CAPITOLO XXXII
I segnali fra l'isola e lo scoglio
La sera i tre naufraghi risalirono il cono, ciascuno
portando con sé altri cespugli e delle bracciate di alghe marine raccolte sulle
sponde dello scoglio e poi seccate al sole.
Avevano intenzione di accendere vari fuochi, per meglio
attirare la curiosità del mozzo.
Forse vedendo ripetersi, anzi moltiplicarsi quei segnali,
avrebbe finalmente compreso che una disgrazia doveva essere toccata ai
compagni. Guardarono dapprima con profonda attenzione verso la punta estrema
della loro isola e il maltese, che aveva lo sguardo più acuto di tutti, non
tardò a distinguere ancora il punto luminoso, già osservato la sera innanzi.
Pareva però che non fosse più a livello del mare, ma che ardesse su una punta
elevata, forse sulla cima d'una rupe.
« Che Piccolo Tonno sia andato a cucinarsi la cena sulle
scogliere? » disse Enrico. « O che abbia acceso quel fuoco più in alto per
renderlo meglio visibile? »
« Io credo che il bravo ragazzo abbia un motivo per
averlo acceso lassù », disse Albani.
« E quale, signore?.. »
« Quello di accertarsi se qualcuno risponde »
« Affrettiamoci ad accendere i nostri fuochi ».
Coi rami e colle alghe secche formarono tre cumuli
distanti parecchi passi l'uno dall'altro e li accesero, soffiandovi sopra per
alimentarli meglio.
Quando si rialzarono, videro che il punto luminoso che si
scorgeva sulla estrema punta dell'isola si era ingrandito considerevolmente.
Poco dopo altri due punti comparvero, a una certa
distanza dal primo.
Un grido di gioia irruppe dalle labbra del maltese e di
Enrico. Ormai non vi era più dubbio. Piccolo Tonno corrispondeva ai loro
segnali.
« Io sono certo che quel bravo ragazzo si è immaginato
che siamo noi ad accendere questi fuochi », disse Enrico.
« Lo credo anch'io », disse Albani.
« Allora domani verrà in nostro soccorso ».
« Ma in qual modo, se il canotto non esiste più? » chiese
Marino.
« Costruirà una zattera », rispose Albani. « Il ragazzo è
intelligente e non indietreggerà dinanzi ad alcuna difficoltà ».
« Bisogna continuare i segnali », disse Enrico. « Andiamo
a raccogliere dell'altra legna, Marino ».
I due marinai scesero nei burroncelli in cerca di altri
cespugli, mentre Albani rimaneva in vedetta sulla cima del cono.
Era già trascorso un quarto d'ora, quando vide un quarto
punto luminoso apparire quasi di fronte allo scoglio, ma assai basso, quasi a
fior d'acqua. Ben presto però quel punto si dilatò, ingigantì, e una colonna di
fumo, a riflessi rossastri, si alzò dall'isola, sormontata da fasci di
scintille. Pareva che laggiù ardesse un lembo
della grande foresta.
« Piccolo Tonno ci avvisa che ormai sa che noi ci
troviamo qui », disse Albani ai due marinai che salivano il cono carichi di
rami e di piante rampicanti. «Non ci possiamo ingannare ».
« Ma come avrà fatto a capirlo così presto? » chiese
Enrico. « Che qualcuno dei nostri oggetti sia stato spinto verso le sponde
dell'isola? ... »
« Forse », rispose Albani. « Qualche remo, o le
cerbottane, o l'albero che può essersi staccato dalla scialuppa ».
« Toh! Un altro gruppo d'alberi che brucia un po' più a
sud. Il piccino minaccia di distruggere tutte le nostre foreste ».
« Non sarà così imprudente, Enrico. Alimentate i falò che
stanno per spegnersi ».
Nuovi rami furono gettati sui tizzoni ardenti, ravvivando
le fiamme. Il cono era ormai interamente illuminato e doveva essere visibile ad
una grande distanza. Anche sull'isola però i fuochi
proiettavano una viva luce, spiccando nettamente sul fondo oscuro del cielo.
Per due ore i naufraghi e il mozzo continuarono a
scambiarsi segnali; poi da una parte e dall altra i falò si spensero. Ma né
Albani, né
Enrico, né il maltese pensarono a dormire, né ad
abbandonare la vetta del cono, sperando di veder apparire sulla spiaggia
dell'isola qualche altro fuoco. Aspettavano ansiosamente l'alba, certi di
vedere il mozzo navigare verso di loro con qualche zattera; ma pareva che
quella notte fosse eterna e che le tenebre non volessero andarsene.
Anzi il tempo minacciava di mandare a male le loro
speranze, poiché il cielo tornava a coprirsi di pesanti nuvoloni, come se
volesse far
scoppiare un nuovo uragano, mentre la brezza aumentava,
soffiando di quando in quando con una certa violenza. Se il mare tornava a
montare, Piccolo Tonno non avrebbe certo potuto accorrere tanto presto a
liberarli da quella prigionia, che ormai tutti trovavano insopportabile.
Verso le tre del mattino il tuono cominciò a brontolare
fra le nubi, mentre alcuni lampi solcavano il cielo verso est. Il mare già
cominciava a muggire contro le spiagge dell'isolotto e sui frangenti.
« Mille milioni di folgori! » esclamò Enrico, furioso. «
Che non ci lascino più, questi dannati uragani? »
« Forse sarà l'ultimo della stagione », disse Albani.
« L'ultimo o il penultimo, verrà ad impedirci la partenza
».
« Purtroppo, Enrico ».
« Ah! Se Piccolo Tonno si affrettasse! »
« Non oserà avventurarsi tra i frangenti e i banchi prima
che sorga l'alba. Armiamoci di pazienza e aspettiamo ».
Si accoccolarono dietro una rupe per mettersi al riparo
dal vento, che soffiava con grande violenza su quella vetta isolata, e attesero
l'alba, tenendo gli sguardi fissi sull'isola. Intanto
l'uragano avanzava con estrema rapidità, ma questa volta veniva da oriente.
Ormai tutte le stelle erano scomparse sotto fitte masse di vapori che il vento
spingeva innanzi a sé, e il mare s'alzava, muggendo sordamente ai piedi dello
scoglio. Se quel tempo continuava, Piccolo Tonno non avrebbe certo osato
affrontare le onde di riflessi color dell'acciaio. Albani, il genovese e Marino
si alzarono in preda a una viva ansietà, fissando i loro sguardi verso l'isola.
Parve loro di distinguere, quasi subito, una macchia grigiastra che filava
lungo i frangenti.
« È una vela! » esclamò il maltese. « Sono certo di non
ingannarmi ».
« Che quel bravo piccino si sia già messo in mare? »
disse Enrico.
« Ah! Come lo abbraccerei volontieri quel coraggioso
ragazzo! »
« Sì, è una vela », confermò Albani, dopo un'attenta
osservazione. « Ha certo costruito una zattera e issato un albero ».
« Non è una zattera », disse il maltese, che si era
arrampicato sulla punta più alta del cono.
« Vedo una macchia nera di forma allungata sotto quella
vela ».
« Tu hai le traveggole, camerata ».
« No, marinaio », rispose Marino. « io ti dico che
Piccolo Tonno corre in nostro aiuto con una scialuppa ».
« Con una scialuppa! » esclamarono Albani ed Enrico. «
Sì!... Sì!... Ora la distinguo bene ».
« Ma dove vuoi che abbia trovato una scialuppa? » chiese
Enrico. « Che sia la nostra? » si chiese il veneziano.
« È impossibile, signore! »
« E perché impossibile? Qualche corrente può averla
trascinata verso la nostra isola e Piccolo Tonno può averla trovata arenata ».
« Infatti, signore, se il ragazzo non l'avesse trovata,
non credo che avrebbe risposto così presto ai nostri segnali. Piccolo Tonno è
prudente, e invece di accendere quei fuochi, avrebbe spento anche quello del
fornello per timore di attirare la nostra attenzione, se avesse sospettato in
noi, come era presumibile, dei pirati ».
« Sì, è la nostra scialuppa », gridò Marino.
« Ora la riconosco perfettamente ».
Ormai non era più possibile ingannarsi. Anche Albani ed
Enrico potevano distinguerla, essendo essa già giunta presso i primi frangenti
ed essendosi il sole mostrato in uno squarcio delle nubi. Piccolo Tonno la
guidava con mano sicura, tenendosi lontano dai frangenti, per timore che le
onde la spingessero addosso a quei pericolosi ostacoli. Vedendo addensarsi
l'uragano, s'affrettava, tenendo una linea rigorosamente diritta per
risparmiare via.
I marosi lo assalivano con grande impeto, ma egli non si
spaventava per questo, e lo si poteva vedere con una mano su un lungo remo che
gli serviva da timone, e coll'altra alla scotta della vela.
Il signor Albani, Enrico e il maltese, ciascuno fuori di
sé per la gioia, profondamente commossi, avevano lasciato la vetta del
vulcanello e si erano radunati presso i primi frangenti.
«Bravo, mio Piccolo Tonno! » urlava il genovese. « Sei un
vero marinaio! ».
Alle sette del mattino la scialuppa, dopo aver superato
un banco, s'arenò sulla sponda sabbiosa, e il bravo ragazzo, che piangeva e
rideva a un tempo, si precipitò fra le braccia del signor Albani prima, poi di
Enrico e finalmente di Marino.
« Ah! » esclamò egli. « Vi avevo pianto, credendovi tutti
annegati. Un abbraccio ancora, signor Albani; un altro, mio buon Enrico ».
« Ma quando hai trovato la scialuppa? » gli chiese
Albani. « Ieri sera, poco prima del tramonto ».
« Ma dove? »
« Si era arenata presso i vivai delle testuggini. Potete
immaginarvi quale fu la mia disperazione nel trovarla rovesciata, e quale la
mia gioia quando scorsi i tre fuochi accesi su questo scoglio. Non dubitai più
che foste voi e mi affrettai a rispondere ».
« Avevi veduto il fuoco acceso due sere or sono? » « Sì,
signore, e mi ero assai spaventato, temendo che dei pirati stessero per approdare
alla nostra isola. Quanto sono felice, signore! Vi credevo perduti e invece
trovo un compagno di più ».
« Anche tu mi perdoni? » chiese Marino.
« Se ti hanno perdonato il signor Albani ed Enrico,
vorresti che non ti perdonassi io?.. Orsù, abbracciami: sei dei nostri, un
"Robinson" italiano anche tu, ma... e il tuo compagno? Eravate
fuggiti in due ».
« Ti narreremo più tardi, Piccolo Tonno », disse Albani.
«Affrettiamoci a lasciare questo scoglio o correremo il pericolo di naufragare
un'altra volta ».
Un ritardo poteva infatti riuscire loro fatale, poiché le
onde continuavano ad alzarsi e il vento a crescere, mentre larghi goccioloni
cominciavano a crepitare sulla superfìcie del mare. Abbandonarono senza
rimpianti quel vulcanello, dove avrebbero corso il pericolo di fare la fine dei
naufraghi della « Medusa » senza quelle ostriche provvidenziali, e presero il
largo mettendo la prua verso la costa orientale dell'isola. Albani si era
rimesso al timone, Enrico a prua per meglio vedere i frangenti, e Piccolo Tonno
e il
maltese alla vela.
L'oscurità cresceva di momento in momento. Il sole era
già scomparso dietro densi nuvoloni e, quantunque fossero appena le dieci del
mattino, pareva che cominciasse ad annottare.
Fortunatamente il vento era favorevolissimo e la
scialuppa, ricevendo le onde a poppa, non correva, almeno pel momento, pericolo
alcuno. Filava come una rondine marina, lasciandosi portare da quelle masse
liquide e spumeggianti, tenendosi a due o trecento passi dalla linea dei
frangenti.
« Presto, presto », diceva Albani, che vedeva l'uragano
ingrossare a vista d'occhio, e che di quando in quando veniva inondato
dall'acqua.
« Lasciate andare la vela ».
Già le coste dell'isola erano perfettamente visibili,
quando il marinaio, volgendosi verso est per misurare la distanza percorsa,
vide sul fosco orizzonte due punti biancastri che parevano correre da sud a
nord.
« Due uccellacci o due vele? » si chiese egli.
« Guarda laggiù, Marino, tu che hai gli occhi più acuti
de' miei ».
Il maltese si volse, fissando i suoi sguardi, che
potevano sfidare i migliori cannocchiali, sui due punti indicati.
« Sono due grandi vele », disse poi.
« Un altro tiakauting, forse? Non ci mancherebbe altro
che un nuovo attacco dei pirati, ora ».
« Guarda bene, Marino », disse Albani. « Mi sembra, dalla
fonda delle vele che quella nave sia piuttosto una giunca », rispose il
maltese.
« Ti pare che si avvicini all'isola? »
« Sì, tenta di poggiare verso queste coste ».
« Saranno pirati, signore? » chiese Enrico.
« Le giunche ordinariamente sono montate da marinai
cinesi. Se fossimo nel golfo del Tonchino, si potrebbero avere dei dubbi; ma le
giunche che navigano in questi mari esercitano un
traffico onesto ».
« Che l'uragano ci mandi altri compagni?
Sulla nostra isola non vi sono porti che possano servire
di rifugio».
« Forse quella nave spererà di trovarne. Se quei marinai
troveranno modo di sbarcare, non avranno da lagnarsi di noi. Badiamo alla
nostra scialuppa intanto: il mare ingrossa e minaccia di farci passare un brutto
quarto d'ora ».
Non distavano allora che due miglia dall'isola, ma le
onde, trovandosi strette fra la costa che era assai dirupata e la linea dei
frangenti, ritornavano al largo tumultuosamente, provocando delle controndate
pericolosissime. Il signor Albani si era alzato in piedi per meglio vedere dove
si nascondevano gli scoglietti, segnalati isolatamente da uno spumeggiare
incessante e da colonne d'acqua rimbalzanti.
La scialuppa, affogata sotto gli assalti di quelle masse
liquide, pareva che ad ogni istante dovesse scomparire, ma si rialzava sempre.
A mezzodi girò un'alta scogliera che si estendeva dinanzi alla costa e penetrò
in una specie di canale formato da rupi tagliate a picco; un fiord profondo,
riparato da] vento e dalle onde.
« Finalmente! » esclamò Enrico.
Ammainarono la vela e legarono la scialuppa a un enorme
macigno, mentre cadeva una pioggia diluviale.
« Cerchiamo un ricovero », disse Albani, salendo la
costa. « Non possiamo, con questo tempaccio e così stanchi, recarci fino alla capanna
».
« Ma i nostri magazzini non devono essere lontani »,
disse Enrico.
« Due miglia », rispose Piccolo Tonno.
« Sotto questo diluvio sono troppe ».
« Ci devono essere delle caverne », disse Albani.
« Tutte queste rocce sono più o meno traforate ».
« Cerchiamone una, signore. Io cado dal sonno e non mi
reggo più », disse Marino.
Stavano per volgere le spalle al mare e cacciarsi fra le
alte rupi della costa, quando il maltese chiese: « E la giunca? »
« Si vede ancora? » chiese Albani, fermandosi.
Il maltese guardò verso est, ma più nulla si vedeva sull'
orizzonte. Certamente la pioggia impediva di scorgerla, o l'equipaggio aveva
abbandonato l'idea di poggiare verso l'isola e aveva ripreso la rotta verso
nord.
« È scomparsa », disse Marino.
« Meglio per loro », rispose Enrico. « Si sarebbero
fracassati su queste scogliere. Andiamo: è un vero diluvio questo, e non
abbiamo
l'arca di Noè ».
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