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Alessandro Manzoni
Adelchi

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  • NOTIZIE STORICHE.
    • [I] Fatti anteriori all'azione compresa nella tragedia.
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NOTIZIE STORICHE.

 

 [I] Fatti anteriori all'azione compresa nella tragedia.

 

Nell'anno 568, la nazione longobarda, guidata dal suo re Alboino, uscì dalla Pannonia, che abbandonò agli Avari; e ingrossata di ventimila Sassoni e d'uomini d'altre nazioni nordiche, scese in Italia, la quale allora era soggetta agl'imperatori greci; ne occupò una parte, e le diede il suo nome, fondandovi il regno, di cui Pavia fu poi la residenza realei. Con l'andar del tempo, i Longobardi dilatarono in più riprese i loro possessi in Italia, o estendendo i confini del regno, o fondando ducati, più o meno dipendenti dal re. Alla metà dell'ottavo secolo, il continente italico era occupato da loro, meno alcuni stabilimenti veneziani in terra ferma, l'esarcato di Ravenna tenuto ancora dall'Impero, come pure alcune città marittime della Magna Grecia. Roma col suo ducato apparteneva pure in titolo agli imperatori; ma la loro autorità vi si andava restringendo e indebolendo di giorno in giorno, e vi cresceva quella de' ponteficiii. I Longobardi fecero, in diversi tempi, delle scorrerie su queste terre; e tentarono anche d'impossessarsene stabilmente.

 

 

754

 

Astolfo, re de' Longobardi, ne invade alcune, e minaccia il rimanente. Il papa Stefano II si porta a Parigi, e chiede soccorso a Pipino, che unge in re de' Franchi. Pipino scende in Italia; caccia Astolfo in Pavia, dove lo assedia, e, per intercessione del papa, gli accorda un trattato, in cui Astolfo giura di sgomberare le città occupate.

 

 

755

 

Ripartiti i Franchi, Astolfo non mantiene il patto, anzi assedia Roma, e ne devasta i contorni. Stefano ricorre di nuovo a Pipino: questo scende di nuovo: Astolfo corre in fretta alle Chiuse dell'Alpi: Pipino le supera, e spinge Astolfo in Pavia. Vicino a questa città, si presentarono a Pipino due messi di Costantino Copronimo imperatore, a pregarlo, con promesse di gran doni, che rimettesse all'Impero le città dell’esarcato, che aveva riprese ai Longobardi. Ma Pipino rispose che non avea combattuto per servire né per piacere agli uomini, ma per divozione a San Pietro, e per la remissione de' suoi peccati; e che, per tutto l'oro del mondo, non vorrebbe ritogliere a San Pietro ciò che una volta gli aveva datoiii. Così fu troncata brevemente nel fatto quella curiosa questione, sul diritto della quale s'è disputato fino ai nostri giorni inclusivamente: tanto l'ingegno umano si ferma con piacere in una questione mal posta. Astolfo, stretto in Pavia, venne di nuovo a patti, e rinnovò le vecchie promesse. Pipino se ne tornò in Francia, e mandò al papa la donazione in iscritto.

 

 

756

 

Muore Astolfo: Desiderio, nobile di Bresciaiv, duca longobardo, aspira al regno; raduna i Longobardi della Toscana, dove si trovava, speditovi da Astolfov, e viene da essi eletto re. Ratchis, quel fratello d'Astolfo, ch'era stato re prima di lui, e s'era fatto monaco, ambisce di nuovo il regno; esce dal chiostro, fa raccolta di uomini e va contro Desiderio. Questo ricorre al papa; il quale, fattogli promettere che consegnerebbe le città già occupate da Astolfo, e non ancora rilasciatevi, consente a favorirlo, e consiglia a Ratchis di ritornarsene a Montecassino. Ratchis ubbidisce e Desiderio rimane re de' Longobardi.

Non si sa precisamente in qual anno, ma certo in uno dei primi del suo regno, Desiderio fondò, insieme con Ansa sua moglie, il monastero di San Salvatore, che fu poi detto di Santa Giulia, in Brescia: Ansberga, o Anselperga, figlia di Desiderio, ne fu la prima badessavii.

 

 

758

 

Alboino, duca di Benevento, e Liutprando, duca di Spoleto, si ribellano a Desiderio, mettendosi sotto la protezione di Pipino. Desiderio gli attacca, gli sconfigge, fa prigioniero Alboino, e mette in fuga Liutprandoviii. In quest'anno, o nel seguente, fu associato al regno il figliuolo di Desiderio, nelle lettere de' papi e nelle cronache chiamato Adelgiso, Atalgiso, o anche Algiso, ma negli atti pubblici, Adelchis.

Nell'anno 768 morì Pipino; il regno de' Franchi fu diviso fra Carlo e Carlomanno suoi figli. Le lettere a Pipino, di Paolo I e di Stefano III, successori di Stefano II, sono piene di lamenti e di richiami contro Desiderio, il quale non restituiva le città promesse, anzi faceva nuove occupazioni.

 

 

770

 

Bertrada, vedova di Pipino, desiderosa di stringer legami d'amicizia tra la sua casa e quella di Desiderio, viene in Italia, e propone due matrimoni: di Desiderata o Ermengardaix, figlia di Desiderio, con uno de' suoi figli, e di Gisla sua figlia con Adelchi. Stefano III scrive ai re Franchi la celebre lettera, con la quale cerca di dissuaderli dal contrarre un tal parentadox. Ciononostante, Bertrada condusse seco in Francia Ermengarda; e Carlo, che fu poi detto il magno, la sposòxi. Il matrimonio di Gisla con Adelchi non fu concluso.

 

 

771

 

Carlo, non si sa bene per qual cagione, ripudia Ermengarda, e sposa Ildegarde, di nazione Svevaxii. La madre di Carlo biasimò il divorzio; e questo fu cagione del solo dissapore che sia mai nato tra loroxiii. Muore Carlomanno: Carlo accorre a Carbonac nella Selva Ardenna, al confine de' due regni: ottiene i voti degli elettori: è nominato re in luogo del fratello; e riunisce così gli stati divisi alla morte di Pipino. Gerberga, vedova di Carlomanno, fugge co' suoi due figli, e con alcuni baroni, e si ricovera presso Desiderio. Carlo ne fu punto sul vivoxiv.

 

 

772

 

A Stefano III succede Adriano. Desiderio gli spedisce un'ambasciata per chiedergli la sua amicizia: il nuovo papa risponde che desidera stare in pace con quel re, come con tutti i cristiani; ma che non vede come possa fidarsi d'un uomo il quale non ha mai voluto adempir la promessa, fatta con giuramento, di rendere alla Chiesa ciò che le appartiene. Desiderio invade altre terre della Donazionexv.

 

 




i PAUL. DIAC. De gestis Langob., Lib. 2.



ii Una descrizione più circostanziata delle divisioni dell'Italia in quel tempo ci condurrebbe a questioni intricate e inopportune. V. MURAT., Antich. Ital., dissert. seconda.



iii Affirmans etiam sub juramento, quod per nullius hominis favorem sese certamini saepius dedisset, nisi pro amore beati Petri, et venia delictorum; asserens et hoc, quod nulla eum thesauri copia suadere valeret, ut quod semel Beato Petro obtulit, auferret. ANASTAS. Biblioth.; Rer. It., t. III, p. 171.



iv Cujus (Brixiae) ipse Desiderius nobilis erat. RIDOLF. Notar., Hist. Ap. BIEMMI, Ist. Di Brescia. (Del secolo XI). - SICARDI Episc.; Rer. It., t. VII, p. 577, e altri.



v Anast., p. 172.



vi Sub jurejurando pollicitus est restituendum B. Petro civitates reliquas, Faventiam, Imolam, Ferrariam, cum eorum finibus, etc. STEPH., Ep. Ad Pipin.; Cod. Car. 8.



vii Anselperga, sacrata Deo Abbatissa Monasterii Domini Salvatoris, quod fundatum est in civitate Brixia, quam dominus Desiderius excellentissimus rex, et Ansa percellentissima regina, genitores eius, a fundamentis edificaverunt... Dipl. an. 761; apud MURAT., Antiquit. Italic., dissert. 66, t. V, p. 499.



viii PAUL. Ep. Ad Pip.; Cod. Car., 15



ix Le cronache di que' tempi variano perfino ne' nomi, quando però li danno.



x Cod. Carol., Epist. 45



xi Berta duxit filiam Desiderii regis Langobardorum in Franciam. Annal. Nazar. Ad h. an.; Rer. Fr., t. V, p. 11



xii Cum, matris hortatu, filiam Desiderii regis Langobardorum duxisset uxorem, incertum qua de causa, post annum repudiavit, et Hildegardem, de gente Suavorum praecipuae nobilitatis feminam, in matrimonium accepit. Karol. M. Vita per EGINHARDUM, 18.(Scrittore contemporaneo).



xiii Ita ut nulla invicem sit exorta discordia, praeter in divortio filiae regis Desiderii, quam, illa suadente, acceperat. EGINH. in Vita Kar., ibid.



xiv Rex autem hanc eorum profectionem, quasi supervacuam, impatienter tulit. EGINH., Annal. ad h. annum.



xv ANAST., 180.






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