CAPITOLO
XII
Giro
Batoë
Un uomo si
era rizzato bruscamente dietro un cespuglio a cinque soli passi di distanza, col
fucile teso orizzontalmente. Il pirata che si era arrestato, senza provare il
minimo spavento alla terribile intimazione, senza abbandonare la sciabola che
brandiva, pronto a servirsene, aveva subito riconosciuto in quell'ombra, che
pareva decisa a eseguire alla lettera la minaccia, un Inglese che non dubitò
più fosse il sergente Willis poco prima nominato dai cercatori di piste.
Il singolar
uomo, che si credeva, quantunque armato di una sola sciabola e di un solo kriss,
tanto forte da far scomparire con un soffio quella giacca rossa, e che trovava
sommamente ridicolo il misurarsi con uno solo, dinanzi alla minaccia che poteva
costargli la vita, si mise a ridere, ma con quel riso che faceva fremere i più
coraggiosi e che arrestò lo slancio del sergente che forse si sentiva tentato
di lasciare partire la fucilata.
- Sai tu chi
io mi sono? - domandò Sandokan accentando ogni parola e fissandolo con due
occhi che brillavano come due carboni accesi, nella semi-oscurità.
- Eh! - fe'
il sergente che si sentì suo malgrado correre un brivido per le ossa. - Non
occorre essere né lord Guillonk, né il baronetto William, per riconoscere il
capo dei pirati di Mompracem.
- Credi tu di
non ingannarti? - domandò il pirata la cui voce sibilava come il sibilo di un
serpente.
- Oh!
Scommetterei una settimana della mia paga contro un penny, che voi siete
Sandokan.
- No, io sono
la Tigre della Malesia.
I due uomini
si misurarono collo sguardo e in silenzio, l'uno fremente d'ira, beffardo,
minaccioso, quantunque la sua vita pendesse da una palla di fucile, l'altro
fermo come una rupe ma spaventato e sorpreso di trovarsi, in piena foresta, di
fronte a quell'uomo il cui valore e la cui ferocia era popolare.
- Orsù -
disse Sandokan dando in uno scroscio di risa che l'eco della foresta ripeté. -
Orsù, sergente Willis, se hai del coraggio per azzuffarti colla Tigre, a noi
due.
- Come sapete
il mio nome? - domandò l'Inglese che ebbe un superstizioso terrore.
- Guarda,
cane d'Inglese. Pochi minuti fa, due uomini camminavano a cento passi da me
seguendo la mia pesta o credendola di seguire. Sono piombato su di essi come
l'aquila piomba sulla sua preda, li ho fatti parlare. Io sapeva che tu mi eri
vicino, che mi spiavi dietro il cespuglio.
- E che avete
fatto dei miei uomini?
- Quando la
Tigre ha sete beve sempre sangue - rispose Sandokan con voce lugubre, cercando
spaventare il soldato per gettarsi improvvisamente su di lui. - I loro corpi
sono distesi dietro quelle arecche coi fianchi aperti.
- Ah!
brigante! - esclamò il soldato che indietreggiò prendendolo di mira.
- Sangue,
Willis! Sangue! - urlò il pirata alzando la sciabola.
Il colpo non
parti per l'umidità della polvere. Ancor prima che il sergente potesse
impugnare la daga, Sandokan l'atterrò serrandogli la gola con due mani di
ferro.
- Grazia!
grazia! - balbettò il poveretto che si sentiva strozzare. Sandokan aprì le mani
e si alzò raccogliendo il fucile di lui.
Andò a
sedersi a tre passi di distanza, fissando sul soldato due occhi che facevano
paura.
- Vedi - gli
disse con accento marcato ma cupo. - La Tigre della Malesia non si può
uccidere, è invulnerabile. Come potevi tu ammettere che io, spirito infernale,
mi lasciassi ammazzare? Io, che sfidai il fuoco di mille cannoni, io che
affrontai la morte in cento abbordaggi, io che sono protetto da Belzebù?
- Ah! -
esclamò il soldato battendo i denti dalla paura. - Voi siete uno spirito
infernale?
- Te
l'assicuro. Fui io che arrestai la tua palla nel momento che stava per partire.
- Voi mi fate
paura.
- Lo credo.
L'Inglese si passò
le mani attorno al collo. - È vero che non mi avete strangolato?
- Vero, cane
d'un sergente - rispose Sandokan. - Senti ora, tu sei coraggioso, vuoi essere
pirata?
- Oh!... Mai!
Mai!
- Hai
ragione. È tuo dovere il restar fedele alla tua bandiera. Parliamo d'altre cose
allora, ma bada di non ingannar la Tigre: potrebbe capitarti sventura. Dove
credono che io sia fuggito?
- Nei boschi
- rispose il soldato.
- È poco.
Parla ancora, ma spicciati, che i momenti per me sono preziosi.
- E se io non
volessi parlare?
- In tal caso
ti farei saltare le cervella. Sarebbe una vittima di più, che aggiungerei alle
altre.
- Bene, si
crede che siate fuggito verso la costa occidentale nascondendovi nelle paludi o
nelle foreste o in qualche capanna d'indigeni, aspettando l'occasione di
raggiungere le coste del sud ove si crede che abbiate un prahos. Non
crediate però di sfuggire alle ricerche dei miei compatrioti: sono tutti in
caccia dietro le vostre orme, guidati da un baronetto che pare abbia qualche
conto da saldare. Non ne so di più, potete uccidermi se lo credete, ho parlato
anche troppo.
- Quando io
nel parco ho spacciato quel caporale, che ha fatto il baronetto William?
- Ah! Voi, lo
conoscete anche? Si è morso le dita, ha bestemmiato, ha urlato inveendo contro
lord Guillonk che vi aveva lasciato fuggire, poi si è precipitato nella villa.
Si dice che abbia parlato a lungo col capitano, che vi sia stata qualche
promessa fra loro, cui non sarebbe estranea lady Marianna; il fatto è che si
mise in caccia con tutti i suoi uomini senza perdere un sol istante.
- Ah! -
esclamò Sandokan sogghignando. - Ecco ciò che io voleva sapere. Io e lui!...
Stette un
momento come immerso in un doloroso pensiero, poi cangiando tono:
- Spogliati
della tua divisa; ti faccio dono della vita.
Il soldato
ubbidì. Sandokan bene o male la indossò, senza dimenticare né la cintola, la
cartucciera, e il berretto che si calcò bene in testa. Nel trovarsi così
vestito, da giacca rossa, si mise a ridere.
- Non havvi
contingente indiano o malese a Labuan? - domandò al soldato che lo guardava
attonito.
- Che volete
fare del mio vestito? Non abusate del mio grado e del mio nome.
- Se vuoi che
ci lasciamo da buoni amici, non aprir bocca, senza che io l'ordini. Orsù, fra
coloro che mi danno la caccia, non vi sono uomini di colore? Non ingannarmi,
Willis; sarei capace di ritornare.
- Vi sono
degli indiani, fanteria del Bengala - rispose il sergente.
- Bene, io
passerò per un indiano - disse Sandokan. - E ora non fare resistenza.
Trasse da
saccoccia una corda, e legò le mani e i piedi al soldato che non ardiva
resistere. Finito ciò, se lo caricò sulle spalle colla stessa facilità che
fosse un fanciullo e lo portò in mezzo ad una folta macchia assicurandolo con
una forte liana a un ramo; vi gettò accanto la sciabola dopo di averla spezzata
in due e si accinse a partire.
- Voi dite di
salvarmi, ma non sapete che mi gettate fra le unghie della tigre? - disse
l'Inglese spaventato.
- Bah! - fe'
Sandokan. - Le tigri non sono sì numerose come credi dopo quella che ho ammazzato
ieri in questi dintorni. Ringrazia colei a cui devi la vita; non dimenticarti
di Marianna Guillonk.
Ciò detto il
pirata, nelle vesti d'Inglese, si allontanò, dopo aver cambiata carica al
fucile.
- Quando mi
si vedrà, passerò per un sergente della fanteria del Bengala - mormorò egli. -
Passerò in mezzo a tutti i cacciatori a fronte alta, come un bravo comandante.
«Una
gherminella non sarà mai riuscita così bene; Marianna stessa, la cara
fanciulla, riderà pur essa quando gliela racconterò.
A quel nome
involontariamente evocato, la fronte del pirata s'oscurò e i lineamenti del
volto si contrassero dolorosamente. Egli portò le mani al cuore e un gemito gli
uscì dalle labbra.
- Silenzio, silenzio
- mormorò egli con cupa voce. - Non nominiamola, non pensiamo a lei. Sento che
impazzisco, sento il cuore lacerarsi. Avanti, tiriamo avanti.
Si rimise in
cammino con passo rapido stringendosi fortemente il petto, come volesse
arrestare i battiti precipitosi del cuore.
Camminò tutta
la notte facendo due sole fermate per tracannare un sorso di wisky
trovato nella botticella del sergente, e sul far del giorno giunse ad una
piccola radura circondata di colossali artocarpi. Stava per sedersi dietro un cespuglio
per prendere un po' di riposo, quando si sentì chiamare.
- Ohe!
camerata! Ohe! Che diavolo andate cercando col naso a terra? - gridò una
vociaccia rauca.
Il pirata,
per nulla spaventato, girò attorno lo sguardo e vide distesi sotto un albero
due soldati che riconobbe subito per quelli veduti alla notte. Avevano i fucili
gettati a terra e prendevano il sole fumando colle loro pipe senza
preoccupazioni di sorta.
- Ehi! -
gridò Sandokan accentuando la pronuncia inglese. - E così che voi cacciate?
- Abbiamo
cacciato tutta la notte - rispose colui che aveva udito chiamarsi Harry, - e
senza trovare la traccia del pirata. Due minuti di riposo e poi, affé di Dio!
dietro come cani a quel miserabile!
- A quale
compagnia appartenete? - domandò Sandokan che rideva in cuor suo della
gherminella.
- A quella
del sergente Willis. L'avete incontrato voi? Egli cacciava all'oriente.
- Abbiamo
cacciato assieme, e la pista è stata scoperta - rispose il pirata ma senza
avvicinarsi. - Credo che voi farete bene avvisare i cacciatori dei dintorni di
portarsi immediatamente al sud, se si vuol giungere in tempo di arrestarlo.
Venti sterline al sole per chi avrà l'onore di scoprirlo.
- Voi,
sergente, mi assicurate che la pista fu trovata? - chiese John saltando in
piedi.
- Sicuro, e
farete bene a non perdere tempo. Portate l'ordine all'intera compagnia di
spingersi rapidamente al sud, e fate parlare al comandante William.
Spicciamoci, amici, o il pirata prenderà il volo: venti sterline e un rapido
avanzamento stanno nell'aria. Tutti al sud, mi capite, al sud.
Non ci voleva
di più per allettare i due soldati. Raccolsero i fucili, cacciarono in tasca le
pipe e augurato il buon giorno se la batterono con una certa rapidità per
spargere la buona novella, scomparendo sotto gli artocarpi. Il pirata li seguì
fino che poté collo sguardo, poi tornò a cacciarsi in mezzo alla macchia
mormorando:
- Abbiamo del
tempo; finché riposerò, essi mi sbarazzeranno la strada fino alla costa.
Chinò la
testa sullo zaino, si assicurò che il fucile era a portata della sua mano e si
addormentò senza più preoccuparsi dei nemici, più che sicuro di trovare al suo
svegliarsi la strada libera.
Quanto dormì
non avrebbe potuto dirlo, ma certamente poco, poiché il sole era ancor alto. Fu
svegliato da una repentina detonazione che risuonò sotto la foresta,
accompagnata da un galoppo precipitato.
- Che mi
abbiano scoperto? - mormorò il pirata svegliandosi del tutto e raccogliendo la
carabina.
Si rizzò
sulle ginocchia e allontanando i cespugli con infinite precauzioni guardò. In
sulle prime non vide nulla; udì solo il precipitato galoppo di un cavallo e
credette che si trattasse di qualche cacciatore lanciato dietro a qualche
babirussa, ma ben presto vide sbucare da una fitta macchia un uomo che non
esitò a riconoscere per un Malese, il quale, con un kriss in una mano e
un grossissimo randello nell'altra, attraversò in un lampo la radura,
cacciandosi sotto un cespuglio vicino.
Quasi subito
comparve un cavaliere col fucile ancor fumante in mano.
Era un
Inglese, un soldato, che pareva in sulle furie, bestemmiando con vivacità e
dando violenti strappi al cavallo che si impennava. Egli balzò d'arcione,
prendendo una pistola che armò.
- Ah! la
canaglia era nascosta laggiù fra i cespugli, dove strisciava come un serpente -
gridava egli ponendosi a cercare con somma attenzione. - L'ho veduto appena,
appena, ma mi è bastato per riconoscerlo. My-God! Era proprio il
terribile Sandokan, la Tigre della Malesia. Se questo cavallo del diavolo non
si fosse imbizzarrito, a quest'ora lo avrei nelle mani, ma non mi scapperà, no.
Andiamo, giovanotto mio, non perdiamo tempo, frughiamo ben bene i cespugli e
guardiamoci attorno. Bisogna guadagnare le cinquanta sterline promesse dal
baronetto.
Il cavaliere,
terminato il suo monologo, colla sciabola nella mano dritta e la pistola nella
sinistra, penetrò nelle macchie, allontanando prudentemente i rami coll'arma e
frugandovi nel mezzo colla punta, andando e venendo, bestemmiando in buon
inglese.
Mentre il
soldato frugava, Sandokan sempre nascosto fra i cespugli, cercava di vedere il
Malese che aveva poco prima attraversato la radura facendosi inseguire pel
terribile pirata. Ma per quanto si allungasse e girasse attorno gli occhi non
ne venne a capo; si avrebbe detto che il fuggiasco fosse sparito sotto terra.
- Chi può
esser mai questo Malese? - si domandò Sandokan. - Se ha tanta premura di non
farsi vedere, non può essere che un individuo sospetto. Se fosse uno dei miei
tigrotti?
La
supposizione non era niente affatto ardita. Poteva darsi che quelli di
Mompracem giustamente impensieriti del ritardo dei prahos e
dell'assoluta mancanza di notizie, avessero spedito uno dei legni a Labuan.
Sandokan non
esitò più a credere che quell'individuo, che tenevasi celato, fosse un pirata
di Mompracem.
- In tal caso
- diss'egli, - bisogna guardare che non venga scoperto e mandare al sud quel
bestemmiatore. Non può riconoscermi, ne sono certissimo.
Stava per
alzarsi e farsi vedere, quando dieci passi lontano vide muoversi i cespugli e
apparire una testa. Tornò quella testa a sparire, ma non tanto presto che
Sandokan non avesse a riconoscerla. Egli rattenne a malapena un grido.
- Giro Batoë!
- esclamò. - Ah, il mio bravo Malese!
Giro
Batoë era uno dei più intrepidi tigrotti
di Mompracem, che aveva fatto parte della disgraziata spedizione sulle coste di
Labuan. Sandokan, se ben si ricordava, lo aveva veduto cadere ferito ai suoi
piedi e poi precipitare in acqua nella disunione dei due prahos.
Come
trovavasi lì, era difficile saperlo. Senza dubbio era stato raccolto da
qualcuno o aveva nuotando raggiunta la costa.
- Ecco un
brav'uomo che bisogna salvare - mormorò Sandokan e senza esitar più si rizzò
uscendo a metà dai cespugli, nel mentre che il Malese sorpreso dalla vicinanza
del soldato, che aveva tutte le ragioni per crederlo un Indiano lanciato dietro
le sue traccie, si aggomitolava su sé stesso per rendersi meno visibile.
Il cavaliere
che andava e veniva bestemmiando vide subito Sandokan.
- Tò! un
soldato! - esclamò il cavaliere guardandolo come un uomo che non crede ai
propri occhi.
- Cercate un
babirussa, che frugate tutti i cespugli dei dintorni? - domandò Sandokan. - Non
è il momento questo, amico mio, bisogna aspettare la notte, e una notte
magnifica, se lo si vuol trovare.
- Il
babirussa! È un animale ben peggiore quello che io vado cercando, una vera
tigre con denti e artigli capaci di spacciarci entrambi prima di prendere le
armi. Non cacciate voi forse il pirata di Mompracem?
- Senza
dubbio - rispose Sandokan. - Sono imboscato da tre ore, e sempre sulla sua
pista.
- Sulla sua
pista? E io ho scovato il pirata in persona. Non l'avete veduto voi
attraversare la radura?
- In fede
mia, non ho udito che il vostro colpo di carabina. Scommetterei che il furbo ha
preso il volo verso il sud dove si dirigono le sue traccie. Si dice che corra
come un cervo, e senza un cavallo non si riuscirà a prenderlo; se prendete la
via del sud, non mi stupirei che aveste a trovarlo.
- A trovarlo
sarebbe forse facile - rispose il cavaliere raggiungendo il suo cavallo. - Il
difficile è a prenderlo, e vi confesserò che non mi sentirei d'averne il
coraggio se non vi fossero una cinquantina di sterline, sulle quali conto per
fondare una fattoria una volta gettata la sciabola del soldato. Andiamo, sergente,
gl'Indiani sono tutti cavalieri, montate con me.
- E voi lo
pensate? - disse con vivacità Sandokan che gettava di tratto in tratto uno
sguardo ove si teneva imboscato il Malese. - Se noi lo inseguiamo verso il sud,
credete che il pirata si lascierà inseguire su quella strada, quando alle
spalle non vi ha nessun nemico? Si nasconderà in qualche macchia, dove un cane
non sarà capace di trovarlo e si seppellirà sotto i pantani se non troverà
meglio d'inerpicarsi sulle cime degli alberi come una scimia e poi un passo a
dritta, un altro a destra, un semi-cerchio e indietro al galoppo ridendosi
dello stratagemma. Noi lo inseguiamo tutti e due al sud ed egli fugge al nord.
- Per San
Gilles! Voi avete ragione, sergente. L'ho sempre detto io, che un Indiano è furbo
quanto un pirata - disse il cavaliere. - Sicché, voi restate e io vado a
stanarlo.
- Sicuro e
guardate se sarà possibile di allogargli una buona palla nella testa o almeno
di cacciarlo dalla mia parte. Vi giuro sulla barba di Brama, che non mi scapperà.
- State in
guardia però, sergente - disse l'Inglese salendo in sella. Stava per allentare
le redini e partire, quando Sandokan l'arrestò con un cenno della mano.
- Una parola,
se me lo permettete - gli disse.
- Due,
sergente, se volete. Ma spicciatevi, che mi sembra di udire il tintinnìo delle
cinquanta sterline di lord William.
- Voi avrete
più occasione di me di recarvi alla villa di lord James.
- Lo credo,
dal momento che i miei compagni si son accampati nel parco.
- Cercate di
vedere lady Marianna e ditele che il malese Whu-Pulau ha passato felicemente le
linee delle giacche rosse. Non mancherete di ricevere un pugno di
fiammanti sterline.
- Non
mancherò di farlo. E chi sarebbe questo Malese?
- Alto là!
Non parliamo di cose che riguardano solo la lady. Andate, amico mio, o il
pirata farà tanta via da far crepare il vostro cavallo prima di raggiungerlo.
- Sono una
bestia! Avete ragione, sergente - e il cavaliere, salutato militarmente, spronò
il cavallo e partì alla carriera internandosi nelle foreste.
- Corri,
corri, animale - mormorò Sandokan accarezzandosi la barba con compiacenza. -
Lady Marianna avrà mie nuove dal mio stesso nemico.
Stette un
momento lì immobile, pensieroso, triste, poi si diresse verso i cespugli ove se
ne stava Giro Batoë che aveva assistito senza batter palpebra alla
conversazione, fuori di sé dalla gioia nel rivedere il suo terribile capo ancor
vivo.
- Ohe! Giro
Batoë! - gridò Sandokan.
Un urlo di
gioia vi rispose e il Malese facendo un salto di dieci piedi gli cadde alle
ginocchia.
- Ah! mio
capitano! - esclamò il Malese con voce rotta e le lagrime agli occhi.
- Che
diavolo! Il mio tigrotto Giro Batoë sarebbe capace di lagrimare come una
femminuccia! - esclamò Sandokan rialzandolo.
- Ah! mio capitano,
vi ho tanto pianto e sento tanta gioia nel rivedervi sano e salvo, che sarei
capace di singhiozzare. Non vi hanno adunque ucciso laggiù, sui prahos?
- Ucciso?
Uccidere la Tigre della Malesia? Ciò non avverrà mai, mi capisci, Giro Batoë,
mai! Le giacche rosse non hanno abbastanza ferro per toccarmi il cuore.
Orsù, parla ora: per qual caso ti trovi qui?
- Non avrete
dimenticato la terribile battaglia che abbiamo ingaggiato alla foce del
fiumicello con quell'infernal incrociatore, nella quale abbiamo subìto una
sanguinosa disfatta.
- No, Giro
Batoë, ti giuro che quella sconfitta la vendicherò e atrocemente.
- Sì, mio
capitano, la vendicheremo e mi farò ammazzare il giorno, in cui ordinata una
levata d'armi, non farò saltare le ruote della nave maledetta. Orbene, i due prahos
erano stati legati, il ferro turbinava e ruggiva coprendo i nostri ponti di
morti e di feriti; ad una scarica di mitraglia caddi ai vostri fianchi con una
scheggia di ferro alla testa, svenni.
«Che
accadesse di poi, non lo so. Quando rinvenni mi trovai in mezzo a un cumulo di
cadaveri su uno dei legni che era stato da voi abbandonato. Vidi i vostri
uomini battere in ritirata verso la costa; gridai per chiamarli, ma la voce del
cannone copriva la mia.
«Il prahos
su cui mi trovava, sventrato da un diluvio di ferro, affondò.
«Mi aggrappai
a un rottame e dopo due ore di sforzi inenarrabili e patimenti atroci guadagnai
la costa, e di là assistei alla seconda fase del combattimento. Oh! Era pur
bello, superbo, quel prahos che lottava contro il gigante, avvampando da
ogni lato, mordendo, ruggendo. Mi pareva assistere a una battaglia, dove gli
uomini fossero diventati giganti ed eroi.
- Bene! -
esclamò Sandokan, con legittimo orgoglio. - E poi?
- Poi, quando
ho veduto che tutti erano morti, e che mi mancavano i mezzi per recare la fatal
notizia a Mompracem, dopo aver a lungo pianto la morte dell'eroica Tigre e dei
suoi tigrotti, mi internai nelle boscaglie, vivendo di frutta, di radici, di
vermi. Così, di passo in passo stimolato dalla paura capitai in questi dintorni
piantando dimora. Aiutato da alcuni indigeni che ebbero pietà del mio misero
stato dissodai un lembo di terra e mi costrussi una capannuccia, aspettando
tempi migliori per abbandonare questi maledetti luoghi. Rosi il freno per tre
settimane, e già disperava di rivedere qualcuno dei miei compagni, quando udii
che voi eravate vivo e che vi si dava la caccia. Credetti impazzire di gioia e
partii all'istante, e nel cercarvi fui scoperto dal cavaliere inglese. Fu una
fortuna, capitano, che egli mi inseguisse. Senza di lui non vi avrei forse mai
trovato e non sarei più tornato alla costa per mettermi in mare colla mia canoa.
- Tu sei un
valentuomo, Giro Batoë, e sono io che te lo dico, la Tigre della Malesia.
- Grazie, mio
valoroso capitano - disse il Malese commosso. - Ma voi, come siete sfuggito al
massacro?
- Ne
parleremo più tardi - disse Sandokan cangiando tono, poi raccogliendo il
moschetto:
- Tu mi hai
parlato di una capanna e di un palmo di terra coltivato, non è vero?
- Sì, e dove
troverete l'occorrente per isfamarvi, se avete dell'appetito e qualche sorso di
acquavite che ho potuto procurarmi dagli indigeni raccontando loro qualche
storiella o facendo qualche servigio.
- Tu mi hai
parlato di una canoa sulla quale contavi raggiungere Mompracem, non è
vero?
- Sì, una canoa
che ho costruito scavando il tronco di un albero, aiutato da un giovane
indigeno, una barca pericolosa, mio capitano, ma che saprà filare all'ovest
quando la Tigre della Malesia la guiderà.
- Siamo
lontani dal mare? - domandò Sandokan fattosi pensieroso.
- Un mezzo
miglio al più. La canoa è nascosta fra fitti cespugli e non chiede che
d'esser gettata in mare.
- Bene,
andiamo alla capanna allora, poi penseremo alla partenza.
- Ma e i
nemici? - chiese il Malese. - Sono capaci di scoprirci e di sorprenderci.
- Il nemico,
Giro Batoë, ci insegue sulla via del sud. Del resto, non sono un sergente della
fanteria Bengala?
I due pirati
senza aggiungere parola si misero in cammino senza più curarsi del cavaliere
che correva dietro alle cinquanta sterline né degli altri che potevano battere
i dintorni.
Attraversarono
la radura e penetrarono sotto la foresta camminando con passo rapido su di un
terreno sparso di radici, che s'intrecciavano in mille guise quasi da prenderle
per migliaia e migliaia di serpenti più o meno grossi, più o meno lunghi, e in
mezzo a lunghe erbe spinose dove si tuffavano fino alle anche, un vero luogo
d'imboscate ove sarebbe stato difficile l'evitarle.
- Camminiamo
con prudenza - disse Sandokan al compagno - e rimani dietro di me. Vedendo la
tua testa nuda e le tue vesti a brani, si potrebbe benissimo scambiarti per la
Tigre e buscarti una fucilata malgrado la mia presenza. Gl'Inglesi sono
testardi.
Camminarono
per un quarto d'ora verso il nord, piegando alquanto verso l'occidente, senza
incontrare il nemico, attraversando numerosi torrenti sulle cui rive si
scorgevano le traccie di recenti passaggi, e giunsero a un piccolo sentiero
appena visibile, dove il Malese si cacciò lestamente allungando il passo. Quando
fu alla fine tese la mano e mostrando qualche cosa di oscuro:
- Ci siamo.
Ecco la capanna.
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