Straordinarie
avventure di Testa di Pietra
«Per tutti i campanili della
Bretagna!... Giù le armi o vi cacciamo tutti nel lago, miserabili!...»
«No, mastro Testa di Pietra!...»
«Come!... Non obbedite? Siamo in quattro
contro quattro ed io solo valgo per due uomini.»
«Noi non deporremo le armi. Consegnateci
le due lettere che avete ricevuto dal generale Washington e dal baronetto Sir
William Mac-Lellan, il comandante della famosa Tuonante.»
«Chi ti ha detto questo, mastro Davis?»
urlò Testa di Pietra.
«Io l'ho saputo e quelle lettere non
devono giungere al forte di Ticonderoga.»
«Ti
hanno ingannato stupidamente, mastro Davis. Bella guida che avevamo preso con
noi per giungere, da New York, sulle rive del Champlain!»
«Orsù, basta, per centomila corna di
bisonte!... Noi non siamo uomini da lasciarci abbattere da voi.»
«A me, Piccolo Flocco!... A me,
assiani... Gettiamo nel lago questi traditori.»
«Mastro Testa di Pietra,» disse l'uomo
che si chiamava Davis, «non vi consiglio d'impegnare la lotta, perché abbiamo
bagnati i vostri fucili.»
«Abbiamo le scuri e poi non ti credo,
canaglia.»
«Per maggior precauzione, finché
dormivate, abbiamo tolte le selci dei vostri fucili. Potete assicurarvene
subito.»
«Anche questa hai fatto!... Vuoi la
nostra morte?»
«No, solamente quelle due lettere che io
devo consegnare al generale Burgoyne, poi vi lasceremo ritornare
tranquillamente a New York.»
«Burgoyne!... Chi è?»
«Il nuovo generale che ha preso il
comando delle forze che aveva il generale Carcellon. Ma vi è specialmente una
persona che desidera avere quei documenti.»
«Canta!... Canta!...» gridò Testa di
Pietra, il quale aveva impugnato il fucile per la canna, dopo essersi
assicurato che il traditore non avesse mentito affermando che le loro armi da
fuoco erano ridotte ormai inservibili. «Non abbiamo affatto fretta.»
«Se volete saperlo, è il marchese
d'Halifax.»
«Il fratello del baronetto Mac-Lellan?»
«Precisamente.»
Testa di Pietra aveva mandato un vero
ruggito ed aveva fatto due o tre passi innanzi roteando terribilmente il
pesante fucile.
Il mastro della Tuonante, che tanta
parte attiva aveva preso all'assedio di Boston e in altri combattimenti contro
gl'inglesi, guidando i corsari delle Bermude insieme al baronetto, era un uomo
di forme massicce che poteva rivaleggiare, per sviluppo di muscoli, con un
gorilla africano, con la barba brizzolata, irta come quella delle bestie
feroci.
Ciò che soprattutto colpiva erano le
enormi dimensioni del suo cranio. Non vi era da stupirsene poiché si sa che
quasi tutti i bretoni, i figli delle pianure pietrose e delle coste quasi
inospitali, hanno delle teste assai sviluppate e così dure che possono talvolta
resistere persino ad un gran colpo di sciabola d'arrembaggio.
Dietro di lui venivano un giovane
marinaio di ventidue o ventitré anni, bruno come un algerino, gli occhi
nerissimi e i capelli pure, e due assiani, soldati mercenari che l'Inghilterra
comperava dai principi della Germania, due bei giovanotti di alta statura,
dalla pelle rosea, i capelli e i baffetti biondi e gli occhi azzurri come
l'acqua del mare.
Di fronte a loro però stavano altri
quattro uomini. Mastro Davis, una famosa guida canadese che conosceva tutti i
grandi e i piccoli laghi delle regioni nordiche e che era stato assoldato dal
generale Washington, il quale lo aveva creduto un uomo onesto.
Era un uomo sulla quarantina, dalle
forme quasi massicce come quelle di Testa di Pietra, enormemente barbuto, assai
brutto, ciò che faceva sospettare che fosse un meticcio con molte gocce di
sangue irochese o algonchino nelle vene, piuttosto che un puro canadese.
Gli altri tre erano anche loro dei pezzi
grossi, larghi di spalle e ricchi di muscoli, tutti di alta statura e dai
lineamenti poco rassicuranti. Non dovevano però avere nelle loro vene sangue
indiano a giudicare dalla loro pelle assai bianca.
Erano certamente discendenti di vecchi
coloni francesi, sperdutisi poi nelle immense foreste dell'Ovest dopo che
gl'inglesi avevano espugnato ferocemente Quebec e Montreal.
Erano tutti armati di fucili che
tenevano puntati verso i quattro avversari privi ormai di armi da fuoco,
tentando di mantenersi saldi in gambe poiché la piccola nave andava alla deriva
fra grosse ondate.
Quella navicella era una fusta, larga di
fianchi, alta di bordo, con un solo albero altissimo che portava una sola vela
di dimensioni straordinarie, di fortissima tela per resistere ai furiosi venti
delle regioni nordiche. Navicella veramente non si poteva chiamare, poiché
stazzava non meno di centocinquanta tonnellate ed era capace d'imbarcare anche
una trentina d'uomini.
«Mastro Davis!...» gridò Testa di
Pietra, la cui barba diventava sempre più arruffata. «Chi è che andrà a finire
in fondo al lago? Noi non ne abbiamo nessun desiderio poiché l'acqua è troppo
fredda in questa stagione, e poi si dice che quelle del Champlain abbiano delle
profondità straordinarie.»
«Può darsi,» rispose il meticcio
canadese, tenendo sempre puntato l'archibugio. «Ma mi pare che sia ora di
finirla con le chiacchiere, mastro Testa di Pietra. Se ci scaldassimo un pò le
mani ed in fretta?»
«A colpi d'ascia? Ci tengo sempre,»
rispose il lupo di mare. «Di teste ne ho spaccate io non poche nei diversi
arrembaggi che noi, corsari delle Bermude, davamo alle navi inglesi per aiutare
gli americani.»
Davis scosse la testa.
«No,» disse poi. «Io non sono un vero
marinaio e sarei certo di cadere subito sotto i vostri primi colpi. Finiamola:
fuori le lettere.»
«Per tutti i campanili della Bretagna,
io non le ho!...» gridò Testa di Pietra facendo un altro passo avanti, seguito
subito dai suoi tre compagni. «Tengo in tasca solamente la mia famosa pipa
entro la quale hanno fumato quattro generazioni. Ah!... Come tira ancora dopo
due o trecent'anni!...»
«Basta con gli scherzi!...»
In quel momento una grossa ondata si
rovesciò sul tribordo della fusta, scotendola tutta e facendo retrocedere i
canadesi.
«Lascia che qualcuno dei miei uomini
prenda il timone!...» gridò Davis che diventava sempre più furioso. «Non siamo
che a un miglio dalla costa e finiremo per naufragare.»
«Che cos'è un naufragio per un marinaio?
Un bellissimo divertimento, mastro mio. Nessuno dei tuoi uomini passerà a
poppa, alla barra.»
«Mettete allora uno dei vostri.»
«Allora resteremo in tre mentre voi,
birbanti, siete in quattro. Il timoniere non potrebbe prender parte alla
lotta.»
«Finitela!...» gridò Davis mentre una
seconda ondata, accompagnata da un colpo di vento freddissimo, si rovesciava sulla
fusta.
«Si vede proprio che tu non sei mai
stato marinaio ma solamente canottiere dei laghi. Ti spaventi per un po'
d'acqua!... Se il lago Champlain questa notte è di cattivo umore, lasciamolo
fare.»
«Ma voi volete gettarci alla costa!...
Io ho indovinato ormai il vostro pensiero. Ricordatevi però che tutti i
canadesi sono nuotatori abilissimi che possono dare dei punti ai castori.»
«Ne ho molto piacere. Così, se la fusta
si spaccherà, nessuno andrà a finire in fondo al lago.»
Fu
Davis questa volta che gettò un ruggito da belva feroce.
«Ah!... Non volete cedere sapendovi
privi d'armi da fuoco?» gridò, digrignando i denti lunghi e gialli come quelli
d'un orso grigio. «Ora basta!... Per l'ultima volta arrendetevi e datemi le
lettere che il marchese d'Halifax mi pagherà.»
«Con qualche sacco di sterline,» disse
Testa di Pietra, ironicamente. «Diventeresti un signore se quelle lettere mi
fossero state veramente consegnate.»
«Sì, per Arnold, il comandante del forte
di Ticonderoga, o per Saint-Clair, il nuovo comandante che Washington ha
mandato con tremila uomini a rinforzare la guarnigione del forte.»
«Tò!... tò!... quante cose sai tu!... Ed
io che non ho mai udito nominare quei generali americani!...»
«Voi mentite!... Arnold è troppo popolare in America e perfino i negri
saprebbero dirmi chi è.»
«Eppure, mastro Davis,» disse Testa di
Pietra, facendo intanto un altro passo avanti, «ti assicuro che non lo
conosco.»
Il meticcio sembrava sconcertato dalla
grande calma del bretone e lanciava delle fugaci occhiate ai suoi uomini come
per chiedere loro un pronto aiuto.
«Quando la finiremo con questa
conversazione?» disse finalmente. «Di chiacchiere ne abbiamo fatte già troppe.»
«Niente affatto,» rispose il bretone, il quale
si preparava ad un furioso attacco. «Sono appena sonate le dodici all'orologio
di Piccolo Flocco, il quale possiede una magnifica macchina a ripetizione. La
notte è abbastanza chiara, il lago non è poi tanto cattivo da spaventarci,
nessuno, almeno per il momento, ci minaccia, quindi possiamo...»
Con un salto da orso nero il bretone si
era gettato improvvisamente sul traditore tentando di rompergli il cranio con
il calcio del fucile.
Rimbombò uno sparo proprio nel momento
in cui una terza ondata, più alta delle altre, si rovesciava sulla fusta
mandando a gambe levate i canadesi i quali non avevano i piedi dei marinai.
Davis aveva fatto fuoco nel momento in
cui cadeva e la palla si era perduta lontana.
«Arrendetevi!...» urlò Testa di Pietra.
«Siete in nostro potere!»
I tre canadesi che seguivano Davis si
erano provati a sparare, ma le loro armi, bagnate da quell'ondata, non avevano
preso fuoco ed essi erano fuggiti sulla prua della fusta, impugnando
rapidamente le asce.
Già Testa di Pietra credeva di tenere il
bandito, quando questi, per la seconda volta, gli sfuggì slanciandosi sulle
sartie e spingendosi fino alla cima del grande albero, sopra la crocetta.
«Per centomila balene sventrate!...»
gridò il bretone. «Mi è scappato e non abbiamo niente per fucilarlo. Quell'uomo
è più agile di certe scimmie che ho veduto nei miei numerosi viaggi sulle coste
africane. Ehi, Piccolo Flocco, che cosa ne dici tu di questa bella sorpresa?»
«Bada ai canadesi, Testa di Pietra,»
rispose il giovanotto. «Hanno gettato i fucili per impugnare le asce
d'arrembaggio e sembra che aspettino qualche comando dal loro capo.»
«Ma quella gente non oserà nemmeno
avvicinarci,» rispose il bretone, il quale si era pure armato di un'ascia.
«Attaccare noi marinai!... Ah!... Ah!... Questi uomini ci avevano proprio presi
per dei veri merli.»
«Guarda di non fare la fine di un merlo
o di qualche uccello marino,» disse Piccolo Flocco. «Mentre tu chiacchieri come
le pescatrici di Batz, quel brigante che si è rifugiato sull'albero sta
cambiando la carica del suo archibugio.»
«Quel pappagallo?»
«È un canadese e tu sai che le genti che
abitano questi laghi sono sempre stati famosi cacciatori.»
«Corpo di una balena!... Che io invecchi
davvero?»
Poi, alzandosi tutto, gridò con voce
tonante:
«In ritirata sul castello di poppa!...
Improvvisate una barricata coi barili pieni di farina e di lardo che ci sono
nella stiva. Su, desti!...»
«Ora comandi come un ammiraglio.»
«Ora lo sono,» rispose il bretone, serio
serio. «Non è questo il momento di commettere delle imprudenze. Sgombrate!...»
Balzarono attraverso il ponte, lesti
ancora come scoiattoli, e si rifugiarono a poppa, la quale si alzava di più
della prora.
I due assiani che, se parlavano poco,
agivano molto, si precipitarono nel quadro e cominciarono a portare in coperta
dei barili che contenevano dei viveri, improvvisando rapidamente una barricata.
Piccolo Flocco si era intanto gettato
sulla barra del timone poiché la fusta andava alla deriva rapidamente, come se
fosse trasportata da qualche corrente, e le onde si succedevano alle onde
sempre più impetuose, mentre un vento freddissimo si scatenava, cacciando
dinanzi enormi ammassi di nebbia assai folta.
Una tempesta pareva che fosse lì lì per
scoppiare e mettere a soqquadro le acque del Champlain.
Testa di Pietra aveva rovesciato
l'abitacolo di poppa, sradicandolo con una poderosa strappata, e vi si era
nascosto dietro per sorvegliare il suo «pappagallo».
Il «pappagallo», si capisce, era Davis
il quale era l'uomo più pericoloso per tutti, avendo potuto mettere in salvo il
suo grosso archibugio prima che l'ondata glielo bagnasse.
Il miserabile, con le gambe ben strette
intorno alla crocetta, onde resistere ai colpi di rollio e di beccheggio che si
alternavano, stava appunto ricaricando la sua arma.
Non era un'operazione facile da
compiersi lassù, a dodici metri di altezza, con le grandi oscillazioni che
descriveva l'albero, la cui vela era stata sventrata da un colpo di coltello.
Però non poteva tardare a riuscirvi e,
essendo un canadese, ossia un abilissimo tiratore, poteva ammazzare qualcuno.
Testa di Pietra fece spingere tre o
quattro barili dietro la ribolla del timone per mettere al coperto Piccolo
Flocco che aveva preso, per il momento, la direzione della fusta, e si
rannicchiò dietro la seconda barricata che era stata pure rinforzata con
rapidità prodigiosa dai due robustissimi tedeschi.
«Mastro Davis!...» gridò allora. «Hai
finito di caricare il tuo catenaccio?»
«È quasi pronto,» grugnì il bandito.
«E chi vuoi ammazzare prima di tutti?»
«Voi, per prendervi le lettere.»
«Tu sei diventato pazzo.»
«No, mastro, il mio cervello è ben
solido e chiuso con sessanta chiavarde.»
«Bum!... Trombone!... Ma tu devi avere
indosso una le... le... le... aiutami, Piccolo Flocco, che hai studiato più di
me. Come si direbbe?»
«Una letterite acuta,» rispose il
giovane dando un colpo di barra alla fusta per portarla fuori da un grosso
cavallone che veniva dal largo.
«Bravo, per tutti i campanili della
Bretagna! I curati di Pontiguen dovevano essere ben più istruiti di quelli di
Batz. Ti farò dare un dieci quando torneremo laggiù, un giorno, dal tuo
insegnante se sarà ancora vivo.»
«Uhm!... Era troppo vecchio.»
«Mastro Testa di Pietra!...» gridò Davis
il quale aveva finito di caricare il suo archibugio. «Vi siete deciso ad
arrendervi?»
«Era la domanda che stavo per rivolgere
a te,» disse il bretone.
«Come!... Col fucile che ho fra le
mani?»
«Caricato troppo tardi, mio caro. Ormai
siamo dietro due barricate che saranno sufficienti ad arrestare le tue palle di
mollica di pane. Stai lassù, in alto, come un pappagallo e non ti sei accorto
che noi ormai ci siamo protetti.»
«Siete stati troppo lesti.»
«Sfido io!... Siamo marinai e non già
canottieri dei laghi o camminatori dei boschi.»
«Vi ucciderò egualmente!...» urlò Davis,
il quale si agitava furiosamente sopra la crocetta, puntando e ripuntando il
suo vecchio fucile. «Io ne ho abbastanza!»
«E io più di te, amico.»
«Sparo!...»
«Spara.»
«Poi vi prenderò le lettere.»
«Letterite acuta!... Letterite
acuta!...»
«Badate che avrete da fare i conti coi
miei canadesi, uomini che non hanno mai avuto paura di misurarsi anche in un
corpo a corpo.»
«Corpo della taverna delle <Trenta
Corna di Bisonte>, di Boston. Quel pappagallo, se continua così, diventerà
meraviglioso, vero, Piccolo Flocco?»
«Diventerà un canarino,» rispose il
giovane timoniere, il quale teneva pure lui d'occhio il fucile del meticcio.
«Sparo!... Sparo!... Sparo!...» urlò Davis al colmo della collera.
«Uno... due... tre...» disse Testa di
Pietra. «Quell'animale, colla sua palla ci guasterà qualche prosciutto salato
che si trova nei barili o fracasserà chissà quanti biscotti.»
«E solleverà una nuvola di farina,»
disse Piccolo Flocco ridendo.
«Copriti!...»
«Ho dei barili dinanzi a me.»
«Non mostrare nemmeno un pezzetto
d'orecchio, bravo figliolo. So anch'io che questi canadesi sono famosi
tiratori.»
Pur chiacchierando, si era ben nascosto
dietro l'abitacolo ed i barili, insieme ai due assiani i quali fino allora si
erano mantenuti perfettamente tranquilli. Già sapevano che Testa di Pietra non
era un uomo da lasciarsi facilmente vincere, e l'avevano provato a Boston,
all'Isola Lunga ed a New York. Ne aveva fatte quel diavolo d'uomo, insieme a
Piccolo Flocco, di tutti i colori, giocando gl'inglesi più di venti volte,
anche senza l'aiuto del suo comandante, il baronetto Sir William Mac-Lellan e dell'equipaggio
della Tuonante.
Il bretone si era appena allungato
dietro l'abitacolo, quando Hulrik, il più giovane dei due assiani, gli tirò
fortemente una manica.
«Che cosa vuoi?» gli chiese.
«Patre, io non afer più feduto un
canadese.»
«Un colpo d'acqua l'avrà portato via o
sarà sceso nella cabina di prora a far colazione.»
«In questo momento? Ah no, patre!...»
«Lasciami stare. Ho da seguire il
catenaccio di mastro Davis.»
Il «pappagallo», come avevano battezzato
il meticcio, pareva che esitasse a sparare.
Era bensì vero che in quel momento la
tempesta cominciava a scatenarsi e che avventava sulla fusta onde su onde,
rendendo quasi impossibile il tiro anche ad un provetto bersagliere causa le
continue scosse che si ripercotevano specialmente sulla cima del grande albero.
«Può consumare tutte le sue munizioni
senza mandarci all'altro mondo,» disse Testa di Pietra. «Sia benedetta questa
tempesta che metterà quasi fuori combattimento quel pericoloso personaggio.
Sparare di lassù ed imbroccare il bersaglio non sarà cosa facile. Ah!... Povero
mastro Davis!... Volevi prendere noi mentre saremo noi che ti acchiapperemo,
presto o tardi!...»
«Ed
i canadesi, pon padre,» disse Hulrik.
«Non mi preoccupo affatto di loro. Mi
sembrano diventati tre conigli.»
«Due, patre. Uno non più tornato in
coperta.»
«Tanto meglio: un avversario di meno.»
In quel momento una raffica violenta si
abbatté sulla fusta squarciando di colpo la gran vela, la quale scomparve, come
un gigantesco gabbiano, fra le nebbie.
«Ecco un brutto affare,» disse il
bretone, che non poteva star zitto un solo momento. «Non abbiamo più stabilità
e la burrasca pare che voglia stringere bene i denti.»
Un colpo di fucile rimbombò sulla cima
del grande albero. Davis aveva fatto fuoco e aveva mandato la sua palla a
seppellirsi dentro un grosso barile pieno di farina, spaccando una doga a poca
distanza dalla testa di Hulrik.
Il bretone scoppiò in una risata.
«Mio caro Davis,» disse poi, «voglio darti un consiglio.»
«Di arrendermi?» chiese il traditore.
«No, di scendere in coperta per poter
sparare meglio.»
«Non sarò così stupido.»
«Ed allora riprendi pure la tua musica.»
«Basterebbe che questa fusta rimanesse
qualche minuto immobile e vi spazzerei via tutti. Sono un tiratore.»
«Lo abbiamo veduto,» rispose Testa di
Pietra ironicamente. «Hai bucato un povero barile che ha dato del sangue bianco
e polveroso invece di quello rosso.»
«La fusta salta troppo.»
«Allora scendi e unisciti ai tuoi
canadesi. Ah!... Come va, caro Davis, che prima erano tre e che ora sulla prora
non se ne vedono che due soli?»
«Il terzo sarà andato a cacciare le
foche. Chirry è un meraviglioso nuotatore che non teme né le onde, né il
freddo.»
«E tu intanto, birbante, torni a
caricare il tuo catenaccio.»
«Volete che rimanga quassù? C'è il vento
che in certi momenti minaccia di portarmi via.»
«Avanti!... Carica, carica bandito. Il
generale Washington ha avuto un torto solo: quello di non farti fucilare prima
di sceglierti come guida.»
«Ma che!... Impiccare!...» gridò Piccolo
Flocco, il quale aveva il suo bel da fare a tenere la barra della fusta, poiché
i colpi d'acqua si succedevano sempre
più impetuosi, sollevati da un vento freddissimo che soffiava da ponente.
«Tu sarai il primo che ucciderò...» urlò
Davis. «Pel momento rinuncio a mastro Testa di Pietra che ammazzerò più tardi.»
«Trombone!...» gridarono i due bretoni.
«Ah sì!... Aspettate il mio terzo colpo.
Peccato che i miei canadesi, che hanno i fucili bagnati e che non hanno
polvere, non possano aiutarmi. A quest'ora noi saremmo padroni della fusta e
anche delle lettere.»
«Comanda loro che ci assalgano colle
asce.» disse Testa di Pietra. «Noi siamo pronti a riceverli.»
«Non hanno il mio fegato e poi non hanno
il piede saldo come i marinai.»
«Brava gente che hai presa con te!... Si
rifiutano di scaldarsi le mani con quattro colpi d'arma bianca. È vero che le
asce fanno paura. Hai finito, pappagallo?»
«Anche del pappagallo mi date?» urlò
Davis sempre più furibondo. «È troppo!... Ucciderò prima voi!...»
Mastro Testa di Pietra proruppe in una
gran risata che si perdette nel vento.
«Piccolo Flocco, rallegrati,» disse poi.
«L'amico Davis ti ammazzerà dopo di me. Ha cambiato idea.»
«Respiro,» rispose il giovanotto. «Mi
dispiaceva morire prima di te.»
Davis lanciò una bestemmia e si affrettò
a ricaricare il suo archibugio.
Intanto i due canadesi rimanevano
immobili sulla prora della fusta, stringendo le loro asce in mano. Del terzo
nessuna nuova. Era annegato o si era nascosto nella camera comune?
Quella sparizione misteriosa cominciava
a preoccupare Testa di Pietra, il quale era per natura diffidente assai e
temeva qualche brutta sorpresa.
Intanto la fusta continuava a saltare
disperatamente, avvicinandosi alla costa, cacciatavi dalle onde. Come abbiamo
detto, la vela era stata portata via, sicché il legno non aveva più nessuna
stabilità.
Piccolo Flocco faceva sforzi disperati
per evitare un urto, ma con poca speranza di riuscirvi.
Se vi fosse stata qualche cala sulla
costa, avrebbe ancora saputo portare in salvo tutti, mentre invece le rive si
succedevano alle rive, con pochissimi squarci appena capaci di servire da
rifugio ad un canotto.
«Pel borgo di Pontiguen!...» borbottava
il giovane marinaio. «Non sarà su questa barca che noi attraverseremo il
Champlain per toccare Ticonderoga. Finiremo per naufragare e fra non molte ore.
È vero che noi siamo abituati ai naufragi e che abbiamo avuto sempre la fortuna
di portare a casa la pelle.»
Mastro
Testa di Pietra continuava a sorvegliare il suo «pappagallo» il quale,
stringendo disperatamente le gambe intorno alla crocetta onde non venire
scagliato nel lago o precipitato sul ponte della fusta, si arrabattava per
ricaricare il suo fucile, mentre i due assiani avevano portato sopra altri
barili e dei grossi tavoloni, onde rendere la barricata inattaccabile.
«Come va, Piccolo Flocco?» chiese il
vecchio lupo di mare, dopo essersi ben assicurato che Davis non avesse ancora
terminata la sua difficile impresa.
«Male, mio caro mastro,» rispose il
giovane timoniere. «Noi finiremo per romperci le corna contro la costa. Ci
vorrebbe un po' di tela.»
«Chi andrebbe a spiegarla sotto il
<pappagallo>? Io no di certo.»
«È vero, vecchio mio, e poi forse non vi
sarà nemmeno una vela di ricambio su questa carcassa.»
«E ci lasceremo fucilare da quel
furfante?»
«Con
questi soprassalti Davis non riuscirà mai a mandare una palla a destinazione.
Sia pure un gran tiratore, ma non sarà dalla cima dell'albero che ci manderà
all'altro mondo.»
Testa di Pietra si levò il grosso berretto
di panno e si grattò furiosamente la testa.
«Eppure io devo consegnare le lettere,»
mormorò. «Ed il forte è ancora così lontano!.:. Ah!... La terribile
missione!... Sarei rimasto più volentieri a New York a trincare coi miei
camerati.»
Alzò le spalle, si piantò in testa il
berretto con un pugno formidabile e guardò ferocemente Davis, il quale non
aveva ancora finito di ricaricare la sua arma.
«Bisogna finirla,» disse. «Così è
impossibile andare avanti. Quel <pappagallo> finirà per tenerci occupati
in modo da non poter più occuparci della fusta. Se ci sbaglia ancora andremo ad
assalire i canadesi. I fucili non tarderanno ad asciugarsi. Poi Davis avrà da
fare i conti con Hulrik, un tiratore più abile di me, che so meglio maneggiare
i grossi cannoni che le armi leggere, che non sento affatto fra le mie zampe
d'orso. Eppure mi pare impossibile che nel quadro non ci sia qualche fucile o
pistola. Wolf!...»
«Pon patre,» rispose subito il fratello
di Hulrik, il quale stava accomodando la barricata. «Che cosa folere?»
«Scendi nel quadro, cerca, fruga
dappertutto e trovami un'arma da fuoco. Bisogna snidare quel <pappagallo>
che ci tiene immobilizzati col suo catenaccio. Già qui non c'è niente da fare
per il momento.»
«Sì, patre.»
«Torna prima che Davis possa sparare il
suo secondo colpo.»
«Io folare, pon patre,» rispose il
giovanotto slanciandosi a precipizio dentro il quadro.
Davis, che doveva essersi accorto di
quella sparizione, si mise a sagrare peggio d'un mulattiere spagnolo.
«Che cosa tentate, mastro Testa di
Pietra?» gridò a piena voce, per vincere i soffi delle raffiche che urlavano
sempre più intorno all'albero. «Volete dare fuoco alla nave?»
«Io cerco solamente il mezzo di farti
scendere,» rispose il bretone. «Io non ho mai amato le fiamme.»
«È carico il tuo catenaccio?»
«Non ancora ma spero di riuscirvi.
Questa nave non rimane un momento immobile e la polvere mi sfugge fra le dita.»
«Ho molto piacere di saperlo.»
«Ma vi ucciderò.»
«Per prendermi le famose lettere che tu
hai sognate?»
«Che voi avete, perché lo so!...» urlò
Davis. «Le voglio!...»
«Già, valgono sacchi di sterline,»
rispose Testa di Pietra, ironicamente. «Letterite acuta.»
«Me lo ha detto il marchese che voi le
avete.»
«Come!... Il marchese si trovava a New
York quando noi siamo partiti? Cercava un altro colpo di spada da suo
fratello?»
«Io non so nulla. Morte e dannazione!...
Ecco la terza carica di polvere che mi sfugge fra le dita.»
«Allora noi, bel pappagallo, butteremo
giù l'albero e ti faremo cadere nel lago.»
«Pon patre,» disse in quel minuto Wolf,
saltando sulla barricata. «Io afer trovato due pistole di lunga misura.»
«Nessun fucile?»
«Nessuno, pon patre.»
«Dalle a tuo fratello. Sono cariche?»
«Ho portato anche della polvere e delle
palle.»
«Allora tutto va bene.»
«Non va bene un corno!...» gridò in quel
momento Piccolo Flocco, il quale si affaticava sempre al timone, con nessun
risultato. «Siamo sugli scogli!... La costa non è che a trecento metri e non
vedo nessuna apertura. Io non posso più fare fronte a queste ondacce!»
«Per tutti i campanili della
Bretagna...» gridò Testa di Pietra. «Che si debba morire proprio questa notte,
noi che siamo sfuggiti sempre alle cannonate ed alla mitraglia!... Ah doik!...
Cattiva fortuna!...»
«Testa di Pietra!...»
«Che cosa c'è ancora?»
«Anche gli altri due canadesi sono
misteriosamente scomparsi.»
«Che affoghino tutti!...»
«E la chiglia rade gli scogli.»
«Non so che cosa farci.»
«E non vi è nemmeno una scialuppa!...»
«Salteremo in acqua anche noi.»
«Con questo freddo?»
«Ohé, Piccolo Flocco, diventi poltrone?
Ha paura del freddo!... Ah che gioventù!... Già non hanno fatto le campagne dei
pescatori di merluzzi.»
Un terribile colpo di tallone che subì
la fusta, lo fece quasi stramazzare sulla barricata.
Proprio allora David, il quale era
finalmente riuscito a ricaricare il suo catenaccio, fece fuoco mandando la
palla assai lontana.
Hulrik fu pronto a rispondere con due
pistolettate.
Sulla cima del grande albero si udì un
grido, poi si vide il bandito lasciar cadere l'arma ancora fumante, issarsi
sulla crocetta, prendere un grande slancio e scomparire fra le acque turbinanti
del lago, sollevando un gran fiotto di spuma.
«Finalmente siamo padroni noi della
barca!...» gridò Testa di Pietra, il quale si era slanciato verso la murata di
babordo per vedere se scorgeva il traditore. «Anche senza guida sapremo
attraversare il lago.»
«Con questa fusta?» chiese Piccolo
Flocco dando un colpo di barra.
«Con questa.»
«È perduta, la sua carena si è aperta e
gli scogli si succedono agli scogli.»
«Che Davis ci abbia gettato qualche
malefizio?»
«Io so che al forte con questa barca non
andremo mai. Odi?»
«Per le trenta corna della taverna di
Boston!... La chiglia se ne va pezzo a pezzo. Non sono sordo.»
Una terribile ondata sollevò in quel
momento la fusta e la scagliò attraverso una doppia linea di scogli.
Si udì un rombo spaventevole ed il
grande albero cadde attraverso la coperta allungandosi subito sulle acque
sconvolte.
«Frittata completa!...» esclamò Testa di
Pietra, grattandosi nuovamente la nuca. «Non me l'aspettavo così presto. Cane
d'un Davis, ci ha immobilizzati così lontani dal forte! Bah!... Sono cose che
succedono agli uomini di guerra.»
Alzò, come aveva l'abitudine, le spalle
e si mise a guardare il lago il quale si gonfiava rapidamente, ruggendo.
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