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Alessandro Manzoni Il conte di Carmagnola IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Quinta. Antonietta, Matilde, Gonzaga, e il Conte.
Mio sposo!...
Oh padre!
Così ritorni a noi? Questo è il momento bramato tanto?...
IL CONTE
che per voi sole ei m’è tremendo. Avvezzo 255 io son da lungo a contemplar la morte, e ad aspettarla. Ah! sol per voi bisogno ho di coraggio; e voi, voi non vorrete tormelo, è vero? Allor che Dio sui boni fa cader la sventura, ei dona ancora 260 il cor di sostenerla. Ah! pari il vostro alla sventura or sia. Godiam di questo abbracciamento: è un don del cielo anch’esso. Figlia, tu piangi! e tu, consorte!... Ah! quando ti feci mia, sereni i giorni tuoi 265 scorreano in pace; io ti chiamai compagna del mio tristo destin: questo pensiero m’avvelena il morir. Deh ch’io non veda quanto per me sei sventurata!
O sposo de’ miei bei dì, tu che li festi; il core 270 vedimi; io moio di dolor; ma pure bramar non posso di non esser tua.
IL CONTE
Sposa, il sapea quel che in te perdo; ed ora non far che troppo il senta.
Oh gli omicidi!
IL CONTE
No, mia dolce Matilde; il tristo grido 275 della vendetta e del rancor non sorga dall’innocente animo tuo, non turbi quest’istanti: son sacri. Il torto è grande; ma perdona, e vedrai che in mezzo ai mali un’alta gioia anco riman. La morte! 280 Il più crudel nemico altro non puote che accelerarla. Oh! gli uomini non hanno inventata la morte: ella saria rabbiosa, insopportabile: dal cielo essa ci viene; e l’accompagna il cielo 285 con tal conforto, che né dar né torre gli uomini ponno. O sposa, o figlia, udite le mie parole estreme: amare, il vedo, vi piombano sul cor; ma un giorno avrete qualche dolcezza a rammentarle insieme. 290 Tu, sposa, vivi; il dolor vinci, e vivi; questa infelice orba non sia del tutto. Fuggi da questa terra, e tosto ai tuoi la riconduci: ella è lor sangue; ad essi fosti sì cara un dì! Consorte poi 295 del lor nemico, il fosti men; le crude ire di Stato avversi fean gran tempo de’ Carmagnola e de’ Visconti il nome. Ma tu riedi infelice; il tristo oggetto dell’odio è tolto: è un gran pacier la morte. 300 E tu, tenero fior, tu che tra l’armi a rallegrare il mio pensier venivi, tu chini il capo: oh! la tempesta rugge sopra di te! tu tremi, ed al singulto più non regge il tuo sen; sento sul petto 305 le tue infocate lagrime cadermi; e tergerle non posso: a me tu sembri chieder pietà, Matilde: ah! nulla il padre può far per te; ma pei diserti in cielo c è un Padre, il sai. Confida in esso, e vivi 310 a dì tranquilli se non lieti: Ei certo te li prepara. Ah! perché mai versato tutto il torrente dell’angoscia avria sul tuo mattin, se non serbasse al resto tutta la sua pietà? Vivi, e consola 315 questa dolente madre. Oh ch’ella un giorno a un degno sposo ti conduca in braccio! Gonzaga, io t’offro questa man che spesso stringesti il dì della battaglia, e quando dubbi eravam di rivederci a sera. 320 Vuoi tu stringerla ancora, e la tua fede darmi che scorta e difensor sarai di queste donne, fin che sian rendute ai lor congiunti?
IL CONTE
Or sono contento. E quindi, se tu riedi al campo, 325 saluta i miei fratelli, e dì lor ch’io moio innocente: testimon tu fosti dell’opre mie, de’ miei pensieri, e il sai. Dì lor che il brando io non macchiai con l’onta d’un tradimento: io nol macchiai: son io 330 tradito. E quando squilleran le trombe, quando l’insegne agiteransi al vento, dona un pensiero al tuo compagno antico. E il dì che segue la battaglia, quando sul campo della strage il sacerdote, 335 tra il suon lugubre, alzi le palme, offrendo il sacrifizio per gli estinti al cielo, ricordivi di me, che anch’io credea
IL CONTE
Sposa, Matilde, ormai vicina è l’ora; 340
No, padre...
IL CONTE
Ancora una volta venite a questo seno;
Ah no! dovranno (si sente uno strepito d’armati)
Oh qual fragor!
Gran Dio! (s’apre la porta di mezzo, e s’affacciano genti armate; il capo di esse s’avanza verso il Conte: le due donne cadono svenute)
IL CONTE
O Dio pietoso, tu le involi a questo 345 crudel momento; io ti ringrazio. Amico, tu le soccorri, a questo infausto loco le togli; e quando rivedran la luce dì lor... che nulla da temer più resta.
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