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GLI ULTIMI FILIBUSTIERI
La filibusteria, quella formidabile repubblica di masnadieri
che non sentendo né amor di patria, né sete di gloria, né ambizioni di stato,
s'era rovesciata sull'America centrale, animata dal solo scopo di saccheggiare
e godere, nell'epoca in cui si svolge il nostro racconto non era piú la
tremenda né mobile quanto i cavalloni del mare, come veniva chiamata.
Golfo del Messico la filibusteria
era morta colle ultime imprese di Montauban, con Sardau, un altro gentiluomo
francese, con un biscaglino conosciuto sotto il nome di Basco e con Jonqué.
Essendoci noi prefissi di
raccontare le gesta di questi ultimi corsari che diedero ancora, colle loro
imprese meravigliose, un ultimo lampo di lustro alla loro società, ci
occuperemo prima di questi uomini per poi passare a quelli che nell'oceano
Pacifico tenevano ancora alta la fama dei Fratelli della Costa.
Le imprese di questi quattro
uomini si possono considerare come le ultime, poiché dopo di loro la
filibusteria scomparve dal Golfo del Messico e la Tortue che rimase pressoché
deserta, in balia del primo occupante.
Montauban era salito in
grandissima rinomanza colle sue audaci scorrerie
Narrasi di costui un tratto che
non si aspetterebbe da parte di uomini dati con tanto furore al pubblico
ladroneggio.
Una schiera di filibustieri si
era impegnata, dietro un certo compenso, di condurre in salvo un bastimento
spagnuolo portante un ricchissimo carico.
Durante il viaggio uno di quei
corsari fa la proposta ai compagni di abbordarlo di sorpresa e
d'impadronirsene.
Montauban che guidava quegli
avventurieri, udendo tale proposta, ordinò di mettere una scialuppa in mare e
di lasciarlo guadagnare la terra piú vicina.
I filibustieri rifiutarono
energicamente, dicendo che nessuno di loro aveva approvata la proposta che gli
faceva tanto orrore.
Il colpevole fu abbandonato sulla
prima isola deserta che s'incontrò e tutti giurarono che un tal uomo senza fede
e senza onore non avrebbe mai piú fatto parte dei Fratelli della Costa.
Il naviglio spagnuolo fu condotto
in salvo e Montauban si mise a corseggiare pel golfo recando non pochi fastidi
agli spagnuoli e facendo non poche prede.
I tempi però erano cambiati e
l'esistenza dei filibustieri diventava giorno per giorno piú dura, non avendo
ormai piú un sicuro punto d'appoggio nella Tortue diventava quasi spopolata.
Per di piú le nazioni europee che
avevano interessi in America, specialmente la Francia, l'Inghilterra, la Spagna
e l'Olanda, dopo un lungo guerreggiare, avevano concluso la pace, sicché i
filibustieri non potevano piú ottenere patenti di corso che li facessero
considerate come belligeranti.
Tutte, dopo essersi servite di
quei formidabili scorridori del mare, li avevano abbandonati alla loro sorte,
considerandoli come un branco di pirati degni di essere appiccati ai piú alti
pennoni delle fregate.
Montauban vedendo che nelle Indie
Occidentali ormai i filibustieri non godevano né protezione, né indipendenza,
attraversa pel primo l'Atlantico e va a corseggiare sulle coste africane, in
attesa di qualche vascello della celebre Compagnia delle Indie.
Dopo varie prede ne incontra
finalmente uno di nazionalità inglese e poderosamente armato.
I filibustieri lo assaltano con
grande fidanza, essendo ormai abituati alle vittorie, ed invece si accorgono di
avere da fare con della gente risoluta al pari di loro.
Montauban però inspira ai suoi
uomini titubanti un tale coraggio, che sebbene assai inferiori di numero,
riescono finalmente ad abbordare il vascello nemico e mettere piedi sul ponte.
Il capitano inglese, vedendosi
ormai perduto e non sostenendo una tale umiliazione, dà fuoco al deposito delle
polveri e manda in aria tutti.
Una buona stella proteggeva
certamente i filibustieri, poiché mentre tutti gl'inglesi perivano, quindici di
costoro si salvavano insieme a Montauban.
Per loro mala sorte, insieme al
vascello inglese era pure saltato il legno corsaro, nondimeno quei terribili
uomini, dopo d'aver vagato a lungo fra i rottami delle due navi, scoprono uno
schifo ancora galleggiante e si avviano verso l'Africa.
Errano sull’Atlantico per settimane
e settimane, esposti ad ogni genere di patimenti, obbligati, di quando in
quando, a cibarsi delle carni dei loro compagni che la fame e la miseria aveva
spenti, finché toccano terra, e per un caso strano, vengono accolti
amichevolmente da un principe negro che Montauban aveva conosciuto in altri
tempi.
Era quel principe, famoso sulle
coste della Guinea, dove aveva compiute molte arditissime imprese, ed era in
quel tempo specialmente occupato a molestare i forti inglesi.
Montauban unisce le sue poche
forze a quelle del principe ed espugna un forte difeso da ventiquattro cannoni,
ma poi, stanco di tante scorrerie, si ritrasse in patria portando con sé una
discreta fortuna, ed occupò il resto dei suoi giorni a scrivere le sue memorie.
Un altro filibustiere francese
che godette in quei tempi un gran nome, fu Sardau, e facciamo specialmente
menzione di lui per un singolare caso.
Dopo d'aver compiute moltissime e
fortunate scorrerie, questo ardito marinaio si getta sulla Giamaica alla testa
di duecentonovanta compagni per saccheggiarla.
Il caso volle che
centotrentacinque dei suoi uomini rimanessero separati dalla loro nave, che un
colpo improvviso di vento aveva sbalzata lungi dalle coste.
La Giamaica allora era uno
stabilimento di primo ordine e munito di forte guarnigione.
I disgraziati filibustieri,
abbandonati al loro destino, errano nell'interno dell'isola combattendo giorno
e notte contro gli abitanti e contro le truppe.
Non avrebbero certamente potuto a
lungo sostenersi contro tanti continui attacchi che giungevano da ogni parte,
poiché molti di loro erano già caduti nei combattimenti, quando trovarono
meravigliosamente la salvezza in uno dei piú tremendi disastri che la storia
registri.
Un tremendo terremoto devasta da
capo a fondo l'isola opulenta, ed in mezzo alla generale costernazione i
filibustieri, che hanno le fibre piú salde, si impadroniscono di alcuni
battelli e riescono a raggiungere i compagni corseggianti al largo.
Il Basco e Jonqué furono pure in
grande rinomanza per certe loro straordinarie imprese.
Incrociavano un giorno dinanzi a
Cartagena con tre piccoli legni, in attesa di fare un buon colpo, quando videro
uscire dal porto due vascelli da guerra, i cui comandanti avevano ricevuto
l'ordine di sterminare quella razza di ladri e di ricondurli in città vivi o
morti.
I filibustieri del Basco e di
Jonqué non si perdono per questo d'animo, e quantunque immensamente inferiori
per numero d'uomini e per bocche da fuoco, assaltano arditamente le due fregate
e, cosa incredibile, se ne impadroniscono dopo un combattimento durato
solamente poche ore.
Presi poi quanti spagnuoli vi
erano, li sbarcarono a terra con una lettera, colla quale ringraziavano il
governo di Cartagena di aver mandato loro due buoni vascelli dei quali avevano
estremo bisogno, avvertendolo che se ne avesse qualche altro di troppo lo
avrebbero aspettato per quindici giorni, ed aggiungendo che se non lo fornisse
anche d'una buona somma di denaro l'equipaggio non avrebbe avuto quartiere. E
manterranno la parola; però nessun vascello si mosse ad assalirli.
I capitani Michel Brouage furono
gli ultimi filibustieri che diedero ancora un po' di splendore ai Fratelli
della Costa.
Si narra di costoro che essendo
un giorno in crociera dinanzi a Cartagena, s'imbatterono in due vascelli
olandesi, i quali avevano caricato grandi ricchezze in quel porto.
Michel e Brouage che avevano pure
due navi, ma inferiori di forze, muovono animosamente all'attacco e se ne
rendono ben presto padroni.
Gli olandesi, vergognosi di aver
dovuto cedere dinanzi a forze tanto inferiori alle loro, ardiscono dire a
Michel che se fosse stato solo non sarebbe riuscito nell'impresa.
– Ebbene, – rispose fieramente il
valoroso corsaro, – ricominciamo il combattimento mentre il mio compagno starà
a guardarci.
«Se vinco, io non avrò una sola
piastra, ma rimarrò padrone delle due navi.»
Gli olandesi si guardarono bene
però dall'accettare la proposta, e furono solleciti a ritirarsi, per tema che
tardando non venissero forzati alla prova.
Dopo questi la storia non ricorda
piú famosi filibustieri nel golfo del Messico.
Rimasero però ancora, per molti
anni, delle accozzaglie di disperati, impotenti a compiere le grandi imprese
dell'Olonese, di Montbars, di Wan-Horn, di Michele il
Basco, di Morgan e di tanti altri famosissimi.
Cessata la filibusteria nel golfo
del Messico, eccola però sorgere, abbastanza potente, sull'oceano Pacifico, il
quale si prestava meglio alle lunghe corse ed alle grosse catture, essendovi
quei formidabili uomini quasi sconosciuti.
Nel 1684 un primo nucleo di
filibustieri, guidati da un inglese chiamato David, compiono l'allora
arditissimo viaggio intorno all'America del Sud, e dopo di aver girato
felicemente lo stretto di Magellano, compariscono improvvisamente nell'oceano
Pacifico.
Erano in ottocento, e ben
risoluti di mettere a ferro e a fuoco le opulenti città del Chilí, del Perú e
dell'America centrale.
Un altro corpo di duecento
francesi tiene dietro a quel primo nucleo e lo raggiunge per rinforzarli.
Quando leggiamo nelle storie dei
moderni navigatori, Cook, Bouganville, La Perouse, Krasenstern, e tanti altri,
le grandi difficoltà che essi hanno incontrato nell'oceano Pacifico, quantunque
forniti di tanti sussidii, poiché la geografia, l'astronomia e la nautica erano
salite ai loro tempi ad altissimo grado di perfezione, non si può non rimanere
stupiti dell'audacia incredibile di quegli avventurieri che con scarsi mezzi,
con vascelli cosí sgangherati compivano imprese audacissime.
Eppure, quantunque non
conoscessero affatto l'estrema America del Sud, la superarono felicemente,
sfidando tempeste e scogliere ed eccoli comparire improvvisamente, quando meno
gli spagnuoli se l'aspettavano, nel grande oceano.
Un altro corpo d'inglesi,
composto solamente di centoventi uomini, ardí frattanto concepire il disegno di
scendere verso l'oceano Pacifico attraversando per terra l'America centrale dal
Golfo d'Uraba al fiume Chica, e poco dopo quattrocento francesi li seguono,
risoluti a vedere almeno da lontano le torri merlate dell'opulenta Panama.
Alcune altre piú piccole schiere
osarono altrettanto, ma noi non seguiremo le tracce di tutti costoro, che
troppo lungo sarebbe narrare le ardite imprese che tentarono ed i disastri ai
quali dovettero per la maggior parte andare incontro, poiché gli spagnuoli
vegliavano dovunque.
Ci limiteremo a parlare del
grosso dei filibustieri che aveva passato lo stretto di Magellano con una
flottiglia di dieci bastimenti, cioè di due fregate, una di trentatré e l'altra
di sedici cannoni, di cinque legni minori senza grossa artiglieria e di tre
barcaccie che tenevano appena il mare.
Erano inglesi, francesi ed
olandesi, e fra tutti sommavano a mille cento uomini, ai quali piú tardi si aggiunsero
quei piccoli gruppi che avevano attraversato l'America centrale per via di
terra.
Un inglese, di nome David, fu il
capo di quella grossa spedizione.
Il primo incontro di quella
flottiglia, navigante ormai liberamente verso settentrione, fu di un bastimento
spagnuolo che tosto predarono.
Avendo inteso dagli uomini caduti
nelle loro mani che dei legni mercantili avevano avuto l'ordine dal viceré del
Perú di non abbandonare i porti della costa fino a tanto che una squadra non
avesse purgato l'oceano Pacifico dai filibustieri, David ed i suoi tirarono
egualmente innanzi, risoluti a dare la caccia ai famosi galeoni che lo spento
impero degli Incas mandava sempre numerosissimi a Panama.
La loro improvvisa comparsa
dinanzi alla regina dell'oceano Pacifico mette in grande ansia gli spagnuoli,
memori dei disastri in addietro subiti da parte di quella terribile razza di
ladroni.
Se David avesse osato, un'altra
volta Panama avrebbe subito un orribile saccheggio, ma il coraggio gli mancò e
dopo d'aver incrociato per quattro settimane in vista delle città, condusse la
sua flotta all'isola di Taroga, allora quasi deserta.
Ecco però che quasi subito
compariscono sette navi da guerra, due delle quali portavano nientemeno che
settanta cannoni ciascuna.
Il Mare era tempestoso e niuna
proporzione vi era fra le forze spagnuole e quelle del filibustiere, essendo
queste immensamente inferiori.
Inoltre questi ultimi non
conoscevano i bassifondi dell'isola, né avevano tanta artiglieria da opporre a
quella nemica.
I filibustieri, come sempre non
si perdono d'animo ed impegnano furiosamente la lotta, quantunque quasi certi
di una sicura distruzione, e liberano prontamente le loro due fregate in
procinto di essere catturate, riportando in poche ore una vittoria inaspettata.
Sfortunatamente dopo il fuoco
delle artiglierie il mare entra in scena, disperde i legni vittoriosi e molti
sono trascinati lontani su terre poco note e naufragano.
Quella flottiglia che avrebbe
potuto far tremare Panama, si sciolse. I francesi, con a capo un certo
Grognier, vanno a stabilirsi sull'isola di San Giovanni di Pueblo, mentre David
continua le sue scorrerie sul mare con crescente fortuna.
Le imprese di queste due schiere
di filibustieri sono incredibili.
Prendono d'assalto Leon ed
Esparso, abbruciano Ralejo dopo d'averla saccheggiata, s'impadroniscono di
Puelbo-Viejo, di Granata, città grandiosa ed opulenta, di
Villia, lontana ben trenta leghe da Panama, poi di Guayaquil, l'opulenta città
Nicaragua.
Malgrado tante fortunate spedizioni,
molti anelavano di ritornare nel Golfo del Messico, dove si trovava la culla
della filibusteria.
David, che possiede sempre la sua
fregata, è il primo che si decide, indebolendo cosí fortemente quelli che
ancora rimanevano nell'oceano Pacifico.
Aveva costui svaligiati parecchi
vascelli spagnuoli e fatti vari sbarchi a Pisco, ad Arica, a Sagra ed in altri
luoghi, quindi si trovava ormai abbastanza ricco per lasciare quel pericoloso
mestiere.
Egli prende risolutamente la via
del sud per riattraversare lo stretto di Magellano.
Già stava per toccarlo, quando i
suoi uomini lo obbligano a tornare indietro. Durante la lunga navigazione
avevano giuocato, malgrado che leggi dei Fratelli della Costa proibissero il
giuoco a bordo delle navi, e non volevano tornare in patria spogli di tutto.
Incontrato però un vascello
condotto da un certo Wilnet, tutti quelli che avevano guadagnato vi si
imbarcarono, sicché a David non erano piú rimasti che settanta inglesi e venti
francesi.
Tuttavia ritornò nelle acque di
Panama accolto con gioia da coloro che erano rimasti sulle coste del Pacifico.
Frattanto un altro gruppo di
cinquantacinque uomini tenta pure il ritorno al Golfo del Messico, e si narrano
di costoro delle avventure meravigliose.
Possedendo un piccolo vascello e per
di piú assai sdruscito, avevano concepito l'idea di spingersi fino sulle coste
della California e di là tentare la traversata per terra attraverso l'impero
Messicano.
Un uragano li scaraventa su un
gruppetto d'isolette deserte chiamate le Tre Marie, non molto lontane dalla
Costa Californiana.
Quei miserabili non possedevano
piú nulla e le terre non avevano di che nutrirli, eppure vi si mantennero
quattro anni sfidando tutti gli orrori dell'estrema miseria.
Finalmente la disperazione li
trae da quel miserabile rifugio, su cui non avevano trovato per tutto pasto che
qualche radice e delle conchiglie. Avevano accomodata alla meglio la nave, ma
non possedevano per viveri altro che un certo pane formato con la polvere dei
gusci di conchiglie!
Fidenti nella loro sorte,
scendono verso il sud e raggiungono le coste di Guayaquil dove speravano di
trovare i loro antichi compagni.
Essendo questi partiti per altre
spedizioni, quei disgraziati che si vedono dovunque minacciati dagli spagnuoli
e dagl'indiani che impediscono loro di scendere a terra per provvedersi di
viveri, concepiscono l'incredibile disegno di raggiungere lo stretto.
Per duemila miglia spingono
innanzi il loro misero legno, continuamente lottando coi venti contrari e
soffrendo fame e sete quanto uomo possa mai immaginare.
Ma sopra ogni altra cosa era per
essi intollerabile affanno il pensare che dopo tanti patimenti e pericoli
ritornavano senza una verga d'argento, poiché tutto avevano perduto.
Avevano già raggiunto dopo tante fatiche
e tante lotte, lo stretto, quando deliberarono di tornare indietro e di
raggiungere le Coste del Perú, colla speranza di fare qualche preda.
La fortuna è con loro, poiché
avendo per caso saputo che ad Arica stava all'âncora un vascello carico di verghe
d'argento del Potosí, entrano furiosamente nel porto, lo prendono d'assalto
sotto gli occhi della popolazione terrorizzata, e se lo portano via.
Il carico era di due milioni di
piastre.
Diventati di colpo ricchi, e
credendosi ormai largamente ricompensati dalle tante miserie passate,
riprendono la via dello stretto col loro nuovo vascello e vi fanno naufragio,
però riescono a salvare l'intero carico.
Ricostruitosi un legno cogli
avanzi di quello naufragato, quegli uomini infaticabili attraversano finalmente
lo stretto, e dopo una lunga e penosa navigazione salutano le superbe isole del
golfo del Messico e vi si stabiliscono, chi a San Domingo, chi alla Giamaica.
Erano però rimasti ancora
nell'oceano Pacifico duecento e ottantacinque filibustieri, parte annidati a
Taroga e parte presso Guayaquil, e che altro non chiedevano che di andarsene a
loro volta e di disperdersi, essendo ormai diventato il corseggiare quasi
impossibile in causa delle numerose squadre spagnuole sempre sull'allerta.
Di questo nucleo, l'ultimo,
poiché dopo non si parlò piú né sulle coste del Pacifico né nelle acque del
golfo del Messico di filibustieri propriamente detti, ci occuperemo fra breve.
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