3 - SUI FRANGENTI
Le trombe marine che spazzano spesso gli oceani, sono il
terrore dei naviganti. Guai alla nave che si trova sul loro percorso! Viene aspirata,
strappata alle onde, portata in alto dalla colonna roteante e quindi sommersa
durante lo sfacelo della tromba. Quella che stava per innalzarsi davanti
all'Andalusia doveva avere proporzioni gigantesche, a giudicare dal moto
rotatorio delle acque. Il mare era in continuo ribollimento, come sotto
l'azione di un gran numero di vulcani sottomarini e sprigionava delle immense
nubi di vapore che formavano una moltitudine di colonne grigiastre, pronte a
fondersi e collegarsi con la grande nuvola nera che gradatamente si abbassava,
impaziente di riunirsi ai cavalloni. Un grande rigonfiamento, simile a una
collina, tumultuava davanti alla prora della goletta, aumentando di momento in
momento di volume. Non aveva nulla di spaventoso; impressionavano invece i
sinistri rumori che ne uscivano di quando in quando e che rassomigliavano ai
boati di un cratere. Don Josè, don Pedro e il bosmano, erano saliti sul
castello di prora per osservare quel fenomeno che poteva riuscire fatale alla
nave.
- Sì, una tromba e il vento è cessato! - esclamò il
comandante, con rabbia. - Giungesse almeno un altro colpo di vento e dovesse
pure schiantarmi mezza alberatura!
- Non c'è modo di evitarla? - chiese don Pedro che pensava a
sua sorella Mina.
- Proveremo a spezzarla con un colpo di artiglieria, - rispose
il capitano.
- Ci riuscirete?
- A volte si rompono; tuttavia non vi nascondo che sarà un
mezzo disperato.
- Perché comandante?
- La tromba ricadendo solleverà tali ondate da mettere in
grave pericolo la mia nave.
- A mali estremi, rimedi estremi, - sentenziò il bosmano
cacciandosi in bocca un pezzo di sigaro. - Se il disastro deve accadere,
tuffiamoci con la cicca.
In quel momento dall'interno di quella collina mobile uscì,
innalzandosi e roteando vertiginosamente, una colonna liquida che andò a
congiungersi con la nuvola nera. Mare e cielo si erano uniti per la distruzione
di tutto quello che dovevano incontrare sul loro cammino.
Un clamore assordante era echeggiato sulla tolda
dell'Andalusia.
- La tromba! La tromba! - gridarono tutti.
Poi, come paralizzati dal terrore che doveva aver tolto loro
completamente le forze, diventarono muti, guardando con gli occhi dilatati quel
mostro di acqua che già si muoveva, turbinando. Lo spettacolo che offriva
quella colonna che pareva di cristallo e che i lampi illuminavano senza posa,
se era terrificante, era anche sublime. L'acqua, come se fosse stata aspirata
da una pompa di enormi dimensioni, veniva assorbita con mille sibili paurosi,
dalla grande nube nera, cambiando ogni istante colore, secondo la violenza e la
tinta dei lampi. Il capitano Ulloa, che ne aveva viste altre durante i suoi
numerosi viaggi, e che non ignorava quanto fossero pericolose quelle terribili
colonne d'acqua, anche per le navi di grossa portata come la sua, benché in preda
a grande spavento, non aveva perso completamente la testa.
- Conducete in coperta la señorita Mina, don Pedro! - gridò.
Poi volgendosi verso i suoi marinai che non osavano muoversi, soggiunse:
- Al pezzo il miglior puntatore.
- Un momento, comandante, - disse il bosmano. - la scioglierò
io la tromba.
- Che cosa vuoi fare?
- La croce di Salomone.
- Vattene al diavolo, vecchio Reton!
Si era lanciato verso il castello di prora dove si trovava il
piccolo pezzo d'artiglieria, mentre il bosmano che credeva, come tutti i
marinai, ai segni cabalistici, preso il suo coltello di manovra tracciava
rapidamente, su un barile, la famosa croce di Salomone. Il pezzo era stato
caricato e puntato verso la colonna che continuava ad aggirarsi su se stessa,
spostandosi ora in un senso ed ora in un altro, senza però troppo allontanarsi
dal luogo dove si era formata. Non aspettava che un colpo di vento per
lanciarsi all'impazzata attraverso l'oceano, travolgendo tutto nella sua corsa
disastrosa.
- Mira bene! - comandò il capitano al cannoniere. - Se sbagli,
non so se avremo il tempo di ritentare il colpo. Il vento si annuncia già
laggiù! Viene certo dalla baia di Uitoe.
Il marinaio si era curvato sul pezzo, un piccolo cannone
adoperato più per i segnali che come arma di difesa, quantunque all'occorrenza
avrebbe potuto servire per mitragliare i selvaggi, poi fece fuoco. La
detonazione non si era ancora spenta che un grido di delusione e di collera
sfuggì al puntatore. Un'onda gigantesca si era precipitata sull'Andalusia nel
momento in cui il colpo partiva, rovesciandola sul tribordo, aveva fatto
deviare la palla. Quasi nello stesso tempo, il fragore udito poco prima, che
annunciava il colpo di vento, si ripeté, acquistando rapidamente un'intensità
spaventosa. La tromba, investita dalle raffiche che ora soffiavano da ponente,
cominciò la sua marcia, dapprima lentamente, poi rapidamente, movendo in
direzione della goletta. Don Pedro e Mina avevano raggiunto il capitano,
tenendosi per mano. Il primo ostentava una certa calma: Mina invece appariva in
preda a una grande agitazione ed era pallidissima.
- Tutto sta per finire è vero, don Josè? - disse il giovane.
Il capitano rimase qualche istante silenzioso, torcendosi
nervosamente la lunga barba.
- Chissà, - rispose poi. - Talvolta si sfugge anche alle spire
delle trombe.
- Non vedete, don Josè, che viene proprio verso di noi? -
disse Mina con voce tremante.
- Purtroppo!
- E non si può tentare più nulla? - chiese don Pedro.
- Non possiamo più spiegare vele… Attenti … tenetevi stretti alle
funi … il salto … il salto!…
Un colpo di vento, di una violenza inaudita, investì per la
seconda volta l'Andalusia abbattendole di colpo l'albero di trinchetto, i cui
pennoni portavano ancora alcuni brandelli di tela. Avendolo schiantato un po'
sopra la coffa, l'enorme troncone cadde in mare, dopo aver fracassata due metri
della muratura di babordo. Fu una gran fortuna, poiché se fosse accaduto invece
attraverso il castello di prora avrebbe ucciso il capitano, don Pedro, Mina e i
cinque o sei marinai che stavano con loro. Caduto l'albero, l'Andalusia fu
quasi sollevata fuori dalle onde dall'impeto della gran raffica, ma non avendo
vele sugli alberi, poiché tutte le rande, le controrande e gli strali erano
stati abbassati prima che la tempesta scoppiasse, poté fuggire almeno per il
momento al disastro. Guai se il vento l'avesse sorpresa con le vele spiegate!
L'avrebbe inabissata di colpo per la prora. Passata la raffica, tre o quattro
enormi montagne di acqua spazzarono per qualche minuto la tolda, precipitandosi
come immensi torrenti sopra il castello di prora e sfuggendo, con un enorme
rimbalzo, al di sopra del cassero. Don Josè, che si era avvinghiato a una
trinca del bompresso, cessata quella furia, lanciò un rapido sguardo in coperta
e respirò a lungo vedendo a pochi passi da sé don Pedro e la fanciulla
abbracciati strettamente al troncone dell'albero di trinchetto.
- Temevo che le onde vi avessero portati via, - mormorò. - La
prova è stata dura e purtroppo non sarà l'ultima.
Infatti l'Andalusia doveva fare ancora i conti con la tromba,
che avanzava roteando e muggendo cupamente. Una gigantesca corona di spuma
circondava la sua base, ricadendo in enormi cascate, mentre la colonna
superiore che aveva la circonferenza di circa un centinaio di metri, continuava
a tingersi di luci livide. Verso la cima, affondata nell'immensa nuvola, il
tuono scrosciava incessantemente e le folgori guizzavano tutt'intorno,
descrivendo degli zig-zag fiammeggianti.
- Don Josè! - gridò don Pedro che teneva stretta fra le
braccia Mina, che sembrava quasi svenuta.
- Sta per arrivare la fine per noi tutti? Vi prego di dirmelo
francamente. La morte non fa paura al figlio di un prode capitano; è per mia
sorella che tremo.
- Non posso dir nulla per il momento - rispose il capitano che
seguiva attentamente la marcia della colonna. - Noi siamo immobilizzati, mentre
la tromba cammina.
- Ci verrà addosso?
- Chi può dirlo? Non ha preso ancora, malgrado il vento, la
sua direzione. Può passarci vicina senza toccarci, come può deviare a nord o a
sud. Le raffiche balzano in tutte le direzioni e comincio a non capirci più
nulla.
- È la fine.
- Non ditelo ancora, don Pedro. Guardate: la tromba torna a
spostarsi ora a sud ora a settentrione, e questo gioco angoscioso può durare
molto.
- E intanto forse don Ramirez giungerà prima di noi.
- Se la bufera fa tribolare noi, non sarà clemente con lui, se
si trova già in questi paraggi, poiché l'uragano deve imperversare su tutta la
costa orientale… Portate Mina nel casotto di poppa. La povera fanciulla non si
regge più.
Due marinai presero la fanciulla sotto le braccia, perché le
onde, che continuavano a infrangersi contro le murate, non la rovesciassero e
la condussero al coperto, nell'abitacolo posto davanti alla ruota del timone.
Don Pedro era rimasto presso il comandante, pronto però ad accorrere in aiuto
della sorella. La furia del mare non si calmava. Le onde, scombussolate dai
soprassalti e dai giri turbinosi della tromba, si accaniva contro la nave,
percotendone senza posa i fianchi. Salivano a bordo mostrando le loro creste
minacciose, poi si aprivano, lasciandole cadere in profondi abissi. Il rollio e
il beccheggio erano diventati così spaventosi che l'equipaggio stentava a
tenersi in piedi. E nulla da fare, nulla da tentare! Spiegare le vele sarebbe
stata una vera pazzia in quel momento, tanto più che non rimanevano che le
rande, che potevano offrire buona presa a un nuovo colpo di vento. Don Josè era
furioso di trovarsi impotente contro l'uragano e la tromba. Per un momento aveva
pensato di ritentare la prova del cannone, poi aveva rinunciato. Colpire la
colonna liquida che non cessava di spostarsi, mentre la nave subiva dei
soprassalti disordinati, era cosa assolutamente impossibile.
- Affidiamoci al destino,- mormorò con rassegnazione. - Non
c'è più altro da fare che prepararsi a morire.
Un po' fatalista, come quasi tutti gli uomini di mare, si era
aggrappato all'argano di prora, aspettando con meravigliosa freddezza d'animo
il colpo mortale che doveva subissare l'Andalusia e tutti quelli che la
montavano. E quel colpo, disgraziatamente, non era lontano. Non erano trascorsi
venti minuti dal secondo turbine, quando sopraggiunse il terzo, il più temuto
poiché è quasi sempre il più violento. La colonna d'acqua, investita da quella
raffica formidabile, filò dritta verso l'Andalusia, che presentava in quel
momento il suo fianco di tribordo. Si udì uno scroscio orrendo, come se tutto
il fasciame avesse ceduto, seguito da urla di spavento, poi la nave fu
sollevata e presa fra le spire della gigantesca colonna. Don Pedro aveva chiuso
gli occhi per non vedere, chiamando angosciosamente Mina. Il capitano, credendo
che tutto fosse finito, aveva tratto una pistola per uccidersi sul ponte della
sua nave. L'ultima ora invece non era ancora arrivata. La nave seguiva il
movimento rotatorio della tromba, ora quasi tutta fuori dall'acqua, ora
basandosi sulla spuma che formava come lo zoccolo della colonna. A un tratto la
nave subì una scossa spaventosa, come un colpo di tallone e si fermò, mentre la
tromba ricadeva in mare sollevando onde altissime.
La grande nube, stanca di assorbirla, l'aveva abbandonata,
restituendola all'oceano che l'aveva creata. Per alcuni minuti l'Andalusia fu
subissata da un diluvio d'acqua tale da impedire al suo equipaggio di sapere se
galleggiava ancora o se stava scendendo nei profondi abissi del Pacifico; poi,
come per incanto, le onde si spianarono e una calma improvvisa, inesplicabile,
successe al ciclone.
- Vivi! Ancora vivi! - gridò don Pedro.
- Vivi per perderci più tardi, - rispose il capitano.
- Ma che cosa è accaduto, don Josè?
- La base della tromba deve aver incontrato sulla marcia
qualche scogliera, che per il momento non possiamo vedere, e si è spezzata
contro.
- Una vera fortuna.
- Ah! La chiamate così? Non avete udito quello scroscio?
- Certo.
- Era la carena della mia nave che si sfondava.
- Cosa dite, don Josè! - esclamò don Pedro che si era fatto
pallidissimo.
- Che il tesoro della Montagna Azzurra può essere perduto per
voi.
- Questo non lo crederò mai.
- E come andremo a raccoglierlo se la mia nave si è spezzata?
- Voi non siete ancora ben certo se l'Andalusia sia
assolutamente inservibile.
- Un vecchio marinaio difficilmente si inganna.
- Può essersi aperta semplicemente una falla, facilmente
riparabile.
- Uhm! - fece il capitano crollando il capo. - Se lo scafo non
si muove con tutti questi colpi di mare, vuol dire che le punte delle scogliere
sono penetrate ben dentro la stiva e che la trattengono. Che squarci devono
avere aperto! Aspettiamo che le ondate prodotte dalla tromba si calmino un po'
e andremo a verificare i danni. Non vi fate però alcuna illusione, don Pedro.
Noi non toccheremo certamente la costa della Nuova Caledonia con l'Andalusia.
- E le scialuppe?
- Il mare se l'è portate via tutte, a quanto pare, poiché non
ne vedo neppure una appesa ai paranchi.
- E dovremo rimanere qui aspettando che qualcuno venga a
raccoglierci? Sarebbe la perdita del tesoro, poiché don Ramirez nel frattempo
ne approfitterebbe per rubarmelo.
- Se si trova, come vi ho detto, in questi paraggi, la bufera
avrà investito anche la sua nave, - rispose il capitano. - E poi il vostro caso
mi ha troppo interessato perché io mi rassegni ad attendere qui un soccorso
molto problematico. Le navi non osano spingersi fino qui, non avendo commerci
da queste parti. Mil Diables! Non troverebbero da imbarcare che degli
antropofagi pronti a divorare, con un appetito straordinario, i loro equipaggi.
- Ma se non abbiamo più imbarcazioni!…
- Eh, il legname non manca qui, don Pedro, e una zattera si
può costruire a mare tranquillo! Aspettiamo: i salti di vento pare che siano
cessati. Gli uragani che devastano queste regioni sono terribili, però la loro
durata, ordinariamente, è breve.
Il capitano Ulloa non si sbagliava. Spezzatasi la tromba e
cessate le raffiche, il mare si calmò rapidamente. L'ondulazione era sempre
fortissima intorno all'ostacolo che aveva arrestato l'Andalusia, che doveva
essere qualche scoglio corallifero ancora in formazione, però anche quella non
doveva tardare a finire. I cavalloni non si facevano più sentire. Dovevano
essersi allontanati verso ponente, sospinti dalle ultime raffiche che li
cacciavano verso le coste australiane. Tre ore dopo, mentre il sole sorgeva
maestoso, anche la forte ondulazione cessava, lasciando vedere una serie di
scoglietti aguzzi, di natura corallifera, che si stendevano a forma di
semicerchio intorno all'Andalusia.
- Me l'ero immaginato, - disse il capitano a don Pedro, dopo
aver fatto il giro della nave, osservando attentamente la scogliera. - Eppure
questi frangenti che devono aver sventrata l'Andalusia, ci hanno forse salvata
la vita.
- Lo credete, capitano? - chiese il giovane.
- Se la tromba non si fosse spezzata contro questo ostacolo
avrebbe continuato la sua corsa vertiginosa senza lasciarci e avremmo finito
per fare un gran tuffo in fondo all'oceano.
- Non ci troviamo però in troppo buone condizioni.
- Meglio vivi che morti…- rispose il capitano. - Venite don
Pedro, e anche tu bosmano. Andiamo a vedere che specie di ferita hanno prodotto
queste scogliere alla mia povera nave. Credo che nessun chirurgo potrebbe
cucirla.
La visita alla stiva non durò che pochi minuti, poiché l'acqua
era entrata in così gran quantità dagli squarci apertisi nella chiglia, da
raggiungere il frapponte. Sarebbero occorse due pompe a vapore per svuotarla, e
poi a che cosa avrebbe servito? Non c'erano cantieri, in quel tempo, sulle
isole del Pacifico.
- L'Andalusia ha terminata la sua carriera, - disse il
capitano, quando risalì in coperta, ai marinai che si erano raccolti intorno al
boccaporto maestro e che l'aspettavano con angoscia.
- Tutto finito? - chiesero.
- La nave è piena d'acqua e la carena deve essersi spezzata in
vari punti. Non c'è più nulla da fare su questo rottame.
- Lo hanno accoltellato, - aggiunse il bosmano, che non
sembrava molto impressionato per quel disastro.
- E ora, capitano? - chiese Mina che si trovava tra i
presenti.
- Costruiremo una zattera e fileremo verso Bualabea, - rispose
il capitano. - Cento miglia non ci spaventeranno e fra tre giorni potremo
salutare la Costa della Nuova Caledonia e metterci in cerca dei Krahoa della
Montagna Azzurra, señorita.
- E se ci cogliesse una nuova tempesta? - chiese don Pedro.
- Penserà Dio a levarci, per la seconda volta, d'impiccio e
mandarci… - si interruppe bruscamente, e battendosi la fronte: - Reton! -
esclamò.
- Ebbene, che cosa c'è ancora di nuovo? - domandò il bosmano.
- L'acqua non avrà invaso il deposito dei viveri?
Una imprecazione sfuggì dalle labbra del marinaio.
- Mil diables!
Poi si slanciò come un pazzo verso il boccaporto di poppa
scendendo a precipizio la scala che metteva sotto il quadro. Quando tornò in
coperta era pallidissimo.
- Tutto è perduto! - esclamò, tendendo i pugni. - Ci sono
oltre due metri d'acqua nella cambusa.
Un profondo silenzio seguì queste parole: il capitano, don
Pedro e i marinai apparivano esterrefatti per quella inattesa notizia. Il
capitano fu il primo a parlare.
- Nulla neppure nella camera comune? - chiese ansiosamente
guardando i marinai.
- Io ho due libbre di biscotto, - rispose uno.
- Io ho la mia razione di prosciutto salato, - soggiunse un
secondo.
- Ed io una scatola di acciughe, - dichiarò il terzo.
Il capitano attese invano la risposta degli altri.
- E questo è tutto? - chiese finalmente, tergendosi il sudore
che gli bagnava la fronte.
Nuovo silenzio.
- Amici, non perdiamo un solo secondo e cominciamo la
costruzione della zattera. Fortunatamente l'armeria è dietro la mia cabina, e
quando si hanno delle armi da fuoco si può sempre sperare.
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