Il lago Champlain è uno dei più piccoli
del Canada, quantunque abbia una estensione notevole, che non può competere
però coi giganteschi bacini dell'Ontario, dell'Eric e degli Uroni.
Gl'inglesi, che già da tempo
presentivano l'insurrezione americana, vi avevano costrutti numerosi forti fra
i quali si vantava il Ticonderoga per vastità di cinte, di artiglierie e di
guarnigione. Essendo il Champlain in comunicazione col mare, potevano salire la
riviera del San Lorenzo, sorvegliare Quebec e Montreal e portare le loro navi,
anche grosse, dovunque su quel vasto specchio d'acqua.
Gli americani però, dopo aver espugnato
Boston, aver liberato le province del Sud e conquistato New York, quantunque
avessero subito sovente sanguinose disfatte, si erano precipitati sul Champlain
per togliere ai loro avversari i forti; ed infatti, guidati dal generale
Arnold, uomo animoso ma altrettanto ambizioso, nel 1775 erano riusciti ad
impadronirsi di tutte le coste del lago, costringendo le guarnigioni ad
abbandonare più che in fretta le loro posizioni, senza dar loro la possibilità
di sparare un solo colpo di fucile.
La guerra, che da tre anni si trascinava
al di là del Canada, si era ora concentrata sul Champlain, premendo a
Washington di assicurarsi le spalle, e tremila uomini valorosi, quantunque con
scarse artiglierie e scarse salmerie, si erano insediati nel Ticonderoga, certi
di poterlo difendere poiché, come abbiamo detto, era veramente imponente ed era
costato sacchi di sterline e non pochi anni di lavoro.
Gl'inglesi però, che trovavano grandi
difficoltà ad arruolare truppe negli stati tedeschi e che abbondavano solamente
di navi, non erano stati pronti alla riscossa, sicché il lago era caduto
interamente nelle mani degli americani.
La bufera però non doveva tardare a scoppiare.
Molte navi cariche di truppe mercenarie e d'irlandesi avevano lasciata
l'Inghilterra, decise a spazzare via i «pezzenti di Washington», come li
chiamavano con profondo disprezzo.
L'impresa di ricacciare gli americani
dal Canada era stata affidata al generale Burgoyne, vecchio soldato che aveva
molta esperienza e molta audacia, e che aveva combattuto in molte battaglie;
impresa difficile certamente, ma che gl'inglesi, colla loro solita ostinazione,
contavano di condurre a buon fine rapidamente, quantunque l'inverno fosse
cominciato e si presentasse assai crudo.
Il male è che le guarnigioni americane
che avevano occupati i forti del Champlain, ignoravano completamente la
terribile tegola che stava per piombare sulle loro teste.
Avevano creduto che gli ultimi inglesi
condotti dal generale Carleton, ormai scoraggiati, si fossero avviati verso il
basso San Lorenzo per far ritorno in Inghilterra e si erano ingannati.
La conquista del Canada, strappata
violentemente alla Francia cinquant'anni prima, era costata troppi uomini e
troppi denari per lasciarla ora nelle mani degli americani.
Fortunatamente un legno corsaro
olandese, che era salpato dall'Europa, aveva potuto forzare la crociera inglese
ed affondare le sue ancore nella splendida Baia di New York.
Il comandante, sapendo in quali critiche
condizioni si trovava Washington, scarso ormai di truppe e quindi impotente a
mandare altre truppe al Canada, si era affrettato ad avvertirlo della grossa
spedizione di Burgoyne la quale stava per abbattersi sul Champlain.
Urgeva mandare un uomo fidato a
Ticonderoga con istruzioni che non ammettevano ritardi, ma le regioni intorno
al lago erano abitate da Uroni e da Algonchini, i più formidabili guerrieri
dell'America settentrionale e che ormai l'Inghilterra aveva arruolati in gran
numero onde massacrassero quanti americani potevano cadere nelle loro mani e si
divertissero a vederli spegnersi lentamente, fra le più orribili torture, ben
legati al famoso palo dei prigionieri.
Era un'impresa assai difficile anche
perché l'inverno era cominciato, eppure urgeva mettere in guardia Arnold e
Saint-Clair, onde non si facessero sorprendere, e prendere le loro misure per
far fronte alla grossa burrasca che si avanzava sul Champlain.
Fra i tanti animosi era stato scelto
Testa di Pietra, il famoso cannoniere della Tuonante, uomo ormai diventato
popolarissimo in America. Mac-Lellan, il suo capitano, l'aveva subito proposto
ed il bretone se n'era andato con Piccolo Flocco, i due assiani, diventati
ormai americani, ed una scorta di tre canadesi guidati da Davis.
La traversata del Canada fino al lago
era stata compiuta felicemente dal piccolo drappello, malgrado che gl'indiani
fossero già in gran numero sul sentiero di guerra e pronti sempre a scotennare
e torturare, ma Davis, che godeva la fiducia di Washington, non aveva tardato a
rivelarsi quale veramente era. Comperato dagli inglesi, ai quali premevano le
due lettere che Testa di Pietra effettivamente recava con sé, non aveva tardato
a smascherarsi.
Suo compito era quello di impedire, a
qualunque costo, che Testa di Pietra potesse vedere Arnold e Saint-Clair, di
trattenerlo lontano da Ticonderoga e di carpirgli, alla prima occasione, le
lettere.
Come
avesse saputo che il generale Washington ed il baronetto Sir William avevano
consegnate quelle due carte al valoroso marinaio, era rimasto un mistero. I
traditori però, vinti dall'oro inglese non mancavano neanche fra l'esercito
americano.
A Montreal aveva acquistata quella
vecchia nave, abbandonata dagli inglesi nella loro precipitosa ritirata, con
poche ghinee poiché non valeva di più essendo in pessime condizioni, ed era
sceso verso il lago, risoluto a compiere il tradimento.
Testa di Pietra aveva cercato qualche
altro veliero migliore, ma gli inglesi avevano portate via, nella loro ritirata
precipitosa, tutte le navi migliori.
Giunti finalmente al lago con quella
fusta semisdrucita, avevano errato alcuni giorni a casaccio, finché improvvisamente
era scoppiata la rivolta dei canadesi, e proprio quando l'uragano si addensava
minaccioso.
Il resto si sa.
«Per tutti i campanili della
Bretagna!...,» esclamò Testa di Pietra quando vide che la fusta. gettata
attraverso gli scogli, stava per rompersi completamente. «Come ce la caveremo
ora, Piccolo Flocco? Il generale ci aveva messo ai fianchi una grande canaglia
senza sospettare certamente che fosse stata comperata dalle ghinee inglesi.»
«O da quelle del marchese d'Halifax?»
rispose il giovane marinaio.
«Di questo affare parleremo più tardi,
se riusciremo a raggiungere la costa ancora vivi. Io so molte cose confidatemi
dal baronetto e le ho sempre tenute ben tappate nel cervello. L'odio di quei
due fratelli è tremendo, spaventoso. Hulrik!...»
«Eccomi, pon patre,» rispose prontamente
l'assiano.
«Con quei due colpi di pistola sei certo
di aver ucciso quella canaglia?»
«Forse ferito, pon patre. Le armi
valevano poco, malgrado la lunghezza delle loro canne. Io afere fatto tutto mio
possibile per rompere la testa a quel pirpante, ma la barca saltava troppo e la
mira era difficile.»
«Col gran salto che ha fatto si sarà
rotto le costole sui bassifondi,» disse Piccolo Flocco.
«La fusta non era ancora attraverso le
scogliere ed io ho il dubbio che quel <pirpante>, come lo chiama Hulrik,
sia ancora riuscito a salvarsi. Le genti che abitano le rive dei laghi canadesi
sono sempre state famose nel nuoto.»
«E gli altri?»
«Che cosa vuoi che ti dica io, mio
giovane marinaio?! Sono scomparsi anche loro e probabilmente saranno riusciti a
raggiungere la costa. Meno male che hanno lasciato qui i loro fucili e le loro
munizioni. Stupidi!... Potevano gettare le une e le altre nel lago per disarmarci
completamente.»
«Ed ora che cosa facciamo, Testa di
Pietra? La fusta si è piantata sulla cima di qualche scoglio e deve bere acqua
in abbondanza.»
«Non rimarremo nemmeno noi qui,» rispose
il vecchio bretone. «Mi spaventa però il pericolo indiano.»
«Che gl'inglesi li abbiano proprio
arrolati?»
«Ne sono più che sicuro, ed aver a che
fare cogli Uroni e cogli Algonchini è una cosa che dà da pensare. Sai che quei
barbari non risparmiano le capigliature e non vorrei lasciare la mia nelle mani
di qualche guerriero. Pazienza se si accontentassero di togliermi la mia famosa
pipa, ma con quella gente non c'è da fidarsi.»
«E sono molti questi indiani?» chiese
Wolf, il quale parlava la lingua inglese più correttamente del fratello minore.
«Ve ne sono delle migliaia e migliaia,»
rispose Testa di Pietra. «Oltre che cogli Uroni e gli Algonchini. avremo da
fare anche i conti cogli Ossinisolni e coi Mandava che godono una tristissima
fama per le loro crudeltà. Quel furfante di Davis, che il diavolo se lo porti,
ha compiuta la sua missione mentre noi abbiamo quasi da cominciare la nostra.
Ci ha arrestati quando ci credevamo sicuri di filare diretti verso il gran
forte. Non è però riuscito a togliermi quello che più desiderava.»
«Ehi, Testa di Pietra, lascia gl'indiani
ed il meticcio e pensa invece a portarci alla costa. La fusta ormai non
navigherà mai più,» disse Piccolo Flocco.
«E dove e come? Aspetteremo prima che la
tempesta si calmi un pò e poi fa ancora troppo scuro».
«E se le onde ci spazzano via?»
«Non dire delle sciocchezze. I marinai
non si lasciano portare via.»
«E gli Assiani?»
«Sono già mezzi marinai. Ora andiamo a
vedere se questa barca è proprio sfondata. Hulrik, prendi una lanterna ed
accompagnami. Ce ne sono nel quadro?»
«Sì, pon patre. Io aferne veduto
alcune.»
«Marcia avanti e tu, Piccolo Flocco,
taglia i paterazzi e le sartie del grand'albero. Questo troncone pesa troppo
sulla fusta. Wolf ha delle buone braccia e ti aiuterà efficacemente. Fate
presto poiché il Champlain non accenna affatto a calmarsi.»
Il lago infatti, sollevato da furiose
raffiche che si succedevano senza tregua, diventava sempre più cattivo.
Grosse ondate si formavano dovunque, si
accavallavano rabbiosamente e poi correvano a sfasciarsi contro le coste con
dei rombi spaventevoli.
Era una vera burrasca quella che stava
per scatenarsi e quelle che infuriano sui laghi canadesi godono pessima fama in
causa della violenza del vento che si scatena ben più che sul mare.
Testa di Pietra, che già aveva ben
vedute altre burrasche su tutti gli oceani del globo, si affrettò a scendere
nel quadro di poppa dove già l'assiano aveva accesa una lanterna. Pel momento
non credeva ad un naufragio completo e non si preoccupava affatto delle grosse
ondate.
«Per tutti i campanili della
Bretagna!...» esclamò aprendosi il passo fra i barili che ingombravano la
piccola stanza. «Piccolo Flocco ha ragione. Questa barca non andrà mai al forte.»
Si era messo in ascolto mentre l'assiano
teneva alta la lanterna e fece un gesto di scoraggiamento.
«Frittata completa,» disse. «La barca
beve allegramente come una vecchia ubriacona e non vi è nessuna pompa a bordo
di questa carcassa. Bah!... Andiamo a vedere, Hulrik.»
Una scaletta stretta, ingombra anche
quella di pacchi e di cordami, immetteva nella stiva.
Testa di Pietra scese gli otto gradini e
si trovò subito colle scarpe bagnate. La fusta continuava a bere ad ogni colpo
d'acqua che si sfasciava sui suoi fianchi e gorgogliava impunemente fra i
puntali ormai sgangherati.
«Corpo d'una fregata sventrata!... È
stato un bel colpo,» disse il bretone. «Un pezzo di scoglio si è cacciato
proprio attraverso la carena e nessun carpentiere riuscirebbe a turare ormai un
tale buco.»
«Noi non navigare più, patre?» chiese
l'assiano.
«Pel momento è impossibile.»
«E dofe trofare altra barca?»
«Che cosa vuoi che ti dica io! Su questo
lago non devono trovarsi a portata di mano.»
«Tu sei preoccupato, patre.»
«Ed ho le mie buone ragioni, figliolo.
Io considero ormai la nostra impresa come completamente fallita e tutto in
causa di quel cane di Davis. Se non l'hai ucciso e se dovessi un giorno incontrarlo
ti assicuro che non lo risparmierò. Vira di bordo e risaliamo in coperta. Qui
non c'è niente da fare.»
Risalì la scaletta sagrando e giunse sul
ponte sempre seguito dal fedele assiano.
Piccolo Flocco e Wolf avevano allora
finito di tagliare a colpi d'ascia tutte le griselle, i paterazzi ed altri
cordami che trattenevano l'albero e la fusta, sbarazzata da quel peso, si era
un po' raddrizzata rovesciandosi invece sul tribordo, ciò che migliorava
alquanto la sua posizione mettendola un pò al riparo dai continui assalti delle
onde.
«Finito?» chiese il vecchio bretone.
«L'albero già naviga per conto suo,»
rispose Piccolo Flocco. «Cominciava a picchiare terribilmente contro i fianchi
della barca e minacciava di aprirci una grossa falla.»
«Con tutto ciò noi siamo immobilizzati.»
«E ci resteremo, vecchio mio, se non ci
costruiamo una zattera per poter raggiungere la costa.»
«L'ho pensato anch'io, ma finché questo
lago non si calma non riusciremo a calarla in acqua. Aspettiamo dunque.»
«Che resista la fusta?»
«Lo spero. Ha un pezzo di scoglio
piantato attraverso la carena.»
«Me l'ero immaginato,» disse Piccolo
Flocco. «Che cosa pensi di fare, Testa di Pietra?»
Il vecchio bretone sprofondò le callose
mani nelle immense tasche dei suoi pantaloni e si mise a guardare la costa la
quale era coperta, fin dove giungevano gli sguardi, di pini bianchi altissimi,
i quali torcevano le loro punte sotto le sferzate delle raffiche che aumentavano
sempre.
«Ci sono due miglia da attraversare,»
disse finalmente, «ed ho veduto laggiù, se gli occhi non mi hanno tradito, uno
squarcio che segna forse la foce di qualche fiume. Già, ci vuole una zattera,
ma per ora sarà meglio pensare a mandare giù un boccone, giacché il signor lago
tarda un po' a risvegliarsi. Tu, Hulrik, va a cercare qualche barile che
contenga dei prosciutti, e tu, Wolf, incaricati delle gallette. Quei cani di
canadesi non ci hanno permesso di cenare e <sacco vuoto non sta in piedi>,
dice un vecchio proverbio. Tu poi, Piccolo Flocco, va a vedere se ci sono delle
bottiglie da vuotare. Davis ne aveva imbarcate tre o quattro casse a Montreal.»
«Sei un uomo ammirabile,» disse il
giovane marinaio. «La fusta è pericolante e tu pensi alla colazione.»
«Dobbiamo approfittare, mio caro. Su,
lesti, giacché le onde ci lasciano un po' di tregua. Oh!... Oh!... Un lume!...»
«Dove?» chiese Piccolo Flocco, balzando
avanti.
«L'ho scoperto solamente ora.»
«Non ardeva prima?»
«No.»
«Un fuoco od un fanale?»
«Un fanale no di certo. È un falò che
brucia sulle rive di quella spaccatura che io ho scoperta.»
«Che qualche accampamento indiano si sia
stabilito in questi dintorni e proprio in questo momento?»
«I miei occhi sono ancora buoni, ma non
possono forare le foreste. So che della legna brucia e che deve essere stata
accesa solamente da qualche minuto, poiché prima non ho veduto nessun punto
luminoso sulla costa.»
«E nemmeno io, Testa di Pietra. L'avrei
scorto subito. Oh!...»
«Ti sei rotto un dente?»
«No, sono troppo saldi per andarsene, e
poi così presto.»
«Allora, cosa volevi dire?»
«Che quel fuoco può essere stato acceso
dai canadesi per asciugarsi. Non saranno giunti in buono stato alla costa con
quest'acqua così fredda che pare che da un momento all'altro voglia
congelarsi.»
«Uhm!...» fece il vecchio bretone, il
quale continuava a fissare il fuoco. «Sarà un po' difficile. Suppongo invece
che vi si trovi qualche capanna abitata forse da qualche colono. Ve ne sono di
quelli che vanno d'accordo cogl'indiani perché comprano da loro le pellicce
vendendo polveri, armi e soprattutto liquori.»
«E non ne scotennano qualcuno di quando
in quando?»
«Io non farei quel mestiere. Quei coloni devono guadagnare immensamente
e tornare in Francia assai ricchi, quando però ci tornano.»
«E non saranno molti probabilmente.»
«Lo credo anch'io. Gl'indiani canadesi
sono i più feroci di tutti quelli che abitano l'America settentrionale e non
possono vedere gli uomini male cucinati.»
«Come male cucinati?»
«Perché dicono che il Grande Spirito ci
ha male biscottati, mentre invece ha lasciato abbruciare troppo i negri.»
«Sicché loro sono i soli che hanno la
giusta cottura.»
«E se ne vantano e disprezzano noi che
abbiamo invece delle pelli ben sovente rosee. Ehi, Hulrik!... E la colazione è
pronta?»
«Sì, pon patre,» rispose l'assiano.
«Afere trovato anche salsicciotti affumicati e pottiglie di pirra.»
«Allora, Piccolo Flocco, possiamo
mettere in moto i nostri denti,» disse il vecchio bretone.
«Con questa burrasca?...»
«Chi ci bada? Siamo abituati ai colpi di
vento e d'acqua.»
I due assiani avevano preparato il desco
dietro le barricate onde metterlo al coperto dalle onde, ed avevano fatto le
cose per bene, infischiandosene del vento, il quale d'altronde non giungeva più
con grande violenza, e dei soprassalti che subiva la povera fusta.
Il
cielo però era gravido di nubi di un colore nerastro con qualche orlo quasi
fiammeggiante ed accennava a continuare la sua musica.
I due bretoni ed i due assiani, dopo
essersi ben assicurati che la barca non accennasse, almeno pel momento, a piegarsi
completamente sul tribordo, diedero un formidabile assalto ai prosciutti ed ai
salsicciotti inaffiandoli copiosamente di eccellente birra inglese che allora
superava quella tedesca.
Dal mezzodì del giorno precedente non
avevano più mandato giù nulla poiché Davis li aveva sorpresi nel momento in cui
stavano per prepararsi la cena.
Testa di Pietra, quand'ebbe finito, tirò
fuori la sua famosa pipa, la caricò di forte tabacco olandese giunto a New York
di contrabbando e, dopo aver faticato un poco ad accenderla poiché il vento
aveva ripresa la sua pazza corsa sconvolgendo le acque del lago che poco prima
accennavano a spianarsi. disse:
«Ora vi posso dire che io tengo nascoste
veramente due lettere che devo consegnare nelle mani dei soli comandanti del
forte di Ticonderoga. Una mi è stata consegnata da Washington e l'altra dal
baronetto Mac-Lellan.»
«E come Davis ha potuto saperlo?» chiese
Piccolo Flocco, stringendo i denti. «Io vorrei spiegare questa faccenda.»
«Ci deve essere sotto la mano del
marchese d'Halifax. Credi tu che abbia rinunciato, quantunque la bionda
scozzese sia ormai diventata moglie del nostro capitano, alla sua passione?
Quel miserabile, che dispone di grandi ricchezze, deve aver corrotto con le
ghinee non solo dei canadesi ma fors'anche degli americani che avvicinano
Washington.»
«E così Davis avrà potuto sapere che tu
eri incaricato d'una importante missione.»
«Missione che ignoro quasi
completamente, poiché il generale ed il capitano non mi hanno detto altro che
di giungere al forte e di guardarmi dai pericoli.»
«Mettendoci ai fianchi quel galantuomo
di Davis,» disse Piccolo Flocco. «Ah!... Non averlo scoperto prima!...»
«Si vede che i due comandanti avevano
piena fiducia di lui,» disse Testa di Pietra, dopo aver lanciato in aria, una
dietro l'altra, tre grosse boccate di fumo. «Ora io mi domando come noi potremo
giungere al forte senza una barca e senza una guida.»
«Uomini come noi non debbono tornare
indietro.»
«Ehi, Piccolo Flocco, per chi mi prendi? Non
sono ancora diventato vecchio e non tornerò di certo a New York senza aver
veduto Arnold e Saint-Clair e aver consegnate loro le lettere. Il male è che
abbiamo le gambe rotte e che qui non troveremo degli amici.»
«Che sia proprio vero che gl'inglesi
stanno per giungere e riprendersi tutti i forti?»
«Davis lo ha detto e lui deve saperla
lunga.»
«Corriamo dunque il pericolo di venire
presi prima di giungere a Ticonderoga ed impiccati sui pennoni di qualche
brigantino come corsari. Bella prospettiva!...»
«Gl'inglesi non ci hanno ancora presi.»
Vuotò la sua famosa pipa, bevve un altro
sorso di birra e si alzò per guardare se il fuoco brillava ancora.
Proprio allora il lago ricominciava a
ridestarsi ed il vento riprendeva forza ululando sinistramente.
La tregua era cessata. La tempesta si
scatenava rapida con mille fragori sollevando nuovamente le acque del
Champlain.
Testa di Pietra tirò fuori l'orologio e,
con qualche sforzo, riuscì a precisare la posizione delle lancette.
«Due e venti: siamo ben lontani
dall'alba. Doe mal! Va male!...»
Piccolo Flocco lo aveva raggiunto.
«Testa di Pietra,» disse con voce
alterata, «Wolf mi ha detto or ora di aver veduto del fumo circolare per la
stiva e che pareva provenisse da prora.»
«Come!... Il fuoco a bordo!... Acceso da
chi?»
«Forse da quel canadese che era
misteriosamente sparito.»
«Per tutti i campanili della
Bretagna!... Tempesta e fuoco!... Quelle canaglie volevano proprio distruggere
questa povera barca!... Ci poteva capitare di peggio?»
«Ed a bordo non vi è nessuna pompa.»
«Lo so io. Forse c'era, e quel cane di
Davis, quando ha comperata la fusta, l'ha fatta levare.»
«Che corriamo il pericolo di saltare in
aria?»
«Le munizioni sono a poppa e ci vorrà
del tempo prima che il fuoco raggiunga il quadro. Orsù, non perdiamo tempo o
noi morremo, prima dell'alba, annegati o arrostiti.»
«Che cosa pensi di fare?»
«Tentare di gettare in acqua una
zattera. Bestia, avrei dovuto approfittare della tregua che ci aveva accordato
il lago. Ora sarà forse troppo tardi, ma noi tutto dobbiamo tentare per
raggiungere la costa. Vi sono casse e barili in abbondanza, le funi non mancano
ed abbiamo le asce.»
In quell'istante giunsero i due assiani
i quali avevano fatta una rapida visita alla camera comune di prora che
cominciava già a fumare.
«Patre,» disse Hulrik, «canadesi afere
incendiata la fusta. Tutta stifa piena di fuoco.»
«E noi finora non ce n'eravamo
accorti!...» esclamò Testa di Pietra. «Covava dunque l'incendio?»
«Ora non cofare più, patre. Lingue di
fuoco invadono stifa.»
«È vero,» confermò Wolf. «Il fuoco
guadagna rapidamente.»
«Credi impossibile spegnerlo?»
«Troppo tardi. Il fuoco ha raggiunto dei
barili di petrolio e monta, monta.»
Testa di Pietra si diede un gran pugno
sul solidissimo cranio, afferrò l'ascia e si slanciò a poppa, verso la barricata,
gridando:
«Presto, facciamo un galleggiante.»
«Se non sarà ormai troppo tardi,» disse
Piccolo Flocco.
La burrasca tornava ad accanirsi sul
lago mettendo le acque sottosopra e urlava paurosamente nella notte tornata
quasi completamente buia. Non era proprio quello il vero momento di gettare una
zattera qualunque colle ondate che si rompevano sulla doppia fila di scogliere
con interminabili muggiti.
La fusta avrebbe potuto nondimeno ancora
resistere, bene arenata come si trovava e con un pezzo di roccia attraverso la
chiglia che la teneva salda; disgraziatamente l'incendio era scoppiato e non
era pei naufraghi il momento di esitare.
Si erano messi tutti alacremente al
lavoro legando casse e barili e staccando le grosse tavole delle murate, per
formare almeno una piccola piattaforma.
Testa di Pietra, cannoniere, carpentiere
e maestro d'ascia, che aveva costruito durante le sue lunghe navigazioni un bel
numero di zattere, perché di naufragi ne aveva fatti parecchi, dirigeva il
lavoro ed inchiodava e legava tutti gli oggetti galleggianti che si trovavano
sulla coperta della fusta.
Le ondate però, che montavano già
rabbiosamente all'assalto, rendevano estremamente difficile quella impresa,
poiché si succedevano quasi senza interruzione.
Fortunatamente dei giganteschi sprazzi
d'acqua si rovesciavano anche attraverso il boccaporto di prora, penetrando fin
dentro la camera comune e la stiva e rallentando così lo sviluppo
dell'incendio.
Gran fumo però usciva, un fumo nero e
fetente che sapeva di grassi e di petroli, attraversato, di quando in quando,
da qualche grosso fascio di scintille che il vento subito spingeva verso la
costa, disperdendone in tutte le direzioni come una piccola pioggia di stelle
filanti.
Dalla stiva cupi rumori salivano. Dei
barili pieni di materie più o meno oleose, morsi dalle vampe che li
investivano, dovevano scoppiare in gran numero.
Testa di Pietra, mentre i suoi compagni
si accingevano a lanciare i galleggianti, aveva raccolte le tre carabine dei
canadesi, ormai diventate bene asciutte, essendo diventato il ponte caldo
malgrado la continua invasione delle acque e quella di Davis, poi si era
precipitato nel quadro e, quantunque vi fosse molto fumo, aveva posto in salvo
le due cassette delle munizioni.
«Siamo pronti?» chiese, salendo in
fretta onde le polveri non gli scoppiassero in mano, poiché anche dal
boccaporto di poppa le scintille cominciavano ad irrompere.
«Tutto è legato,» rispose Piccolo Flocco.
«Non so però se giungeremo alla costa asciutti.»
«Era da prevederlo. Su, gettiamo,
caliamo e tenete ben salde le funi. Io m'incarico delle armi che sono più
preziose di tutto in queste regioni.»
«E viveri, niente da imbarcare?» chiese
Wolf.
«Non vale la pena. Le onde ce li
porterebbero via prima di lasciarci approdare. La selvaggina non ci mancherà
sotto quei boschi.»
Cominciarono a calare tavole, barili e
casse badando di non farsi portare via dalle onde e scesero sulla prima fila
degli scogli i quali emergevano ancora di qualche metro.
L'acqua era bassa in quel luogo, ma più
innanzi appariva profonda a giudicare dal grande movimento della risacca.
I due bretoni ed i due assiani, immersi
fino ai fianchi, raccolsero strettamente i loro galleggianti e, dopo una lotta
accanita contro le onde che cercavano di disperderli, formarono alla meglio una
zattera.
Come vi erano riusciti coll'uragano che
imperversava senza tregua non avrebbero potuto dirlo nemmeno loro.
Si erano appena allungati sulle tavole
legate sopra le casse ed i barili, onde non farsi portare via dalle ondate che
incalzavano, quando una luce sinistra brillò sulla fusta, seguita da un gran
rombo che si ripercosse perfino sotto gli alberi della costa.
«Ah, canaglie!...» gridò Testa di
Pietra. «Volevano le nostre povere ossa. Quel canadese, che è scomparso così
misteriosamente, doveva aver preparato una specie di mina. Davis, non avendo
potuto ottenere da me le lettere, ci aveva condannati a morte quando ormai si
era veduto vinto.»
Una luce vivissima si diffondeva sulle
scogliere, alzandosi al di sopra della fusta che l'esplosione aveva
completamente sgangherata. Malgrado i continui assalti delle onde, l'incendio
divampava con rapidità spaventosa.
Le fiamme, se soffocate dalle acque in
un luogo, erompevano da altre parti, poiché quasi tutta la coperta della barca
era stata squarciata dalla violenza dell'esplosione e offriva molti passaggi.
«Corpo della mia pipa di famiglia!...»
rispose Testa di Pietra, il quale già non poteva rimanere zitto solo un
momento. «C'è da rabbrividire a pensare al brutto tiro che ci avevano preparato
quegli antropofagi. Erano peggiori degl'indiani.»
«Parla meno e bada di non farti portar via,»
disse Piccolo Flocco.
«Ho sempre chiacchierato io, anche in
mezzo alle più grosse tempeste. Noi di Batz non possiamo frenare la nostra
lingua.»
«Siamo sopra la seconda fila di scogli e
la risacca diventa violentissima.»
«Corpo d'una fregata sventrata!... Mi
credi sempre mezzo cieco? E poi con quella magnifica torcia che ci illumina
anche un cieco avrebbe già scorti questi ostacoli.»
«Non andrà all'aria la zattera?»
«Speriamo di no. Qualche barile e
qualche cassa si sfonderanno ma la massa resisterà vittoriosamente all'urto
delle onde. Ehi, Hulrik, come va?»
«Penissimo, patre,» rispose l'assiano,
«essere però tutto bagnato.»
«Non lo sarà meno tuo fratello ed anche
noi non siamo asciutti.»
Il galleggiante, sempre danzando
disordinatamente, era stato spinto sulla seconda fila di scogli i quali però
lasciavano delle larghe aperture, tali da permettere il passaggio anche ad una
grossa barca.
«Ma se tutto va benissimo,» disse Testa
di Pietra che non si spaventava affatto dei soprassalti terribili che subiva la
zattera. «Fra mezz'ora noi saremo alla costa e andremo a far visita a quei
signori che hanno acceso quel fuoco. Ohé!... Tenetevi saldi!... Ecco il
passaggio più difficile!...»
Il galleggiante, sollevato da una grossa
ondata che l'assaliva muggendo sinistramente, varcò felicemente la seconda
scogliera senza che i barili e le casse si fracassassero.
In quel momento il fuoco che ardeva
sulla fusta si spense quasi di colpo, ed una profonda oscurità avvolse i
naufraghi.
Quel fuoco misterioso, però, che ardeva
dentro la spaccatura, bastava a guidarli. La risacca per un caso strano li
spingeva appunto in quella direzione.
«Ma se l'ho detto io che tutto sarebbe
finito bene,» disse Testa di Pietra, il quale si era impadronito di un mezzo
pennone onde servirsene come timone. «Il peggio, purtroppo, verrà poi. Un
naufragio, per marinai della nostra razza, è nulla, quasi uno scherzo che si
accetta volentieri. È bensì vero che questi scherzi, a lupi di mare poco
navigati, talvolta costano cari. Ehi, Piccolo Flocco!...»
«Che il diavolo ti porti un po',
mastro,» rispose il giovane il quale si affannava, insieme ai due assiani, a
stringere le funi che di quando in quando, per la scomparsa di qualche barile o
di qualche cassa, si allentavano.
«Siamo passati?»
«Sì, la scogliera è ormai dietro di noi
a tre o quattrocento metri.»
«Peccato che la fusta si sia spenta
troppo presto, ma noi giungeremo, più o meno fracassati, egualmente alla costa.
La scorgi tu?»
«Non vedo che quel lume, mastro.
L'oscurità è così profonda in questo momento che non distinguo più nemmeno i
grandi pini.»
«È la nebbia che si abbatte sul lago.»
«La vedo anch'io, mastro, e si avanza
con furia.»
«Dovrebbe rallentare un po'.»
«Sì, per far piacere alle nostre pelli
marine.»
In quel momento, verso la costa, si alzò
un razzo azzurro il quale salì tentennando e scoppiò con fragore, spandendo
intorno a sé, ad una cinquantina di metri, un turbinio di scintille variopinte.
«Ci fanno dei segnali!...» gridò Testa
di Pietra. «Né gl'indiani né i canadesi possiedono razzi, dunque speriamo di
trovare finalmente un galantuomo che ci accordi un po' di ospitalità. Abbiamo
bisogno di un buon fuoco.»
Aveva appena terminato di parlare quando
si udirono due grossi spari.
«Un altro segnale,» disse Piccolo
Flocco. «Si direbbe che siamo aspettati sulla costa.»
«L'uomo che ha acceso quel fuoco deve ben
aver veduto la fusta ardere. Ci sono scogli ancora dinanzi a noi?»
«Non ne vedo.»
«Chi ha le armi e le munizioni?»
«Hulrik.»
«Bada Hulrik di non fartele portar via.»
«Non afer questo timore, patre,» rispose
il tedesco.
La zattera intanto continuava ad
avanzare a grandi sbalzi, spinta dai movimenti delle acque e dai venti
scatenati.
I barili e le casse non cessavano di
cozzare rumorosamente, nondimeno ben pochi erano quelli che si fracassavano.
Una gigantesca ondata prese il
galleggiante, lo sollevò con grande impeto e con mille ruggiti e poi lo scagliò
proprio dinanzi alla spaccatura.
La risacca se ne impadronì, lo fece
oscillare vivamente, poi lo depose, quasi senza violenza, su una costa sabbiosa
coperta di giganteschi alberi.
«Gambe!...» gridò Testa di Pietra. «Se
giunge un'altra onda verremo riportati al largo!...»
I quattro uomini, così miracolosamente
sfuggiti alle furie del Champlain, presero le loro armi e si slanciarono a terra.
Avevano percorso appena cento passi e
stavano dirigendosi verso la luce misteriosa, quando una voce grossa, rauca,
gridò:
«Chi siete e dove andate?»
Un uomo, di forme massicce, armato di
due grossi archibugi, era improvvisamente comparso dinanzi ai naufraghi, i
quali, non potendo per il momento servirsi delle armi da fuoco, avevano
impugnato le asce.
Testa di Pietra finse di arrabbiarsi.
«Come!... Con i vostri segnali e con il
vostro fuoco ci fate naufragare e ci chiedete subito chi siamo come se fossimo
dei ladri. Siamo marinai francesi e tedeschi sperduti su questo lago e che la
tempesta ha gettato alla costa.»
«Da dove venivate?»
«Da Montreal.»
«Ah!... Scesi lungo la grande riviera,»
disse lo sconosciuto. «E andavate?...»
«Signore,» disse Testa di Pietra, il
quale cominciava a scaldarsi, «mi pare che voi ci sottoponiate ad un vero
interrogatorio. Mi sembra che questo non sia né il momento né il luogo di dare
delle spiegazioni. Vedete bene che siamo inzuppati d'acqua e sentite pure come
il vento soffia freddo.»
«Avete ragione. Perdonatemi, ma, vivendo
isolato in mezzo alle grandi foreste canadesi, avevo il diritto di sapere chi
erano le persone che dovevo ospitare.»
«Non dico che abbiate tutti i torti.»
«Se non m'inganno, voi siete bretone.»
«È vero, sono di Batz.»
«Lo era anche mio padre. Seguitemi: se è
vero che i miei segnali e il mio fuoco vi hanno fatti naufragare, cercherò di
riparare al male fattovi involontariamente. Avete nulla da raccogliere sulla
zattera?»
«I barili e le casse le ritireremo
domani, se le onde non le sfasceranno.»
«Venite: comincia a piovere.»
I cinque uomini salirono la costa, si
cacciarono sotto i grandi alberi che si piegavano furiosamente sotto i colpi di
vento e, dopo aver percorsi cinquecento passi, si trovarono dinanzi ad una
vasta capanna, costruita con grossi tronchi che le davano quasi l'aspetto d'un
fortino e che internamente era vivamente illuminata.
«La mia dimora,» disse lo sconosciuto.
«Entrate, asciugatevi e contate di essere come in una casa della vostra
Bretagna.»
«Dove l'ospitalità è sacra,» disse Testa
di Pietra.
Attraversarono un piccolo ponte levatoio
gettato su un piccolo corso d'acqua ed entrarono nella vasta capanna.
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