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Alessandro Manzoni Il conte di Carmagnola IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Seconda. Marco.Dunque è deciso!... un vil son io!... fui posto 270 al cimento; e che feci?... Io prima d’oggi non conoscea me stesso!... Oh che segreto oggi ho scoperto! Abbandonar nel laccio un amico io potea! Vedergli al tergo l’assassino venir, veder lo stile 275 che su lui scende, e non gridar: ti guarda! Io lo potea; l’ho fatto... io più nol devo salvar; chiamato ho in testimonio il cielo d’un’infame viltà... la sua sentenza ho sottoscritta... ha la mia parte anch’io 280 nel suo sangue! Oh che feci!... io mi lasciai dunque atterrir?... La vita?... Ebben, talvolta senza delitto non si può serbarla: nol sapeva io? Perché promisi adunque? Per chi tremai? per me? per me? per questo 285 disonorato capo?... o per l’amico? La mia ripulsa accelerava il colpo, non lo stornava. O Dio, che tutto scerni, rivelami il mio cor; ch’io veda almeno in quale abisso son caduto, s’io 290 fui più stolto; o codardo, o sventurato. O Carmagnola, tu verrai!... sì certo egli verrà... se anche di queste volpi stesse. in sospetto, ei penserà che Marco è senator, che anch’io l’invito; e lunge 295 ogni dubbiezza scaccerà; rimorso avrà d’averla accolta... Io son che il perdo! Ma... di clemenza non parlò quel vile? Sì, la clemenza che il potente accorda all’uom che ha tratto nell’agguato, a quello 300 ch’egli medesmo accusa, e che gli preme di trovar reo. Clemenza all’innocente! Oh! il vil son io che gli credetti, o volli credergli; ei la nomò perché comprese che bastante a corrompermi non era 305 il rio timor che a goccia a goccia ei fea scender sull’alma mia: vide che d’uopo m’era un nobil pretesto; e me lo diede. Gli astuti! i traditor! Come le parti distribuite hanno tra lor costoro! 310 Uno il sorriso, uno il pugnal, quest’altro le minacce... e la mia?... voller che fosse debolezza ed inganno... ed io l’ho presa! Io li spregiava; e son da men di loro! Ei non gli sono amici!... Io non doveva 315 essergli amico: io la cercai; fui preso dall’alta indole sua, dal suo gran nome. Perché dapprima non pensai che incarco è l’amistà d’un uom che agli altri è sopra? Perché allor correr solo io nol lasciai 320 la sua splendida via, s’io non potea seguire i passi suoi? La man gli stesi; il cortese la strinse; ed or ch’ei dorme, e il nemico gli è sopra, io la ritiro: ei si desta, e mi cerca; io son fuggito! 325 Ei mi dispregia, e more! Io non sostengo questo pensier... Che feci!... Ebben, che feci? Nulla finora: ho sottoscritto un foglio, e nulla più. Se fu delitto il giuro, non fia virtù l’infrangerlo? Non sono 330 che all’orlo ancor del precipizio; il vedo, e ritrarmi poss’io... Non posso un mezzo trovar?... Ma s’io l’uccido? Oh! forse il disse per atterrirmi... E se davvero il disse? Oh empi, in quale abbominevol rete 335 stretto m’avete! Un nobile consiglio per me non c’è; qualunque io scelga, è colpa. Oh dubbio atroce!... Io li ringrazio; ei m’hanno statuito un destino; ei m’hanno spinto per una via; vi corro: almen mi giova 340 ch’io non la scelsi: io nulla scelgo; e tutto ch’io faccio è forza e volontà d’altrui. Terra ov’io nacqui, addio per sempre: io spero ché ti morrò lontano, e pria che nulla sappia di te: lo spero: in fra i perigli 345 certo per sua pietade il ciel m’invia. Ma non morrò per te. Che tu sii grande e gloriosa, che m’importa? Anch’io due gran tesori avea, la mia virtude, ed un amico; e tu m’hai tolto entrambi. 350 (parte)
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