita ».
« Andiamo, Enrico! sono anch'io curioso di conoscere il
dominio dei 'Robinson' italiani ».
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