5 - UN TRADIMENTO
MISTERIOSO
I lineamenti del comandante dell'Andalusia erano così
alterati, che don Pedro e il bosmano si erano subito chiesti se qualche altra
terribile disgrazia stava per colpire i superstiti del naufragio.
- Siete spaventato o incollerito, don Josè? - chiese don
Pedro. - Che cosa vi è accaduto dunque per essere così agitato voi che ho
sempre visto così calmo e freddo?
- Un momento, don Pedro, - disse il capitano. - Reton, chi
vegliava questa notte, alle undici e venti minuti?
- Io, signore
- Chi c'era con te?
- I quattro marinai d'Iquique e il mozzo.
- Dov'eri tu?
- Al timone.
- E gli altri?
- Tutti intorno a me.
- Sei ben sicuro?
- Sì, comandante. Solo Emanuel era a prora.
- Di quel ragazzo non mi occupo, - soggiunse il capitano,
alzando le spalle. - Hai visto nessuno accostarsi a questa cassa.?
- No, nessuno.
- Pensa bene, Reton, poiché si tratta di scoprire un
traditore.
Il vecchio frugò e rifrugò nel suo cervello poi rispose senza
alcuna esitazione:
- Sono sicurissimo che nessuno dei marinai di guardia si è
accostato alla tenda.
- Quando hai lasciato il timone?
- Verso le undici, nel momento in cui il dugongo aveva mandato
il primo grido.
- E sei andato a prora solo?
- No: tutti mi avevano seguito perché speravano di poter
sorprendere e catturare il cetaceo.
- Allora qualcuno deve aver approfittato di quell'istante per
commettere l'infame tradimento.
- Ma quale tradimento? - chiesero ad una voce Reton e don
Pedro, vivamente impressionati dalle parole del comandante.
- Un miserabile ci ha guastato il sestante e anche il
cronometro per impedirmi di fare il punto.
Il bosmano e don Pedro si erano guardati l'un l'altro con
stupore. Ci fu fra i tre un lungo silenzio. Si sarebbe detto che non osavano
più parlare.
- È un'infamia! - proruppe finalmente il giovane. - Ignora
dunque quello sciagurato che cercando di perdere noi perde anche se stesso? Non
sospettate di nessuno dei vostri uomini?
- Io ho sempre trovato in loro dei bravi marinai e non ho mai
avuto a dolermene, è vero, Reton?
- No, mai, sono stati scelti con cura da me, - rispose il
bosmano.
- Eppure il traditore deve nascondersi tra di loro.
- Certo, don Pedro, - soggiunse il capitano. - Siamo in pieno Oceano
e nessun altro avrebbe potuto abbordare inosservato la zattera.
- Di chi sospettare? - brontolava con ira. - Se potessi
trovarlo, parola di Reton che lo butto ai pescicani… E non poter fare più il
punto! Miserabile assassino! Guai se ti prendo!
- Don Josè, che cosa farete ora? - chiese don Pedro dopo un
altro momento di silenzio.
- Abbiamo ancora le bussole e con quelle possiamo dirigerci, -
rispose il capitano. Non potremo certamente trovare lì per lì la baia di
Bualabea, tuttavia, presto o tardi, le coste della Caledonia le raggiungeremo.
Quello che vi raccomando per ora è di mantenere il più scrupoloso silenzio per
non scoraggiare i marinai. Sorvegliamo attentamente tutti, senza darlo a
vedere, e non perdiamo di vista le bussole. La mano infame che ha guastato il
sestante e il cronometro potrebbe rovinare anche quelle e allora sarebbe finita
per noi.
- Una domanda ancora, don Josè, - disse il giovane. - Vedete
in questo tradimento la mano di Ramirez?
- Non ne dubito. Quel furfante deve aver comperato, forse a
peso d'oro, qualcuno dei nostri uomini. Giuro però su Dio, che se io riuscirò a
sorprendere il traditore lo ucciderò.
- Anch'io, - aggiunse il bosmano. - Gli pianterò il coltello
nel cuore.
- Al timone, Reton. La brezza si alza a levante: cerca di
dirigerti sempre verso nord-ovest.
- Contate su di me, capitano.
Don Josè prese il cannocchiale e si diresse verso prora
seguito da don Pedro. I marinai erano ancora inginocchiati intorno alla salma
del povero Cardozo, borbottando di quando in quando qualche preghiera. Solo uno
di loro era occupato a fare a pezzi, non senza un certo disgusto, lo
sword-fish per preparare la colazione. Da ventiquattro ore
quei disgraziati non avevano avuto per razione che poche briciole di biscotto e
la fame tormentava ferocemente i loro stomaci. Il capitano giunto sull'orlo
della zattera si appoggiò a un barile, essendo il mare un po' mosso, e puntò il
cannocchiale verso ponente, scrutando attentamente l'orizzonte.
- Nulla? - chiese dopo qualche tempo don Pedro.
- Ho scoperto una leggera sfumatura laggiù, che potrebbe
essere una nube lontanissima, ma anche una montagna.
- Ce ne sono di alte nella Nuova Caledonia?
- Tre o quattro che pare spingano le loro vette oltre i
quattro e i cinquemila piedi: però quelle si trovano tutte verso sud. Può darsi
che ce ne sia qualcuna anche a nord, essendo quest'isola poco esplorata.
- Potrebbe essere anche una costa?
- No, è impossibile, - rispose il capitano. - Sono troppo
basse e poi dobbiamo tener conto della curva della terra. Cercheremo di non
perdere di vista quella sfumatura e intanto ci dirigeremo, per quanto ci sarà
possibile in quella direzione. Andiamo a far colazione, don Pedro.
- Con carne cruda?
- Chi oserebbe accendere il fuoco su una zattera? Che cosa
accadrebbe di noi se si sviluppasse un incendio? D'altronde vi abituerete più
presto di quanto credete.
- E Mina?
- Abbiamo ancora un po' di prosciutto e lo conserveremo per
vostra sorella, ma poi? … Dovrà adattarsi, don Pedro, se non vorrà morire di
fame.
Mezzo sword-fish era stato già tagliato in
fette sottile dal cuoco di bordo; l'altro era stato messo da parte in un
barile. Il capitano radunò l'equipaggio e procedette alla distribuzione
avvertendo tutti di economizzare la razione, poiché fino al giorno seguente non
avrebbe dato altro. Della provvista non erano rimasti che due unici biscotti, e
per consenso comune furono offerti alla señorita, la sola che potesse far
eccezione alla legge comune. La colazione fu triste. L'idea di nutrirsi con
quel pesce che aveva causata la morte al disgraziato marinaio, aveva frenato
perfino l'appetito formidabile di quei robustissimi uomini. La fame feroce però
non tardò a vincere gli scrupoli, e le fette di pesce, crude, ancora sanguinanti,
scomparvero totalmente nei loro stomaci. Terminata la colazione, il capitano
fece cucire dentro un pezzo di vela il morto, e dopo aver recitato una breve
preghiera lo fece scivolare dolcemente in mare. La salma era appena sprofondata
che un largo cerchio di sangue salì alla superficie. Qualche pescecane, che
stava in agguato sotto la zattera, non meno affamato forse dell'equipaggio,
aveva a sua volta fatta la sua colazione.
- Ecco le tombe riservate ai marinai, - disse il capitano, con
un sospiro.
- Ed ecco un cadavere che forse un giorno rimpiangeremo, -
soggiunse sottovoce il bosmano, scotendo tristemente il capo. - Speriamo che
Dio non lo voglia!
Fortunatamente nessuno aveva udite quelle terribili parole. I
marinai, già molto impressionati e non poco scoraggiati, si erano rimessi in
osservazione, dispersi qua e là a gruppetti, interrogando ansiosamente
l'orizzonte e spiando i pesci, che di quando in quando si mostravano intorno
alla zattera, guardandosi bene però dal lasciarsi prendere. A mezzogiorno don
Josè, che non voleva a nessun costo allarmare i suoi uomini, finse di fare il
punto, quantunque il sestante e il cronometro fossero inservibili.
- Bah, non siamo che a centosettanta miglia dalla baia, -
disse ai marinai che lo circondavano, ansiosi di conoscere la posizione della
zattera. - Un po' di vento che soffi e andremo a riposarci sotto l'ombra dei
cocchi e dei niaulis.
Mentiva, poiché pochi minuti dopo abbordava don Pedro che
usciva dalla tenda sotto la quale si riposava Mina, dicendogli sottovoce.
- Brutte nuove.
- Perché? - chiese il giovane, non senza dimostrare una
profonda apprensione.
- La linea che avevo scorto stamane e che poteva essere una
montagna non è più visibile.
- Scomparsa?
- Purtroppo!
- Che cosa ne arguite, don Josè?
- Che la zattera si sia molto spostata.
- Verso quale direzione?
- Settentrione, se le nostre bussole sono sempre esatte.
- Allora abbiamo oltrepassata già la baia.
- Non posso assicurarvelo, don Pedro. Nondimeno ho qualche
dubbio.
- Che cosa accadrà di noi, se il vento e le correnti ci
spingono lontani dalla nostra meta?
- Chi può dirlo?
- Io provo, comandante, una profonda angoscia. Pensate che
domani anche lo sword-fish sarà finito e voi sapete a quale
prezzo l'abbiamo acquistato.
- Con una vita umana, - rispose il capitano con voce triste. -
Chissà! Qualche volta il mare offre delle risorse. Ah, se si potesse scorgere
qualche vela!
- C'è qualche probabilità di un simile incontro? - chiese don
Pedro.
Il capitano dell'Andalusia fece con le mani un gesto vago, poi
disse con voce lenta, quasi esitante:
- Siamo fuori dalla rotta che tengono i velieri che vanno alle
isole della Sonda e nei mari della Cina. Incontrarne una sarebbe una fortuna
insperata. Già io, francamente, non calcolo su quelli. Voi siete figlio di uomo
di mare e ve lo dico. A nessuno dei miei uomini farei una simile confidenza.
- Prevedete dei tristi giorni, don Josè?
- Io non sono Dio, - rispose il capitano. - Il nostro destino
è nelle sue mani.
Dopo mezzogiorno una brezza fresca, cosa veramente insolita
sotto quei climi ardenti, si era levata soffiando però sempre da
sud-est, ciò che doveva spingere la zattera oltre i capi
settentrionali della Nuova Caledonia. Invano il bosmano cercava di regolare la
corsa del galleggiante: la deriva era sempre accentuata, perfino troppo. Quel
venticello fresco, quantunque soffiasse irregolarmente, aveva però rinfrancato
un po' l'equipaggio, facendogli balenare la speranza di un non lontano approdo.
Anche la comparsa di alcuni uccelli marini, che non si erano più visti dopo la
furiosa burrasca che aveva mandato l'Andalusia sui frangenti, aveva contribuito
non poco a calmare le apprensioni dei naufraghi. Non erano né albatros, né
fregate, volatili che si possono incontrare anche a mille miglia al largo dalle
isole o dai continenti, ma sule, che ordinariamente non si allontanano troppo
dalle coste, e rondoni marini che hanno i loro nidi fra le scogliere degli
isolotti. Per di più un gran numero di alghe apparivano in mezzo a una certa
polvere giallastra, che i marinai inglesi chiamano sano-dustol, ossia segatura
di legno, e che è prodotta da un'alga microscopica che si polverizza facilmente
sotto l'impeto delle onde e che cresce in prossimità delle spiagge. Il capitano
a cui nulla sfuggiva, dopo aver notato quelle novità si era affrettato a
entrare nella tenda dove don Pedro teneva compagnia a sua sorella,
prospettandole sempre la speranza di un prossimo approdo, affinché la fanciulla
non si perdesse d'animo. Dobbiamo però dire che Mina, quantunque non abituata
ai disagi delle lunghe navigazioni, si era mantenuta sempre calma e non aveva
perso nulla del suo coraggio.
- Qualche buona notizia? - aveva subito chiesto don Pedro,
vedendo entrare il comandante.
- Da certi segni ritengo che la terra non sia molto lontana, -
aveva risposto don Josè.
- Siamo sempre sulla linea della Nuova Caledonia?
- A settentrione non vi sono isole oltre quella di Bualabea
che chiude la baia omonima. Credo quindi fermamente di avere davanti a noi la
grande terra dei Kanaki.
- E quando arriveremo, capitano? - chiese Mina.
- Io non posso per ora rispondere alla vostra domanda,
señorita, - rispose don Josè. - Tutto dipende dal vento, e questo,
disgraziatamente, non soffia sempre forte. E poi c'è qualche corrente che ci fa
sempre andare verso settentrione.
- Pensate che domani i viveri saranno nuovamente terminati? -
disse don Pedro.
- Quando si ha dell'acqua si può resistere alcuni giorni. E
poi la terra non è molto lontana e un giorno o l'altro ce la vedremo sorgere
davanti con le sue fresche e meravigliose foreste cariche di frutta deliziosa…
Coraggio, mio povero amico: il tesoro della Montagna Azzurra non ci porterà
sfortuna!
La notte fu tutt'altro che buona, appunto a causa dei
cavalloni che arrivavano con un certo impeto. Qualche burrasca doveva essere
scoppiata molto lontano e i poveri naufraghi ne subivano le conseguenze.
Quantunque ci fosse una grande agitazione fra l'equipaggio che non riusciva a
chiudere occhio, poiché il rollio li faceva rotolare ora avanti e ora indietro,
il bosmano, don Josè e don Pedro non dimenticarono di esercitare, a turno, una
rigorosa sorveglianza con la speranza di sorprendere il traditore. Ma sia che
il miserabile si fosse accorto che vigilavano attentamente sulla cassa contenente
gli strumenti o che si fosse accontentato dei gravissimi danni commessi, non si
lasciò prendere. Nessun marinaio si era avvicinato alla piccola tenda. Solo
Emanuel, il giovane mozzo che godeva la simpatia di tutti, eccettuata quella
del bosmano, e che era il meno sospettabile, durante il suo turno di guardia si
era fermato qualche istante dietro la tenda per cercare un pezzo di fune e un
chiodo per prepararsi un amo da pesca. Quando il sole tornò a mostrarsi
all'orizzonte, la situazione non era cambiata. L'ondata pesante che veniva da
est, non era cessata e nessuna terra era in vista.
- Nulla, sempre nulla! - esclamò il capitano facendo un gesto
di disperazione. Poi soggiunse sottovoce: - E non poter sapere dove ci
troviamo, per colpa di un miserabile!
I marinai erano divenuti cupi, tristi, con la disperazione più
profonda dipinta sul viso. Lo avevano circondato interrogandolo con lo sguardo.
- Coraggio, amici, - disse don Josè, riacquistando prontamente
tutta la sua energia. - La Nuova Caledonia non può essere lontana. Se il vento
si alza, in poche ore potremo raggiungerla.
- I viveri quest'oggi saranno finiti, signore, - osservò un
marinaio.
- Che cosa accadrà di noi domani se non riusciremo a catturare
nessun pesce? - osservò un altro.
- Non si muore di fame per un digiuno di ventiquattro o
quarantott'ore, - rispose il capitano. - La mancanza d'acqua sarebbe ben più
terribile.
- E se il digiuno dovesse prolungarsi per delle settimane? -
chiese un altro. - Sono tre giorni che viviamo con una razione infima.
- Io non ne mangio più di te…
- È vero, capitano Ulloa, - risposero tutti gli altri in coro.
Si sciolsero, disponendosi sui bordi della zattera con la
speranza di poter catturare qualche pesce o di sorprendere quel maledetto
squalo che si teneva ostinatamente nascosto sotto il galleggiante, mettendo in
fuga con la sua presenza tutti gli altri pesci. A mezzogiorno, non avendo preso
assolutamente nulla, sebbene possedessero tre o quattro buone canne da pesca,
il capitano divise l'altra metà dello sword-fish, che fu
immediatamente divorata. Perfino Mina, dopo molte esitazioni, fu costretta a
seguire l'esempio degli altri, avendo ormai terminata la sua magrissima
provvista di prosciutto salato e il suo ultimo biscotto. Un senso di vero
terrore colse i marinai, quando rivolsero il loro sguardo verso la cassa vuota
che aveva contenuta la loro ultima risorsa. Fortunatamente parve che Dio avesse
compassione di quei disgraziati, poiché qualche ora dopo, Emanuel, che stava
sempre in vedetta, non prendendo che dei brevissimi riposi, segnalò uno stormo
di giganteschi pesci-volanti che avanzavano da ponente,
descrivendo fulminee parabole, perseguitati accanitamente da una sciame di quei
grossi uccellacci, dal becco robustissimo, chiamati rompitori d'ossa. Dovevano
avere degli altri nemici sott'acqua, delle dorate o dei
pesci-spada, perché se non sono minacciati, i
pesci-volanti non si abbandonano troppo spesso a quella
ginnastica indiavolata. Un grido di gioia si era alzato fra l'equipaggio a cui
aveva subito risposto una voce:
- A me una canna! Lasciate fare! Li prenderò al volo!
Un marinaio, barbuto e dalla muscolatura potente, era balzato
in piedi fissando lo sguardo sui peschi che si dirigevano verso la zattera.
- Datemi un avanzo qualsiasi dello
sword-fish! - aveva subito aggiunto. - Mi incarico io di
catturarne qualcuno.
- Ci sono ancora delle budella, - aveva risposto un altro
marinaio.
- Presto tagliamone un pezzo.
- Che cosa vuoi fare, John? - chiese il capitano al pescatore
improvvisato. - Vuoi cogliere al volo quei pesci che se non m'inganno, sono
lunghi quasi come te?
- Sì, capitano, e con l'amo, - rispose il marinaio che era un
nordamericano. - Quando ero in California non tornavo mai alla spiaggia senza
rimorchiarmi dietro quattro o cinque di quelle bestie.
- E tu vuoi catturare un pesce che pesa almeno duecento
libbre? Sono dei giganti, quelli!
- Li conosco capitano: aspettate e vi mostrerò come noi
americani peschiamo al volo…Camerati, vi assicuro un'abbondante cena!
Quantunque nessuno avesse molta fiducia nel marinaio che si
proponeva, con una semplice canna, di arrestare di colpo quei volatili di mare,
si erano tutti ritirati verso poppa per lasciarlo libero di eseguire il suo
colpo maestro. Mina, avvertita da suo fratello di quella pesca straordinaria,
si era unita a loro. I pesci-volanti, che erano quattro o
cinquecento per lo meno, continuavano a fuggire, avanzando verso la zattera.
Stretti da vicino dai loro nemici acquatici e perseguitati non meno
accanitamente dai feroci rompitori di ossa che li afferravano al volo,
descrivevano dei fulminei zig-zag, vibrando disperatamente
le loro natatoie, poi si lasciavano cadere a piombo sollevando enormi spruzzi
d'acqua. L'americano, ritto a qualche passo dal margine della zattera, con le
gambe ben allargate, faceva fischiare la sua lunga funicella alla quale era
attaccato un solido amo, imprimendole un rapidissimo movimento circolare.
Aspettava il momento buono per fare il colpo che doveva stupire i naufraghi.
John, vigile, attentissimo, aspettava, senza cessare di far circolare la sua
funicella. Di quando in quando, con un colpo improvviso, la lanciava in alto
per provare l'elasticità delle sue braccia.
A un tratto la sua voce si fece udire:
- Che nessun parli!
Venti o trenta pesci-volanti si erano
bruscamente alzati, mentre sotto di loro apparivano delle lunghe e acutissime
lame nerastre: erano le armi terribili degli sword-fish.
Quei voraci pesci inseguivano accanitamente le prede e quando cadevano, da
bravi spadaccini, le infilzavano senza quasi mai sbagliare il colpo. Lo sword,
la dorata e le sfirene sono i più tremendi nemici dei pesci volanti. Quando ne
incontrano un branco li perseguitano con ferocia e non la smettono finché non
li hanno completamente distrutti. John era pronto. La sua funicella s'innalzò
quasi verticalmente descrivendo poi una rapidissima curva che avvolse
completamente il primo pesce-volante che passava sopra la
zattera. L'amo si era infisso profondamente in un fianco del povero animale,
facendolo precipitare di colpo.
- Impadronitevi di questo! - urlò l'americano, prendendo una
seconda canna. - Lesti! Staccatelo prima, poi issatelo a bordo.
Un altro colpo maestro, più preciso e fulmineo del primo e un
altro dittalottero sprofondò, dibattendosi disordinatamente. Poi un terzo fu
catturato. Gli altri pesci-volanti, pur essendo
perseguitati dai rompitori di ossa, si guardarono bene dal passare sopra il
galleggiante, dove trovavano altri nemici non meno affamati. I tre pesci,
imbrigliati dai colpi maestri dell'americano, si dibattevano con furore,
opponendo una resistenza straordinaria. Ora si lanciavano quasi verticalmente
fuori dall'acqua, roteando su se stessi; ora descrivevano dei bruschi angoli,
cercando di liberarsi degli ami che straziavano le loro carni. La lotta durò
una buona mezz'ora, poi furono tirati a bordo e uccisi a colpi di coltello.
Quella sera i naufraghi ebbero una cena abbondante, se non eccellente, e la
cassa delle provviste si riempì.
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