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Alessandro Manzoni Adelchi IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Settima. Carlo, Desiderio.
Oh! come grave Sei tu discesa sul mio capo antico, Mano di Dio! Qual mi ritorni il figlio! Figlio, mia sola gloria, io qui mi struggo, E tremo di vederti. Io del tuo corpo Mirerò la ferita! io che dovea Esser pianto da te! Misero! io solo Ti trassi a ciò: cieco amator, per farti Più bello il soglio, io ti scavai la tomba! Se ancor, tra il canto de' guerrier, caduto Fossi in un giorno di vittoria! o chiusi, Tra il singulto de' tuoi, tra il riverente Dolor de' fidi, sul real tuo letto, Gli occhi io t'avessi... ah! saria stato ancora Ineffabil cordoglio! Ed or morrai Non re, deserto, al tuo nemico in mano, Senza lamenti che del padre, e sparsi Innanzi ad uom che in ascoltarli esulta?
Veglio, t'inganna il tuo dolor. Pensoso, Non esultante, d'un gagliardo il fato Io contemplo, e d'un re. Nemico io fui D'Adelchi; egli era il mio, né tal, che in questo Novello seggio io riposar potessi, Lui vivo, e fuor delle mie mani. Or egli Stassi in quelle di Dio: quivi non giunge
La tua pietà, s'ella giammai non scende, Che sui caduti senza speme in fondo; Se allor soltanto il braccio tuo rattieni, Che più loco non trovi alle ferite.
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