LORD JAMES GUILLONK
Quando tornò
in sé, con sua grande sorpresa, non si trovava più nella piccola prateria che
aveva attraversata durante la notte, bensì in una spaziosa camera tappezzata di
carta fiorita di Tung ed adagiato su di un comodo e soffice letto. A tutta
prima si credette in preda ad un sogno e si stropicciò parecchie volte gli
occhi come per destarsi, ma ben presto si convinse che tutto era realtà. Si
alzò a sedere, chiedendosi a più riprese:
- Ma dove
sono io? Sono ancora vivo o morto? - Guardò attorno, ma non vide alcuna persona
a cui potersi rivolgere.
Allora si
mise a osservare minutamente la stanza; era vasta, elegante, illuminata da due
grandi finestre attraverso i cui vetri si vedevano degli alberi altissimi. In
un canto vide un pianoforte, sul quale stavano sparpagliate delle carte di
musica; in un altro un cavalletto con un quadro raffigurante una marina; nel
mezzo un tavolo di mogano con sopra un lavoro di ricamo fatto senza dubbio
dalle mani di una donna e presso il letto un ricco sgabello ad intarsi di ebano
e di avorio, sul quale Sandokan vide, non senza una viva compiacenza, il fedele
suo kriss e presso questo un libro semiaperto, con un fiore appassito fra le
pagine. Tese gli orecchi, ma non udì alcuna voce; però in distanza udivansi dei
suoni delicati che parevano gli accordi di una mandola o di una chitarra.
- Ma dove
sono io? - si chiese per la seconda volta. - In casa di amici o di nemici? E
chi mai ha fasciata e curata la mia ferita?
Ad un tratto
i suoi occhi si fermarono nuovamente sul libro che stava sullo sgabello e,
spinto da una irresistibile curiosità, allungò una mano e lo prese. Sulla
copertina vi era un nome impresso a lettere d'oro.
- Marianna! -
lesse egli. - Cosa vuol dire ciò? È un nome o una parola che io non comprendo?
Tornò a
leggere e, cosa strana, si sentì agitato da una sensazione ignota. Qualche cosa
di dolce colpì il cuore di quell'uomo, quel cuore che era di acciaio e che
restava chiuso alle più tremende emozioni.
Aprì il
libro: era coperto d'un carattere leggero, elegante e nitido, ma non riuscì a
comprendere quelle parole, quantunque alcune somigliassero alla lingua del
portoghese Yanez. Senza volerlo, ma spinto da una forza misteriosa, prese
delicatamente quel fiore che poco prima aveva veduto e lo mirò a lungo. Lo
fiutò più volte procurando di non guastarlo con quelle dita che altro non
avevano stretta che l'impugnatura della scimitarra, provando per la seconda
volta una strana sensazione, un misterioso tremito, un non so che nel cuore;
poi quell'uomo sanguinario, quell'uomo di guerra, si sentì vincere da un vivo
desiderio di portarlo alle labbra!...
Lo ripose
quasi con dispiacere fra le pagine, chiuse il libro e lo ricollocò sullo
sgabello. Era tempo: la maniglia della porta girò ed un uomo si fece innanzi,
camminando lentamente e con quella rigidezza che è particolare agli uomini di
razza anglosassone.
Era un
europeo, a giudicarlo dalla tinta della pelle, di statura piuttosto alta e ben
complessa. Dimostrava circa cinquanta anni, aveva il viso incorniciato da una
barba rossiccia, ma che cominciava ad incanutire, due occhi azzurri, profondi,
e nell'insieme si comprendeva un uomo abituato a comandare.
- Godo di
vedervi tranquillo; erano tre giorni che il delirio non vi lasciava un solo
momento di quiete.
- Tre giorni!
- esclamò Sandokan, stupito. - Tre giorni che io sono qui?... Ma non sogno io
adunque?
- No, non
sognate. Siete presso buone persone che vi cureranno affettuosamente e che
faranno il possibile per guarirvi.
- Ma chi
siete voi?
- Lord James
Guillonk, capitano di vascello di Sua Maestà la graziosa imperatrice Vittoria.
Sandokan fece
un soprassalto e la sua fronte si offuscò, però si rimise prontamente e,
facendo uno sforzo supremo per non tradire l'odio che portava contro tutto ciò
che era inglese, disse:
- Vi
ringrazio, milord, di tutto quello che avete fatto per me, per uno
sconosciuto, che poteva essere un vostro mortale nemico.
- Era mio
dovere di accogliere in casa mia un povero uomo, ferito forse mortalmente -
rispose il lord. - Come state ora?
- Mi sento
abbastanza gagliardo e non provo più dolori.
- Ho molto
piacere, ma ditemi, se non vi rincresce, chi vi ha conciato in quel modo? Oltre
la palla che vi estrassi dal petto, il vostro corpo era coperto di ferite
prodotte da armi bianche.
Sandokan,
quantunque si aspettasse questa domanda, non potè fare a meno di trasalire
fortemente. Tuttavia non si tradì, né si perdette d'animo.
- Se dovessi
proprio dirlo, non lo saprei - rispose. - Ho visto degli uomini piombare di
notte, sui miei legni, montare all'abbordaggio e massacrarmi i marinai. Chi
erano? Io non lo so, poiché fin dal primo urto caddi in mare coperto di ferite.
- Voi siete
stato, senza dubbio, assalito dai tigrotti della Tigre della Malesia - disse
lord James.
- Dai
pirati?... - esclamò Sandokan.
- Sì, da
quelli di Mompracem, che tre giorni fa scorrazzavano i dintorni dell'isola, ma
che furono poi distrutti da uno dei nostri incrociatori. Ditemi, dove siete
stato assalito?
- Nei pressi
delle Romades.
- Giungeste
alle nostre coste a nuoto?
- Sì,
aggrappato ad un rottame. Ma voi dove mi avete trovato?
- Sdraiato
tra le erbe, in preda ad un tremendo delirio. E voi dove eravate diretto,
quando veniste assalito?
- Andavo a
portare dei regali al sultano di Varauni, da parte di mio fratello.
- Ma chi è
vostro fratello?
- Il sultano
di Shaja.
- Voi adunque
siete un principe malese! - esclamò il lord, stendendogli la mano che
Sandokan, dopo una breve esitazione, strinse quasi con ribrezzo.
- Sì, milord.
- Son ben
lieto di avervi ospitato e farò il possibile per non farvi annoiare, quando
sarete guarito. Anzi se non vi spiacerà, andremo a trovare insieme il sultano
di Varauni.
- Sì e...
Egli si
arrestò sporgendo innanzi il capo, come se cercasse di raccogliere qualche
lontano rumore.
Dal di fuori
venivano gli accordi di una mandola, forse gli stessi suoni che aveva udito
poco prima.
- Milord! -
esclamò, in preda ad una viva eccitazione di cui invano cercava di spiegare la
causa. - Chi è che suona?
- Perché, mio
caro principe? - chiese l'inglese, sorridendo.
- Non lo
so... ma avrei un vivo desiderio di vedere la persona che così suona... Si
direbbe che questa musica mi tocca il cuore... e che mi fa provare una
sensazione che mi è nuova ed inesplicabile.
- Aspettate
un istante. - Gli fece segno di ricoricarsi e uscì. Sandokan ricadde sul
guanciale, ma quasi subito si rialzò come se fosse stato spinto da una molla.
La inesplicabile commozione che lo aveva colpito poco prima, ritornava a
prenderlo con maggior violenza. Il cuore gli batteva in maniera tale che pareva
volesse uscirgli dal petto; il sangue gli scorreva furiosamente per le vene e
le membra provavano degli strani fremiti.
- Ma cosa
provo io? - si chiese egli. - È forse il delirio che mi assale ancora?
Aveva appena
pronunciate quelle parole che il lord rientrava, ma non era solo.
Dietro di lui
si avanzava, sfiorando appena il tappeto, una splendida creatura, alla cui
vista Sandokan non potè trattenere una esclamazione di sorpresa e di
ammirazione.
Era una
fanciulla di sedici o diciassette anni, dalla taglia piccola, ma snella ed
elegante, dalle forme superbamente modellate, dalla cintura così stretta che
una sola mano sarebbe bastata per circondarla, dalla pelle rosea e fresca come
un fiore appena sbocciato.
Aveva una
testolina ammirabile, con due occhi azzurri come l'acqua del mare, una fronte
d'incomparabile precisione, sotto la quale spiccavano due sopracciglia
leggiadramente arcuate e che quasi si toccavano. Una capigliatura bionda le
scendeva in pittoresco disordine, come una pioggia d'oro, sul bianco busticino
che le copriva il seno.
Il pirata,
nel vedere quella donna che sembrava una vera bambina, malgrado la sua età, si
era sentito scuotere fino in fondo all'anima. Quell'uomo così fiero, così
sanguinario, che portava quel terribile nome di Tigre della Malesia, per la
prima volta in vita sua si sentiva affascinato dinanzi a quella gentile
creatura, dinanzi a quel leggiadro fiore sorto sotto i boschi di Labuan. Il suo
cuore che poco prima batteva precipitosamente, ora ardeva e nelle vene gli
pareva che scorressero lingue di fuoco.
- Ebbene, mio
caro principe, cosa dite di quella graziosa ragazza? - gli chiese il lord.
Sandokan non
rispose; immobile come una statua di bronzo, egli fissava la giovanetta con due
occhi che mandavano lampi di ardente bramosia e pareva che più non respirasse.
- Vi sentite
male? - chiese il lord, che lo osservava.
- No!... No!
- esclamò vivamente il pirata, scuotendosi.
- Allora
permettetemi di presentarvi a mia nipote lady Marianna Guillonk.
- Marianna
Guillonk!... Marianna Guillonk!... - ripetè Sandokan, con accento sordo.
- Cosa vi
trovate di strano sul mio nome? - chiese la giovanetta, sorridendo.
- Si direbbe
che vi ha prodotto molta sorpresa.
Sandokan,
nell'udire quella voce, trasalì fortemente. Mai aveva udito una voce così dolce
accarezzare i suoi orecchi, abituati all'infernale musica del cannone e alle
urla di morte dei combattenti.
- Nulla vi
trovo di strano - disse con voce alterata. - Gli è che il vostro nome non mi
giunge nuovo.
- Oh! -
esclamò il lord. - E da chi lo avete udito?
- Lo avevo
già letto prima sul libro che qui vedete e mi ero immaginato che chi lo portava
doveva essere una splendida creatura.
- Voi
scherzate - disse la giovane lady, arrossendo. Poi, cambiando tono,
chiese: - È vero che i pirati vi hanno gravemente ferito?
- Sì, è vero
- rispose Sandokan con voce sorda. - Mi hanno vinto e ferito, ma un giorno sarò
guarito e allora guai a coloro che mi hanno fatto mordere la polvere.
- E soffrite
molto?
- No, milady
ed ora meno di prima.
- Spero che
guarirete presto.
- Il nostro
principe è vigoroso, - disse il lord, - e non mi stupirei di vederlo in
piedi fra una decina di giorni.
- Lo spero -
rispose Sandokan.
Ad un tratto,
egli che non staccava i suoi occhi dal viso della giovanetta, sulle cui gote
scorreva di quando in quando una nube rosea, si raddrizzò impetuosamente,
esclamando:
- Milady!...
- Mio Dio,
cosa avete? - chiese la lady avvicinandosi.
- Ditemi, voi
portate un nome infinitamente più bello di quello di Marianna Guillonk, è vero?
- Quale mai?
- chiesero ad un tempo il lord e la giovane contessa.
- Sì, sì! -
esclamò Sandokan con maggior forza. - Non potete essere che voi la creatura che
tutti gli indigeni chiamano la «Perla di Labuan»!...
Il lord fece
un gesto di sorpresa e una profonda ruga gli solcò la fronte.
- Amico mio -
disse con voce grave. - Come mai voi sapete ciò, mentre mi avete detto che
venivate dalla lontana penisola malese?
- Non è
possibile che questo soprannome sia giunto fino al vostro paese - aggiunse lady
Marianna.
- Non lo udii
a Shaja, - rispose Sandokan, che per poco non si era tradito, - ma bensì alle
Romades sulle cui spiagge sbarcai giorni sono. Colà mi parlarono d'una
fanciulla d'incomparabile bellezza, dagli occhi azzurri, dai capelli profumati
come i gelsomini del Borneo; di una creatura che cavalcava come una amazzone e
che cacciava arditamente le fiere; di una vaga giovanetta che in certe sere, al
tramonto del sole, si vedeva apparire sulle sponde di Labuan, affascinando con
un canto più dolce del mormorio dei ruscelli i pescatori delle coste. Ah! milady,
anch'io un giorno voglio udire quella voce.
- Tante
grazie mi attribuiscono! - rispose la lady ridendo.
- Sì, e vedo
che quegli uomini che mi parlarono di voi hanno detto il vero! - esclamò il
pirata con slancio appassionato.
- Adulatore -
disse ella.
- Mia cara
nipote, - disse il lord, - tu stregherai anche il nostro principe.
- Ne sono
convinto! - esclamò Sandokan. - E quando lascerò questa casa per tornare nel
mio lontano paese, dirò ai miei compatrioti che una giovane donna dei visi
bianchi ha vinto il cuore di un uomo che credeva di averlo invulnerabile.
La
conversazione durò ancora qualche po', aggirandosi ora sulla patria di
Sandokan, ora sui pirati di Mompracem, ora su Labuan, poi, essendosi fatta
notte, il lord e la lady si ritirarono.
Quando il
pirata si vide solo, rimase a lungo immobile, cogli occhi fissi sulla porta
dalla quale era uscita quella vaga giovanetta. Pareva che fosse in preda a
profondi pensieri e ad una viva commozione.
Forse in quel
cuore, che fino allora mai aveva provato un battito per alcuna donna, in quel
momento imperversava una terribile tempesta. Ad un tratto Sandokan si scosse e
qualche cosa, come un suono rauco, gli rumoreggiò in fondo alla gola, pronto a
irrompere, ma le labbra rimasero chiuse e i denti si strinsero con maggior
forza in un lungo stridio. Egli rimase alcuni minuti lì, immobile, cogli occhi
fiammeggianti, il viso alterato, la fronte imperlata di sudore, le mani
cacciate entro i folti e lunghi capelli, poi quelle labbra che non volevano
aprirsi lasciarono un varco dal quale uscì ratto un nome:
- Marianna!
Poi il pirata
non si frenò più.
- Ah! -
esclamò egli, quasi con rabbia e torcendosi le mani. - Sento che io divento
pazzo... che io... l'amo!...
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