CAPITOLO XXIV
Assediati nella caverna
Il signor Albani e il marinaio si erano arrestati dietro
il tronco d'un colossale durion, non osando avanzare, prima di sapere quale era
il nemico che dovevano affrontare.
I cespugli che formavano la macchia continuavano ad
agitarsi, come se l'uomo o l'animale si aprisse un varco con fatica. Pareva che
fosse
impacciato a uscire da quei rami che erano assai fitti e
frondosi.
Finalmente, dopo un ultimo e violento sforzo, riuscì ad
aprirsi il passaggio e a mostrarsi.
Nello scorgerlo, i due « Robinson » alzarono di comune
accordo le cerbottane, entro le quali avevano fatto scivolare rapidamente due
frecce.
Non era un uomo, ma una tigre che pareva avesse le gambe
assai ammalate, poiché si muoveva con gran pena; aveva anche delle forme
assai strane, poiché era assai più larga delle altre e
per di più gobba.
« Ma quella bestia è deforme! » esclamò il marinaio,
stupito.
« Ed io non riesco a scorgere le sue gambe», disse il
veneziano, non meno sorpreso.
« Che sia ferita?.. »
« O che non sia una vera tigre invece »
« Che cosa volete dire? »
Il veneziano non poté dare spiegazioni, poiché la bestia,
alzandosi bruscamente, si liberò della superba pelliccia e dinanzi ai due
«Robinson » comparve... Piccolo Tonno!
« Mille terremoti!... Il piccino! » esclamò il marinaio,
balzando innanzi.
« Nella pelle della tigre uccisa sulla montagna »,
rispose il mozzo, correndo loro incontro. « Ah! signor Albani, quante ansie in
queste
quattro ore! Udendo tutti quegli spari, temevo che vi
avessero ucciso».
« Per poco non l'hanno fatto », disse Enrico.
« Si è mostrato qualche pirata presso la caverna? »
chiese Albani.
« Nessuno, signore ».
« E Sciancatello? »
« L'ho lasciato a guardia degli animali ».
« Ma per quale motivo avevi indossato la pelle della
tigre? »
« Per spaventare i pirati, nel caso che li avessi
incontrati ».
« Il furbo! » esclamò Enrico.
« Sei un bravo ragazzo », disse Albani. «Orsù, non
perdiamo tempo e fuggiamo. È lontana la caverna? »
« Dieci minuti », rispose il mozzo.
« Andiamo, amici ».
Il mozzo si caricò della pelle della tigre e tutti e tre
si misero in cammino, cercando di tenersi in mezzo alle macchie più fitte.
Dopo pochi minuti giunsero senz'altri incontri alla
caverna. Spostarono la cortina vegetale, levarono i macigni che ostruivano
l'entrata e passarono nel magazzino, dove si trovavano Sciancatello, le due
scimmie, i babirussa e gli uccelli.
Il mozzo, durante l'assenza dei due suoi compagni, non
aveva impiegato inutilmente il suo tempo. Aveva disposto ogni cosa in ordine,
messi in libertà i volatili, dopo aver teso una piccola rete di fibre di cocco dinanzi
alla finestra, per impedire che volassero fuori, preparati tre giacigli di
grandi e fresche foglie; aveva riempiti d'acqua tutti i recipienti disponibili,
avendo trovato uno stagno poco discosto.
« Bravo ragazzo », disse Albani. « Ora qui possiamo
sostenere un lungo assedio senza inquietarci ».
« Credete che verranno ad assediarci? » chiese il
marinaio.
« Se scoprono i solchi del nostro carretto, verranno qui
certo ».
« Non si potrebbero far sparire i solchi? »
« Ci vorrebbe molto tempo e ci esporremmo al pericolo di
venire sorpresi. Se vogliono assediarci, vengano pure; ci difenderemo.»
« Ma possono forzare la galleria ».
« Vi sono molti macigni qui e la barricheremo per bene,
Enrico. Uno di noi monterà la guardia al di fuori, dietro la cortina vegetale;
al
primo indizio di pericolo verrà tosto ad avvertirci e
chiuderemo la galleria ».
« Vado io », disse Piccolo Tonno. « Sciancatello mi terrà
compagnia».
« Noi poi ti sostituiremo », disse il marinaio.
Il mozzo s'armò della sua cerbottana, invitò Sciancatello
a seguirlo e andò a nascondersi in mezzo alle piante rampicanti, mentre i suoi
compagni, che non avevano mangiato dalla sera innanzi, si
preparavano la colazione. L 'intera giornata trascorse tranquilla. Si udì
qualche colpo di moschetto rombare sulla montagna e qualche altro verso la
costa settentrionale, ma nessun pirata si mostrò nelle vicinanze della caverna.
Probabilmente supponevano che gli abitanti della capanna aerea si fossero
rifugiati fra le fitte foreste del grande cono dominante l'isola.
Prima che il sole tramontasse, Albani e il marinaio
scalarono la rupe gigantesca per vedere se il tiakauting si trovasse ancora
nella
piccola cala. Lo videro ancorato allo stesso posto che
occupava al mattino e ancora privo del suo albero di trinchetto.
« Temo che occorra del tempo per ripararlo», disse
Albani.
« Forse avrà degli altri guasti », rispose Enrico.
« Se rimangono qui parecchi giorni, scopriranno certo le
nostre tracce ».
« E fors'anche i nostri vivai, signore. Mi rincrescerebbe
trovarli poi senza un pesce e senza una testuggine ».
« Colla pazienza ripareremo a tutto, Enrico. L'energia e
la buona volontà non ci mancano ».
« È vero, ma aver lavorato per quelle canaglie è duro e
non so rassegnarmi. E poi, sapendo ormai che l'isola è abitata, potrebbero di
quando in quando ritornare ».
« Non credo che i pochi viveri trovati li possano indurre
a intraprendere un secondo viaggio. Perderebbero il loro tempo inutilmente. E
poi, dalla cima della montagna si persuaderanno che l'isola è deserta ».
Essendo calata la notte ridiscesero, ma il marinaio si
arrestò al di fuori, nascosto fra i vegetali. Temendo sempre di venire
sorpresi, avevano deciso di vegliare anche di notte, per essere pronti a
barricare la galleria.
Nulla accadde durante il primo quarto di guardia del
marinaio. A mezzanotte il mozzo lo sostituì in compagnia di Sciancatello, il
quale si prestava volentieri a quel servizio, quasi avesse compreso che i suoi
padroni correvano un grave pericolo.
Il mozzo vegliava da due ore, rannicchiato in mezzo alle
piante che lo coprivano del tutto, colla cerbottana in mano, quando lo
Sciancatello, che sonnecchiava accanto a lui, si alzò
bruscamente emettendo un sordo brontolio.
« Oh!... oh!... » esclamò il ragazzo. « C'è qualche cosa
di nuovo? »
Si alzò e, scostando prudentemente le piante, guardò
verso il margine della foresta, ma non vide alcuno. Però, essendo il cielo
coperto da
nuvoloni, non era cosa facile distinguere una persona a
due o trecento passi in quella oscurità.
« Che abbia fiutato qualche tigre? » mormorò il mozzo. «
Ecco un nemico che non è migliore degli altri ».
Il mias continuava a brontolare e a muovere gli orecchi
come se cercasse di raccogliere meglio dei lontani rumori. A volte si curvava
verso terra, poi aspirava fortemente l'aria pel naso.
« Qualche cosa succede nella tenebrosa foresta », disse
il mozzo, che era diventato inquieto. « Andiamo ad avvertire i compagni ».
Scivolò lestamente nella galleria e tirò le gambe al
veneziano e ad Enrico, dicendo:
« Presto, in piedi ».
« I pirati? » chiese il marinaio, rizzandosi colla
cerbottana in mano.
« Non lo so, ma Sciancatello dà segni d'inquietudine ».
« Usciamo », disse Albani. « Gli uomini dei boschi
sentono i nemici a grandi distanze ».
In un baleno si trovarono tutti e tre all'aperto.
Sciancatello ascoltava sempre e brontolava, colla testa volta verso fa spiaggia
settentrionale.
« Il pericolo viene di là », disse Albani.
« Ma io non vedo nulla », rispose Enrico.
« Pretenderesti di avere gli occhi del mias?.. »
« Che i pirati abbiano scoperto le tracce del carretto? »
Lo temo, poiché
Sciancatello guarda da quella parte ».
« Mille terremoti!... »
« Che cos'hai?.. »
« Ho veduto un uccello alzarsi da quella macchia di
alberi ».
« Sarà stato un pipistrello gigante », disse Piccolo
Tonno.
« No, dal volo mi parve invece un tucano ».
« Allora i nemici vengono di là », disse Albani.
« Zitto!... Ho udito dei rami muoversi ».
In quell'istante il mias emise un brontolio sonoro e fece
atto di slanciarsi innanzi, ma il mozzo fu pronto a trattenerlo.
« Conducilo nella caverna », disse Albani.
« Potrebbe tradirci ».
Poi, mentre Piccolo Tonno s'affrettava a obbedire, si
distese al suolo per non venire scorto, tenendo la cerbottana presso le labbra.
Il marinaio lo imitò.
Pareva che i nemici avanzassero seguendo le tracce del
carretto, che dovevano aver osservato anche presso la capanna aerea. Si udiva
di
tratto in tratto lo stormire dei cespugli e lo
scricchiolìo delle foglie secche, ma non si potevano ancora distinguere, a
causa dell'oscurità che pareva diventasse sempre più fitta, per i
nuvoloni nerissimi che continuavano ad accumularsi in
cielo.
« Guardate », disse ad un tratto il marinainaio
« Vedo », rispose Albani.
« Seguono le tracce ».
« Sì, Enrico ».
« E sono parecchi ».
« Appena ci accorgiamo che muovono verso di noi, mira il
più vicino ed io mirerò il secondo. Saranno due di meno ».
A cento passi si vedevano dei corpi neri avanzare fra le
erbe e le foglie, strisciando con precauzione. Erano dieci o dodici e tutti
armati di fucili, a quanto pareva.
« Mira giusto », mormorò Albani, accostando la cerbottana
alle labbra. « Vengono diritti alla caverna ».
« Ho scelto il mio uomo ».
Le due frecce partirono con un sibilo lamentevole. I due
pirati che strisciavano in prima fila s'alzarono di scatto emettendo urla di
dolore, mentre i loro compagni scaricavano a casaccio le loro armi, non potendo
scorgere gli assalitori.
« Nella caverna! » esclamò Albani.
Protetti dalla cortina vegetale, scivolarono rapidamente
nel corridoio e accumularono con tutta lestezza le pietre, otturando
l'ingresso.
« Presto, formiamo una barricata », ordinò Albani.
Piccolo Tonno, che aveva acceso una candela, accorreva in
loro aiuto con Sciancatello.
Si misero a rotolare i massi che abbondavano nella prima
caverna e li accumularono nel corridoio.
Intanto, al di fuori, si udivano i pirati vociferare come
ossessi: echeggiavano spari.
Non avendo potuto vedere da che parte fossero state
lanciate le frecce, non avevano ancora scoperto l'ingresso della galleria, ma
non potevano tardare a giungervi dinanzi, se seguivano le tracce del carretto.
I tre « Robinson » e lo Sciancatello continuavano a rotolare macigni, volendo
murare tutta la galleria, per impedire agli assedianti di avanzare o almeno
rendere molto difficile la loro entrata.
Già mezzo corridoio era stato ostruito, quando udirono le
voci echeggiare all'altra estremità.
« Ci hanno scoperti », disse Enrico.
« Ma non entreranno », rispose Albani. « Abbiamo più di
duecento frecce, e i nostri proiettili, lo sappiamo per prova, valgono meglio
delle loro palle ».
« Ci assedieranno ».
« Che cosa importa a noi? Abbiamo dei viveri per otto o
dieci mesi ».
« Ma scarseggiamo d'acqua, signore », disse Piccolo
Tonno.
« Non ne avremo che per dieci o quindici giorni ».
« Ci basterà, amici. Questo assedio non durerà molto.
Preparate le armi e teniamoci pronti a respingere l'assalto ».
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