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Alessandro Manzoni Il conte di Carmagnola IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Terza. Torello, e detti.
Ebben, Torello, siete mutato di parer? Vedeste
Il vidi; udii le grida del furor, le grida 105 della fiducia e del coraggio; e il viso rivolsi altrove, onde nessun dei prodi vi leggesse il pensier che mal mio grado vi si pingeva: era il pensier che false son quelle gioie e brevi; era il pensiero 110 del valor che si perde. Io cavalcai lungo tutta la fronte: io tesi il guardo, quanto lunge potei; rividi quelle macchie che sorgon qua e là dal suolo uliginoso che la via fiancheggia: 115 là son gli agguati, il giurerei. Rividi quel doppio cinto di muniti carri, onde assiepato è del nemico il campo. Se l’urto primo ei sostener non puote, ha una ritratta ove sfuggirlo e uscirne 120 preparato al secondo. Un novo è questo trovato di costui, per torre ai suoi il pensier primo che s’affaccia ai vinti, il pensier della fuga. Ad atterrarlo due colpi è d’uopo: ei con un sol ne atterra. 125 Perché, non giova chiuder gli occhi al vero, non son più quelle guerre, in cui pe’ figli e per le donne e per la patria terra e per le leggi che la fan sì cara, combatteva il soldato; in cui pensava 130 il capitano a statuirgli un posto, egli a morirvi. A mercenarie genti noi comandiamo, in cui più di leggieri trovi il furor che la costanza: e’ corrono volonterosi alla vittoria incontro; 135 ma s’ella tarda, se son posti a lungo tra la fuga e la morte, ah! dubbia è troppo la scelta di costoro. E questo evento più che tutt’altro antiveder ci è forza. Vil tempo in cui tanto al comando cresce 140 difficoltà, quanto la gloria scema! Io lo ripeto, non è questo un campo di battaglia per noi.
Dunque?
Si muti. Non siam pari al nemico; andiamo in luogo dove lo siam.
Così Maclodio a lui 145 lascerem quasi in dono? I valorosi, che vi son chiusi, non potran tenersi più che due giorni.
né d’un presidio qui, né d’una terra;
E di che mai 150 se non di terre si compon lo Stato? E quelle che indugiando, ad una ad una già lasciammo sfuggir, quante son elle? Casal, Bina, Quinzano e... e se vi piace noveratele voi, ché in tal pensiero 155 troppo caldo io mi sento. Il nobil manto, che a noi fidato ha il Duca, a brano a brano soffriam così che in nostra man si scemi, e che a lui messo omai da noi non giunga che una ritratta non gli annunzi. Intanto 160 superbisce il nemico, e ai nostri indugi
Oh, che puot’egli bramar di più, che innanzi a sé cacciarne
Che puote 165 bramar di più? Dirovvel io: che noi tutto arrischiam l’esercito in un campo ov’egli ha preso ogni vantaggio. Or questo poniamo in salvo; ché le terre è lieve
Con quali? 170 Non, per mia fé, con quelli a cui s’insegna a diloggiar quando il nemico appare, a non mirarlo in faccia, a lasciar soli nelle angosce i compagni; ma con genti quali or le abbiam d’ira e di scorno accese, 175 impazienti di pugnar, con queste si riparan le perdite, e si vince. Che dobbiamo aspettar? Brandi arrotati, perché lasciarli irrugginir?
voi temete d’agguati? Anch’io dirovvi: 180 non son più quelle guerre, in cui minuti drappelletti movean, con l’occhio teso ogni macchia guatando, ogni rivolta. Un’oste intera sopra un’oste intera oggi rovescerassi: un tanto stuolo 185 si vince sì, ma non s’accerchia; ei spazza innanzi a sé gl’intoppi, e fin ch’è unito, dovunque sia, sul suo terreno è sempre.
Siete convinti?
Sofferite...
Io il sono. Omai vano è più dir. Certo io mi tengo 190 che tutti andrete in operar d’accordo più che non foste in divisar disgiunti. Poi che un partito e l’altro ha il suo periglio, scegliamo almen quel che più gloria ha seco. Noi darem la battaglia: alla frontiera 195 io mi pongo coi miei; Sforza vien dietro e chiude la vanguardia; il mezzo tenga della battaglia Fortebraccio: e il nostro ufizio sia con impeto serrarci addosso al campo del nemico, aprirlo, 200 e spingerci a Maclodio. Voi, Torello, e voi, Pergola, a cui sì dubbia sembra questa giornata, io pongo in vostra mano l’assicurarla: voi, discosti alquanto, il retroguardo avrete. O la fortuna, 205 pur come suol, seconda i valorosi, e rompiamo il nemico; e voi piombate sopra i dispersi. Ma s’ei dura incontro l’impeto nostro, e ci vedete entrati donde uscir soli non possiam; venite 210 a noi, reggete i periglianti amici; ché, per cosa che avvenga, io vi prometto, retrocedere a voi non ci vedrete.
Non ci vedrete, no.
Siatene certi.
Sia lode al ciel, combatteremo alfine: 215 mai non accadde a capitan, ch’io sappia, per fare il suo mestier contender tanto.
O Carmagnola, tu pensasti che oggi il giovenil corruccio alla prudenza prevarrebbe dei vecchi; e ti apponesti. 220
Sì, la prudenza è la virtù dei vecchi: ella cresce con gli anni, e tanto cresce
Ebben, dite.
poi che volete ad ogni modo udirlo.
L’hai detto. Ad un soldato 225 che già più volte avea pugnato e vinto prima che tu vedessi una bandiera,
Da quel lato, presso Maclodio è posto il Carmagnola. Quegli fra noi che avere oggi pensasse 230 altro nemico che costui, sarebbe un traditor: pensatamente il dico.
Ritratto il voto che dapprima io diedi; e il do per la battaglia: ella fia quale predissi allor; ma non importa. Allora 235 potea schifarsi; or la domando io primo: io son per la battaglia.
ma non l’augurio: lo distorni il cielo
O Fortebraccio, tu m’hai offeso.
Or via...
sia pur così: perché a te spiaccia, o a quale altro pur sia, non crederai ch’io voglia dalle labbra mi sia.
che oggi darem battaglia, e che di noi non mancheravvi alcuno. O Fortebraccio, non giunger onta ad onta; io ti ripeto, tu m’hai offeso. Ascolta, io t’offro il modo che tu mi renda l’onor mio, serbando 250 intatto il tuo.
Che vuoi?
Ovunque tu combatta, a tutti è noto che tu volesti la battaglia, ed io, io devo ad ogni modo essere in luogo che l’amico e il nemico aperto veda 255 ch’io non ho... tu m’intendi.
Io son contento. Prendi quel posto; poi che il brami, è tuo. O forte, or m’odi: ora m’è dolce il dirti ch’io non t’offesi, no: per la fortuna del signor nostro tu soverchio temi: 260 questo dir volli. Ma il timor che nasce in cor di quel che ama la vita, e l’ama più dell’onor, ma che nel cor del prode muore al primo periglio ch’egli affronta, e mai più non risorge, o valoroso, 265 pensavi tu?...
da generoso qual tu sei. (a Malatesti) voi consentite al cambio?...
Io ci consento; e son ben lieto di veder tant’ira
(allo Sforza)
Io stava 270 col Pergola da prima; ingiusto, io spero, non vi parrà...
V’intendo; e con lui state alla vanguardia: ultimi e primi, tutti combatterem; poco m’importa il dove.
Non più ritardi. Iddio sarà coi prodi. 275 (partono)
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