CAPITOLO
XXXIV
L'ultima
pugna della Tigre
Le Tre Isole apparivano a tre o quattro miglia di
distanza, appena appena visibili per la profonda oscurità. Nessun fuoco
brillava sulle dirupate loro coste e nessuna nave, per quanto i pirati
girassero attorno i loro occhi, veleggiava nelle loro vicinanze. Isole e acque
parevano deserte e addormentate.
Sandokan,
appena si fu accertato che erano propriamente esse, comandò di ammainare le
vele e agli altri prahos d'avvicinarsi bordo contro bordo. Compiuta
l'unione dei tre legni, fece subito innalzare sugli alberi di maistra la gran
bandiera del Sultano di Borneo, e portare le artiglierie sul suo prahos
più grande, più solido e quello portava tutti i suoi tesori.
Dei
quarantasei uomini che aveva, quaranta passarono sul suo ponte, dopo di essersi
camuffati alla meglio tanto da passare per marinai e guerrieri di Varauni.
- Compagni -
diss'egli chiamandoli attorno e intimando a loro il più assoluto silenzio. - La
partita che noi giuochiamo è terribile, non dimenticate che sarà l'ultima pugna
che imprenderà la Tigre della Malesia, quindi l'ultima volta che noi ci
troveremo di fronte alle giacche rosse, e l'ultima occasione che ci si
presenta per vendicare e coloro che furono assassinati lungo le coste di Labuan
e coloro che vennero sventrati sulle coste di Mompracem. Voglio vedere sangue,
mi capite, e tanto sangue da coprire l'onta che subimmo sulla nostra isola.
- Sì, sangue,
torrenti di sangue, fiumi di sangue! - mugolarono ferocemente i tigrotti. -
Tanto sangue da arrossare il mare della Malesia!
- Abbiamo la
nostra regina da strappare dalle mani dei nostri nemici: Marianna Guillonk, mia
moglie!
- Ve la
daremo; dovessimo morir dal primo all'ultimo.
- Sta bene.
Silenzio ora, e tutti pronti a intavolare la pugna; appena che io darò il
segnale tutti sul ponte del piroscafo. Nessun Inglese sfuggirà alla nostra
vendetta.
- Contate su
noi - risposero in coro i tigrotti.
Sandokan fece
cenno a metà di loro di scendere nella stiva, per non allarmare con tanta gente
il piroscafo, poi comandò agli altri due legni di prendere il largo e di
tenersi lontani dalle Tre Isole più che fosse possibile, per non venire presi.
- E ora -
diss'egli volgendosi a Inioko, che aspettava i suoi ordini, - volgi la prua
alle Tre Isole e andiamo alla baia. Il piroscafo è là.
Le vele
vennero nuovamente sciolte e il veloce legno, silenzioso come un fantasma, si
diresse verso la prima isola, al sud della quale aprivasi una baia profonda. I
pirati rimasti sul ponte, puntati i cannoni e prese alcune disposizioni per
poter abbordare il legno caso mai che venissero riconosciuti, si stesero sul
ponte coi kriss fra le labbra e le carabine a portata della mano.
- Yanez -
disse Sandokan. - Vammi a scrivere questa lettera.
- Qui viene
il buono - disse il Portoghese. - Se il luogotenente per avventura conoscesse
la scrittura del lord?
- Non gli
lascierai vedere la lettera. La consegnerai nelle mani di Marianna.
- Si fa presto
a dirlo, ma sarà difficile a farlo. Se quell'animale di comandante non me lo
permettesse? Chi sa, potrebbe darsi che sospettasse di me.
- Quando tu
dirai di aver ricevuto dal lord il comando di consegnare la lettera nelle mani
di lady Marianna, vedrai che il luogotenente ti lascierà fare. Tu sai che gli
ordini superiori non si alterano a bordo dei legni inglesi.
- Ti credo,
fratello mio, ma non do due piastre della mia pelle. E infine che vuoi che io
scarabocchi?
Sandokan per
alcuni istanti meditò.
- Odi - disse
poi. - Potrebbe darsi che il luogotenente, per precauzione o per qualche altra
ragione, avesse ad accompagnarti nella cabina, e impedirti così di parlare con
Marianna. Scriverai quindi sulla lettera che noi siamo pronti a dare
l'abbordaggio al vascello e che stia in guardia.
- Eccomi qua
un nuovo impaccio dinanzi agli occhi - disse Yanez.
- Quale?
- Se il
luogotenente restasse anch'egli nella cabina, come potrò io barricarmi?
- Hai un kriss:
lo caccierai fino all'impugnatura nella schiena di lui.
- Tu parli
con una sicurezza tale da far credere che tutto sia facile.
- È l'ultimo
colpo che tentiamo, Yanez.
- Hai
ragione, Sandokan. Orsù, siamo forti anche nell'ultimo colpo.
Sandokan gli
prese la mano e gliela strinse commosso.
- Ah! quanto
sei buono, Yanez! - esclamò egli.
- Lascia
stare le lodi, fratello mio - disse il Portoghese sorridendo. - Animo, conduci
il prahos in porto. Prima che vi arriviamo, la lettera sarà finita.
Il bravo Portoghese sparve pel boccaporto di poppa e
Sandokan si portò a prua cogli occhi fissi sull'isola più vicina, e
precisamente all'ingresso della baia che aprivasi verso il sud fra una doppia
fila di scoglietti madreporici.
Il prahos
continuava ad avanzare lentamente colle vele terzarolate e la gran bandiera del
Sultano di Borneo spiegata sulla cima dell'albero maestro. Esso giunse dinanzi
alla baia nel momento che il sole usciva dal mare, rischiarando quasi
improvvisamente le Tre Isole. I pirati scattarono in piedi.
S'udì tosto
un grugnito di gioia; ogni mano si portò istintivamente alle impugnature delle
scimitarre e dei kriss. Qualcuno afferrò la carabina, e qualche altro la
miccia dei cannoni.
- Silenzio! -
comandò la Tigre della Malesia.
Proprio nel
mezzo della baia stavasene ancorato il piroscafo; la bandiera inglese
ondeggiava sul picco dell'albero di mezzana e dalla ciminiera usciva un legger
pennacchio di fumo grigiastro. Sandokan riconobbe subito in quel piroscafo
quello stesso che lo aveva assalito sotto le coste di Mompracem e che lo aveva
fatto prigioniero. Tremò tutto.
- Là vi ha la
mia fidanzata - mormorò egli cupamente. - Là vi sono quei cento Inglesi che mi
schiacciarono: bene, fra un'ora vedrò cento cadaveri dissanguati, orribilmente
mutilati dalla mia scimitarra.
Si volse ai suoi tigrotti, che guardavano trucemente
il naviglio.
- Egli è là -
diss'egli. - Lo vedete?
- Lo vediamo
- risposero con impeto feroce i tigrotti.
- Là trovasi
la moglie della Tigre della Malesia, quella che voi gridaste regina di
Mompracem.
- La
libereremo per ritornarla alla Tigre.
- Non basta.
Io odio quegli uomini.
- Noi li
esecriamo, Tigre, e abbiamo sete di sangue.
- Che nessuno
ci sfugga. Io lo comando.
I tigrotti
risposero con un mugolio furioso.
- Vogliamo
sangue! Vogliamo cadaveri! Vogliamo vendetta! - risposero ad una voce.
- Bene, voi
avrete tutto ciò che chiedete. Yanez!
Il Portoghese
comparve, portando la lettera. Egli era camuffato da capitano di marina
bornese, con un gran turbante in capo ed una bella casacca verde in mezzo alla
quale campeggiava lo stemma del Sultano.
- Il
piroscafo? - chiese egli, mettendo piede sul ponte.
- Il
maledetto dorme all’âncora - rispose Sandokan. - Il lord non è ancora arrivato,
ma potrebbe trovarsi qui fra pochi momenti: è quindi di assoluta necessità che
noi abbiamo ad agire subitamente.
- È giusto,
fratello mio. Orsù allora, spicciamoci. Io salgo a bordo del legno, e al primo
fischio voi date l'abbordaggio; siamo intesi, ma, per Giove! non tardate. Se il
colpo non riesce, tu lo sai che io non uscirò vivo dalla cabina della lady.
- Fidati di
me, Yanez. Sento d'essere ancora una volta la Tigre della Malesia: si tratta di
liberare Marianna, la mia fidanzata, più ancora, mia moglie, e ciò basta. Ho il
sangue che mi bolle, ho indosso una smania furiosa di uccidere, di scannare, di
sbranare.
- Andiamo,
vattene sotto coperta con Ladgia, e voi, tigrotti miei, giù quelle armi e
componete un po' cristianamente i vostri musi feroci. Bisogna che gl'Inglesi
non abbiano a sospettare di nulla.
Sandokan gli
strinse fortemente la mano.
- Coraggio,
Yanez. Giuoco la mia ultima partita.
- Arrivederci
sul vascello nemico in mezzo a un monte di cadaveri! Strinse fra le braccia la
Tigre della Malesia e Ladgia, poi si slanciò a prua, gridando:
- Inioko,
metti pur la prua dritta al piroscafo. Coraggio, tigrotti! Abbiamo lassù un
fiume di sangue da bere.
Il prahos
veleggiò subito verso la baia. Oltrepassò la doppia fila di scogliere e si
avvicinò al vascello fermo su due âncore. Tre o quattro uomini si mostrarono
sul castello di prua.
- Chi va là?
- chiese una delle sentinelle.
- Varauni - rispose Yanez. - Notizie importanti da
Vittoria. Olà, Inioko, lascia andare l'ancorotto e fa filare tanta catena fino
a che andiamo a collo della nave. Attento alle tambure e all'urto! Fuori i
parabordi, voi altri.
Prima che le
sentinelle aprissero bocca, per impedire, secondo i regolamenti, che il legno
si avvicinasse troppo, i pirati avevano ammainate le vele e gettata l’âncora.
Il prahos abbordò il piroscafo sotto la poppa in maniera che gli alberi
toccassero le murate, per agevolare la salita a bordo.
- Dov'è il comandante? - chiese Yanez.
- Scostate il
legno - disse una sentinella.
- Al diavolo
i regolamenti - rispose il Portoghese. - Spicciatevi, per Giove! Andatemi a
chiamare il comandante, che ho degli ordini pressanti da comunicargli.
Il capitano
saliva allora sul ponte. Egli s'avvicinò alla murata di poppa, e, vista la
lettera che Yanez mostravagli, fece gettare una scala.
- Coraggio -
mormorò Yanez, volgendosi ai tigrotti che guardavano trucemente il piroscafo.
Prima di
salire, volse uno sguardo a poppa del prahos. I suoi occhi
s'incontrarono con quelli fiammeggianti di Sandokan, che si teneva celato sotto
una tela che copriva il boccaporto. Si scambiarono un gesto impercettibile che
voleva dire mille cose.
In meno che lo
si dica, il bravo Portoghese si trovò sul ponte del piroscafo. Si sentì
invadere da un po' di timore, ma la sua faccia non tradì il turbamento
dell'animo.
- Capitano -
diss'egli, inchinando spigliatamente dinanzi al comandante del vascello. - Una
lettera per lady Marianna Guillonk.
- Da dove venite?
- Da Labuan.
- Chi ve la
diede?
- Lord James
Guillonk in persona.
- L'avete
veduto adunque voi? Che fa?
- Sta armando
un brigantino per venirvi a raggiungere - rispose Yanez con voce ferma. - Egli mi
ha incaricato di consegnare questa lettera alla lady sua nepote.
- E per me,
non vi diede alcuna lettera? - chiese il capitano.
- Nessuna,
comandante.
- Ciò è
strano. Non vi comunicò nemmeno ordini?
- Nessuno.
- Date qua la
lettera che gliela consegnerò io a lady Marianna.
- Mille
scuse, comandante, ma ho avuto ordine di consegnarla io in persona a sua nepote
- disse audacemente Yanez.
- In tal caso
venite con me. Gliela daremo assieme.
Yanez
rabbrividì e sentì gelarsi il sangue nelle vene.
- Sono perduto
- mormorò egli fra sé. - Se Marianna mi conoscesse?...
- Tuttavia
non si smarrì, né rifiutò la compagnia del capitano, per paura di destare
sospetti. Solo cacciò una mano in tasca per assicurarsi che il kriss era
al suo posto.
- Andiamo
capitano - disse poi, facendo uno sforzo per padroneggiare l'emozione che lo
assaliva.
Gettò una
rapida occhiata al prahos. Arrampicati sugli alberi vi erano sei o sette
pirati e avevano un piede appoggiato sulla murata del piroscafo. Pareva che
fossero lì lì per avventarsi sui marinai inglesi, che li osservavano mutamente
e con qualche curiosità.
Egli seguì il
capitano e scese assieme a lui la scala che conduceva alle cabine di poppa. Il
povero Portoghese si sentì rizzarsi i capelli sulla fronte, quando udì il
capitano bussare leggermente ad un uscio.
- Chi è là? -
chiese una voce che Yanez riconobbe subito per quella di lady Marianna.
- Un
messaggio di lord Guillonk vostro zio - rispose il capitano.
La porta si aprì e furono introdotti in una vasta
cabina riccamente addobbata e nel mezzo della quale stavasene ritta la
fidanzata della Tigre, pallida, abbattuta, ma fiera. Ella nello scorgere Yanez
che conobbe subito, impallidì ancor più e s'appoggiò alla spalliera di una
sedia. Ma non gettò grido alcuno, non fece il più piccolo gesto di sorpresa,
che potesse tradire il coraggioso Portoghese.
Ella
ricevette dalle sue mani la lettera, l'aprì macchinalmente e la lesse con una
calma veramente ammirabile. Yanez fu subito lesto a tirarsi indietro: tremava
tutto come se avesse la febbre ed era diventato bianco come un panno lavato.
D'un tratto
fece due passi verso lo sportello della cabina che guardava il mare.
- Capitano -
diss'egli con voce stridula e alterata. - Mi pare di vedere un piroscafo che si
dirige verso questa baia.
Il comandante
si precipitò verso lo sportello, credendo davvero che un piroscafo fosse in
vista. Era quello che Yanez voleva.
Gli si fece
silenziosamente alle spalle col kriss in mano. Gli mise quattro dita
sulla bocca per impedirgli di mandare il più piccolo suono, poi rovesciandolo
bruscamente addosso a una sedia, gli sprofondò l'arma fino all'impugnatura nel
cuore. L'Inglese cadde a terra fulminato vomitando sangue. Lady Marianna non
poté frenare un grido d'orrore.
- Tuoni di Dio! - mormorò cupamente Yanez. - Silenzio,
sorella mia.
Asciugò
freddamente la insanguinata lama del kriss sulle vesti del morto e si
avvicinò a Marianna, stringendole la mano con passione.
- Sorella mia
- le disse. - Non emettete grida che potrebbero tradirmi e cercate di essere forte
se volete che vi salviamo. Sandokan e i tigrotti sono qui, l'avete letto sulla
lettera, e fra cinque minuti daranno battaglia a quelli del piroscafo.
Coraggio, adorata sorellina.
- Ah! Yanez!
- disse la giovanetta, stringendosi ai suoi fianchi.
- Vi capisco,
un assassinio vi mette sgomento, ma non poteva fare a meno di pugnalare quel
povero diavolo. Dio mi perdonerà.
- E Sandokan,
e la Tigre, e il mio fidanzato? Oh! parlatemi di lui!
- Ve lo dissi
che è nascosto nel prahos e che attende il mio segnale per cominciare il
massacro. Non abbiamo tempo da perdere. Siete ancora risoluta ad abbandonarvi
completamente nelle braccia di mio fratello?
- Sempre,
Yanez, sempre! - esclamò con fuoco la giovanetta.
- Bene,
allora all'opera. Avete armi? Potrebbe darsi che voi foste costretta ad
ammazzare qualcuno di questi cani che vi tengono prigioniera. Marianna aprì un
cassetto e ne levò due pistole.
- Sono pronta
a tutto - disse poi. - La moglie della Tigre della Malesia deve mostrarsi degna
del suo terribile consorte.
- Andiamo,
milady, barrichiamoci, prima che gl'Inglesi abbiano ad accorgersi della mia
presenza.
Afferrò un
armadio e lo trascinò presso la porta, e sopra vi accumulò alla meglio
tavolini, cassetti e scranne, formando una solida barricata, dietro alla quale
potevasi opporre una lunga resistenza.
- E ora -
diss'egli quando ebbe finito, - diamo il segnale. Coraggio, milady, mano alle
pistole.
- Ma che succederà mai? - chiese con emozione la
giovanetta.
- Un massacro
e nulla più - rispose freddamente Yanez.
S'avvicinò al
fenestrino, trasse da saccoccia una chiave e mandò un lungo e acuto fischio.
Egli tornò
rapidamente verso Marianna, che aveva caricato le pistole.
- Attenzione!
- esclamò egli, traendo la scimitarra e le sue armi da fuoco.
D'un tratto
si udì un terribile grido, il grido di guerra dei tigrotti di Mompracem:
- Sangue!
Sangue! Viva la Tigre della Malesia!...
Vi tenne
dietro una scarica violenta di carabine, poi urla indescrivibili, bestemmie,
invocazioni, gemiti, lamenti, comandi precipitosi e un calpestio, un cozzar
d'armi, un rumor sordo di corpi che cadevano.
- Yanez! -
balbettò Marianna pallida come una morta.
- Coraggio,
tuoni di Dio! Viva la Tigre della Malesia! - vociò il Portoghese.
Si udirono
delle voci che s'avvicinavano alla cabina, poi la scala scricchiolare sotto il
peso di alcuni uomini.
- Capitano!
Capitano! - gridò una voce.
Yanez si
scagliò verso la porta colla scimitarra nella dritta e una pistola nella
sinistra, appoggiandosi contro le mobiglie. Marianna ne seguì l'esempio.
- Capitano!
Aprite, per mille boccaporti! - gridarono tre o quattro voci.
- Viva la
Tigre della Malesia! - urlò ancora Yanez.
S'udì una
bestemmia tremenda poi un colpo contro la porta e uno schianto. Yanez e la
giovanetta raddoppiarono gli sforzi per tener salda la barricata. Seguì un
secondo, un terzo, poi un quarto colpo. Si aprì una fessura per la quale
s'introdusse la canna di una carabina.
- Yanez!
Yanez! - gridò la giovanetta.
- Tenete
saldo! - esclamò il Portoghese.
Con una mano abbassò
l'arma, coll'altra appoggiò la pistola sulla fronte di un soldato e gli fece
saltare le cervella. Marianna, dal canto suo, fece fuoco su di un marinaio che
rotolò fulminato al suolo.
Gli altri due
risalirono in furia la scala urlando:
- Tradimento!
Tradimento!...
Le fucilate
continuavano sul ponte del vascello, e le urla echeggiavano più forti che mai,
urla di agonizzanti e urla di vincitori. Tratto tratto fra quei fragori s'udiva
la tonante voce della Tigre della Malesia, che comandava l'assalto, alla quale
teneva dietro sempre più tremendo il grido di guerra dei pirati di Mompracem.
Marianna era
caduta in ginocchio e Yanez, smanioso di sapere come volgessero le cose sul
ponte, s'affaccendava a levar le mobiglie, per saltar fuori e prendere a tergo gl'Inglesi,
qualora ve ne fosse stato bisogno, quando si udì urlare:
- Al
fuoco!... Al fuoco!... Si salvi chi può!...
Il Portoghese
impallidì.
- Tuoni di
Dio! - esclamò egli.
Con uno
sforzo disperato rovesciò la barricata, si slanciò verso Marianna, l'avvinghiò
fra le sue braccia e uscì in furia colla scimitarra in pugno.
- Venite,
milady, o siamo perduti.
Dense nubi di
fumo avevano di già invaso la corsia e nel fondo si vedevano le fiamme che
uscivano dal deposito di carbone e dalle cabine degli ufficialí.
- Aiuto,
Yanez! Dio mio, la Santa Barbara! - esclamò Marianna.
Yanez,
tenendola sempre fra le braccia, salì la scala e guadagnò il cassero. La pugna
durava ancora più feroce che mai fra Inglesi e pirati. Qua e là si scorgevano
gruppi di cadaveri orribilmente mutilati, nuotanti fra torrenti di sangue,
agonizzanti che gemevano contorcendosi rabbiosamente, combattenti che si
azzuffavano tremendamente, rovesciandosi, calpestandosi e scannandosi a
vicenda, e per ogni dove armi infrante e insanguinate. In mezzo a tutti si
vedeva Sandokan, che invulnerabile fra le palle e i colpi di baionetta, faceva
strage d'Inglesi.
- Al fuoco!
Al fuoco! - gridò il Portoghese saltando in coperta e cacciando dieci pollici
di lama nella schiena di un contromastro che si azzuffava contro Inioko.
Il grido fu
udito. I quindici o venti Inglesi che ancora restavano in piedi si diedero alla
fuga per salvarsi nelle imbarcazioni, ma furono circondati e ammazzati, addosso
alle murate. La Tigre della Malesia si precipitò incontro a Yanez e ricevette
fra le braccia Marianna. Gettò un urlo di gioia giammai uscito da gola umana.
- Marianna!
Marianna!... - esclamò egli.
La giovanetta
si aggrappò al suo collo. Nel medesimo istante si udì una cannonata rombare
verso l'alto mare.
La Tigre
della Malesia cacciò fuori un ruggito rabbioso.
- Il lord! Il
lord! Tutti a bordo del mio prahos! Non aver paura, Marianna, sono qua
io!
Il prahos
si era fatto sotto la scala di tribordo. Sandokan con Marianna, Yanez e tutti i
pirati che erano scampati alla pugna, portando i feriti, abbandonarono il
vascello che, in preda alle fiamme, bruciava come un fastello di legna secca.
S'udì una
seconda e poi una terza cannonata. Le vele in un lampo furono spiegate, i
pirati diedero mano ai remi, ed il piccolo legno uscì a tutta velocità dalla
baia, inoltrandosi verso l'alto mare. Sandokan trasse Marianna a prua e la
coperse colla lama della sua scimitarra.
A seicento
passi a tribordo galleggiavano i rottami dei due prahos lasciati
indietro da Sandokan, e a quattrocento passi a babordo veleggiava un grosso
brigantino colla bandiera inglese sul picco della randa.
I pirati si
gettarono ai cannoni.
- Fermi tutti! - gridò Sandokan.
Egli tese la
scimitarra verso la prua del brigantino, sulla quale stavasene un uomo colle
mani appoggiate sul bompresso.
- Guardalo,
Marianna, guardalo! - diss'egli. La giovanetta gettò un grido di spavento.
- Mio zio!
Mio zio! - balbettò ella smarrita. –
- Guardalo per l'ultima volta!...
- Ah!
Sandokan!...
- Tuoni di Dio,
è lui! - urlò Yanez con accento terribile.
Alzò la
carabina e lo prese di mira. Sandokan gli strappò l'arma di mano.
- Egli è per
me sacro - disse con aria tetra.
Il brigantino
si avanzava rapidamente. Egli tirò un primo colpo di cannone sul prahos;
la palla smussò l'albero di maistra abbattendo la bandiera della Tigre della
Malesia.
Sandokan
portò la destra al cuore e la sua faccia si sconvolse.
- Addio vita! - mormorò egli dolorosamente. - Addio
Tigre!...
Abbandonò
bruscamente Marianna, si abbassò sul cannone di poppa e mirò a lungo. Il
brigantino tirava furiosamente alternando alle palle scariche tremende di
mitraglia. Sandokan non si moveva: mirava sempre.
Di repente si
raddrizzò accostando la miccia. Il cannone s'infiammò ruggendo, scuotendo tutto
il prahos: vi tenne dietro uno scroscio formidabile e l'albero di
maistra del brigantino ruinò in mare con tutta l'attrezzatura schiantando le
murate.
- Guarda!...
Guarda!... - esclamò la Tigre.
Il brigantino
s'arrestò di botto virando di prua e si dié a cannoneggiare il prahos
che s'allontanava sempre. Sandokan afferrò Marianna, la trasse a poppa, salì
sulla murata e la mostrò al lord che bestemmiava e urlava come un pazzo a prua
del brigantino.
- Guarda mia
moglie!
Poi
retrocesse a lenti passi colla fronte abbuiata, gli occhi torvi, le labbra
strette, i pugni chiusi e scosse disperatamente la testa.
- A Giava! A Giava, alla terra della libertà! -
mormorò con voce spenta.
Il brigantino
tirava con maggior furia a palla e a scaglia e la distanza cresceva sempre più.
La Tigre immobile come una statua cogli occhi in fiamme mirava il legno nemico,
come trasognato, come ebbro, sordo alle parole di Marianna che lo pregava di
togliersi di là, sordo alle parole di Yanez, sordo alle parole dei suoi pirati.
D'un tratto
le detonazioni diminuirono d'intensità e cessarono poco dopo del tutto. La
Tigre fece un passo innanzi, due, tre, barcollando, andò a poppa poi si volse
indietro e gettò un grido straziante, un grido disperato, strozzato. –
- Dio! Dio!
La Tigre della Malesia è per sempre morta!
Girò su di sé
stesso come albero sradicato dal vento, cadde fra le braccia dell'adorata sua
Marianna e quell'uomo che non aveva mai pianto in vita sua scoppiò in
singhiozzi!...
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