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SULLE RIVE DELLO ZAPATÈ
Un'ora dopo le due bande dei
tagali e dei chinesi, capitanate da Hang-Tu, abbandonavano la
foresta scendendo nella pianura. Romero, che dopo quella forte commozione era
stato ripreso da una febbre violenta, era stato collocato su di una nuova
barella sorretta da quattro robusti indigeni, non potendo assolutamente montare
ancora a cavallo. Than-Kiù, come sempre, lo vegliava,
cavalcando presso di lui.
Le bande s'affrettavano, temendo
di venire sorprese dai soldati spagnuoli del generale Lachambre, i quali
avevano cominciato le loro operazioni per impossessarsi delle rive dello Zapatè
e scacciare gl'insorti da S. Nicola, coprendo contemporaneamente Pamplona per
impedire che venisse occupata dal nemico.
Hang-Tu
avvertito di tuttociò dai due meticci che gli avevano condotte quelle due
bande, da loro incontrate nei pressi dello Zapatè mentre stavano eseguendo una
ricognizione, aveva dato ordine di tenersi lontano dalle strade che potevano
già essere state occupate dalle avanguardie spagnuole e di avanzarsi attraverso
le piantagioni e le foreste, volendo evitare qualsiasi combattimento.
Sapeva ormai che S. Nicola non
era lontana che sette od otto miglia e voleva condurre colà intatte le bande,
tanto più che era stato informato come i ribelli disponessero di poche forze
per difendere la borgata contro le agguerrite truppe di Lachambre.
Alla sera, dopo tre ore di marcia
attraverso a piantagioni mezzo distrutte dal fuoco, forse appiccatovi
dagl'insorti per poter meglio scorgere l'avanzarsi dei nemici, le due bande si
accampavano in mezzo ad un piccolo bosco che coronava la cima d'una collinetta,
e che le metteva al coperto da qualsiasi sorpresa.
Hang-Tu,
seguito da alcuni meticci del suo drappello, salì sulla più alta cima, dalla
quale poteva dominare una vasto tratto del paese ed anche buona parte delle
rive dello Zapatè.
Da quella posizione elevata
scoprì subito, verso il nord, al di là del fiume, numerosi punti luminosi
brillare fra le tenebre. Suppose che fossero fuochi delle bande insorte
accampate intorno a S. Nicola.
— È vero, — dissero i meticci,
che avevano guidato le due bande. — A S. Nicola, si veglia per tema d'una
sorpresa notturna.
— Domani mattina possiamo giungere alla
borgata, — disse Hang, — purché gli spagnuoli non abbiano di già occupate le
rive dello Zapatè.
— È quello che io temo, capo, —
osservò uno dei due meticci. — Vedo dei fuochi brillare sotto i boschi che si
stendono lungo le rive del fiume e precisamente dinanzi a noi.
Hang-Tu
abbassò gli sguardi verso il fiume, le cui acque scintillavano all'orizzonte,
sotto i primi raggi dell'astro notturno che allora sorgeva dietro le foreste e
scorse infatti alcune luci tremolanti sotto la cupa ombra degli alberi. La
fronte del capo degli uomini gialli s'aggrottò.
— Ci avrebbe già preceduti il
nemico? — mormorò. — Non ho grande fiducia che S. Nicola possa resistere a
lungo alle brigate vittoriose del generale Lachambre, ma infine una buona
resistenza la si poteva tentare.
Poi volgendosi verso i due
meticci, chiese:
— Credete che quei fuochi siano
di qualche capo spagnuolo?
— Lo crediamo, capo, — risposero.
— Se così fosse, avremmo la via
tagliata.
— Possiamo mandare alcuni
cavalieri in esplorazione.
— È quello che farò. Date intanto
ordine che si spengano nel nostro campo tutti i fuochi, onde non attirare
l'attenzione del nemico ed esporci ad un inutile attacco. Darete pure ordine
che nessuno si corichi e che si tengano pronti a ripartire.
— Vuoi forzare il passo del
fiume, capo? — chiese un meticcio.
— Si vedrà più tardi che cosa ci
converrà fare. Quattro uomini di buona volontà risalgano a cavallo e si rechino
sulle rive del fiume.
Quattro meticci della sua piccola
banda si fecero innanzi, dicendo:
— Siamo pronti a partire.
— Andate, guardate e tornate
presto a riferirmi ciò che avrete veduto. Soprattutto siate prudenti e non
fatevi sorprendere.
Ridiscese il colle e attraversato
il campo, entrò in una capannuccia improvvisata, con rami d'albero, sotto la
quale era stato ricoverato Romero.
Il meticcio, che ricominciava a
migliorare, essendo cessata la febbre, stava parlando con
Than-Kiù, La quale si teneva seduta presso di lui;
vedendoli uno vicino all'altra, corrugò la fronte, ma fu un lampo. Il suo viso
aveva prontamente riacquistata la consueta serenità.
— Mi sembra che tu stia meglio questa
sera, — disse a Romero.
— Sì, fratello, — rispose il
meticcio, tenendogli la mano.
Hang finse di non vederla e andò
ad accoccolarsi presso la porta della capannuccia.
— Hang, — disse Romero, alzandosi
a sedere. — Tu sei in collera con me, è vero?…
Il chinese non rispose. Si era
preso fra le mani il capo e pareva che meditasse.
— Hang, — ripeté Romero. — Tu sei
in collera, perché io ti ho strappato dalle mani il maggiore d'Alcazar.
Anche questa volta il chinese non
rispose. Than-Kiù si era alzata pallidissima e guardava ora
l'uno ed or l'altro, con viva inquietudine.
— Hang, — diss'ella.
Udendo la voce della fanciulla,
il chinese aveva alzato il capo, passandosi prima una mano dinanzi agli occhi,
come se avesse voluto allontanare una visione o strapparsi qualche furtiva
lagrima.
Than-Kiù
l'aveva veduto e gli si era avvicinata mormorandogli in un orecchio, ma in modo
che Romero non potesse udirla.
— Tu hai pianto, Hang.
— No, — rispose il chinese, con
voce appena intelligibile e scotendo il capo. — Meditavo.
— No, tu cerchi ingannarmi. Tu
piangi e forse per me.
— Taci!…
Poi si alzò, dicendo con voce
tranquilla:
— Non t'avevo udito, Romero. No,
Hang-Tu non ha cessato d'amare il suo fratello d'armi, né
si pentirà di ciò che ha fatto. Hai voluto salvare il padre della donna bianca:
forse hai fatto bene. Certe generosità, talora possono diventare preziose.
Orsù, non se ne parli più mai.
— Ma mi sembri commosso, Hang.
— No, Romero, sono preoccupato
perché comincio a dubitare dell'avvenire.
— Vuoi dire?…
— Che la sfiducia comincia a
infiltrarsi nel mio animo e che i sogni tanto accarezzati stanno per svanire
tutti. Anche il grande ideale comincia ad impallidire.
— Parli dell'insurrezione forse?
— Sì e anche d'altro.
— Forse che tu non hai più
fiducia nella nostra causa?
— Hang-Tu
legge talvolta nell'avvenire e l'ha veduto ben fosco.
— Forse che nuovi disastri hanno
colpito la nostra causa?
— No, ma prevedo che
quest'insurrezione finirà in una catastrofe.
— Non lo credo.
— Sai, Romero, che il generale
Lachambre è già giunto sulle rive dello Zapatè e che le sue brigate accampano a
due miglia da noi?…
— Di già?… — esclamò Romero, con
doloroso stupore.
— Sì e aggiungerò che la presa di
S. Nicola è forse questione di ore.
— Ma noi andremo a difenderla.
— E chi ci aprirà la via
attraverso le truppe spagnuole?… Queste due bande, che non contano dieci
meticci? Tu sai già quanto valgono i tagali ed i miei compatriotti.
— Siamo tagliati fuori da S.
Nicola?…
— Tutto lo indica.
— E che cosa pensi di fare?…
— Tenterò di attraversare lo
Zapatè senza impegnare battaglia.
— E se tu non riuscissi?…
— È a te che domando che cosa si
dovrà tentare. In questa provincia non vi è più nessuna borgata sulla quale
ripiegare e tentare una difesa disperata. Il nostro piano di distrarre le forze
che marciano su Cavite lo credo fallito e senza alcuna speranza di rimedio.
— Ebbene, Hang, noi andremo a
Cavite. È là che batte il cuore dell'insurrezione e là andremo a difendere
strenuamente il baluardo della libertà.
— E lo potremo noi o sarà troppo
tardi? Sai che le truppe del generale Polavieja s'avanzano lungo la penisola?…
— Cercheremo d'ingannarle.
— O verremo presi e fucilati.
— Vi è il mare, Hang.
— Ma la baia è guardata dalla
flottiglia spagnuola, la quale blocca strettamente Cavite.
— Ma si può, approfittando di una
notte oscura, violare il blocco e sbucare sotto le mura della città.
— È vero, — mormorò
Hang-Tu, come se parlasse fra sé. — Con uomini decisi a
tutto, si può tentarlo.
Si era alzato e si era accostato
alla porta, porgendo ascolto ai rumori del campo.
— Vado a vedere se gli uomini
mandati in esplorazione sono giunti, — disse. — Dalla loro risposta può
dipendere la nostra sorte e fors'anche quella delle bande che difendono S.
Nicola.
Fece un gesto d'addio a Romero ed
a Than-Kiù ed uscì.
Tutti i fuochi erano stati spenti
nell'accampamento, ma nessuno dormiva. Chinesi e tagali si erano coricati
accanto ai loro cavalli, tenendo le armi a portata della mano, per essere
pronti a partire.
Hang-Tu fece
il giro del campo visitando i posti di guardia, temendo sempre una sorpresa da
parte degli spagnuoli che ormai supponeva molto vicini, poi andò a sedersi su
di un'alta roccia, dalla quale dominava il corso dello Zapatè e poteva
distinguere i fuochi che ardevano sulle sue rive.
Non pensava; spiava con ansietà
il ritorno degli uomini mandati ad esplorare i dintorni.
Trascorse una mezz'ora, poi
un'ora, senza che nulla potesse scorgere. In fine vide alcune ombre gigantesche
galoppare celermente per la pianura e gli acquitrini che si estendevano dietro
lo Zapatè, e dirigersi verso il colle occupato dalle due bande.
Credette dapprima che fossero
cavalleggeri spagnuoli in esplorazione, ma poi s'accorse che erano i suoi
quattro meticci.
Lasciò la rocca e scese incontro
a loro.
— Gli spagnuoli? — chiese, quando
lo ebbero raggiunto.
— Sì, capo, — rispose uno dei due
meticci. — Abbiamo dinanzi a noi una brigata del generale Lachambre.
— Ah!… sfortuna!… — esclamò Hang.
— Si prepara ad assalire S. Nicola?…
— Sembra che domani, all'alba,
debba cominciare l'assalto. Una parte delle truppe ha già guadato il fiume e
gli altri si preparano pure a passarlo.
— Credete che sia possibile a noi
di attraversarla senza venire scoperti?…
— Forse, passando in mezzo alle
paludi, — disse un altro meticcio.
— Vi passeremo, — rispose Hang,
che pareva avesse presa una pronta decisione. — Fate levare il campo.
— E Don Ruiz?…
— Lo condurremo con noi. Non
sarebbe prudente lasciarlo indietro, fosse pure sotto una buona scorta. Affido
a voi l'incarico di vegliare su di lui.
— E noi lo difenderemo, —
risposero ad una voce i quattro meticci.
Gli uomini delle due bande,
avvertiti di quanto accadeva, si erano prontamente alzati e si erano ordinati
su due colonne, senza far rumore. Hang-Tu li passò in
rivista, scelse venti uomini per formare un piccolo corpo d'avanguardia poi,
appena ricevuto l'avviso che Romero e Than-Kiù avevano
lasciata la capannuccia, diede il comando della partenza, mettendosi al comando
del primo gruppo.
I duecento uomini scesero la
collina nel più profondo silenzio e tenendosi sempre sotto l'ombra delle
piante, onde i raggi della luna non si riflettessero sulle loro armi, poi
giunti nella pianura si cacciarono in mezzo alle piantagioni.
Hang-Tu, coi
suoi venti uomini, si era portato più innanzi per esplorare il terreno e per
non cadere in qualche imboscata. Procedeva cauto, sostando di frequente per
ascoltare e non riprendendo la marcia se non quando era ben certo di non aver
dinanzi il nemico.
Gli premeva attraversare il fiume
inosservato, poiché al primo allarme poteva tirarsi addosso l'intera brigata che
accampava sulle rive e venire schiacciato senza combattimento.
Giunto a cinque o seicento passi
dallo Zapatè, comandò ai suoi uomini di scendere da cavallo per tema che
venissero scorti, e di avviluppare le teste degli animali nelle gualdrappe,
onde impedire loro di nitrire, poi si spinse audacemente innanzi attraverso ad
un terreno fangoso che annunziava la vicinanza d'una palude.
La colonna, che lo seguiva ad una
distanza di tre o quattrocento metri, aveva imitato quelle prudenti manovre e
s'avanzava lentamente, lungo un argine coperto da macchioni di bambù.
Il terreno diventava
cattivissimo, soprattutto pei cavalli, i quali talvolta affondavano fino a
mezza gamba in una mota tenacissima, ma Hang-Tu non si
arrestava. Sentiva dinanzi a sé scorrere il fiume e alla sua destra vedeva
brillare, attraverso le piante, i fuochi degli accampamenti spagnuoli. Guai se
veniva sorpreso in mezzo a quel pantano che rendevano impossibile qualsiasi
carica; era la perdita di tutti. Ad un tratto alcuni insorti dell'avanguardia,
che si erano spinti più innanzi, furono visti abbandonare precipitosamente i
loro cavalli che si erano affondati fino al ventre e retrocedere
precipitosamente.
Hang-Tu,
credendo che fossero stati scoperti da qualche drappello di nemici accampati
sulle rive del fiume, si preparava a balzare in sella per slanciarsi avanti,
quando udì alcune parole che gli agghiacciarono il sangue nelle vene.
— Le sabbie mobili!… — avevano
detto gli uomini che retrocedevano. — Non avanzate!…
— Maledizione!… — esclamò il
chinese. — Le sabbie mobili dinanzi e gli spagnuoli ai fianchi!… Se riusciremo
a salvarci saremo bravi.
Guardò se la colonna lo seguiva o
se si trovava ancora sull'argine e la vide ormai impegnata nella palude. Malgrado
il suo straordinario coraggio, provò un fremito di terrore.
— Il cielo vegli su di noi, —
mormorò.
Non vi era da pensare a
retrocedere. Poteva accadere qualche confusione, la quale non avrebbe tardato
ad attirare l'attenzione della brigata del generale Lachambre. Bisognava andare
innanzi a qualsiasi costo, tanto più che l'alba non era molto lontana.
Non era però possibile passare là
dove erano stati abbandonati i cavalli. Le povere bestie in pochi istanti erano
state inghiottite dal fango e tutti gli altri non avrebbero avuto di certo
migliore fortuna.
— Deviamo, — disse Hang, — forse
procedendo parallelamente alla riva, potremo trovare qualche passaggio. Due
uomini, i più lesti ed i più leggeri ci precedano, e due altri si rechino ad
avvertire il grosso della banda del pericolo ed a raccomandare il più profondo
silenzio. Si tratta della vita di tutti.
Due tagali, scelti fra i più
agili, si posero alla testa dell'avanguardia, esplorando il terreno con le aste
delle loro lunghe lance. Ben presto s'accorsero che era impossibile giungere
direttamente sulle rive dello Zapatè, ma deviando a destra riuscirono a trovare
un fango più solido che poteva permettere il passaggio.
L'avanguardia ed il grosso della
colonna li avevano seguiti in quella nuova direzione, procurando di tenersi
esattamente sulle loro tracce per tema che a destra od a sinistra si trovassero
altri banchi di sabbie mobili. Tutti erano discesi da cavallo per alleggerire
le povere bestie, le quali faticavano assai a levare le zampe da quella poltiglia
tenace.
Percorsi altri duecento passi, le
due guide, vedendo numerosi gruppi di canne palustri crescere qua e là sulle
rive del fiume, tentarono di tagliare la palude in linea retta, ma dovettero
tornare ancora, lasciando un cavallo fra le sabbie mobili.
Hang-Tu
cominciava a diventare inquieto. Le stelle impallidivano rapidamente e l'alba
stava per fugare le tenebre.
Già verso gli accampamenti della
brigata spagnuola si udivano rumori crescenti e qualche squillo di tromba.
Forse la sveglia non era lontana.
— Presto, presto, — ripeteva
Hang. — se ci sorprendono qui, siamo perduti.
Le due guide continuavano ad
avanzare scandagliando il fango e affrettando il passo più che potevano,
cercando sempre un passaggio che permettesse di raggiungere l'argine del fiume,
il quale ormai non era lontano che un centinaio di metri.
Finalmente si sentirono sotto i
piedi un tratto di terreno inondato bensì, ma resistente.
— Avanti!… — esclamarono. — Siamo
salvi!…
L'avanguardia ed il grosso della colonna
si erano precipitati dietro di loro. L'alba allora spuntava e negli
accampamenti spagnuoli le trombe suonavano la sveglia.
Le due guide erano già giunte a
pochi passi dall'argine, quando in lontana si udì una voce tuonare:
— Chi vive?
— Silenzio, — aveva detto
Hang-Tu ai suoi uomini. — Tacete ed affrettatevi.
— Chi vive?… — ripeté la voce con
tono minaccioso.
Hang-Tu
invece di rispondere balzò in sella armando il fucile, imitato da tutti gli
uomini dell'avanguardia. Uno sparo rintronò.
Una delle guide, che era già
salita sull'argine, colpita dalla fucilata della sentinella spagnuola, allargò
le braccia e cadde nella palude.
Hang-Tu, con
una spronata, si spinse innanzi e costrinse il cavallo a salire sull'argine. Un
secondo sparo rintronò, ma la palla si perdette altrove.
— Avanti!… — urlò il chinese.
Tutta l'avanguardia si era
precipitata dietro di lui e si era raggruppata sulla riva dello Zapatè, coi
fucili in mano.
A trecento passi vi era un
piccolo posto spagnuolo, nascosto dietro l'argine. Si componeva di soli pochi
uomini, ma aveva aperto arditamente il fuoco, mentre nell'accampamento si
udivano le sentinelle a gridare:
— All'armi!… All'armi!…
Già alcune palle avevano
scavalcato più d'un cavaliere dell'avanguardia ed abbattuto più d'un cavallo.
Hang-Tu si
pose alla testa del drappello e caricò a fondo colla catana in pugno. Gli
premeva di respingere quel piccolo posto, per lasciare tempo al grosso della
colonna di passare il fiume. Sfuggì miracolosamente al fuoco di due scariche e
si slanciò in mezzo a quel piccolo gruppo di soldati, costringendolo a
disperdersi.
— A terra, — gridò ai suoi
uomini. — Occupate l'argine e tenete testa al nemico. Mi bastano due minuti. —
Poi, mentre i cavalieri balzavano precipitosamente di sella, aprendo il fuoco
sui primi drappelli di spagnuoli che accorrevano dall'accampamento più vicino,
tornò indietro per dirigere il guado del fiume.
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