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Alessandro Manzoni
Il conte di Carmagnola

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  • ATTO TERZO.
    • Scena Quarta. I due Commissari.
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Scena Quarta. I due Commissari.

 

SECONDO COMMISSARIO

(dopo qualche silenzio)

 

Direte ancor che a presagir perigli

troppo facil son io? che le parole

de’ suoi contrari, il mio sospetto antico,

l’odio forse, chi sa? mi fanno ingiusto                                215

contro costui? ch’egli è sdegnoso, ardente,

ma leal? che da lui cercar non dessi

ossequi, ma servigi, e quando in grave

caso il nostro volere a lui s’intimi,

il dubitar ch’egli resista è un sogno?                                   220

Vi basta questo?

 

PRIMO COMMISSARIO

 

C’è di più. Gli dissi

che a noi premea che s’inseguisse il vinto:

ei ricusò.

 

SECONDO COMMISSARIO

 

Ma che rispose?

 

PRIMO COMMISSARIO

 

Ei vuole

assicurarsi delle rocche... ei teme...

 

SECONDO COMMISSARIO

 

Cauto ad un tratto è divenuto... e dopo                             225

una vittoria.

 

PRIMO COMMISSARIO

 

La parola a stento

gli uscia di bocca: ella parea risposta

all’indiscreto che t’assedia, e vuole

il tuo segreto che per nulla il tocca.

 

SECONDO COMMISSARIO

 

Ma l’ha poi detto il suo segreto? E questo                         230

motivo ond’egli accontentar vi volle,

vi parve il solo suo motivo, il vero?

 

PRIMO COMMISSARIO

 

Nol so, non ci badai, tempo non ebbi

che di pensar ch’io mi trovava innanzi

un temerario, e ch’io sentia parole                                     235

inusitate ai pari nostri.

 

SECONDO COMMISSARIO

 

E s’egli

al suo signore antico, al primo ond’ebbe

onor supremi, all’alta creatura

della sua spada, più terror che danno

volesse far? fargli pensar soltanto                                      240

quel ch’egli era per lui, quel che gli è contro?

Tal nemico mostrarglisi, ch’ei brami

d’averlo amico ancor? S’ei non potesse

tutto staccare il suo pensier da un trono

ch’egli alzò dalla polve; ov’ebbe il primo                           245

grado dopo colui che v’è seduto?

Se un duca ardente di conquiste, e inetto

a sopportar d’una corazza il peso,

che d’una mano ha d’uopo e d’un consiglio,

e al condottier lo chiede, e gli comanda                             250

ciò ch’ei medesmo gl’inspirò, più grato

signor, più dolce al condottier paresse,

che molti, e vigilanti, e più bramosi

di conservar che d’acquistar, cui preme

sovr’ogni cosa il comandar davvero?                                255

 

PRIMO COMMISSARIO

 

Tutto io m’aspetto da costui.

 

SECONDO COMMISSARIO

 

Teniamo

questo sospetto: il suo contegno, i nostri

accorgimenti il faran chiaro in breve,

o ad altro almen ci guideranno. Ei trama

certo. Colui che trama, e del successo                               260

si pasce già, come se il tenga, ardito

parla ancor che nol voglia; e quei che sprezza

in faccia il suo signor, già in cor ne ha scelto

un altro, o pensa a diventarlo ei stesso.

No: da Filippo ei non è sciolto in tutto.                              265

A quella stirpe onde la sposa egli ebbe

non è stranier: troppo gli è caro il nodo

che ad essa un lo strinse. In quella figlia,

che ha tanta parte in suo pensier, non scorre

col suo confuso de’ Visconti il sangue?                              270

 

PRIMO COMMISSARIO

 

Come parlò! Come passò dall’ira

al non curar! Con che superba pace

disubbidì! Siam noi nel nostro campo?

Di Venezia i mandati? Eran costoro

vinti e prigioni? E più sicuro il guardo                                 275

portavano di noi! Noi testimoni

del suo poter, del conto in cui ci tiene,

de’ nostri acquisti così sparsi al vento,

di tal gioia, di tai grazie, di tali

abbracciamenti! Oh! ciò durar non puote.                         280

Che avviso è il vostro?

 

SECONDO COMMISSARIO

 

Haccene due? Soffrire,

dissimular, fargli querela ancora

d’un’offesa che mai creder non puote

dimenticata, e insiem la strada aprirgli

di ripararla a modo suo; gradire   285

che ch’ei ne faccia; chiedergli soltanto

ciò che siam certi d’ottenerne; opporci

sol quanto basti a far che vera appaia

condiscendenza il resto; a dichiararsi

non astringerlo mai; vegliare intanto;                                  290

scriverne ai Dieci, ed aspettar comandi.

 

PRIMO COMMISSARIO

 

Viver così! Che si diria di noi?

Dell’alto ufizio che ci fu commesso,

a cui venimmo invidiati, e or tale

diviene?

 

SECONDO COMMISSARIO

 

È sempre glorioso il posto           295

dove si serve la sua patria, e dove

si giunge ai fini suoi. Soldati e duci

tutti sono per lui, l’ammiran tutti,

nessun l’invidia; a sommo onor si tiene

bene ubbidirlo; e in questo sol c’è gara                              300

che ad essergli secondo ognuno aspira.

Vocecara e riverita in prima,

che forza avrebbe in lor poscia che udita

l’hanno in un tanto , che forza avrebbe

se proferisse mai quella parola,    305

che in core han tutti, la rivolta? Guai!

Che più? gli udimmo pur; come de’ suoi,

è nel pensiero de’ nemici in cima.

 

PRIMO COMMISSARIO

 

Ma siamo a tempo? Ei già sospetta.

 

SECONDO COMMISSARIO

 

Il siamo.

 

Essi armati, e sol essi; avvezzi tutti                                     310

a prodigar la vita, a non temere

il periglio, ad amarlo, e delle imprese

a non guardar che la speranza, alfine

più ch’uomini nel campo: ah! se fanciulli

non fosser poi nel resto, ed i sospetti                                 315

facili a palesar come a deporli;

se una parola di lusinga, un atto

di sommessa amistà non li volgesse

a talento di quel che l’usa a tempo;

a che saremmo? ubbidiria la spada?                                  320

Saremmo ancora i signor noi?

 

PRIMO COMMISSARIO

 

Sta bene.

Riesca, o no, questo partito è il solo.

 

 

 

 

FINE DELL’ATTO TERZO

 

 




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