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Alessandro Manzoni Adelchi IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Seconda. Guntigi, Amri.
Notte. Interno d'un battifredo sulle mura di Pavia. Un'armatura nel mezzo
E posso
D'allor che, morto Il tuo signor, solo, dai nostri cinto, Senza difesa rimanesti? Alzata Sul tuo capo la scure, un furibondo Già la calava; io lo ritenni: ai piedi Tu mi cadesti, e ti gridasti mio. Che mi giuravi?
Fino alla morte. - O mio signor, falsato Ho il giuro mai?
Che tu lo illustri con la prova.
Tocca quest'armi consacrate, e giura Che il mio comando eseguirai; che mai, Né per timor né per lusinghe, fia,
AMRI (ponendo le mani sull'armi)
Il giuro: E se quandunque mentirò, mendico Andarne io possa, non portar più scudo,
A me commessa delle mura, il sai, È la custodia; io qui comando, e a nullo Ubbidisco che al re. Su questo spalto Io ti pongo a vedetta, e quindi ogn'altro Guerriero allontanai. Tendi l'orecchio, E osserva al lume della luna; al mezzo Quando la notte fia, cheto vedrai Alle mura un armato avvicinarsi: Svarto ei sarà... Perché così mi guardi Attonito? egli è Svarto, un che tra noi Era da men di te; che ora tra i Franchi In alto sta, sol perché seppe accorto E segreto servir. Ti basti intanto, Che amico viene al tuo signor costui. Col pomo della spada in sullo scudo Sommessamente ei picchierà: tre volte Gli renderai lo stesso segno. Al muro Una scala ei porrà: quando fia posta, Ripeti il segno; ei saliravvi: a questo Battifredo lo scorgi, e a guardia ponti Qui fuor: se un passo, se un respiro ascolti,
Come imponi, io tutto Farò.
Tu servi a gran disegno, e grande
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