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Alessandro Manzoni
Il conte di Carmagnola

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  • ATTO QUARTO.
    • Scena Seconda. Marco.
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Scena Seconda. Marco.

 

Dunque è deciso!... un vil son io!... fui posto                     270

al cimento; e che feci?... Io prima d’oggi

non conoscea me stesso!... Oh che segreto

oggi ho scoperto! Abbandonar nel laccio

un amico io potea! Vedergli al tergo

l’assassino venir, veder lo stile     275

che su lui scende, e non gridar: ti guarda!

Io lo potea; l’ho fatto... io più nol devo

salvar; chiamato ho in testimonio il cielo

d’un’infame viltà... la sua sentenza

ho sottoscritta... ha la mia parte anch’io                             280

nel suo sangue! Oh che feci!... io mi lasciai

dunque atterrir?... La vita?... Ebben, talvolta

senza delitto non si può serbarla:

nol sapeva io? Perché promisi adunque?

Per chi tremai? per me? per me? per questo                      285

disonorato capo?... o per l’amico?

La mia ripulsa accelerava il colpo,

non lo stornava. O Dio, che tutto scerni,

rivelami il mio cor; ch’io veda almeno

in quale abisso son caduto, s’io   290

fui più stolto; o codardo, o sventurato.

O Carmagnola, tu verrai!... sì certo

egli verrà... se anche di queste volpi

stesse. in sospetto, ei penserà che Marco

è senator, che anch’io l’invito; e lunge                               295

ogni dubbiezza scaccerà; rimorso

avrà d’averla accolta... Io son che il perdo!

Ma... di clemenza non parlò quel vile?

Sì, la clemenza che il potente accorda

all’uom che ha tratto nell’agguato, a quello                        300

ch’egli medesmo accusa, e che gli preme

di trovar reo. Clemenza all’innocente!

Oh! il vil son io che gli credetti, o volli

credergli; ei la nomò perché comprese

che bastante a corrompermi non era                                  305

il rio timor che a goccia a goccia ei fea

scender sull’alma mia: vide che d’uopo

m’era un nobil pretesto; e me lo diede.

Gli astuti! i traditor! Come le parti

distribuite hanno tra lor costoro!  310

Uno il sorriso, uno il pugnal, quest’altro

le minacce... e la mia?... voller che fosse

debolezza ed inganno... ed io l’ho presa!

Io li spregiava; e son da men di loro!

Ei non gli sono amici!... Io non doveva                              315

essergli amico: io la cercai; fui preso

dall’alta indole sua, dal suo gran nome.

Perché dapprima non pensai che incarco

è l’amistà d’un uom che agli altri è sopra?

Perché allor correr solo io nol lasciai                                 320

la sua splendida via, s’io non potea

seguire i passi suoi? La man gli stesi;

il cortese la strinse; ed or ch’ei dorme,

e il nemico gli è sopra, io la ritiro:

ei si desta, e mi cerca; io son fuggito!                                325

Ei mi dispregia, e more! Io non sostengo

questo pensier... Che feci!... Ebben, che feci?

Nulla finora: ho sottoscritto un foglio,

e nulla più. Se fu delitto il giuro,

non fia virtù l’infrangerlo? Non sono                                  330

che all’orlo ancor del precipizio; il vedo,

e ritrarmi poss’io... Non posso un mezzo

trovar?... Ma s’io l’uccido? Oh! forse il disse

per atterrirmi... E se davvero il disse?

Oh empi, in quale abbominevol rete                                  335

stretto m’avete! Un nobile consiglio

per me non c’è; qualunque io scelga, è colpa.

Oh dubbio atroce!... Io li ringrazio; ei m’hanno

statuito un destino; ei m’hanno spinto

per una via; vi corro: almen mi giova                                  340

ch’io non la scelsi: io nulla scelgo; e tutto

ch’io faccio è forza e volontà d’altrui.

Terra ov’io nacqui, addio per sempre: io spero

ché ti morrò lontano, e pria che nulla

sappia di te: lo spero: in fra i perigli                                    345

certo per sua pietade il ciel m’invia.

Ma non morrò per te. Che tu sii grande

e gloriosa, che m’importa? Anch’io

due gran tesori avea, la mia virtude,

ed un amico; e tu m’hai tolto entrambi.                              350

(parte)

 

 




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