CAPITOLO
XXVI
Il
ritorno a Mompracem
Punito
l'insolente, libero ormai da ogni impaccio, quantunque mezzo ruinato, colle
murate cadenti, il ponte qua e là schiantato, le vele in più parti forate e
lacerate e le manovre danneggiate dai turbini di mitraglia, il prahos
riprese la corsa verso Mompracem colla velocità propria di quei leggeri legni
che sfidano i più rapidi clipper della marina dei due mondi. La
giovanetta dopo di essere stata presentata ai suoi compatrioti qual moglie
della Tigre fra il ruggito dei cannoni, affranta dalle fatiche fisiche e
morali, erasi affrettata a ritirarsi nella sua cabina e gustarvi un po' di
sonno, e tutti i pirati, passato il pericolo, ne avevano seguito l'esempio
guadagnando le oscillanti loro amache.
Sul ponte eran rimasti soli tre uomini: Giro Batoë che
fumava nella sua pipa seduto a poppa colla barra del timone in mano, e Yanez e
Sandokan che passeggiavano pel ponte, l'uno tranquillo come il solito e l'altro
invece cupo, malinconico, colla faccia scomposta e gli occhi che rifulgevano
come carboni accesi, fissi sul mare che brontolava spumeggiando al largo.
- Orsù,
Sandokan - disse improvvisamente il Portoghese, urtandolo. - A che diavolo vai
pensando che sei tetro? Rimpiangi forse quello che hai fatto per la giovanetta?
- No, Yanez -
rispose Sandokan, sussultando e con aria che invano sforzavasi far parere
tranquilla. - No, rimpiango il passato, ecco tutto. Credi tu che un pirata non
abbia un cuore per rimpiangere ciò che dovrà abbandonare per sempre? Guardando
questo mare che solcherò per l'ultima volta in questi luoghi, mi sento
commosso; guardando questo prahos che fra poco non rivedrò più mai mi
sento il cuore sanguinare, pensando che la Tigre morrà per sempre mi sento
invadere dallo spavento come seppellissero me stesso. È l'ultimo sospiro,
l'ultimo rimpianto di un cuore che si sente straziare. Ma ho giurato che morrò,
ho giurato che i pirati scompariranno da questi luoghi, che sarò tutto suo:
manterrò ciò che promisi.
- Ma dei tuoi
uomini che ne succederà, Sandokan? Senza la Tigre che li guidi, che sarà di
Mompracem, della nostra isola?
- Succederà
ciò che il destino aveva disposto. Essi abbandoneranno il mestiere,
dimenticheranno il passato come lo dimenticherò io, e Mompracem ritornerà muta
come lo era prima che la Tigre comparisse sulle sue coste: ecco tutto.
- Povera
Mompracem! - esclamò Yanez con profondo rammarico. - Io cominciava ad amarla
come fosse la mia vera patria.
- E io, credi tu che non l'amassi? Credi tu che non
amassi questo mare, questi legni, quegli uomini che mi chiamavano con orgoglio
la Tigre? Se io fossi capace di piangere, piangerei, ma non ho mai saputo che
sia lagrimare. Orsù, Yanez, il passato è morto, un altro avvenire ben
differente ci aspetta: quello preparatoci dal destino, seguiamolo. I pirati
scompariranno!
- Lo so. È
pur triste abbandonare questi luoghi ove noi eravamo i padroni, sparire pezzo a
pezzo, disperderci dopo tanti anni.
- Triste!
Triste! - ripeté il pirata con voce sorda e con una commozione di cui non si
sarebbe mai creduto capace.
- Ascolta,
fratello mio, quando noi giungeremo a Mompracem che pensi di fare tu? Non vi
rimarrai, lo so, ma dove andrài con lei?
- No, non vi
rimarrò più, io l'ho giurato a lei. Ah! se lei lo volesse, Mompracem tornerebbe
a brillare e tanto da offuscar per sempre Labuan che ora sta ingigantendo sulle
nostre ruine. Non lo vuole, ha paura del sangue, trema al fragor del cannone, e
sia. I pirati morranno per sempre nella mia isola. Se fosse un'altra donna,
l'abbandonerei, la sfuggirei dopo di averla ricondotta a Labuan, ma con lei non
saprei farlo, io l'amo troppo, tanto da anteporla a ogni cosa, tanto da
sacrificare i miei uomini e tanto che senza di lei, sarei capace di morire.
«Rivedrò
ancor una volta Mompracem, poi, quando il mare sarà libero, quando ogni tema
che si abbia a rapirmela sarà scomparsa, c'imbarcheremo e faremo vela...
- Per dove?
- L'ignoro,
Yanez: andrò dove lei vorrà; sia su di un'isola, sia nella lontana sua patria,
per me sarà lo stesso, purché andiamo lontani da questi luoghi che non sono più
per noi. Non credere, fratello, che io ciò faccia perché sia stregato. No, gli
è solo perché sono diventato un altro uomo, perché sento d'amarla furiosamente,
e accanto a lei mi pare d'essere felice, oh! sì, mille volte felice. Tutto il mondo,
per me, sta rinchiuso in lei, e in lei sola.
- Ti
comprendo, Sandokan. Guarda, pur io che non ho mai amato, mi sentirei capace di
fare per lady Marianna quanto sei capace di far tu.
- Lo sapevo,
Yanez, che anche tu l'avresti adorata. Ella affascinerebbe Dio e il diavolo.
Il pirata
abbandonò bruscamente il Portoghese, fece alcuni passi pel ponte, guardandolo
fisso verso l'est, poi tornando verso di lui,
- Yanez -
disse, cangiando tono. - Credi tu che le giacche rosse verranno ad
assalirmi nella mia isola? Guarda, ho delle idee sì strane quest'oggi che la
tengo stretta nelle mie braccia quell'adorabile fanciulla, che mi sgomentano in
un modo nuovo. Io che non ho mai avuto paura, si direbbe che quest'oggi provo
un sentimento di timore. Non so, forse saranno ubbie, ma mi sembra di veder
buio e molto buio a me d'intorno.
- E non ti
nasconderò che anch'io ho i miei timori, Sandokan – rispose Yanez. - Non voglio
credere che il lord abbia a rassegnarsi a lasciare l'unico rampollo dei conti
Guillonk nelle mani di un pirata, quale sei tu. Temo che egli abbia a tentare
un disperato assalto contro Mompracem, e probabilmente fra non molto.
- Credo che
tu abbia ragione, ma la tana della Tigre sarà inespugnabile! Giammai Olandese,
o Inglese, Spagnolo, o Bornese, ardì approdare alle temute coste della mia
Mompracem, e voglio sperare che il maledetto da Dio, per quanto l'ira lo spinga
e gl'infonda coraggio, non lo tenterà. Aspetta che noi giungiamo all'isola e mi
vedrai all'opera. Io fortificherò tanto il villaggio, da far dare indietro
anche la flotta riunita dell'Inghilterra e dell'Olanda.
- Avresti per
caso cangiato idea?
- Che vuoi
dire?
- Tu parli di
trincerarti così bene, da credere che tu abbia abbandonato il progetto
d'abbandonare Mompracem.
Un amaro sorriso
sfiorò le labbra della Tigre.
- No -
diss'egli - non rimarrò nel mio nido per sempre. La Tigre della Malesia, te lo
dissi ancora, non è più l'uomo d'una volta. Me ne starò a Mompracem in attesa
degli Inglesi, e quando li avrò battuti, quando avrò fatto saltare le ruote dei
loro ferrati vascelli, in modo che non sieno capaci di inseguirmi e
d'abbordarmi in alto mare, spiegherò le ali e me ne andrò.
- E se gli
Inglesi fossero di già sbarcati, a Mompracem? Ti ricordi ciò che disse
quell'ufficiale, dietro le palizzate del parco?...
Sandokan lo
guardò fisso, mostrando i denti.
- Ebbene -
diss'egli - m'avvicinerò all'isola colle dovute precauzioni. Se l'hanno presa,
veleggerò al sud. Guai al vascello che ardirà seguirmi. Guai a lui!...
Volse
improvvisamente le spalle al Portoghese e andò a prua, appoggiandosi alla
murata, guardando fissamente il mare che gorgogliava quasi ai suoi piedi. Un rauco gemito gli uscì dalle labbra
e si strinse il capo fra le mani.
- Ah! -
esclamò egli, quasi ferocemente. - È atroce abbandonare questo mare nel quale
vissi tanti anni, questo mare che amava come fosse sangue delle mie vene, che
idolatrava, che chiamava mio, mio! Povero mare, dovrò lasciarti per sempre!
«Non udrò più
mai il tuo ruggito che era la voce a me più cara dopo il rombo del cannone, non
affronterò più le tue tempeste che erano simili alle ire della mia anima, non
ti darò più sangue delle mie vittime, perché io sono stregato, perché io sono
come morto! Eri mio e diverrai di loro, perché il nodo che ci univa si è
spezzato sotto il sentimento dell'amore e un abisso senza fondo fu dischiuso
fra di noi due!
«Va! presto
non ci vedremo più! Questi luoghi saranno morti perché il ruggito della Tigre
si soffocherà, perché i suoi prahos non solcheranno più le tue onde, perché
il cannone tacerà per ogni dove, perché i pirati saranno scomparsi. Diverrai un
pacifico mare senza furore, senza fragori, bagnando le coste di Mompracem
domate; non avrai più quei fumiganti rottami che io ti dava un tempo quasi ogni
dì, non sarai più accresciuto dal sangue delle vittime, non sarai più il mio
mare, perderai il tuo amico, il tuo fratello, rimarrai solo! Tu piangi, tu
spumeggi dinanzi la prua del mio ultimo prahos piratesco, ti lamenti, i
pesci come te si lamentano, il vento geme e io credi tu che non pianga al
pensiero di non vederti più mai? Guarda, io soffro più che mi si strappasse la
carne a brani!
«È deciso che
io abbia a morire fra le braccia della fanciulla che mi ha strappato dalle tue,
che abbia a morire lontano lontano dai tuoi amplessi, senza più udire la tua
voce che allettava la mia anima nei tempi che ero il signore di Mompracem, e
chi sa in quali terre straniere, ove mi avranno trascinato i sentimenti
dell'amore. Vi ha qualche cosa che mi si arresta alla gola, del dolore che
empie il mio cuore, qualche lagrima che bagna gli occhi dell'antico pirata.
«Le gioie che
ho provato accanto a te, quelle gioie che mi rendevano qualche volta felice in
mezzo ai miei trionfi di sangue, non le proverò più, mai più! Morrà la mia
potenza, come morrà la mia e tua voce e per sempre! E tutto per lei!...
Il pirata si
curvò verso le onde, che continuavano a spumeggiare dinanzi alla prua del prahos,
guardandole con occhio intenerito, ascoltando i gorgoglii di esse, e sospirò.
Forse in quel momento rimpiangeva l'istante il cui destino l'aveva trascinato
sulle spiaggie di Labuan e l'istante in cui aveva amato la fanciulla. Egli si
passò la mano sulla fronte come per iscacciarsi i neri pensieri che
l'assalivano e qualche cosa di umido brillò nei suoi occhi.
- Tutto per
lei! - continuò egli. - Per la fanciulla abbandonerò ogni felicità del passato,
dimenticherò questi luoghi pur cari anche pel cuor di un pirata, i miei legni
che amava come fratelli, Mompracem che riguardava come la mia gloria, la mia
potenza, dimenticherò la mia isola, il mio nome guadagnato a prezzo di cento
vittime e di fiumi di sangue, dimenticherò i miei poveri tigrotti che tanto mi
amarono, e infine troncherò la mia tremenda vendetta contro coloro che
assassinarono e mia madre, e i miei fratelli e le mie sorelle, contro coloro
che mi precipitarono dal trono al fango!...
«Non più vita
agitata, non più lotta, non più massacri e sangue da bere, non più armi, non
più ruggiti di cannoni, né odor di polvere. Una capanna nel fondo d'una foresta,
un sorriso per le gioie, un bacio pei deliri!...
La sua fronte s'aggrottò, poi si spianò e lo sguardo
poco prima fiammeggiante si spense. Egli portò le mani agli occhi, girò su sé
stesso per qualche istante, poi si avvicinò al boccaporto di poppa e discese
senza far rumore nella cabina attigua a quella di Marianna. S'arrestò sospeso,
udendo parlare.
- No, no -
diceva con voce affannata la giovanetta. - Lasciatemi... lasciatemi che sono di
lui, della Tigre della Malesia... Perché volete separarmi, perché volete
strapparmi dal suo fianco quando ha giurato d'amarmi?... No, no, non voglio
William: mi fa paura, l'odio, lo esecro... Via tutti, non voglio vedervi mai
più, sono della Tigre!...
Il pirata
sospirò e scosse il capo. Il suo sguardo s'intenerì.
- No,
Marianna, no, non li vedrai mai più! - mormorò egli. - Non aver paura, anima
mia, che sono qua io a difenderti, io, la Tigre!
Aprì la porta
della cabina che dava in quella di lei e guardò. La giovanetta dormiva
respirando affannosamente, agitando le mani fra le tappezzerie che la
coprivano. Il pirata la contemplò con indefinibile dolcezza, colle braccia
incrociate, anelante, cogli occhi fissi sul volto di lei, beandosi come fosse
trasportato in un nuovo mondo, attirato, affascinato. Egli indietreggiò a lenti
passi.
- Sogna -
mormorò egli. - Guarda! Chi direbbe che non è divina? Sì, sprofondi Mompracem,
scompaiano i pirati, precipiti il mare nelle viscere della terra, muoia per
sempre la Tigre! Sì, sarò maggiormente felice accanto a lei!
Il pirata fu lì
lì per precipitarsi verso la giovanetta e stringerla fra le braccia, ma si
frenò, e quantunque la voluttà cominciasse a invaderlo da fargli girar il capo,
si ritirò con quella potente volontà che sapeva dominar le più ardenti passioni
e tornò nella sua cabina.
- No -
mormorò egli con quell'accento risoluto che non ammetteva esitanze, né
debolezze - no, non è ancora mia. So che mi ama, che comprende il gigantesco
sacrificio del pirata che portava il nome di Tigre della Malesia, non basta?
Quando sarò lontano da questi luoghi, in altre terre, sarà mia, tutta mia, me
lo ha detto, lo sento, come io ho detto che sarò suo.
«Avrò ancora
da lottare co' miei nemici, lo so. Essi cercheranno con tutti i mezzi possibili
di rapirmela per dare l'ultimo colpo al pirata di Mompracem, ma lotterò con
tutte le forze di cui era capace l'antica Tigre, mostrerò ad essi, che se era
formidabile nei tempi passati quando sol trattavasi di sangue e di saccheggi,
sono ancora tale per difendere ciò che io chiamo la mia esistenza, la mia
felicità. Poi morrò, morrò per sempre, che monta? Sarà una nuova vita per me,
accanto a quella creatura sublime, e chi sa, forse più dolce, più felice di
quella passata, e senza vittime e senza sangue.
Il pirata si
mise a girare nella stretta cabina, ora truce in volto e ora col sorriso sulle
labbra, porgendo di tratto in tratto ascolto all'affannoso respiro della
giovanetta. Si arrestò tre o quattro volte colla testa fra le mani, quasi
volesse soffocare i pensieri che l'assalivano suo malgrado, poi salì in
coperta.
Il prahos
filava sempre ma con lentezza. Il vento era caduto, soffiava a tratti
irregolari, tondeggiando debolmente le grandi vele, che finivano a poco a poco
collo sbattere e cadere lungo i triangolari alberi come fossero senza vita.
- Il malaugurato
congiurerebbe anche esso contro di me? - mormorò Sandokan, gettando uno sguardo
sul mare.
Egli guardò
l'equipaggio che s'affaccendava contro le murate sfondate, dietro il ponte qua
e là schiantato, cercando di porre un po' d'ordine a bordo e rinnovando le
manovre danneggiate dalla mitraglia del nemico, e si avvicinò al Portoghese
che, curvo sulla ribolla del timone, guardava attentamente all'oriente,
difendendo gli occhi dal raggio del sole con ambe le mani.
- Credo che
tu giunga a proposito, Sandokan - disse Yanez voltandosi verso di lui. - Mi
pare che questa volta le nubi si accavallino sull'orizzonte più del solito,
malgrado il sole.
- Delle nubi?
- disse Sandokan, guardando il cielo che era puro. - Dove le trovi tu, Yanez,
che non sono capace di vederne una?
- Tu non
comprendi; guarda laggiù diritto la punta della tua bandiera, non vedi tu
all'orizzonte qualche cosa, che un occhio pratico direbbe fumo? Corpo di un
satanasso! Non m'inganno io, è mezz'ora che ho notato quel pennacchio nebbioso.
Sandokan, facendosi un paraocchi con le mani, osservò
con qualche inquietudine il punto indicato.
- Sì -
diss'egli, dopo qualche istante di osservazione. - Vedo un pennacchio
grigiastro che mi ha tutta l'apparenza di essere fumo.
- È fumo di
carbon fossile, Sandokan, te lo posso assicurare.
- Un
piroscafo adunque? Vuoi che quelli di Labuan si sieno di già messi in mare per
darci la caccia? Non è possibile, non lo posso credere. Ah! Se essi venissero
ad assalirmi in mare...
- Che
faresti?
- Che
farei?... Tuoni di Dio! La Tigre berrebbe tutto il loro sangue! Tutto, fino
all'ultima goccia.
- Uhm! Siamo
debolucci, fratello mio. Non vorrei che il nostro prahos subisse un
secondo bombardamento. È vero che noi abbiamo ancora in fondo alla stiva
qualcuna di quelle brave bombe che fecero saltare le ruote al colosso di ferro,
ma!... Tò! E se quello laggiù fosse il piroscafo di questa notte?
- È
impossibile che sia lo stesso, Yanez. Gli ho fatto un'avaria troppo grossa, per
potersi servire delle sue ruote. Anche se fosse riuscito a turare la falla, e
avesse spiegato le sue vele, sarebbe difficile ammettere che egli ci fosse sì
vicino. Quei legni là, coi loro scafi di ferro, camminano assai male col vento.
- Eppure è
fumo, e siccome, che io sappia, non vi sono vulcani in questi paraggi, bisogna
dire che quel fumo proviene da un vascello a vapore.
- Non
v'ingannate, capitano Yanez - disse Giro Batoë, che si era avvicinato. -
Guardate come quel pennacchio sale diritto e sottile. Esce da una ciminiera
bella e buona.
- Tanto peggio
per lui - rispose Sandokan. - Incontrerà la Tigre, ma la Tigre smaniosa di
venire alle mani, la Tigre assetata di sangue e affamata di carne umana. Al
piroscafo ho fatto saltare una ruota, a quello che ci insegue farò saltare la
polveriera. Ve lo giuro.
«Finché sono
in questi mari, sento di possedere il braccio e la ferocia dell'antica Tigre di
Mompracem, sento di essere invulnerabile, sento di avere tanta forza da far
tremare ancora Labuan e di empire questi flutti che poco fa si lamentavano
dinanzi la prua del mio prahos, di rottami e di cadaveri.
- Sta in guardia, fratello - disse Yanez. - Non sono
più i tempi da commettere pazzie. Le palle volano sempre, e senza darne
l'avviso, tu ben sai, e una potrebbe colpire anche la Tigre quantunque si creda
invulnerabile, e fors'anche colpire lady Marianna.
«Difendiamoci,
e difendiamoci bene, ma senza lasciare che quei legni, che di solito sono irti
di cannoni e zeppi d'armati, si avvicinino di troppo. Non dimenticare che
abbiamo a bordo tredici soli tigrotti, tredici coraggiosi che non temono né Dio
né il diavolo, ma infine sempre pochi.
- E non
bisogna neppur dimenticare, che a Mompracem ve ne sono pochi di buoni -
aggiunse Giro Batoë. - Bisogna risparmiare più che sia possibile gli uomini, se
si vuole essere tanto forti da tenere in scacco gl'Inglesi che ci assalirono
nel nostro villaggio.
- Credi tu
adunque, che le giacche rosse verranno ad attaccarci? - chiese Sandokan.
- Certamente, Tigre, e ci scommetterei tutto il
peculio che tengo nella mia capanna. Il lord mi pare che sia uno di quegli
individui che non perdonano certe cose. Gl'Inglesi avranno paura a seguirlo, è
da indovinarsi, poiché malgrado la loro potenza Mompracem è ancora più forte di
Labuan. Ma l'oro vincerà la paura.
Sandokan fece
un cenno affermativo col capo, ma non aprì labbra. Egli guardava fissamente il
pennacchio grigiastro. Non aveva paura tuttavia provava qualche inquietudine,
nel vederlo avvicinarsi sempre più. Non per sé, ma per Marianna, che temeva gli
venisse sempre ripresa.
- Guarda,
Yanez - disse d'un tratto. - Non iscorgi tu, in mezzo a quella colonna di fumo,
un'asta che si direbbe un albero senza pennoni?
- Sì,
fratello mio, e vi ha di più, che per quanto giri lo sguardo non sono capace di
vederne che uno solo. Olà! Giro Batoë, tira un'occhiata anche tu che hai
l'occhio di lince.
Il Malese
aggrottò le sopracciglia e guardò attentamente coi suoi piccoli occhi neri,
dotati di una potenza visiva assai forte.
- È un albero
senza antenne - disse egli - ed uno solo con un nastro sulla cima.
- Allora non
può essere un piroscafo.
- Sarà una
cannoniera.
- Sì - disse
Sandokan. - Ecco là che comincia a spuntare il ponte di comando assai elevato,
la ciminiera, e la prua assai bassa tagliata ad angolo retto. Ohe! Vorrebbe per
caso tentare d'attaccarci e riuscire là dove un piroscafo sei volte più grosso
fu vinto?
- Una
cannoniera! - esclamò una voce dolce ma che non tremava, a lui accanto.
Il pirata si
volse, rapidamente e si trovò dinanzi a Marianna, che lo guardava sorridendo.
- Ah! Sei tu,
Marianna! - diss'egli, stringendosela al cuore con gesto appassionato. - Ti
credeva ancora addormentata nel tuo nido.
- Oibò! Mi
credi adunque una donna che muore di paura?
- No, no, lo
so che tu sei forte e intrepida. Ti ho veduto affrontare audacemente la tigre
di Labuan e ciò basta. E hai proprio bisogno di essere coraggiosa, Marianna.
- Ci minaccia
forse qualche nuovo pericolo?
- Chi sa?
Abbiamo da lottare e da lottare molto, da soffrire e da soffrire molto ancora
per essere felici. Gli uomini della tua razza, ne ho la certezza, verranno ad
assalirci per istrapparti dalle braccia della Tigre.
- Oh! Non
parlare così, Sandokan! - esclamò vivamente Marianna. - Ma perché vuoi che essi
vengano a separarci, quando io dirò a loro che rinnego la mia nazionalità e che
vicino a te sono felice? Perché?
- E me lo
chiedi? - disse Sandokan emettendo un doloroso sospiro. - Dimentichi che tu sei
l'ultima dei conti Guillonk e che io sono un pirata?...
- Ma non lo
sarai più, non è vero, Sandokan? Ed essi comprenderanno che con me tu diverrai
un altro uomo, che la Tigre scomparirà dai mari della Malesia.
- Sì,
fanciulla divina, sì, la Tigre morrà colla sua isola, coi suoi tigrotti -
rispose Sandokan con voce amara. - Ma essi, credi tu che per questo ci
lascieranno in pace? No, verranno a bombardarci coi loro cannoni e a
moschettarci colle loro carabine. Ma non tremare, Marianna, non avere paura che
essi abbiano a prendermi ed a rapir te. Io sento d'essere capace per te di
pugnare col mondo intero. Ti porterò nella temuta mia isola, nella mia
Mompracem, e là non avranno il coraggio di cannoneggiarci. La Tigre nel suo
covo è inattaccabile!
Marianna lo
guardò con profonda ammirazione, ma i suoi occhi tradivano le inquietudini
dell'anima. Il pirata comprese ciò che passava nella mente di lei. La prese, la
trasse a sé vicino, e con voce bassa e risoluta:
- Ti
comprendo, Marianna - le disse. - Tu hai paura di Mompracem, ma non vi rimarrai
per molto tempo. Passato ogni pericolo, noi l'abbandoneremo e non la rivedrò
più mai!... più mai!...
- Sì, mio
adorato Sandokan, non rivedremo più mai né Labuan né Mompracem - mormorò la
giovanetta emettendo un profondo sospiro. Un rauco gemito uscì dalle labbra del
pirata e l'abbronzato suo volto si alterò dolorosamente.
- Più! Più! -
ripeté egli con voce che invano sforzavasi di render ferma. Le sue mani
passarono più volte sulla sua fronte imperlata di sudore e stranamente
aggrottata, poi si tesero verso la cannoniera che avanzava a vista d'occhio.
- Non è che
una cannoniera - disse poi cangiando tono. - Non ci farà male di sorta: noi
siamo dieci volte più forti di essa.
- Credi tu
che ci assalirà?
- Forse, ma
sarebbe pazzia, Marianna. Vieni a vederla.
Egli condusse
la giovanetta a poppa. La cannoniera era lontana allora un quattro o cinque
miglia, quindi perfettamente visibile.
Poteva essere
della portata di un centocinquanta tonnellate, bassa di scafo, colla poppa
quasi a livello delle onde, il ponte di comando assai elevato e un solo albero nel
mezzo sprovvisto di antenne e di grisolle. Si scorgeva pochissimo equipaggio in
coperta e portava un sol cannone a poppa di poco superiore a quelli del prahos.
- È uno di
quei legni che battono le coste per difenderle dalle irruzioni dei pirati -
disse Yanez, avvicinandosi a Sandokan. - Rapidi finché si vuole, ma impotenti
per misurarsi coi prahos di Mompracem.
- Tuttavia mi pare che si diriga verso di noi -
osservò Giro Batoë che stava al timone.
- Per
conoscerci da vicino e se fosse possibile per arrischiare un attacco. Non
bisogna dimenticare che sulla testa di mio fratello Tigre pesa una taglia di
mille sterline. È una bella sommetta che potrebbe tentare quei gaglioffi.
- Ma quella
cannoniera là non porta bandiera inglese - disse Sandokan che da qualche
istante la osservava con profonda attenzione.
- Oh! Oh! -
fe' Yanez. - Vi si immischierebbe forse qualche altra nazione?
- È una
bandiera olandese - affermò Giro Batoë. - Per Allah! non m'inganno io.
- Olandese! -
esclamò Marianna. - Ma come mai gli Olandesi si collegano con quelli di Labuan?
- È cosa
facile a spiegarsi - rispose Sandokan. - Noi siamo pirati, e tutte le nazioni
si son messe d'accordo per estirpare la pirateria che essi chiamano un flagello
bello e buono. Gli Olandesi, gl'Inglesi o anche i compatrioti di mio fratello,
quantunque non troppo calorosamente, ronzano attorno a Borneo. Il piroscafo ci
ha additati alla cannoniera e questa ha creduto bene di tentare la caccia.
- To',
guarda, Sandokan, non lo dicevo io? - disse il Portoghese. - Ecco la valente
cannoniera che diventa prudentissima.
Infatti il
legno da guerra aveva a poco a poco rallentata la corsa. Procedette per qualche
tratto, bordeggiando a dritta e a sinistra come indeciso, poi virò bruscamente
di bordo e s'allontanò dirigendosi al nord-ovest. Dieci minuti dopo era tanto
lontano da essere fuori di portata dei cannoni del prahos.
- Si vede che
non si sente tanto forte da cimentarsi con noi - disse Sandokan. - D'altronde è
meglio così tanto pel nostro prahos quanto per lui. Non avrei dato una
sterlina delle sue ruote.
- Non credere però, che quella furba di cannoniera
abbia a lasciarci - osservò Yanez. - Io scommetterei che la birbona, pur
tenendosi a debita distanza, non ci perderà di vista e non si lascierà sfuggire
l'occasione propizia per gettarsi improvvisamente su di noi. Guarda, Sandokan,
ecco che torna a virare e che ci si mette alle calcagna.
Il Portoghese
aveva detto il vero. La cannoniera aveva fatto un fronte indietro e si era
slanciata dietro al prahos che filava rapido come una freccia, e per
tutto il giorno lo seguì ostinatamente.
Nessuno però
ebbe a inquietarsi della sua presenza, ben sapendo che se avesse avuto la
temerità d'assalirli, avrebbe avuto indubitatamente la peggio. Nemmeno Marianna
ebbe paura, rassicurata dalla presenza della Tigre e dei suoi formidabili
tigrotti.
La giornata
passò senza incidenti, e la sera venne senza che la felicità dei due amanti
venisse in nulla turbata.
- Marianna -
disse Sandokan, quando il sole si tuffò nelle onde. - Puoi ritirarti nel tuo
nido senza timori. Quella malaugurata cannoniera per questa notte non ci darà
fastidi, ne son sicuro, e meno domani che saremo in vista della nostra isola.
Va, io veglierò e, dopo di me, veglierà mio fratello Yanez. Sarà l'ultima notte
che tu rimarrai rinchiusa nella stretta tua cabina: domani riposerai nel covo
della Tigre sulla inaccessibile rupe della temuta mia Mompracem.
Egli la baciò
in volto nel mentre che le onde mormoravano dolcemente a prua e che la brezza
gemeva fra gli attrezzi del legno, poi, mentre ella scendeva la stretta scala,
andò a sedersi a poppa prendendo egli stesso la ribolla del timone in mano. I
suoi occhi si fissarono sulla cannoniera che fumava a mezzo miglio di distanza,
né si staccarono più, nemmeno un momento, nemmeno un atomo.
Alla
mezzanotte egli era ancora là e non avrebbe abbandonato quel posto se il
Portoghese non fosse venuto in persona per surrogarlo.
- Vattene a dormire, Sandokan - disse Yanez traendolo
da poppa quasi con violenza. - Tu hai bisogno di riposare; non scordarti che
Mompracem ha ancora bisogno della sua Tigre, ma della Tigre forte, terribile,
come lo era una volta.
- Hai ragione
- rispose Sandokan guardando un'ultima volta i fanali della cannoniera. -
Fratello, dei pericoli vagano fra le ombre della notte; fa in modo che questi
non t'abbiano a cogliere alla sprovveduta. Vigila, ma vigila come vigilai io.
Tu sai che trattasi di Marianna, vale a dire di ciò che ho più caro al mondo;
io diverrei pazzo se accadesse disgrazia a lei.
- Fingerò di
essere innamorato della lady - disse Yanez sorridendo. - Che vuoi di più?
Nessuna mossa della cannoniera sfuggirà ai miei occhi per quanto le tenebre
possano diventare fitte. Orsù, vattene a dormire.
Il pirata
s'allontanò, scese nella cabina senza far il minimo rumore per la tema di
svegliare la giovanetta, e dopo essersi assicurato che costei dormiva, si gettò
nella sua amaca colla speranza di trovarsi all'alba sotto le coste di
Mompracem.
Tutta la
notte però fu agitatissimo. Sogni spaventevoli lo svegliavano di frequente e
l'ansietà impedivagli di ripigliare il sonno per quanto tentasse di chiudere
gli occhi. Più volte si alzò e si accostò alla tramezzata che dividevalo dalla
cabina di Marianna per udire se respirasse o se era proprio vero che non gli
era ancora stata rapita, più volte s'accostò allo sportello che guardava il
mare tentando vedere la cannoniera e più volte infine in preda a timori e ad
angoscie inesplicabili si spinse fino sul ponte per assicurarsi coi propri
occhi che Yanez e i tigrotti vegliavano e che nessun pericolo minacciava il suo
legno.
Non pigliò
sonno che verso il mattino, ma fu di breve durata. Fu improvvisamente svegliato
dal Portoghese che scendeva con fracasso la scala.
- Sandokan! -
gridò questi. - Salta in piedi che siamo in vista di Mompracem. Per mille
fulmini! Vi ha la rivoluzione laggiù!
- Mompracem!
La rivoluzione? - esclamò il pirata saltando giù dall'amaca. - Che è mai
successo?
- Che vuoi
che ne sappia io? Mi pare che sia tutto sottosopra.
- Che dici? Avrebbero
gl'Inglesi effettuato la minaccia? Yanez!...
- Ho paura
Sandokan che abbiano bombardato Mompracem!
La Tigre
emise un ruggito d'ira e di dolore. Arretrò di due passi colle mani nei
capelli, poi infilò la scala, giunse sul ponte e si precipitò a prua dove si
erano aggruppati i suoi tigrotti.
Il sole era
allora levato e mostrava Mompracem lontana appena due miglia. Sandokan,
abbassando gli occhi verso la marina, vide che mezzo villaggio era ruinato, e
che dei quindici o diciotto prahos che dovevano galleggiare nella
piccola rada più che mezzi mancavano, e che tre o quattro giacevano arenati sul
lido, senz'alberi, senza manovre e coi ventri squarciati, frantumati.
Alzò gli
occhi verso la gigantesca rupe, ma sulla cima vide ancora appollaiata come
aquila la sua gran capanna, sulla quale ondeggiava ancora superba la rossa
bandiera della pirateria ornata da una testa da morto. Egli respirò.
Riabbassando gli occhi scorse sul lido una quarantina
di pirati che andavano e venivano, affaccendandosi dietro le palizzate
semi-infrante, dietro ai terrapieni scombussolati, dietro alle trincee e alle
batterie in gran parte cadenti o distrutte.
- Vedi? - gli
chiese Yanez che lo aveva raggiunto. - Guarda là, quanti prahos
mancanti, quanti cannoni smontati, quanti rottami accumulati sulle batterie e
quante breccie nei bastioni.
- Vedo -
disse Sandokan con voce sorda.
- Gl'Inglesi hanno approfittato della nostra assenza
per tentare la distruzione del covo della Tigre. Hanno bombardato da capo a
fondo il nostro villaggio.
Sandokan
emise un profondo sospiro.
- Ah! -
mormorò egli con accento straziante. - La mia potenza, il mio nome, la mia
fama, si sono spente!... E spente per sempre!...
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