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Alessandro Manzoni
Adelchi

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  • ATTO SECONDO.
    • Scena Quarta. Carlo.
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Scena Quarta. Carlo.

 

CARLO

 

Così, Carlo reddiva. Il riso amaro

Del suo nemico e dell'età ventura

Gli stava innanzi; ma l'avea giurato,

Egli in Francia reddia. - Qual de' miei prodi,

Qual de' miei fidi, per consiglio o prego,

Smosso m'avria dal mio proposto? E un solo,

Un uom di pace, uno stranier, m'apporta

Novi pensier! No: quei che in petto a Carlo

Rimette il cor, non è costui. La stella

Che scintillava al mio partir, che ascosa

Stette alcun tempo, io la riveggo. Egli era

Un fantasma d'error quel che parea

Dall'Italia rispingermi; bugiarda

Era la voce che diceami in core:

No, mai, no, rege esser non puoi nel suolo

Ove nacque Ermengarda. - Oh! del tuo sangue

Mondo son io; tu vivi: e perché dunque

Ostinata così mi stavi innanzi,

Tacita, in atto di rampogna, afflitta,

Pallida, e come dal sepolcro uscita?

Dio riprovata ha la tua casa, ed io       

Starle unito dovea? Se agli occhi miei

Piacque Ildegarde, al letto mio compagna

Non la chiamava alta ragion di regno?

Se minor degli eventi è il femminile

Tuo cor, che far poss'io? Che mai faria

Colui che tutti, pria d'oprar, volesse

Prevedere i dolori? Un re non puote

Correr l'alta sua via, senza che alcuno

Cada sotto il suo piè. Larva cresciuta

Nel silenzio e nell'ombra, il sol si leva,

Squillan le trombe; ti dilegua.

 

 

 




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