CAPITOLO
X
Il
tradimento
Il pranzo
dato da lord James, dopo che la caccia fu finita, fu uno dei più splendidi ed
insieme dei più allegri, che fossero mai stati dati nella palazzina. La cucina
inglese e quella malese vi erano magnificamente rappresentate, la prima con
giganteschi beefsteak ed enormi pudding, capaci di produrre una
indigestione allo stesso Gargantua e la seconda con costole di tigre alla salsa
piccante, con teneri bambù simili agli asparagi, con pinne di pesce-cane e con
nidi di rondini salangane all'aceto, che furono a unanimità di voti dichiarate
eccellenti.
Durante tutto
il pranzo il pirata fu il re della tavola come la Perla di Labuan ne fu la
regina. Vi furono elogi pel primo sul suo coraggio, sulla sua abilità senza
esempi, sul suo sangue freddo veramente straordinario, e ve ne furono per la
giovanetta sulla sua rara intrepidezza d'amazzone e sulla sua audacia non
comune in una donna. In questi ultimi elogi si distinse in particolare il
giovane ufficiale di marina, che pareva avere per di più un mondo di attenzioni
forse troppo spinte per la leggiadra lady, attenzioni che spesso chiamavano
sulle labbra del lord un sorriso di mal celata gioia e su quelle di Sandokan un
diabolico e sprezzante sogghigno.
Quando gli
ospiti giunsero allo champagne, i brindisi cominciarono su tutta la
linea. Uno dei cacciatori, pel primo, alzando la tazza nella quale spumeggiava
la trasparente bevanda, bevette alla salute di Sandokan.
- Amici! -
gridò egli con tono enfatico. - Beviamo alla salute di questo valente
cacciatore che io proclamo primo fra i valorosi. Hurrà per Whu-Pulau!
I suoi compagni
fecero eco mentre che il pirata s'inchinava colla maggior disinvoltura. Alzò
alla sua volta la tazza ricolma e guardando fisso la giovanetta seduta a lui di
fronte:
- Signori,
beviamo alla salute della Perla di Labuan che io proclamo la più bella della
Malesia!
Il secondo
brindisi ottenne un effetto dieci volte maggiore del primo, e quel nome risuonò
più volte nella sala, con gran soddisfazione della giovanetta che arrossi tutta
sotto lo sguardo di fuoco del pirata.
- Signori -
disse il lord, - nei vostri brindisi spero che non dimenticherete di bere alla
memoria della povera tigre. Orsù, signori, un brindisi alla tigre di Labuan.
La proposta
fu accettata con iscrosci di risa dall'allegra brigata che non si fece pregare.
Solo Sandokan non alzò la sua tazza. La sua fronte s'abbuiò stranamente.
Il lord
sorpreso notò quell'improvviso cangiamento. Lo urtò col gomito.
- Che diavolo
andate fantasticando, mio prode amico? - diss'egli. - Trovate forse che il mio
brindisi non sia di buon gusto per rimanervene li colla tazza ancor colma? Se
credete che bere alla salute di una tigre morta, porti sventura, berremo alla
salute d'una tigre viva.
- Non è ciò
che mi preoccupa - rispose Sandokan con impercettibile sogghigno. - Credete
voi, milord, che il nome di tigre di Labuan ben si adatti a quella che ho
ucciso?
- Ma
certamente - dissero in coro i cacciatori. - Non era forse delle foreste di
Labuan?
- Infatti,
sin qui avete ragione. Ma a che regione appartiene Labuan?
- Alla
Malesia - rispose il lord che non capiva nulla di quelle strane domande.
- Sicuro,
milord. Ora, fra noi Malesi, quando si ammazza una tigre, non le si dà il nome
del luogo cui appartiene, ma bensì il nome della regione cui la terra
appartiene. La tigre appartiene alla regione malese. Bene, signori, io brindo
alla Tigre della Malesia!
Il pirata,
soffocando uno scroscio di risa che gli montava alle labbra, vuotò la tazza ma
nessuno lo imitò. Tutti guardarono Sandokan stupiti, mentre la giovanetta lo
mirava con una specie di spavento colla tazza mezza vuota fra le mani. Ebbe un
sospetto, ma si dileguò come un lampo.
- Ebbene,
signori - disse il pirata con istrana intonazione che un attento orecchio
avrebbe potuto trovare beffarda, - direte or voi, che il mio brindisi sia di
cattivo gusto?...
- Infatti -
disse il lord, - lo trovo di pessimo gusto. Sapete a chi avete brindato?
- A una
tigre, mi sembra, alla Tigre della Malesia!
- E non
sapete, che questo è il nome di un uom fatale, al quale ogni buon Inglese deve
la sua parte di odio e di disprezzo, e pur voi la vostra? La Tigre della
Malesia, è il nome del pirata di Mompracem!
- Ah!
Quell'uomo formidabile, il padrone di questi mari, colui che fa tremare Borneo
e Labuan, colui che m'ha cacciato una palla nel petto, si chiama la Tigre della
Malesia! - esclamò Sandokan che assaporava la forza di quelle parole come la
tigre assapora il sangue. - Ecco un brindisi ben strano, milord!
- Mille volte
strano - disse l'ufficiale di marina che lo guardava fisso come cercasse di
rammentarsi il luogo ove aveva o gli era parso di aver veduto quell'ardita
figura. - Ma vi dirò, signore, che correte troppo; credo che invece di aver
brindato alla Tigre della Malesia viva, abbiate brindato alla Tigre della
Malesia morta.
- E che? Il
terribile pirata, sarebbe adunque morto? - chiesero in coro i cacciatori.
- Vi ha da
sperarlo - rispose flemmaticamente l'ufficiale. - Non avete udito parlare del
combattimento avvenuto tre settimane fa, durante il quale le sorti della nostra
nave furono sospese a un filo? I due prahos pirateschi, che ci
abbordarono, si crede che fossero guidati dalla Tigre in persona.
- Ebbene? E
così?
- Noi li
abbiamo battuti, li abbiamo affondati quei legni, e non uno degli uomini che li
montavano poté sfuggire al fuoco dei nostri cannoni, o se lo poté, in sì
cattivo stato da non poter essere capace di guadagnare la costa. Se la Tigre
era con essi, fu uccisa.
Sandokan,
mentre l'ufficiale parlava, erasi bruscamente alzato. I suoi occhi balenavano
come nei giorni di battaglia e le sue mani fremevano come stringessero ancora
la scimitarra o il terribile kriss cento e cento volte tinto nel sangue
del nemico. Egli si mise a ridere, d'un riso strano, satanico, beffardo.
- Voi avete parlato di due prahos pirateschi, non è
vero? - chiese egli. - Quando io navigava verso Varauni, in vista di queste
coste3 li vidi entrambi. Potevano avere a bordo una quarantina
d'uomini, una quarantina di pirati della più terribile razza che mi
massacrarono l'equipaggio e mi allogarono una palla nel petto. Ero laggiù,
sotto le foreste ferito, quando attaccarono la vostra nave.
- Ah! voi
eravate là! - esclamò l'ufficiale con mal celata ira e guardandolo con
diffidenza. - Avete assistito alla loro spaventevole rotta.
- Sì - rispose
Sandokan beffardamente. - E confesso che se furono battuti, si batterono come
tanti eroi.
L'ufficiale
aggrottò la fronte e si morse le labbra. Stette un momento muto, poi volgendosi
bruscamente verso il pirata che si era così storditamente cacciato in una via
irta di spine:
- Quando
siete stato ferito? - gli chiese.
- Il 24
aprile; il 27 sono arrivato delirando all'abitazione del lord.
- A quale
distanza dalle coste di Labuan avvenne il combattimento fra voi e i pirati?
Sandokan non
rispose; guardò fisso l'ufficiale. I loro sguardi s'incontrarono entrambi
scintillanti, entrambi provocanti, entrambi diffidenti.
- Credo che
mi sottoponiate ad un interrogatorio - diss'egli alfine.
- Oibò! -
esclamò l'ufficiale cercando di dare un tono meno altero alla sua voce, - è una
domanda che vi dispensa, se volete, dal rispondere. Mi meraviglio soltanto,
come quelli della costa non abbiano udito il cannoneggiamento.
- Eravamo
assai lontani da Labuan e il vento soffiava dall'est. Credo bene, colla mia
palla nel corpo di aver fatto nuotando una dozzina di miglia.
- Del resto,
che importano questi particolari - disse vivamente lord James. - Vinti o
vincitori, i pirati non avranno lunga vita nel loro dannato covo, e non daranno
molto da fare alla nostra nascente colonia che s'allarga ogni dì a dispetto di
tutti i loro prahos e del loro capo. Guardate, amici, un brindisi per
Labuan.
- Alla
prosperità di Labuan! - risposero in coro i cacciatori alzando i bicchieri e
vuotandoli in una volta.
- Alla
prosperità di Mompracem! - rispose Sandokan rovesciando il suo sulla tavola.
- Oh! Oh!
Mompracem! - esclamò il lord mentre l'ufficiale diventava pallido come un
cadavere.
- E che?
Avete dimenticato adunque, milord, i nostri progetti? - disse Sandokan ridendo.
- Orsù, quando un'isola deve scomparire coi suoi abitanti merita bene un
brindisi. Beviamo!
- Beviamo,
allora beviamo! - risposero i cacciatori. - Un mese di vita per essa e poi la
morte.
- La morte -
ripeté Sandokan, e come essi vuotò sino all'ultima goccia il bianco liquore.
L'ora erasi
fatta tarda. L'isola, dove le foreste presentavano ancora i medesimi pericoli
come prima che venisse occupata, sia da parte delle tigri ancor numerose, sia
da parte degli indigeni non troppo contenti dei nuovi padroni, percorrerla a
ora troppo inoltrata non era prudente. Fu quindi da parte dei cacciatori che
abitavano abbastanza lontano dato il segnale della partenza dopo i soliti
ringraziamenti e le solite strette di mano, dove non andò esente Sandokan
quantunque fremesse all'idea di stringere le dita alle giacche rosse. Alle
dieci scendevano le scale dirigendosi verso i cavalli di già sellati che
scalpitavano con impazienza. Il lord, la giovanetta e il pirata li
accompagnavano.
- Signori -
disse il lord, - io spero di vedervi fra breve per una nuova partita di caccia.
Il mio amico che oggi ha dato saggio della sua portentosa valentìa nella caccia
della tigre non mancherà di darne un secondo nella caccia del babirussa. Chi sa
che voi, William, non siate più fortunato.
- Lo sarò -
rispose il giovane ufficiale con voce sorda. - Ora avrei da farvi una
preghiera.
- Parlate. Si
tratta forse di intraprendere qualche caccia nei vostri domini?
- Non è ciò,
milord. Se lo potete domani cercate di venir da me, si tratta di Labuan.
- Vi sarò - e
il gentiluomo fece un passo indietro come per congedare i cavalieri, i quali
partivano al galoppo.
Sandokan
stette lì a guardare colui che portava il nome di William con ira mal repressa
e si sentiva mordere, suo malgrado, il cuore da un lampo di gelosia.
Augurata la buona
notte, dopo di aver stretto la mano della giovanetta che la sentì tremare nella
sua, il pirata cupo e meditabondo si ritirò nella sua stanza. Egli si arrestò
come altre volte dinanzi ai vetri delle fenestre colle braccia incrociate come
solea fare quando qualche pensiero oscuro attraversava la sua mente, e gli
occhi fissi sugli alberi del parco lievemente scossi dalla brezza notturna.
Il pirata era
valoroso quanto perspicace. Trascinato dalla sua usuale temerità, nata da un
gran disprezzo che aveva per quegli uomini che egli chiamava derisoriamente giacche
rosse, aveva compreso che erasi gettato troppo storditamente in una via
mille volte pericolosa, aveva compreso che aveva voluto troppo deridersi di
essi facendoli brindare alla Tigre della Malesia e a Mompracem.
Lord James,
che aveva viva affezione per lui, non poteva aver nutrito alcun sospetto sulla
sua personalità, quantunque la sua comparsa su quelle terre e la ferita
avessero dei punti che si legavano un po' troppo chiaramente colla spedizione
dei pirati e ancor più chiaramente colla disfatta subita dai prahos. Gli
altri, i coloni, se avevano avuto qualche sospetto, potevano averlo bandito in
gran parte, se non del tutto, essendo inammissibile che un lupo di mare come
era il lord si fosse lasciato ingannare così grossolanamente; ma il giovane
ufficiale di marina che aveva per di più un forte motivo per svelare il pirata,
attinto nella rivalità e nella gelosia, poteva andare sino al fondo delle cose
e improvvisamente smascherarlo.
Il pirata si
era dato troppo a conoscere e in maniera da suscitare forti sospetti a un
sagace. Quei brindisi, quelle parole la cui ironia, benché finemente nascosta,
non poteva essere a tutti sfuggita, lo avevano gettato in un passo imbrogliato,
in un passo che poteva chiamarsi più che pericolosissimo.
- Ho parlato troppo - mormorò il pirata
abbandonando la fenestra. - Mi sono troppo beffato del nemico, ma non ho paura,
sono sempre la Tigre della Malesia. Se uscirò da questo ginepraio senza malanni,
avrò ben da ridere a Mompracem, quando racconterò ai miei tigrotti che degli
Inglesi hanno brindato alla loro prosperità.
Si gettò
vestito sul letto, non senza essersi prima assicurato che il suo fedele kriss,
appena tinto nel sangue della tigre di Labuan, era a portata della sua mano e
s'addormentò sognando.
Si svegliò
che il sole, facendo capolino fra il fogliame dei grandi alberi, penetrava
nella stanza attraverso i vetri.
Sorseggiò una
gran tazza di the portatogli da un indigeno e scese nel parco dove trovò
il lord che stava per salire a cavallo onde trovarsi per tempo all'appuntamento
dell'ufficiale. Il pirata lo guardò attentamente in volto come volesse
leggergli negli occhi. Il volto del lord era calmo come il solito.
- Siete
mattiniero, mio giovane amico! - domandò il lord salutandolo spigliatamente.
- Infatti,
milord, il dormire non è fatto per gli uomini di guerra. E che? A cavallo sì
presto!
- Ecco, ciò
che mi annoia è che per mia disgrazia dovrò lasciarvi solo. Ma non perdete
tempo e cercate se è possibile di scovare qualche bel babirussa nei boschi o di
abbattere qualche dozzina di tucani che non mancano nel fondo del parco. Mia
nepote dopo il mezzodì verrà pur essa a cacciare e sarà orgogliosa di cacciare
a fianco di un Malese, che spedisce così freddamente le tigri all'inferno.
- E dal canto
mio sarò felice di avere una sì graziosa compagna - disse Sandokan che fremette
di gioia al pensare di trovarsi assieme a lei. - Non perderà il tempo
inutilmente con me, e se la fortuna mi sorriderà, mi terrò obbligato a
regalarle una seconda pelle di tigre.
- Non
fidatevi troppo, amico mio - disse il lord. - Voi siete troppo impetuoso, vi
gettate troppo perdutamente fra le unghie della tigre che potrebbe dilaniarvi.
Non abbiate fretta; i boschi sono ancora là a dar rifugio alle terribili belve,
i miei amici hanno sempre dei moschetti pronti e della buona volontà per
venirmi a trovare; fra non molto imprenderemo una seconda caccia contro
un'altra tigre.
- E non
pensate voi, milord, che il tempo vola? - disse Sandokan.
- E che
monta? Siamo ancor giovani, e le tigri sono sempre là ad aspettarci.
- Non è ciò
che io dico. Avete dimenticato che un dì o l'altro bisognerà partire?
- E che,
avete forse fretta d'abbandonarmi? Il vostro paese è in pace, per cui non
richiede il vostro braccio, i pirati di Mompracem sono annidati e non hanno
voglia di abbandonare i loro dannati covi: casa mia è casa vostra. Rimanete
finché non vi dispiace; quando la noia ci prenderà entrambi, allora ci
metteremo in mare, e allora ricomincieremo la vera vita che cerchiamo entrambi.
- Sarebbe
ridicolo da parte mia se rifiutassi una tale offerta o se insistessi ancora.
Sono vostro ospite, milord, e sarà dovere da parte mia di contraccambiarvi
quando approderete alle mie terre.
- Ora che ci
siamo compresi, arrivederci, amico mio. Questa sera, del resto, io sarò di
ritorno.
- Buon
viaggio, milord - rispose Sandokan.
L'Inglese
spronò il cavallo e uscì dal parco prendendo un sentiero che conduceva a
Vittoria. Il pirata lo seguì collo sguardo fino a che scomparve dietro gli
alberi e quando si rivolse una profonda ruga segnava la sua fronte. Egli porse
orecchio al galoppo del cavallo che andava allontanandosi, col cuore oppresso e
in preda a una viva inquietudine.
- È partito -
mormorò egli e il pirata per la prima volta in vita sua sospirò per
quell'Inglese che lo aveva curato colla sollecitudine di un padre, che l'aveva
ospitato in casa sua senza conoscerlo, che lo aveva forse amato e più di tutto
che lo aveva tratto sulla via di Marianna.
Egli si mise
a percorrere il parco con passo agitato, incerto, passandosi spesso la mano
sulla fronte come volesse scacciare un nero pensiero, e finì col sedersi sul
medesimo tronco d'albero atterrato dove aveva veduto seduta la giovanetta,
mormorando con un tono di voce che aveva perduta la beffarda intonazione della
Tigre:
- Via!... Se
lo avessi a trovare dinanzi a me colle armi in pugno, da fiero nemico, lo
risparmierò!...
Il suo
sguardo acceso da una cupa fiamma si rasserenò. Le sue mani presero involontariamente
la mandola di Marianna; nel toccare le corde, si sentì come elettrizzare.
- Era qua,
nel medesimo luogo ove io mi trovo, bella, divina, quel giorno che io
stoltamente meditavo la fuga!... Mi sembra ancora un sogno di amarla, io, che
ignorai sempre che fosse libare nella tazza dell'amore per libare nella tazza
colma di sangue umano!... Chi, chi avrebbe detto, che la terribile Tigre della
Malesia un dì avesse ad amare?
«E l'amo, e
l'amo, e l'amo!... Vi ha del fuoco nelle mie vene, del fuoco nel mio cuore, del
fuoco nel mio cervello, del fuoco nelle mie ossa!... Sono tutto fuoco, che la
passione sempre più attizza, man mano che il mio amore per quell'essere divino
ingigantisce.
«E l'amo, e
l'amo, e l'amo, come giammai uomo alcuno amò, e tanto che per lei mi farei
Inglese, che per lei mi farei schiavo, che per lei abbandonerei la burrascosa
vita dell'avventuriere per la quale ho sacrificato un terzo della mia vita, che
per lei sarei capace di maledire questo mare, che considero come sangue delle
mie vene!... Il terribile pirata, la Tigre della Malesia, sarebbe capace di
scomparire colla sua potenza a un sol cenno di lei, tanto è grande l'amore che
nutro per la Perla di Labuan.
Egli chinò la
fronte sulle mani e stette lì meditando. D'un tratto si rizzò fremente, coi
pugni convulsamente stretti, gli occhi stravolti.
- E se
rifiutasse il pirata!... - esclamò egli con voce che sibilava fra i denti. -
Oh! non è possibile! Non è possibile! Se lei avrà orrore del baratro, nel fondo
del quale urlano cento vittime, lo colmerò. Se avrà orrore del fiume di sangue
umano che mi circonda, lo berrò tutto!... Dovessi vincere Borneo intera per
darle un regno, dovessi immolare altre cento vittime, dovessi dar fuoco a
Labuan e calpestare il cadavere del lord... sarà mia, mia, mia!
Il pirata si
era messo a camminare, col volto trucemente sconvolto, le labbra semi-aperte
come assaporasse di già il sangue delle nuove vittime che si proponeva immolare
per far felice e potente colei che amava. Percorse il parco in tutta la sua
lunghezza, tutto concentrato in tenebrose idee e finì col sedersi ancora sul
tronco atterrato presso la mandola.
Non vi rimase
che dieci secondi. Una voce a lui ben nota, che sapeva trovare la via del cuore
anche attraverso le tempeste che la circondavano, lo fece balzare in piedi.
Egli
indietreggiò fino al tronco di un albero barcollando come ubbriaco, pallido,
tremante. In trent'anni il pirata non aveva provato emozione simile. La
giovanetta, abbigliata da cacciatrice, coi capelli sciolti, lo sguardo animato,
le guancie soffuse di un colorito roseo, moveva verso di lui seguita da un
indigeno armato sino ai denti.
- Ah! mio
prode amico - diss'ella sorridendo leggiadramente. - La poesia dei fiori
sarebbe forse attraente anche per un guerriero del vostro stampo?
- Milady, la
poesia è il fiore dei forti - rispose il pirata rimettendosi prontamente e
portando galantemente alle labbra la mano che la giovanetta gli tendeva. - A
quale fortuna questa visita?
La giovanetta
trasalì; una vampa le salì in volto e guardò commossa il pirata, dopo di aver
gettato un'occhiata sospettosa all'intorno. Accostò il dito alle labbra come
per intimargli il silenzio.
- Venite -
disse con un filo di voce.
Afferrò per
una mano il pirata, che si lasciò condurre dove ella volle, come un fanciullo.
La giovanetta
lo condusse in un piccolo chiosco chinese semi-nascosto fra un boschetto
d'aranci e contornato da graticci di bambù.
Ella si
lasciò cadere su di un divano di raso rosso facendo cenno al pirata di
sedersele accanto. L'indigeno restò di guardia al di fuori colla carabina
montata.
Era tanto
bella così, coi capelli profumati sciolti sulle spalle, pallida per l'emozione,
cogli occhi che brillavano di uno strano fulgore, che il pirata ne fu
affascinato.
- Ascoltate -
disse la giovanetta, facendo uno sforzo. - Ieri sera vi ho udito... avete
lasciato uscire dalle vostre labbra delle parole... delle strane parole, che mi
colpirono sinistramente, dolorosamente... Amico mio, m'è balenato nel cuore un
sospetto... Oh! strappatemi questo terribile sospetto! Ditemi, mio prode amico:
se la giovanetta che nei momenti di dolore vi ha alleviato le vostre pene, se
colei che voi diceste d'amare, vi chiedesse una confessione, la fareste voi?
Il pirata,
che mentre la giovanetta parlava erasi avvicinato tanto che il profumato
respiro di lei accarezzava come alito profumato l'abbronzato suo volto,
nell'udire le ultime parole, si ritrasse vivamente indietro. I suoi lineamenti
si scomposero trucemente. Parve che vacillasse sotto un improvviso colpo.
- Milady! -
disse d'un tratto dopo alcuni momenti di perplessità, afferrando
appassionatamente le mani di lei. - Milady! Per voi tutto mi sarebbe possibile.
Parlate: se vorrete un regno andrò a rovesciare un re per darvelo, se ho da
vendicarvi andrò a mettere a ferro e a fuoco la terra che voi mi designerete e
ne scannerò gli abitanti, se dovrò farvi una rivelazione, per quanto sia essa
terribile, io, la Tigre, la farò!...
Marianna alzò
gli occhi su di lui. I loro sguardi egualmente espressivi, quello del pirata
scintillante che mandava bagliori sinistri, e quello della giovanetta lagrimoso
e supplichevole s'incontrarono. Si guardarono per alcuni istanti in silenzio,
entrambi in preda ad una viva emozione e ad un'ansietà che per loro era nuova.
Marianna per
la prima ruppe quell'incanto, che poteva pur chiamarsi fascino.
- Non
ingannatemi, mio prode amico - diss'ella con voce soffocata. - Qualunque voi
siate, l'amore che mi nacque per voi non si spegnerà. Re o bandito, vi amerò
egualmente!
Un profondo
sospiro che parve un sordo ruggito uscì dalle labbra del pirata. Egli cadde
alle ginocchia della Perla di Labuan.
- Ah! -
esclamò, con voce tremula. - Quanto sei generosa, adorata Marianna! È il mio
nome adunque, il mio vero nome che vuoi sapere, creatura celeste? Bene, amor
mio, se ti ho ingannato ieri non t'ingannerò più mai.
- Sì, amico
mio, il tuo nome, il tuo nome!
Sandokan si
passò a più riprese la nervosa mano sulla fronte madida di sudore. Le vene del
collo gli si gonfiarono prodigiosamente come sotto uno sforzo violento.
- Odimi,
Marianna, - diss'egli, con selvaggio tono, - vi ha un uomo che impera su questi
mari che egli chiama suoi, vi ha un uomo che è il flagello di queste coste, un
uomo che fa tremare tutti gli abitanti di queste isole, un uomo che seco trasse
centinaia e centinaia di vittime, che tinse più di cento volte il suo ferro nel
sangue, vi ha un uomo in questi mari, il cui nome suona come una campana
funebre!... Marianna, hai tu mai udito parlare della terribile Tigre della
Malesia? Guardami in volto, guardami Marianna. Io sono la Tigre!...
La giovanetta
mandò involontariamente un grido d'orrore e si coperse il volto colle mani. Un
ruggito eruppe dalle frementi labbra del pirata. Egli tese le mani supplicanti
verso di lei.
- Marianna! -
esclamò egli con voce strozzata. - Non respingermi, non maledirmi, non
ispaventarti. Fu la fatalità che mi trascinò a diventare pirata, fu la fatalità
che mi pose questo terribile nome di Tigre della Malesia, come fu la fatalità
che mi fece diventare sì tremendo, si feroce. Gli uomini furono inesorabili con
me, che nulla aveva a loro fatto spingendomi mio malgrado a scegliere questa
carriera piena di sangue e di vittime. Sì, fui assassino, fui senza pietà, fui
sanguinario, odiai e odiai come giammai creatura umana odiò; ma gli uomini del
mio cuore ne avevano fatto un vaso ricolmo di fiele e di vendetta che voleva
uno sfogo. Era ricco, era potente, aveva un regno, aveva sudditi, e loro tutto
mi tolsero, e avvelenarono le mie più care felicità. Non aveva io forse diritto
di vendicarmi di questi uomini che furono con me senza pietà? Qual delitto
commetto io? Forse quello di comprendere nelle mie rappresaglie tutti gli
uomini indistintamente?
«E non sono
pure inesorabili anche gli altri? Non mi danno la caccia su tutti i mari, come
se io fossi una belva feroce, perché io mi vendico contro coloro che mi morsero
il cuore? Non cercano tutti i mezzi possibili per annientare questa mia potenza
che mi son fatta col mio coraggio? Marianna! Marianna! dillo tu, se io non
aveva il diritto di vendicarmi di questi uomini. Dillo tu, dillo!...
- Sì! Sì! -
esclamò con voce soffocata la giovanetta, che sentì allora di amarlo più che
mai.
- Ah! tu
confessi adunque che io non sono un assassino, che io non sono un miserabile.
Tu confessi adunque che la Tigre della Malesia è degna d'amarti? Dimmi colle
tue labbra divine che tu mi ami e io, la terribile Tigre, divento tuo schiavo!
- Sì,
Sandokan. Ti amo! Ti amo e più oggi che ieri!
Il pirata l'attirò
a sé e la circondò colle braccia tremanti. Un lampo di sconfinata gioia
illuminava il suo truce volto, e le labbra, quelle labbra da tigre che avevano
bevuto sangue umano, si apersero ad un sorriso di indefinibile felicità.
- Mia, tu
sarai mia adunque! - esclamò egli con voce appassionata, ardente,
accarezzevole. - Tu sarai della Tigre della Malesia, del pirata! Parla ora,
Marianna, parla che io sono tutto tuo. Vorrai essere regina? Non avrai che a
parlare e io diverrò tanto forte da farmi re per darti una corona e un regno.
Vorrai essere ricca, la più ricca del mondo? Non avrai che da aprire le labbra
e io andrò a saccheggiare l'India per coprirti di diamanti, di oro e di perle.
Vuoi, perché abbi ad amarmi senza paura, che io mi faccia Inglese? Io, che odio
tremendamente i tuoi compatrioti, mi farò Inglese. Vuoi che io abbandoni la mia
sinistra carriera e il pirata scompaia dal mondo? Andrò a incendiare i miei prahos
perché non abbiano più a corseggiare; andrò a inchiodare i miei cannoni perché
non abbiano più a ruggire; andrò a struggere il mio covo sulla mia amata
Mompracem e tradirò i miei compagni, il mio stesso fratello Yanez e il pirata,
la Tigre si eclisserà, morrà. Dimmi ciò che vuoi, chiedimi l'impossibile e io
lo farò. Per te, mi sentirei capace di sollevare l'intero mondo e di
precipitarlo attraverso gli spazi del cielo!...
La giovanetta
si chinò verso di lui sorridendo, cingendo con le bianche manine la sua testa.
- No, Sandokan
- diss'ella commossa. - No, mia valorosa Tigre. Non ti chiedo che di amarti e
di concedermi un lembo di terra lontana da questi luoghi che per entrambi sono
irti di pericoli, un lembo di terra dove possiamo amarci senza paure.
- Sì! Sì! -
esclamò il pirata delirante. - Sì, se tu vorrai, io ti porterò lontano lontano
da questi luoghi che ridestano in entrambi dolorosi ricordi, tanto lontano che
ogni pericolo per me scompaia, tanto lontano da non udirne parlare più mai, né
della mia Mompracem, né della tua Labuan. Ti porterò su una di quelle isole
solitarie, in uno di quegli eden che tu vai sognando, dove noi potremo andare
assieme e danzare sulle onde del mare fra le brezze del levante, unico mio
ricordo, e dove potremo andar a danzare sotto le foreste poetiche, tua unica
rimembranza di Labuan. Parla, dillo, e io ti porterò lontano da questi luoghi e
da questi popoli, dove dimenticati, ma felici, potranno vivere assieme, come
due colombi innamorati, il terribile pirata che si è lasciato dietro torrenti
di sangue e la gentile Perla di Labuan, dove una lagrima saranno i nostri
dolori, un sospiro i nostri ricordi, un bacio le nostre gioie! Oh! dillo
Marianna, che tu verrai!...
- Sì, mio
valoroso Sandokan, io verrò, io verrò!... Senti ora, senti amico mio. Ti
sovrasta un pericolo, ti sovrasta una scure. È orribile, ma i miei compatrioti
hanno sete del tuo sangue e ti tendono un agguato.
Il pirata
indietreggiò bruscamente guardando con due occhi spaventati la giovanetta.
-
Marianna!... Marianna!... - gridò egli.
- Sandokan -
continuò Marianna con maggior emozione. - Se io ti chiedessi un sacrificio, se
io ti pregassi per compierlo, lo faresti tu?
- Tu mi fai
paura, Marianna! Dimmi ciò che vuoi, e per quanto questo sacrificio sia
terribile, te lo giuro, io lo compirò.
- Sandokan,
ti si tende un agguato, ti si prepara un tradimento. Io tremo per te, io ho
paura. Parti, mio prode amico, parti... Io lo voglio.
- Partire?
Partire? - esclamò Sandokan con disperato accento. - Ma io non ho paura! Sono
la Tigre!
- Sandokan,
ti prego, parti finché ne hai il tempo. Mi pare di vedere i miei compatrioti
correre per le foreste anelanti del tuo sangue. Ah! Sandokan, bisogna che tu
parta, che tu ritorni alla tua isola. Ho dei sinistri presentimenti.
Per tutta
risposta Sandokan si precipitò su di lei e la sollevò. La sua faccia poco prima
commossa aveva preso una truce espressione; i suoi occhi balenavano, le sue
tempie si gonfiavano e le labbra lasciavano vedere i denti.
- Quanto sei
bella!... Quanto sei bella!.,.. - esclamò egli con istrana voce. - Marianna! tu
mi metti il fuoco nelle vene.
Le sue avide
mani parvero volessero lacerare i tessuti. Poi dette indietro come spaventato.
- No, No! -
ripeté egli con voce strozzata. - Rimango! Rimango!... Rimango!...
Egli stette
lì per alcuni istanti a mirarla col volto maggiormente cupo, poi facendo un
improvviso voltafaccia, preso chi sa da quale bizzarria, si mise a fuggire pel
parco febbricitante, e scagliossi nella foresta ruggendo come la tigre di cui
portava il nome, varcando ruscelli, alberi atterrati e cespugli quasi da
credere che fosse diventato pazzo.
Il pirata non
si arrestò che alla riva del mare ancora colla febbre indosso, senza sapere
come si trovasse là, poi ritornò indietro attraversando ancora la foresta,
smarrendosi dieci volte di seguito, perdendo mezza giornata nell'uscirne e
ritornò alla villa al cader del giorno. Egli domandò del lord.
- Non è
arrivato - rispose uno degli indigeni, che ebbe paura di quell'uomo che pareva
proprio pazzo.
- Bene, lo
aspetterò.
Salì nel
salotto senza prendere nulla. La giovanetta era là, inginocchiata dinanzi a una
immagine colle mani congiunte. Il pirata vide due lagrime, due perle, solcare a
lei le guancie e sentì il cuore sanguinargli.
- Marianna! -
esclamò egli. - È forse perché io sono un pirata che tu piangi?...
- Tu qui? -
gridò la giovanetta. - Sandokan, parti... ho paura... ritorna a Mompracem,
ritorna!
- Paura? La
Tigre della Malesia è qui: non piangere Marianna, non mi avranno.
In
quell'istante si udì il galoppo di un cavallo, che si avanzava nel parco.
Sandokan, senza sapere il perché, trasalì e portò la mano al kriss. La
giovanetta si alzò con ispavento.
- Eccoli!
Sono essi! Fuggi Sandokan... fuggi!
- Io! Io!...
La voce del lord
risuonò sulle scale. Sandokan fiero, ma calmo, gli mosse incontro.
Lord James
entrò, ma non era più lo stesso uomo partito alla mattina. Le rughe della sua
fronte erano più profonde che mai, lo sguardo torvo, e vestiva la divisa di
capitano di marina. Egli respinse con un gesto sdegnoso la mano che gli porgeva
il pirata.
Sandokan
impallidì e sentì il sangue affluirgli al viso. La giovanetta gettò un grido di
spavento.
- Se io fossi
stato un uomo come voi - gli disse il lord con accento freddo e sprezzante, -
anziché domandare ospitalità a un nemico mi sarei lasciato morire nel fondo di
una foresta. Ritirate quella mano lorda del sangue di cento vittime e gettate
quel pugnale che vi disonora!
- Signore! -
esclamò Sandokan, che capiva ormai di essere stato scoperto e che si
apparecchiava a vendere caramente la vita. - Non toccatemi; la Tigre della
Malesia potrebbe mordere la mano che l'ha guarita.
- Non un
accento di più in mia presenza. Andate! - e il lord gli additò la porta.
Il pirata
gettò uno sguardo sulla giovanetta inginocchiata dinanzi all'immagine, in preda
allo spavento, semi-svenuta. Fe' atto di precipitarvisi sopra, ma si frenò,
ammutolì, e a lenti passi col portamento di un rajah, colla mano dritta
sull'impugnatura del kriss e la testa alta, si diresse verso la porta,
discese le scale, e soffocando i battiti del cuore giunse al parco. Allora
gettò un vero ruggito e impugnò il kriss la cui lama scintillò ai raggi
della luna.
A duecento
passi lontano, dinanzi alle palizzate del parco si estendeva una linea di
soldati pronti a piombare su di lui al primo squillo di tromba. Egli si arrestò
sull'ultimo gradino.
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