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Alessandro Manzoni
Adelchi

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  • ATTO TERZO.
    • Scena Settima. Anfrido ferito, portato da due Franchi, e Detti.
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Scena Settima. Anfrido ferito, portato da due Franchi, e Detti.

 

RUTLANDO

 

Ecco un nemico. Ove si pugna?

 

 

UN FRANCO

 

                                                Il solo

Che pugnasse, è costui.

 

 

CARLO

 

                                    Solo?

 

 

IL FRANCO

 

                                                Gran parte

Gettan l'arme, o si danno; in fuga a torme

Altri ne van. Lento ritrarsi e solo

Costui vedemmo, che alle barde, all'armi,

Uom d'alto affar parea: quattro guerrieri

Da un drappel ci spiccammo, e a tutta briglia

Sull'orme sue, pei campi. Egli inseguito

Nulla affrettò della sua fuga; e quando

Sopra gli fummo, si rivolse. Arrenditi,

Gli gridiamo; ei ne affronta: al più vicino

Vibra l'asta, e lo abbatte: la ritira,

Prostra il secondo ancor: ma nello stesso

Ferir, percosso dalle nostre ei cadde.

Quando fu al suol, tese le mani in atto

Di supplicante, e ci pregò che, posto

Ogni rancor, sull'aste nostre ei fosse

Portato lungi dal tumulto, in loco

Dove in pace ei si muoia. Invitto sire,

Meglio da far quivi non c'era: al prego

Ci arrendemmo.

 

 

CARLO

 

                        E ben feste: a chi resiste

L'ire vostre serbate.

 

(a Svarto)

 

                                    Il riconosci?

 

 

SVARTO

 

Anfrido egli è, scudier d'Adelchi.

 

 

CARLO

 

                                                Anfrido,

Tu solo andavi contro a lor?

 

 

ANFRIDO

 

                                    Bisogno

C'è di compagni per morir?

 

 

CARLO

 

                                    Rutlando,

Ecco un prode.

 

(ad Anfrido)

 

                        O guerrier, perché gittavi

Una vitadegna? e non sapevi

Che nostra divenia? che, a noi cedendo,

Guerrier restavi e non prigion di Carlo?

 

 

ANFRIDO

 

Io viver tuo guerrier, quand'io potea

Morir quello d'Adelchi? Al ciel diletto

È Adelchi, o re. Da questo giorno infame

Trarrallo il ciel, lo spero, e ad un migliore

Vorrà serbarlo; ma, se mai... rammenta

Che, regnante o caduto, è tale Adelchi,

Che chi l'offende, il Dio del cielo offende

Nella più pura immagin sua. Lo vinci

Tu di fortuna e di poter, ma d'alma

Nessun mortale: un che si muor tel dice.

 

 

CARLO (ai Conti)

 

Amar così deve un Fedel.

 

(ad Anfrido)

 

                                    Tu porti

Teco la nostra stima. È il re de' Franchi

Che ti stringe la man, d'onore in segno,

E d'amistà. Nel suol de' prodi, o prode,

Il tuo nome vivrà; le franche donne

L'udran dal nostro labbro, e il ridiranno

Con riverenza e con pietà: riposo

Ti pregheran. Fulrado, a questo pio

Presta gli estremi ufizi.

 

(ai soldati che rimangono)

 

                                    In lui vedete

Un amico del re. Conti, ad Eccardo

Incontro andiam: nobil saluto ei merta.

 

 

 




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