CAPITOLO
XI
La
caccia al pirata
Se fosse
stato in altri tempi, a quei tempi dove libero d'ogni legame si chiamava la
Tigre della Malesia, il pirata, quantunque male armato e di fronte ad un nemico
cento volte più numeroso, non avrebbe esitato un sol istante a gettarsi sulle
punte delle baionette e aprirsi una strada in mezzo alle palle.
Ma ora aveva
una giovanetta che lo aspettava ansante, ma ora la sua vita era impegnata, ora
amava, ora non era più libero e non si poteva sforzare il passo irto di
pericoli colla sicurezza di uscirne vittorioso. Vinto e prigioniero sarebbe
stato per lui la morte ignominiosa sulla forca degli assassini e forse la morte
di lei.
Ma non si
smarrì. Per quanto i pericoli fossero giganteschi egli era l'uomo che non aveva
paura. Tradito slealmente dal lord, che dopo averlo cacciato dalla sua casa lo
gettava fra le braccia dei sanguinari Britanni che anelavano di vedere il suo
sangue, non gli restava che di battere in ritirata e giuocare d'astuzia. La
giovanetta lo avrebbe aiutato.
Non poteva
ancora essere stato scorto dai soldati appostati lungo le palizzate del parco
dietro gli alberi e i cespugli. Egli risalì le scale col kriss in mano
ed entrò nel salotto dove il lord, poco prima, gli aveva additato la porta.
L'Inglese era
ancora là dove l'aveva lasciato, colle braccia incrociate, e un sorriso freddo,
sdegnoso sulle labbra. Solo la giovanetta era scomparsa.
- Milord! -
disse Sandokan con voce rauca. - Se io vi avessi ospitato, se vi avessi onorato
della mia amicizia, e poi conosciuto per un figlio delle giacche rosse, vi
avrei additato la porta, ma non tradito. Laggiù, imboscati sulla medesima via
dove io passerò, vi sono degli uomini. Non attendono che un segnale per
gettarsi sulla Tigre disarmata.
«Vergogna;
cento codardi guidati da un uomo sleale contro un solo pirata!
- Signore! -
esclamò il lord rialzando fieramente il capo. - Non disonorate più oltre la mia
casa colla vostra presenza. Voi che mi chiamate sleale, voi, che chiamate
codardi degli uomini che hanno sfidato il fuoco in venti battaglie, siete un
miserabile! Siete un assassino, perché assassinate vigliaccamente la gente
inoffensiva, siete un ladro perché derubate onesti trafficanti, siete un
codardo perché indietreggiate dinanzi a una baionetta.
La Tigre
della Malesia a quei sanguinari insulti si scagliò sul lord, fremente d'ira,
cogli occhi iniettati di sangue, col kriss alzato. Egli si mise a
sogghignare atrocemente.
- Voi avete
mentito! - gli urlò agli orecchi. - La Tigre mai saccheggiò pel solo capriccio
di saccheggiare, mai assassinò gente inoffensiva, mai bevette il sangue di un
uomo che non fu suo nemico. Mille voci si alzeranno in ogni tempo a difendermi:
le voci delle donne che io sbarcai libere sulle coste senza aver torto capello,
le voci di quei marinai che io lasciai sfuggirmi di mano perché non tanto forti
da pugnare con me, le voci di coloro che mi videro in cento pugne primo
all'attacco e ultimo nella ritirata. Ritirate quegli insulti, ritirate quelle
parole, milord. Sarei capace di dimenticarmi di ciò che vi dissi un giorno
quando mi curaste. Sarei capace di mordere la mano che mi guarì!
- Tacete!
Uscite da questa casa, uscite vi dico - gridò il lord, che perdeva la flemma
britannica.
- Per
gettarmi sulle punte delle baionette, non è vero, milord? - disse Sandokan
beffardamente.
- Ma che
pretendete adunque da me?
- Che
facciate indietreggiare quei soldati e che si lasci libero il passo alla Tigre
della Malesia. Non rifiutatelo: sarei capace di barricarmi in questa villa che
voi dite che io disonoro, e darle fuoco e bruciarla con me anziché arrendermi.
Guardatevi, milord, guardatevi. La Tigre ha sete di sangue umano.
- A noi due
adunque, Tigre della Malesia - urlò il lord, - a noi due; uno o l'altro dovrà
morire.
Il lord aveva
tratto la sciabola. Il pirata impugnò il kriss. I due nemici, terribili nemici,
colle armi in pugno si guardarono fieramente provocandosi collo sguardo.
- Lo sapeva
io, che lo sleale gentiluomo, dopo avermi tradito, mi avrebbe assassinato -
sogghignò Sandokan facendo un salto indietro. - Orsù, milord, i momenti sono preziosi.
Fate ritirare i vostri uomini.
Per tutta
risposta l'Inglese fece una brusca mossa e si portò dinanzi alla porta
sbarrandola colla sciabola, poi strappando da un chiodo un corno da caccia,
mandò una nota prolungata.
- Ah!
traditore! - esclamò Sandokan, che sentì il sangue ribollirgli per l'ira.
- È tempo,
sciagurato, che la Tigre cada nelle nostre mani. Fra due minuti i miei uomini
saranno qui, fra cinque daranno l'assalto, fra ventiquattr'ore il pirata sarà
morto.
Sandokan
mandò un sordo ruggito. Con un salto felino s'impadronì di una pesante
seggiola, la sollevò sopra il suo capo e si slanciò sulla tavola. Faceva paura.
In
quell'istante si udì al di fuori lo squillo di una tromba seguita subito da un
grido straziante.
- Sandokan!
Sandokan! - gridava una voce, che il pirata riconobbe in quella di Marianna.
- Sangue!...
Sangue!... - urlò egli, e scaraventò la seggiola contro il lord
precipitandovisi dietro.
Arrivò un
secondo dopo, nel momento che il lord stordito dall'urto stava per abbandonare
la posizione ritirandosi nel corridoio. Egli vi cozzò col capo e con tal
violenza da rovesciarlo di colpo al suolo. La Tigre della Malesia alzò il kriss
su di lui, sogghignando.
- Uccidimi,
assassino! - gli disse freddamente il lord.
-
Rammentatevi ciò che vi dissi alcuni giorni fa - disse il pirata, abbassando
l'arma.
Gli strappò
la sciabola, l'impugnò, cacciossi il kriss fra le labbra, e, senza
aggiungere parola, slanciossi nel corridoio sbarrando la porta dietro di sé.
-
Marianna!... Marianna!... - esclamò egli movendo verso la stanza della
giovanetta.
- Sandokan!
Sandokan! - gridò ella precipitandosi fra le sue braccia.
Il pirata
gettò un urlo da tigre ferita e la strinse furiosamente al petto.
- Fuggi,
Sandokan!... Ho veduto i soldati!...
- Li ho
veduti, amor mio. Ma non avranno viva, no, la Tigre della Malesia.
Egli la
trasse verso la fenestra, e la contemplò un istante al chiaro di luna,
delirante, fuori di sé, ebbro d'amore.
- Sandokan,
abbi pietà di me, fuggi! Ho veduto le punte delle baionette! - esclamò ella.
-
Marianna!... Marianna, sarai mia non è vero? Sempre mia, del pirata, della
Tigre?...
- Tua, sempre
tua, Sandokan - mormorò la fanciulla, che si sentiva venir meno.
Il pirata
accostò le sue labbra a quelle di lei, poi rizzandosi con un lampo d'orgoglio:
- Ora a me,
cani d'Inglesi! Io mi batto per lei!...
Baciò
un'ultima volta la giovanetta caduta in ginocchio, scavalcò il davanzale e
mentre gl'Inglesi si avanzavano battendo la carica, precipitossi dalla fenestra
e si cacciò in mezzo ai cespugli senza essere stato scorto.
Gl'Inglesi in
grosso numero, che il pirata stimò più di cinquanta, dopo il segnale dato dal
lord col corno da caccia, avevano subito marciato sulla villa formando un vasto
cerchio che andava man mano restringendosi, fino a render impossibile la fuga
dell'assediato che stretto fra un cerchio di baionette e avviluppato in una
rete di fuoco avrebbe dovuto infallibilmente arrendersi. Un comandante, che
Sandokan riconobbe subito per colui che il lord aveva chiamato col nome di
William, li guidava facendo a loro frugare i cespugli quando diventavano troppo
fitti, animato senza dubbio più dalla gelosia e dalla vendetta che dal dovere,
prendendo tutte le precauzioni possibili, perché l'aborrito rivale non potesse
sfuggire o gettarsi improvvisamente sui suoi soldati.
Il pirata,
ancor col cuor oppresso e dilaniato dalla passione, ma ben deciso ad uscir
vincitore da quella lotta ineguale preparatagli slealmente da lord James, o
almen morire eroicamente dopo di aver venduto ben raramente la vita nascosto
fra fitti cespugli, a duecento metri dalle palizzate del parco, rimaneva
immobile senza fiatare, rattenendo l'ira che gli rumoreggiava nel petto e
comprimendo i battiti del cuore.
Aveva dinanzi
a sé un nemico cinquanta volte più numeroso, un nemico che non gli avrebbe dato
quartiere fuorché per vederlo danzare all'estremità di qualche albero con una
corda al collo, che spiava i minimi nascondigli, movendo innanzi coi fucili
spianati diretti verso la casa dove supponevano che ancor si tenesse nascosto.
Sapeva che
per vincere, per isfuggire alla mortal stretta, alla cerchia d'armi e d'armati,
bisognava giuocare d'astuzia, spiare l'istante per aprirsi il passo col ferro
in pugno, supplire coll'audacia la forza che mancava dinanzi a tanti leoni.
Una volta
sfuggito alle loro palle, avrebbe saputo ben lui far ismarrire le sue traccie
laggiù sotto le fitte foreste a dispetto di tutti gl'Inglesi di Labuan, a
guadagnare le coste per quanto ben guardate fossero dagli incrociatori e
mettersi in mare navigando verso Mompracem, sia su di una canoa scavata
colle proprie armi o sopra di un prahos. Una volta raggiunti i suoi
lidi, la sua isola, il suo covo, avrebbe saputo ben lui allora ritornare per
rivedere Marianna, la Perla di Labuan.
- Avanti
cani, avanti figli di una razza maledetta! - mormorò egli afferrando la
sciabola. - La Tigre della Malesia non trema dinanzi a cinquanta leoni armati e
ruggenti; la Tigre non si lascia vincere due volte né si lascierà prendere
viva. Meglio cader pugnando da eroe coll'armi in pugno su di un cumulo di
cadaveri, sotto gli occhi di lei, col nome di lei sulle labbra, anziché cadere
nelle loro mani.
«Venite,
venite a disputarmi la vita se avete del coraggio, venite a disputarmi la
libertà, vieni tu, William, a disputarmi la giovanetta dagli occhi azzurri:
troverete la Tigre! Mille uomini, in questo istante che io porto con me la
promessa di lei, in questo istante che il suo sguardo lagrimoso mi segue, in
questo istante che anelo la vendetta, non saprebbero arrestarmi. Mille cannoni non
sarebbero capaci di sbarrarmi la via, mille navi non sarebbero capaci
d'arrestare la mia canoa: mi sento tanto forte da pugnare con
l'Inghilterra tutta!
Il pirata
così parlando digrignava i denti e sentiva mille lingue di fuoco guizzargli nel
petto, e mirava con occhio truce gl'Inglesi che si avanzavano passo a passo,
fremendo tutto di gioia al pensiero di tuffar le armi nel loro sangue e sotto
gli occhi di lei, pugnare col nemico così numeroso. Quando li vide a venti
passi dai cespugli, si rizzò sulle ginocchia raccogliendosi su sé stesso come
la tigre che sta per avventarsi sulla preda.
- Avanti!
Avanti! - mormorò egli con indefinibile espressione di odio e di ferocia.
Il cerchio
andava restringendosi sempre più man mano che si avvicinava all'abitazione del
lord dalla quale non usciva il più piccolo rumore, tanto da credere che gli
abitanti si fossero dati alla fuga o fossero caduti sotto il ferro del pirata.
Quel silenzio pareva preoccupare vivamente i soldati, che tendevano l'orecchio
con un misto di ansietà e di timore, esprimendo le loro opinioni e i loro
terrori con voce sommessa.
- Che il
nostro uomo abbia fatto un massacro di tutti gli abitanti? - diceva un soldato.
- Si sarebbe
udita qualche moschettata, qualche grido, qualche altro segnale - diceva un
altro.
- Eh! - saltò
su a dire un Irlandese riconoscibile per la sua pronuncia. - I pirati sono come
i gatti, saltano, graffiano e fuggono senza far rumore. Non sarei sorpreso se
egli avesse preso di già il volo.
Gl'Inglesi si
avvicinarono ancora di alcuni passi gettando uno sguardo sospettoso sulla casa.
Il pirata si raccolse, allontanò senza far rumore i rami, e misurò la distanza
stringendo come una morsa la sciabola e facendo passare il kriss dalle
labbra alla mano sinistra. Egli stava per avventarsi su di essi e aprirsi il
passo attraverso le punte delle baionette, quando il corno da caccia di lord
James risuonò.
- Ancora un
segnale! - esclamò il pirata rattenendo lo slancio.
Il cerchio
dei soldati si arrestò quasi subito. Il tamburo batté la carica rumorosamente.
- Ah! Il
pirata è imboscato attorno la casa, adunque? - disse un soldato. - Non li ha
ammazzati.
- La Tigre
non ci sfuggirà. Attenti, giovanotti, passo rapido ma sicuro, orecchio e occhio
in guardia e pronti a cacciare mezzo piede di lama nel carcame di quel
miserabile - comandò un caporale.
Il pirata
guardò quell'uomo attraverso il fogliame e sorrise là sotto, dinanzi al nemico
che lo avrebbe crivellato di ferite se lo avesse potuto scorgere, e
accarezzando la lama della sua sciabola strappata dalle mani di una giacca
rossa fissò il sanguinoso sguardo in quello dell'insultatore.
La carica si
batté accompagnata da squilli di tromba. I cinquanta uomini si precipitarono
innanzi rapidamente attraverso i cespugli movendo verso la villa. Il pirata
misurò la distanza alzando la sciabola. Non li aspettò. Si rizzò tra i rami
come una spaventevole apparizione, fece un salto di dieci passi da invidiare
una tigre, piombò come un lampo sul nemico che si avanzava coi fucili montati,
spaccò in due la testa del caporale facendone schizzar le cervella e scomparve
sotto gli alberi ancor prima che gli Inglesi potessero riaversi
dall'inaspettato attacco. Aveva le ali ai piedi; il pericolo raddoppiava la
velocità.
Se non
riusciva a porsi in salvo nei boschi dopo di aver varcate le palizzate prima
che il nemico pensasse ad organizzare in furia un inseguimento, quella fuga
poteva diventargli fatale. Si slanciò sul recinto con un solo salto
aggrappandosi ai rami degli alberi e si gettò sulle rive dello stagno, lo passò
a guado in meno di quello che lo si dica e si diede alla fuga nel mezzo della
foresta, protetto dalle tenebre senza pensare che a frapporre tra sé ed i suoi
nemici la maggior distanza possibile.
Nel momento
che egli eseguiva quel secondo salto non meno ammirabile del primo sulla
palizzata, gli Inglesi si erano lanciati come un sol uomo sulle sue traccie.
Egli li aveva
uditi, aveva raccolte le loro grida di furore e le detonazioni delle loro armi,
le cui palle recidevano i rami degli alberi e si schiacciavano contro i
tronchi, ma ormai se ne rideva del loro numero e della superiorità dei mezzi.
Libero nella
foresta dopo essere quasi miracolosamente fuggito a un pericolo sì grande nel
momento in cui credevano di averlo nelle mani, non li temeva più, là, sotto gli
alberi dove aveva agio di spiegare le astuzie della tigre, di far perdere le
sue traccie ai più fini segugi, di opporre la rapidità al numero, il valore
alla forza preponderante di quei che anelavano di vendetta, che volevano il suo
sangue. Che importava a lui che tutta Labuan si mettesse in caccia quando era
libero, armato, quando a ogni passo avea un rifugio, un nascondiglio
impenetrabile, un mare che egli considerava come un amico, una giovanetta che
gli soffiava all'orecchio la parola: t'amo? Non sarebbero stati capaci, no, di
afferrare la Tigre della Malesia viva in mezzo al suo elemento, là, dove si
preparava a lottare con quella ferocia che spaventava i più coraggiosi, dove si
correva pericolo di vederla sorgere sotto a ogni cespuglio, sotto ogni ramo o
piombare dall'alto degli alberi e dove toccava colpire.
- Mi si venga
a trovare sotto le foreste, mi scovino questi miserabili cacciatori che fremono
dinanzi alla tigre di Labuan; essi cadranno dinanzi alla Tigre della Malesia,
fuggiranno come una banda di fanciulli spaventati dinanzi al ruggito di una
belva. Solchino i mari coi loro fumanti incrociatori, battano i cespugli coi
loro cani e coi loro cavalli, chiamino alle armi la popolazione intera, ma io
passerò. Il mio prahos passerà là dove cento altri sono caduti, la mia
sciabola si aprirà un varco là fra mille baionette, dove i più coraggiosi sono
caduti. Mi ha detto di ritornare a Mompracem per rivedermi vincitore sotto le
mura del suo parco, e lo sarò. Sì, Marianna, sì, fanciulla divina, degna della
Tigre della Malesia, ritornerò per istrapparti da questi luoghi donde hanno
scacciato colui che tu dicesti d'amare, per vendicarne l'affronto, e per
trasportarti nella mia isola, nella mia Mompracem, fra i miei, e di là ove tu
vorrai!
Le grida degli
Inglesi man mano che si allontanava nella foresta correndo come un cavallo,
andavano affievolendosi sempre più e le detonazioni diventavano più rare. Il
pirata si arrestò un istante ai piedi di un gigantesco albero della canfora,
per riprendere il respiro, per scegliere la via da prendersi in mezzo a quelle
centinaia e centinaia di piante, le une più grandi delle altre, dove si vedeva
come smarrito ad onta della sua solita perspicacia e per pensare sul da farsi
in una posizione tanto difficile, su di un'isola nemica, con cinquanta uomini
alle calcagna che gli davano la caccia.
La notte era
chiara, grazie alla luna che brillava in un cielo senza nubi, spandendo i suoi
raggi azzurrini di una infinita dolcezza, di una trasparenza vaporosa, che
brillavano sulle fitte verzure, punteggiando in mille differenti guise il
terreno coperto di rami e di foglie, scintillanti per la rugiada.
Il pirata
avrebbe voluto che la notte fosse più oscura della culatta di un cannone da
trentadue per correre meno pericolo di essere scorto dai suoi numerosi nemici
di già lanciati sulle sue tracce per imboscarsi e sorprendere con più facilità
qualche cacciatore troppo audace e cacciarsi dietro di lui nel dedalo della
foresta. Aveva da guardarsi dalle palle che potevano da un istante all'altro
piovere su di lui e fargli battere l'aria colle mani.
- Il nemico
ha cominciato l'inseguimento - disse il pirata dopo di aver rattenuto il
respiro e teso l'orecchio per cercar di raccogliere i minimi rumori. - Non
bisogna commettere né pazzie né imprudenze, non bisogna aver fretta ma
aspettare che abbia smarrito le tracce o perduta ogni speranza di raggiungermi.
Essi pensano che io corra verso il mare per cercar qualche prahos: bene,
io volgerò le spalle, fuggirò nella foresta e guai a loro se avranno l'ardire
di venirmi a scovare.
Raccolse
tutta la sua energia e tutte le forze centuplicate dall'amore e dall'odio,
dalla libertà e dalla sete di vendetta, e, colla sciabola in pugno, dopo di
essersi orizzontato colle stelle, volse le spalle alla costa e s'internò nella
foresta dirigendosi a oriente, con passo silenzioso e rapido. Non conosceva i
luoghi che aveva percorso una sola volta durante la caccia della tigre, ma
tirava innanzi colla sicurezza di un indigeno, seguendo un sentieruzzo quasi
invisibile che credeva conducesse nel più folto dei boschi, aprendosi spesso il
passo fra cespugli spinosi a colpi di sciabola, scalando tronchi d'albero
abbattuti chi sa da quanti secoli per decrepitezza e dal fulmine, e ora
ricettacolo di un mondo d'insetti schifosi, arrampicandosi sui rami quando
alberi troppo riuniti formavano una barriera che non poteva venir superata che
mediante una scalata, che il pirata tosto eseguiva coll'agilità di una scimia
verde, senza far gemere i rami e senza smovere le foglie, rumori che avrebbero
potuto destare l'attenzione di qualche cercator di piste.
Continuò così
a camminare, o meglio a strisciare, per più di un'ora, arrestandosi quando un
uccello spaventato dalla sua presenza levavasi mandando strida di terrore o
quando un animale selvatico prendeva la fuga urlando, e giunse sulle rive di un
torrentello largo al più sei o sette piedi e le cui sponde erano coperte da
fitte piante.
Egli si fermò
un istante, guardando attentamente a dritta, a manca, dinanzi e di dietro, e
assicurato del silenzio profondo che regnava a lui d'intorno, entrò nel letto
fangoso.
- Non
conoscono ancora tutte le astuzie della Tigre - mormorò egli sorridendo a fior
di labbra. - Questa notte forse non ardiranno darmi la caccia in mezzo a questi
alberi ma domani non si accontenteranno di ronzar sul limite della foresta.
Hanno dei cani, degli animali intelligenti, ai quali il lord darà da fiutare
qualcuno dei miei cenci, e si metteranno in cerca di me assieme a questi
maledetti.
«La Tigre
della Malesia sarà inseguita come la tigre di Labuan e da mastini e da
cacciatori, cercata d'albero in albero, di cespuglio in cespuglio, a me adunque
l'astuzia per far smarrire ogni mia traccia.
Il pirata
rimontò il torrentello per un centinaio di passi, coll'acqua fino alle
ginocchia, camminando su di un letto limaccioso dove penava a tenersi in piedi
fra foglie e rami imputriditi e vermi d'acqua che schiacciava a centinaia,
aprendo spesso colle dovute precauzioni le fronde degli alberi curvi,
arrestandosi e abbassandosi. Bisognava far perdere le traccie non solo agli
uomini ma anche ai cani e vi si adoperava a tutta lena. Non si arrestò che di
fronte a un ramo colossale che si tendeva orizzontalmente al di sopra delle
acque mormoranti.
- Ecco con
che far impazzire i più arrabbiati cercatori di piste - mormorò egli e si rizzò
a forza di braccia, strisciandovi sopra fino a guadagnare il tronco
dell'albero, e cominciando la sua marcia aerea.
Per lui
arrampicarsi di ramo in ramo come una scimia, passare di albero in albero senza
far rumore, era un giuoco che aveva fatto cento volte nelle foreste di Borneo e
di Mompracem. Sarebbe stato capace di percorrere cento miglia in quella
maniera, passando sopra le teste dei nemici, senza destare la loro attenzione.
Aveva di già
replicata sei volte l'audace manovra, quando un rumore, che sarebbe facilmente
sfuggito a un orecchio che non fosse stato il suo, giunse fino a lui. Arrestò
la pericolosa ascensione e ascoltò rattenendo il respiro, colla sciabola fra i
denti e l'occhio in guardia, fisso al di sotto del folto fogliame.
Due uomini,
due ombre silenziose si avanzavano cinquanta passi lontano, curvi fino a terra,
osservando minutamente le foglie calpestate e i rami spezzati. Non tardò a
conoscerli per due soldati.
- Ecco il
nemico - mormorò egli. - Mi ha preceduto o mi sono io smarrito?
I due
cercatori di piste, dopo di aver percorso alcuni passi, si arrestarono
guardandosi attorno con un movimento pauroso che non sfuggì alla Tigre. Uno di
essi guardò nell'aria scrutando fissamente il fogliame.
- Sai, John,
che io ho una paura maledetta nel trovarmi sotto queste foreste? - disse egli.
- Lo so, e io
non vado esente dallo stesso sentimento - rispose il compagno. - L'uomo che noi
cerchiamo non è un uomo, è una tigre, che si nasconde anche sotto una foglia e
che potrebbe capitarci addosso come il fulmine e mandarci al diavolo entrambi.
Hai tu veduto come ha spacciato quel povero caporale?
- Perdio, se
l'ho veduto! Ah! È ben un terribile uomo quello che noi andiamo cercando. Si
correva all'assalto credendolo barricato nella casa, e invece era nascosto fra
i cespugli come una tigre. L'ho veduto un sol istante, ma t'assicuro che mi è
bastato, e che non vorrei vederlo mai più. Ha spaccato nettamente il cranio, al
povero uomo ed è scomparso lasciandoci con un palmo di naso.
- Ma lord
Guillonk, che diavolo faceva che non fu capace di ammazzarlo nella sua stanza?
- Ammazzarlo?
Credi tu che si possa ammazzare così facilmente il terribile bandito che non ha
paura di cinquanta dei più coraggiosi soldati d'Inghilterra incanutiti nelle
più sanguinose battaglie? A quanto mi si raccontò, egli si è gettato sul
valoroso capitano come una tigre, e dopo di averlo atterrato, quantunque non
possedesse che un solo kriss, l'ha disarmato prendendo poi la fuga,
senza lasciar traccie di sé preferendo saltar giù da una fenestra anziché
incomodarsi a scendere le scale.
- Credi tu,
Harry, che si giungerà a prenderlo? Io ne ho i miei dubbi.
- E io ho i
miei, John. Quell'uomo è il diavolo in persona, che sarà capace di elevare una
barriera insuperabile fra sé e i suoi inseguitori, barriera che durerà fino a
che troverà mezzo di imbarcarsi e di veleggiare verso la sua dannata Mompracem
a dispetto degli incrociatori. Che pazza idea che ha avuto di venir ad
approdare a Labuan.
- Ma a onta
di tante difficoltà, non mancano coloro che sperano di pigliarlo. Uno di questi
è il baronetto William, quello che fa gli occhi dolci a lady Marianna. Egli ha
giurato che vivo o morto prenderà la Tigre; credo che sia il prezzo del
matrimonio stabilito con lord James.
- Si fa
presto a dirlo, che vivo o morto si prenderà, il bello si è a scovarlo prima di
tutto, e chi sa dove diavolo questo pirata si sarà nascosto. Io scommetto che
mentre noi lo cerchiamo da questa parte, e gli altri frugano la costa occidentale,
egli vola invece verso le coste settentrionali.
- Hai
ragione, e il nostro isolamento mi preoccupa. Non abbiamo che il sergente
Willis che ci segue. Non so chi ci potrà aiutare se ci troviamo di fronte al
terribile pirata. Pieghiamo all'ovest Harry.
- E il
sergente?
- Al diavolo
il sergente! Quando non ci vedrà più, piglierà pur egli la via all'ovest, ben
sapendo che il pirata si è diretto al sud, dove si dice che vi sia un prahos
ancorato.
- Andiamo
allora. Willis si trarrà d'impiccio da sé.
I due
soldati, dato uno sguardo all'intorno per iscarico di coscienza, se la
batterono rapidamente scomparendo sotto gli alberi.
Il pirata,
che non aveva perduto sillaba dei loro discorsi, quando non udì più i loro
passi, si lasciò scivolare fino a terra senza rumore.
- Bene -
diss'egli. - Si ha paura della Tigre, ma la si insegue. Tutti mi danno la
caccia piegando verso le coste occidentali e meridionali, dove si dice essere
un prahos, benissimo, saprò regolarmi per volgere loro le spalle. Stiamo
attenti però; ho un sergente alle calcagna, Willis. Lo incontrerò.
Egli riprese
la silenziosa marcia, dirigendosi all'est, dove sapeva non esservi cacciatori.
Entrò una
seconda volta nel torrente, e guadagnò la riva opposta sbarrata da una fitta
cortina di cespugli, si aprì il passo e rientrò nella foresta sempre più
oscura. Stava per guadagnare un albero sul quale contava di passare il restante
della notte per ripigliare all'indomani la fuga quando una voce imperiosa,
minacciosa gli gridò agli orecchi:
- Se fate un
passo, se fate un gesto, siete morto!...
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