YANEZ
La
sospensione della vita, come aveva detto Sandokan, doveva durare sei ore, né un
secondo di più, né un secondo di meno, e così infatti doveva essere, poiché
appena inabissatisi, i due pirati tornarono prontamente in loro senza provare
la menoma alterazione di forze.
Ritornati a
galla con un vigoroso colpo di tallone, girarono subito gli occhi intorno. A
meno di una gomena scorsero l'incrociatore, che si allontanava a piccolo vapore
verso oriente.
Primo moto di
Sandokan fu quello di inseguirlo, mentre Juioko ancora tutto stordito da quella
strana e per lui inesplicabile risurrezione, prendeva prudentemente il largo.
La Tigre si
arrestò però quasi subito lasciandosi dondolare fra le onde, ma cogli occhi
fissi su quel legno che gli rapiva la disgraziata fanciulla. Un urlo soffocato
gli irruppe dal petto e gli si spense fra le increspate labbra.
- Perduta! -
esclamò con voce semispenta dal dolore.
Un impeto di
follia lo prese e per qualche tratto si mise a inseguire il vapore dibattendosi
furiosamente fra le acque, poi si arrestò guardando sempre il vascello che a
poco a poco si perdeva fra le tenebre.
- Tu mi
fuggì, orribile nave, portando teco la metà del mio cuore, ma per quanto l'Oceano
sia ampio ti raggiungerò un giorno e squarcerò i tuoi fianchi!
Si rovesciò
rabbiosamente sui flutti e raggiunse Juioko, che lo aspettava ansiosamente.
- Andiamo -
disse con voce strangolata. - Ormai tutto è finito.
- Coraggio,
capitano, noi la salveremo e forse più presto di quello che lo crediate.
- Taci!...
Non riaprire la ferita che sanguina.
- Cerchiamo
il signor Yanez, capitano.
- Sì,
cerchiamolo, perché lui solo può salvarci.
Il vasto mare
della Malesia si estendeva dinanzi a loro sepolto fra fitte tenebre, senza un
isolotto su cui approdare, senza una vela o un lume che segnalasse la presenza
di una nave amica o nemica.
Per ogni dove
non si vedevano che onde spumeggianti, le quali si cozzavano le une colle altre
con fragore, aizzate dal venticello notturno. I due nuotatori, per non
consumare le loro forze cotanto preziose in quel terribile frangente,
procedevano lentamente a breve distanza l'uno dall'altro, cercando con avidità
sull'oscura superficie una vela.
Di quando in
quando Sandokan si arrestava per volgersi verso oriente come se cercasse di
scorgere ancora i fanali del piroscafo, poi proseguiva la via emettendo dei
profondi sospiri. Avevano già percorso un buon miglio e già cominciavano a
sbarazzarsi delle vesti per essere più liberi nei movimenti, quando Juioko urtò
in un oggetto che cedette.
- Un
pescecane! - esclamò egli rabbrividendo e levando il pugnale.
- Dove? -
chiese Sandokan.
- Ma... no,
non è uno squalo! - riprese il dayako. - Mi sembra un gavitello.
- E un
salvagente gettato da Marianna! - esclamò Sandokan. - Ah! divina fanciulla!...
- Speriamo
che non sia solo.
- Cerchiamo,
amico mio.
Si misero a
nuotare all'ingiro cercando dovunque, e riuscirono, dopo pochi minuti, a
trovare l'altro che non erasi troppo allontanato dal primo.
- Ecco una
fortuna che non mi aspettavo - disse Juioko, con tono allegro.
- Dove ci
dirigeremo ora?
- La corvetta
veniva dal nord-ovest, credo dunque che sarà in quella direzione che potremo
trovare Yanez.
- Lo
incontreremo poi?
- Lo spero -
rispose Sandokan.
- Ci saranno
però necessarie parecchie ore. Il vento è debole ed il praho del signor
Yanez non deve camminare molto.
- Cosa
importa? Pur di trovarlo, rimarrei in acqua anche ventiquattro ore - disse
Sandokan.
- E non
pensate ai pescicani, capitano? Voi sapete che questi mari abbondano di tali
ferocissimi squali.
Sandokan
involontariamente rabbrividì e girò all'intorno uno sguardo inquieto.
- Non vedo
finora emergere alcuna coda né alcuna pinna - disse poi. - Speriamo quindi che
gli squali ci lascino tranquilli.
«Orsù,
spingiamoci verso il nord-ovest. Se non incontreremo Yanez, continuando in
quella direzione, approderemo a Mompracem o sulle scogliere che si estendono
verso il sud.»
Si
avvicinarono l'uno all'altro per essere più pronti a proteggersi in caso di
pericolo e si misero a nuotare verso la direzione già scelta, cercando però di
economizzare le loro forze, non ignorando che la terra era molto lontana.
Quantunque fossero entrambi decisi a tutto, la paura di venire da un istante
all'altro sorpresi da qualche pescecane, si faceva strada nel loro cuori.
Specialmente il dayako si sentiva assalire da un vero terrore. Di quando
in quando si arrestava per guardarsi alle spalle, credendo di udire dietro di
sé dei colpi di coda e dei rauchi sospiri ed istintivamente raggrinzava le
gambe per paura di sentirsele mozzare dai denti formidabili di quelle tigri del
mare.
- Io non ho
mai provata la paura - diceva egli. - Ho preso parte a più di cinquanta
abbordaggi, ho uccisi di mia mano non pochi nemici e mi sono perfino misurato
colle grandi scimmie del Borneo e anche colle tigri delle jungle, eppure ora io
tremo come se avessi la febbre. L'idea di trovarmi, da un istante all'altro,
dinanzi ad uno di quei ferocissimi squali, mi fa gelare il sangue. Capitano,
vedete nulla?
- No -
rispondeva invariabilmente Sandokan, con voce tranquilla.
- Mi è
sembrato, anche ora, di aver udito dietro di me un rauco sospiro.
- Effetto
della paura. Io non ho udito nulla.
- E questo
tonfo?
- È stato
prodotto dai miei piedi.
- Ho i denti
che galoppano.
- Sii calmo, Juioko. Siamo armati
di solidi pugnali.
- E se gli
squali arrivano sott'acqua?
- Ci
immergeremo anche noi e li affronteremo risolutamente.
- Ed il
signor Yanez non si vede!...
- Deve essere
ancora molto lontano.
- Che lo
incontriamo, capitano?
- Ho questa
speranza... Yanez mi ama troppo per abbandonarmi al mio triste destino. Il
cuore mi dice che egli seguiva la corvetta.
- Però non lo
si vede comparire.
- Pazienza,
Juioko. Il vento aumenta a poco a poco e farà correre il praho.
- E col vento
avremo anche delle onde.
- Non fanno
paura a noi.
Continuarono
a nuotare, l'uno vicino all'altro, per un'altra ora, scrutando sempre
attentamente l'orizzonte e guardandosi intorno per paura di vedere comparire i
temuti squali, poi entrambi sostarono guardandosi l'un l'altro.
- Hai udito?
- chiese Sandokan.
- Sì -
rispose il dayako.
- Il
fischio d'una nave a vapore, è vero?
- Sì,
capitano.
- Sta'
fermo!...
S'appoggiò
alle spalle del dayako e con una spinta uscì di più di mezzo fuori
dell'acqua. Guardando verso il nord, vide due punti luminosi solcare il mare ad
una distanza di due o tre miglia.
- Una nave si
avanza verso di noi - disse con voce un po' commossa.
- Allora
possiamo farci raccogliere - disse Juioko.
- Noi non
sappiamo a quale nazione appartenga e se è mercantile o da guerra.
- Da dove
viene?
- Dal nord.
- Rotta
pericolosa, mio capitano.
- Così la
penso anch'io. Può essere qualche nave che ha preso parte al bombardamento di
Mompracem e che va in cerca del praho di Yanez.
- E la
lasceremo andare senza farci raccogliere?
- La libertà
costa troppo cara per perderla nuovamente, Juioko. Se noi venissimo nuovamente
presi più nessuno ci salverebbe e dovrei rinunciare per sempre alla speranza di
rivedere Marianna.
- Ma può
essere una nave mercantile.
- Non siamo
sulla rotta di quei legni. Vediamo un po' se si può distinguere qualche cosa.
Tornò ad
appoggiarsi alle spalle di Juioko guardando attentamente dinanzi a sé. Non
essendo la notte molto oscura, potè distinguere chiaramente la nave che muoveva
loro incontro.
- Non un
grido, Juioko! - esclamò, ricadendo in acqua. - È un legno da guerra, di questo
sono certo.
- Grosso?
- Un
incrociatore mi sembra.
- Sarà
inglese?
- Non dubito
della sua nazionalità.
- Lo
lasceremo passare?
- Non
possiamo fare assolutamente nulla. Preparati ad immergerti poiché quella nave
passerà a poca distanza da noi. Presto, abbandoniamo i salvagente e teniamoci
pronti.
L'incrociatore,
tale almeno lo credeva Sandokan e forse con ragione, s'avanzava rapidamente
sollevando sui suoi fianchi delle vere ondate in causa delle ruote.
La sua
direzione era sempre al sud, quindi doveva passare a brevissima distanza dai
due pirati.
Sandokan e
Juioko appena lo videro a centocinquanta metri, s'inabissarono mettendosi a
nuotare sott'acqua.
Nel momento
che risalirono alla superficie per respirare, udirono una voce a gridare:
- Giurerei
d'aver veduto due teste a babordo. Se non fossi sicuro che abbiamo a poppa una
zigaena farei mettere una scialuppa in acqua.
Udendo quelle
parole, Sandokan e Juioko s'erano subito rituffati, ma la loro immersione fu di
breve durata.
Fortunatamente
per loro, quando ricomparvero, videro il vascello allontanarsi rapidamente
verso il sud.
Si trovavano
allora in mezzo alla scia biancheggiante ancora di spuma. Le onde sollevate
dalle ruote li sballottavano a destra ed a manca, ora spingendoli in alto ed
ora precipitandoli negli avvallamenti.
Capitano, in
guardia - aveva gridato il daydko. - Abbiamo una zigaena nelle nostre
acque. Avete udito il marinaio?
- Sì -
rispose Sandokan. - Prepara il pugnale.
- Verremo
assaliti?
- Lo temo,
mio povero Juioko. Simili mostri ci vedono male però hanno un fiuto
incredibile. Il maledetto non avrà seguita la nave, te lo assicuro,
- Ho paura,
capitano - disse il dayako, il quale si agitava fra le onde come il
diavolo nella pila dell'acqua benedetta.
- Sii calmo.
Finora non la vedo.
- Può
arrivarci sott'acqua.
- Forse la
sentiremo giungere.
- Ed i
salvagente?
- Stanno
innanzi a noi. Due bracciate e li raggiungeremo.
- Non oso
muovermi, capitano.
Il povero
uomo era in preda ad uno spavento tale che le sue membra si rifiutavano quasi
di agire.
- Juioko, non
perdere la testa - disse Sandokan. - Se ti preme salvare le gambe non devi
rimanere lì, semi-istupidito. Aggrappati al tuo salvagente e tira il pugnale.
Il dayako,
rimessosi un po', obbedì e raggiunse il suo gavitello il quale ondeggiava
proprio in mezzo alla spuma della scia.
- Ora vediamo
se si vede questo pesce martello - disse Sandokan. - Forse potremo sfuggirlo.
Per la terza
volta si appoggiò a Juioko e si spinse fuori dell'acqua, girando all'intorno un
rapido sguardo.
Là, in mezzo
alla candida spuma, aveva scorto una specie di gigantesco martello sorgere
improvvisamente fra le acque.
- Stiamo in
guardia - disse a Juioko. - Non dista da noi che cinquanta o sessanta metri.
- Non ha
continuato a seguire la nave? - chiese il dayako, battendo i denti.
- Ha fiutato
l'odore della carne umana - rispose Sandokan.
- Che venga?
- Lo vedremo
fra poco. Non muoverti e non abbandonare il pugnale.
Si
avvicinarono l'uno all'altro e si tennero immobili, aspettando con ansietà la
fine di quella pericolosa avventura.
Le zigaene
chiamate anche pesci martello ed anche balance-fish ossia pesci
bilancia, sono avversari pericolosissimi. Appartengono alla specie dei
pescicani, però hanno una forma molto diversa, avendo la testa foggiata a
martello. La loro bocca, tuttavia, non la cede a quella dei loro congeneri sia
per l'ampiezza, sia per la potenza dei loro denti. Sono audacissimi, hanno una
grande passione per la carne umana e quando s'accorgono della presenza d'un
nuotatore non indugiano ad assalirlo e tagliarlo in due.
Anche a loro
però riesce un po' difficile afferrare la preda, avendo la bocca quasi al
principio del ventre, sicché devono rovesciarsi sul dorso per poter mordere.
Sandokan e il
dayako rimasero alcuni minuti immobili, ascoltando attentamente, poi non
udendo nulla, cominciarono ad adoperare una prudente ritirata. Avevano già
percorsi cinquanta o sessanta metri, quando d'improvviso videro comparire, a
breve distanza, la ributtante testa della zigaena. Il mostro dardeggiò sui due
nuotatori un brutto sguardo a riflessi giallastri, poi mandò un rauco sospiro
che parve come un tuono lontanissimo. Stette alcuni istanti immobile,
lasciandosi dondolare dalle onde, quindi si precipitò innanzi sferzando
poderosamente le acque.
-
Capitano!... - esclamò Juioko.
La Tigre
della Malesia, che cominciava a perdere la pazienza, invece di continuare a
ritirarsi, abbandonò bruscamente il salvagente e messosi il pugnale fra i
denti, mosse risolutamente contro lo squalo.
- Anche tu
vieni a darci addosso!... - gridò. - Vedremo se la tigre del mare sarà più forte
della Tigre della Malesia!...
- Lasciatela
andare, capitano - supplicò Juioko.
- Voglio
finirla - rispose Sandokan con ira. - A noi, dannato squalo!...
Il pesce
martello, spaventato forse dalle grida e dall'attitudine risoluta di Sandokan,
invece di continuare la corsa, s'arrestò rovesciando a destra ed a manca due
ondate, poi si tuffò.
- Ci viene
sotto, capitano - gridò il dayako.
S'ingannava.
Lo squalo un istante dopo ricompariva a galla e contrariamente ai suoi istinti
feroci, invece di ritentare l'attacco, si spingeva al largo giuocherellando fra
la scia della nave.
Sandokan e
Juioko stettero alcuni istanti fermi, seguendo cogli occhi lo squalo, poi
vedendo che non pensava più a loro, almeno pel momento, ripresero la ritirata
dirigendosi verso il nord-ovest.
Il pericolo
non era però ancora cessato, anzi, la zigaena, pur continuando a
giuocherellare, non li perdeva di vista. Con un colpo di coda si slanciava di
frequente più di mezza fuori dall'acqua per assicurarsi della loro direzione,
poi con poche guizzate guadagnava la via perduta, tenendosi sempre a distanza
di cinquanta o sessanta metri. Probabilmente voleva attendere il momento
propizio per ritentare l'attacco.
Infatti poco
dopo Juioko, che si trovava un po' indietro, vide lo squalo avanzarsi rumorosamente,
scuotendo la sua testa e avventando poderosi colpi di coda. Esso descrisse
intorno ai due nuotatori un grande cerchio, poi cominciò a volteggiare ora
sotto ed ora a fior d'acqua, tendendo a restringere sempre più i suoi giri.
- Badate,
capitano! - gridò Juioko.
- Sono pronto
a riceverlo - disse Sandokan.
- Ed io ad
aiutarvi.
- Ti è
passata la paura?
- Comincio a
sperarlo.
- Non
abbandonare il gavitello prima che io ne dia il segnale. Cerchiamo intanto di
forzare il cerchio.
Colla
sinistra stretta attorno al salvagente e la dritta armata del pugnale, i due
pirati si misero a battere in ritirata, volgendo sempre la faccia allo squalo.
Questi non li abbandonava, anzi continuava a stringerli da vicino, sollevando,
con la possente coda, vere ondate e mostrando i suoi acuti denti i quali
biancheggiavano sinistramente fra l'oscurità.
Ad un tratto
fece un balzo gigantesco uscendo quasi tutto dall'acqua e si precipitò addosso
a Sandokan che gli stava più vicino.
La Tigre
della Malesia, abbandonato il gavitello, fu pronta ad immergersi, mentre
Juioko, reso audace dell'imminenza del pericolo, si scagliava innanzi col
pugnale alzato.
La zigaena,
vedendo Sandokan a scomparire sott'acqua, con un colpo di coda si sottrasse
all'attacco di Juioko ed a sua volta si cacciò sott'acqua. Sandokan
l'aspettava. Appena se la vide da vicino, le si gettò addosso afferrandola per
una delle pinne del dorso e con un terribile colpo di pugnale le squarciò il
ventre.
L'enorme
pesce, ferito forse a morte, con un brusco contorcimento si sbarazzò
dell'avversario che stava per ritentare il colpo e risalì a galla. Vedendo a
due passi il dayako si rovesciò sul dorso per tagliarlo in due, ma
Sandokan era pure emerso.
Il pugnale,
che l'aveva già ferita, la colpì questa volta in mezzo al cranio e con tale
forza che la lama le rimase infissa.
- E prendi
anche questi - urlò il dayako, tempestandola di colpi.
La zigaena
questa volta s'immerse e per sempre, lasciando alla superficie una grande
macchia di sangue la quale rapidamente si allargava.
- Credo che
non tornerà più alla superficie - disse Sandokan. - Cosa dici, Juioko?
Il dayako non
rispose. Appoggiato al gavitello, cercava di alzarsi per spingere lontani gli
sguardi.
- Cosa
cerchi? - gli chiese Sandokan.
- Là... guardate...
verso il nord-ovest! - urlò Juioko. - Per Allah!...Vedo una grande ombra... un
veliero!
- Yanez,
forse? - chiese Sandokan, con viva emozione.
- L'oscurità
è troppo profonda per ben discernerla ma sento che il cuore mi batte forte,
capitano.
- Lascia che
salga sulle tue spalle.
Il dayako si
avvicinò e Sandokan appoggiandosi su di lui, uscì più che mezzo fuori dalle
onde.
- Cosa
vedete, capitano?
- È un praho!...
Se fosse lui!... Maledizione!...
- Perché
imprecate?
- Sono tre, i
legni che si avanzano.
- Siete
certo?
-
Sicurissimo.
- Che Yanez
abbia trovato dei soccorsi?
- È
impossibile!
- Cosa
facciamo adunque? Sono tre ore che nuotiamo e vi confesso che comincio a essere
affranto.
- Ti
comprendo: amici o nemici facciamoci raccogliere. Chiama aiuto. Juioko radunò
le proprie forze e con voce tuonante gridò:
- Ohe!...
della nave!... Aiuto!
Un momento
dopo si udì al largo un colpo di fucile e una voce che gridava:
- Chi
chiama?...
- Naufraghi.
- Aspettate.
Si videro
tosto i tre legni virare di bordo e avvicinarsi rapidamente, essendo il vento
alquanto forte.
- Dove siete?
- chiese la medesima voce di prima.
- Accosta -
rispose Sandokan.
Tenne dietro
un breve silenzio, poi un'altra voce esclamò:
- Per Giove!...
O m'inganno assai o è lui!... Chi vive?
Sandokan con
una spinta uscì dalle onde fino a mezzo corpo gridando:
- Yanez!...
Yanez!... Sono io, la Tigre della Malesia!... A bordo dei tre legni partì un
solo urlo:
- Viva il
capitano!... Viva la Tigre!...
Il primo praho
era vicino. I due nuotatori afferrarono una gomena che era stata loro
lanciata e si issarono sul ponte colla rapidità di due veri quadrumani. Un uomo
si avventò contro Sandokan stringendolo al petto con frenesia:
- Ah! mio
povero fratello!... - esclamò. - Credevo di non rivederti mai più!... Sandokan
strinse il bravo portoghese, mentre gli equipaggi gridavano sempre: - Viva la
Tigre!...
- Vieni nella
mia cabina - disse Yanez. - Tu devi narrarmi tante cose che desidero
ardentemente di conoscere.
Sandokan lo
seguì senza parlare e discesero nella cabina, mentre i legni proseguivano la
via a tutte vele spiegate.
Il portoghese
sturò una bottiglia di gin e la porse a Sandokan che vuotò, uno dietro l'altro,
parecchi bicchieri.
- Orsù,
narra, come mai ti ho raccolto in mare mentre ti sospettavo prigioniero o morto
a bordo del piroscafo che da venti ore seguo accanitamente?
- Ah! Tu
seguivi l'incrociatore? L'avevo sospettato.
- Per Giove!
Dispongo di tre legni e di centoventi uomini e vuoi che non lo seguissi?
- Ma dove hai
raccolto tante forze?
- Sai chi
comandano i due legni che mi seguono?
- No di
certo.
- Paranoa e Maratua.
- Non si
erano adunque affondati, durante la burrasca che ci colse presso Labuan?
- No, come lo
vedi. Maratua fu spinto verso l'isola di Pulo Gaya e Paranoa si rifugiò alla
baia di Ambong. Stettero colà parecchi giorni a riparare le gravi avarie
riportate, poi scesero verso Labuan dove s'incontrarono. Non avendoci trovati
alla piccola baia, tornarono a Mompracem; li incontrai ieri sera mentre stavano
per recarsi in India, sospettando che là noi ci fossimo diretti.
- E sono
sbarcati a Mompracem? Chi occupa ora la mia isola?
- Nessuno,
poiché gli inglesi l'abbandonarono dopo d'aver incendiato il nostro villaggio e
fatti saltare gli ultimi bastioni.
- Meglio così
- mormorò Sandokan sospirando.
- Ed ora,
cosa accadde a te? Ti vidi abbordare il vascello mentre io sventravo la
cannoniera a colpi di cannone, poi udii gli urrah di vittoria degli inglesi,
indi più nulla. Fuggii per salvare almeno i tesori che portavo, ma poi mi misi
sulle tracce dell'incrociatore colla speranza di raggiungerlo e di abbordarlo.
- Sono caduto
sul ponte del legno nemico, mezzo accoppato da un colpo di mazza e poi fatto
prigioniero assieme a Juioko. Le pillole che, come tu sai, portavo sempre
indosso, mi salvarono.
- Comprendo -
disse Yanez scoppiando in una risata. - Vi hanno gettati in mare credendovi
morti. Ma di Marianna, cosa successe?
- È
prigioniera sull'incrociatore - rispose Sandokan con voce cupa.
- Chi guidava
il vascello?
- Il
baronetto, ma nella mischia l'uccisi.
- Me l'ero
immaginato. Per Bacco! Che brutta fine ha fatto quel povero rivale! Cosa pensi
di fare ora?
- Cosa
faresti tu?
- Io seguirei
il piroscafo e l'abborderei.
- E ciò che
volevo proporti. Sai dove si dirigeva il vascello?
- Lo ignoro,
ma mi pare che navigasse verso le Tre Isole, quando io lo lasciai.
- Cosa andrà
a fare colà? Qui gatta ci cova, fratellino mio. Camminava molto?
- Filava otto
nodi all'ora.
- Quale
vantaggio può avere su di noi?
- Forse di
trenta miglia.
- Allora
possiamo raggiungerlo, se il vento si mantiene buono. Ma... - Egli si fermò
udendo sul ponte un movimento insolito e un vociare acuto.
- Cosa
succede? - chiese.
- Che abbiano
scoperto l'incrociatore?
- Saliamo,
fratellino mio.
Abbandonarono
precipitosamente la cabina e salirono in coperta. Proprio in quel momento
alcuni uomini stavano traendo dall'acqua una cassetta di metallo che un pirata,
alla prima luce dell'alba, aveva scorta a poche dozzine di metri dal tribordo.
- Oh!...
oh!... - esclamò Yanez. - Cosa vuol dire ciò? Che contenga qualche documento
prezioso? Non mi sembra una scatola comune.
- Noi siamo
sempre sulle tracce del piroscafo, è vero? - chiese Sandokan, che senza sapere
il perché si sentiva agitato.
- Sempre -
rispose il portoghese.
- Ah! se fosse...
- Che cosa?
Sandokan
invece di rispondere estrasse il kriss e con un colpo rapido sventrò la
scatola. Tosto nell'interno si scorse una carta un po' umida sì, ma sulla quale
si rivelavano nettamente alcune righe di una calligrafia fina ed elegante.
- Yanez!...
Yanez!... - balbettò Sandokan con voce tremante.
- Leggi,
fratellino mio, leggi!
- Mi pare di
essere diventato cieco...
Il portoghese
gli tolse la carta e lesse:
Aiuto! Mi
trasportano alle Tre Isole dove mi raggiungerà mio zio per condurmi a
Sarawack.
Marianna
Sandokan
nell'udire quelle parole emise un urlo di belva ferita. Alzò il braccio
cacciandosi le mani nei capelli che si strappò con furore e vacillò come se
fosse stato colpito da una palla.
- Perduta!...
perduta!... Il lord?... - esclamò.
Yanez e i
pirati lo avevano circondato e lo guardavano con ansietà, con profonda
commozione. Pareva che soffrissero le medesime pene che dilaniavano il cuore di
quello sventurato.
- Sandokan! -
esclamò il portoghese. - Noi la salveremo, te lo giuro, dovessimo abbordare il
legno del lord o assalire Sarawack e James Brooke che la governa.
La Tigre, un
istante prima abbattuta da quel fiero dolore, scattò in piedi col viso
contraffatto e gli occhi in fiamme.
- Tigri di
Mompracem! - tuonò egli. - Abbiamo dei nemici da esterminare e la nostra Regina
da salvare. Tutti alle Tre Isole!...
-
Vendetta!... - urlarono i pirati. - Morte agli inglesi e viva la nostra
Regina!...
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